Storia della Bocconi

1902-1915. Gli esordi

Sulle ali del successo superando momenti dolorosi


Parole chiave: Rettore Sabbatini Leopoldo, Presidente Sabbatini Leopoldo, Bocconi Ferdinando, Bocconi Ettore, Famiglia Bocconi, Finanza e bilanci, Rapporti istituzionali, Borse di studio

Oltre quattro mesi del 1907 passarono prima che il consiglio direttivo si avesse nuovamente a riunire. La seduta si tenne il 4 maggio e si aprì con la presentazione e la discussione del bilancio consuntivo del 1905-06 e di quello preventivo per il 1906-07. Dei prospetti, che avrebbero dovuto essere allegati al verbale, purtroppo non è rimasta traccia. Solo sappiamo che essi furono approvati, e che si decise, secondo consuetudine, d’investire gli avanzi dell’esercizio 1905-06 (L. 7.311,18) in cartelle al portatore di Rendita Italiana 3,75%, passandoli al fondo di riserva.

Come era già stato fatto l’anno precedente il consiglio conferì al rettore specifico mandato per anticipare di qualche giorno, a favore esclusivamente degli studenti del quarto anno, la fine delle lezioni (stabilita al 15 giugno). Ciò per alleggerire ai laureandi il carico degli esami speciali da sostenere e della preparazione della tesi.

Sabbatini preannunciò che, in una successiva seduta, si sarebbe dovuto stabilire il contributo della Bocconi alla istituzione d’una borsa di studio da intitolare al prof. Golgi, al quale dall’Istituto Carolino di Stoccolma era stato assegnato il premio Nobel. Ad iniziativa del prof. Marcacci, preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia, un Comitato di onoranze, composto dai Rettori di tutte le Università del Regno, era stato istituito: come «nuova Università» la Bocconi non poteva non essere rappresentata dal suo rettore e non poteva rifiutare il suo contributo.

Compiaciutosi per il rinnovo, da parte degli elargitori, di alcune borse di studio[1], il vertice bocconiano discusse in assenza del segretario delle dimissioni presentate da quest’ultimo per ragioni di salute e personali. Era il preludio dell’apparizione d’un personaggio: piccolo di statura, ma grande per vivacità intellettuale e operativa. Quel dott. Girolamo Palazzina che, per un sessantennio, avrebbe campeggiato sulla scena bocconiana.

Infatti il verbale della successiva seduta del consiglio direttivo (14 agosto 1907, in seconda convocazione), battuto a macchina e posto in apertura di un nuovo registro, porterà l’inconfondibile firma del nuovo segretario. Borse di studio e nomine di professori furono i principali argomenti all’ordine del giorno.

Sul primo punto è sufficiente dire che il consiglio prese in considerazione le undici borse disponibili offerte da enti e privati e fu d’accordo che l’Università motu proprio ne istituisse altre dieci, per il quadriennio 1907-11, d’ammontare pari a quello della tassa di iscrizione. Tra quelle disponibili «esterne» alcune borse figuravano per la prima volta; e ciò fece piacere ai consiglieri[2]. Quanto alla borsa offerta dal prof. Clark, direttore dell’omonimo College di Londra[3], fu assegnata ad un’ottima studentessa, l’audace signorina Giuditta Catelli da Volta Mantovana. La quale, mette conto di segnalare, si sarebbe laureata – prima donna «dottore» bocconiano – nel 1908, discutendo una tesi inconsueta, per non dire singolare («Il lavoro della donna nell’industria»), giusto in anni che, ancorché si definissero al femminile, e in francese per giunta, la belle époque, auspice Gabriele d’Annunzio, inalberavano con convinzione la bandiera del «maschilismo».

Quanto alle nomine dei docenti per la maggior parte dei casi altro non si fece che riconferire l’incarico a chi già lo aveva avuto il precedente anno accademico. Ma, per alcuni corsi, si presentavano situazioni incerte che richiedevano provvedimenti preventivi. Benini avrebbe potuto essere chiamato a Roma: pertanto il presidente fu autorizzato a sostituirlo con il prof. Coletti, già designato a subentrare eventualmente a Benini sulla cattedra da quest’ultimo occupata a Pavia. (La sostituzione avvenne, di fatto, nell’anno scolastico successivo, 1907-08). Una parte dell’insegnamento affidato a Supino di «Storia e critica dei principali istituti economici», e precisamente quella su «Coalizioni industriali e di operai», d’accordo col Supino avrebbe potuto essere assegnata al prof. Jannacone, ove quest’ultimo fosse stato trasferito a Genova; nel qual caso a Jannacone sarebbe stato affidato anche un corso speciale su «Costo di produzione ed Emigrazione e Politica dell’Emigrazione» (non se ne fece nulla). Giovanni Moro fu scelto come professore aggiunto alla cattedra di «Banco modello». Qualora si fosse raggiunto un numero di studenti «adeguato» (il giudizio era riservato al presidente), Sestilli e Bossi sarebbero stati incaricati di tenere due corsi speciali, «Scienza Attuariale» e «Ordinamento Amministrativo e Contabile delle Aziende Assicuratrici». Sabbatini, per favorire pratiche in corso, volte a far sì che ai laureati bocconiani fosse concessa l’ammissione ai concorsi per la carriera consolare, propose – ed il consiglio approvò – l’apertura di alcuni corsi speciali ad hoc[4].

Prima di por termine alla riunione il presidente comunicò, con viva soddisfazione di tutti i consiglieri, che la biblioteca era sempre più frequentata e, quindi, si rendeva necessaria l’assunzione di un fattorino, che avrebbe potuto essere di aiuto ai portieri, ed in particolare a quello che era pure addetto alla scritturazione a macchina. Per 100 lire al mese, con l’aggiunta di 20 lire per i lavori di copiatura a macchina, s’approvò la nomina di certo Francesco Bellomo.

La seduta successiva ebbe luogo il 14 ottobre 1907 e, di fatto, fu quasi tutta dedicata all’assegnazione delle borse di studio, secondo le proposte fatte dall’apposita commissione che aveva valutato i titoli degli 83 concorrenti ed aveva stabilito la graduatoria (naturalmente approvata dal consiglio). Purtroppo fu necessario dichiarare che, per via di qualche non edificante episodio, il consiglio si riservava la «facoltà di sospendere – anche durante l’anno – il godimento delle borse di studio a quei giovani che se ne rend[essero] immeritevoli per la loro negligenza e cattiva condotta». Pirelli fu particolarmente determinato nel pretendere questa «dichiarazione».

Ci si compiacque che Pantaleoni avesse accettato di tenere un breve corso di lezioni di «Semiologia economica»[5]. E si passò ad esaminare il caso d’uno studente dell’Accademia Commerciale di S. Gallo che chiedeva d’essere ammesso direttamente al secondo anno dell’Università. Questa volta Pirelli e Vanzetti, valutati attentamente i programmi della scuola svizzera, si dichiararono favorevoli all’ammissione, purché non creasse «precedenti imbarazzanti». Majno non sembrava dello stesso parere: chiese ed ottenne che si interpellasse il collegio dei professori e ci si adeguasse alla sua deliberazione.

La seduta successiva ebbe luogo il 20 dicembre 1907 e, finalmente, ci si soffermò pur brevemente sull’esito dell’8° Congresso Internazionale dell’Insegnamento Commerciale. Il consiglio diede atto a Sabbatini che i risultati dell’incontro erano stati ottimi: un’iniziativa, quella così fermamente voluta dal rettore, «dalla quale è venuto all’Università, anche fuori d’Italia, un grande prestigio». Vanzetti mise in evidenza l’importanza della relazione presentata dal presidente su «Criterio, metodo e scopo dell’insegnamento commerciale superiore», da cui lo stesso relatore aveva tratto un saggio, nel quale erano «volgarizzate le idee fondamentali… manifestate al Congresso»: saggio pubblicato sulla «Nuova Antologia»[6]. Vanzetti propose che si facessero «estratti della Relazione… e dell’articolo… e che ne [fosse] curata la maggiore diffusione possibile a coloro che possono avere interesse a conoscerli: se ciò importerà spesa, questa sarà pienamente giustificata dal resultato che non può mancare». La proposta di Vanzetti fu approvata. Così come la spesa di L. 8.000, sostenuta dall’Università per l’organizzazione del convegno[7].

Parecchio tempo richiesero l’analisi ed il commento, soprattutto da parte dei revisori dei conti, del bilancio consuntivo del 1906-07 e di quello preventivo del 1907-08. In considerazione del deficit previsto per l’anno entrante, il consiglio deliberò di non portare al fondo di riserva l’avanzo conseguito nell’esercizio appena concluso (6.197,82 lire), ma di lasciarlo in deposito nel conto corrente. Fu altresì rilevato che il fondo di riserva era rimasto inalterato in quanto non era stato effettuato il previsto e preventivato prelievo della seconda annualità delle dieci borse di studio. Se alcune spese apparivano superiori all’ammontare preventivato ciò era dovuto ai maggiori carichi sostenuti per organizzare e gestire il congresso internazionale (in particolare le spese di cancelleria, quelle per poste, telefoni, carrozze et similia). Quanto all’eccedenza che si era avuta alla voce tasse [fiscali] si precisava che essa dipendeva dalla «necessità di pagare cinque rate arretrate di imposta fabbricati iscritte nel Ruolo supplettivo Serie 3 a per gli anni 1904-5-6-7». Notevoli economie, peraltro, si erano conseguite su altri fronti di spesa (vestiario del personale, manutenzione, biblioteca, ecc.)[8].

Anche nel corso del 1907 Sabbatini non mancò d’intrattenere buoni rapporti con i vertici governativi, onde l’immagine della Bocconi ne uscisse ognor più qualificata. Ne fa prova la lettera inviata al rettore dal sen. Orlando, divenuto Ministro di Grazia e Giustizia, per ringraziarlo dell’Annuario dell’Università appena ricevuto[9].

Non si poté evitare di avere qualche noia con gli uffici delle imposte (probabilmente per gli arretrati dell’«Imposta fabbricati», di cui abbiamo fatto cenno poche righe più sopra). E il buon Sraffa, Angelo di nome e di fatto, per sostenere le ragioni dell’Università, si sobbarcò tre ore e mezza di anticamera alla Commissione Provinciale delle Imposte di Milano, nihil sub sole navi, «durante le quali [ore] – scriveva a Sabbatini – ho avuto tutto il tempo per fare un’ampia preparazione… spero che non sia stato invano»[10].

Sempre in tema di fabbricati, del resto, una seria questione si stava profilando e già preoccupava il presidente. La crescita della Bocconi, per certi versi impetuosa e forse imprevista, lasciava presagire che, entro tempi piuttosto brevi, l’edificio di Piazza Statuto sarebbe risultato insufficiente ad accogliere gli studenti e ad esercitarvi nel modo più proficuo l’attività didattica e scientifica. Era impensabile il trasferimento della sede in altra zona di Milano; tanto più che non era per nulla infondata la supposizione che il fondatore, prima o poi, avrebbe completato la sua «munifica parabola», facendo dono all’Università del palazzo ora in uso (un «presunto affitto» figurava, come si sarà notato, tra le voci «spese» poste a bilancio). La soluzione ideale sarebbe stata quella di ottenere dal Comune un’area adiacente alla sede, per attuarne l’allargamento e l’adattamento alle nuove esigenze. Occorreva, insomma, predisporre un piano di sviluppo edilizio, non prima d’aver appurato se l’amministrazione municipale sarebbe stata disposta ad assecondare i propositi di quella bocconiana. Sabbatini non perse tempo e, prima ancora di fare parola dell’inquietante problema davanti al consiglio, sul finire dell’anno inviò in avanscoperta negli uffici comunali il prof. Gobbi. Il quale in una lettera inviata il 7 dicembre al rettore condensò quanto era riuscito a sapere dall’assessore prof. Menozzi. Riportiamo il contenuto di questa lettera in nota: tutto considerato Sabbatini, anche se non poteva reputarsi del tutto soddisfatto, aveva qualche motivo per accostarsi abbastanza serenamente al nuovo anno. L’Amministrazione comunale, o per meglio dire l’assessore, non aveva avversato i propositi dell’Università; anzi aveva esplicitamente dichiarato la sua disponibilità ad appoggiarli[11].

Meno di un mese mancava al dodicesimo anniversario della battaglia di Adua, dal cui tragico fato si erano sprigionati i prosperi destini dell’Università dedicata allo scomparso Luigi, ed ai consiglieri convocati d’urgenza Sabbatini, con voce incrinata dalla commozione, comunicava: «Nell’adempiere a così doloroso còmpito sento profondamente come il lutto di questo Istituto – che perde il suo amato Fondatore – debba essere lutto di tutta l’Italia». Era la mattina del 6 febbraio 1908. Ferdinando, il volitivo, coraggioso, romantico conditor Universitatis, si era spento il giorno prima: come precisa il suo biografo «alle sei della sera, al tramonto di una giornata e al tramonto di una lunga operosa giornata come quella della sua vita, nel suo palazzo di corso Venezia 70 a Milano». Qualche riga prima Enrico Resti annota che «negli ultimi tempi la malattia di cuore [di Ferdinando Bocconi] si [era] aggrav[ata] e lentamente lo [avrebbe] cond[otto] alla tomba. Alcuni anni prima, cadendo, si era fratturato un femore e la lunga degenza a letto influì sul suo fisico e sul suo morale»[12].

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«Il Paese – continuò il rettore davanti al consiglio direttivo – ricorda che si deve allo squisito senso di illuminata modernità ond’era animato Ferdinando Bocconi, se la cultura delle classi commerciali poté essere elevata a tanta dignità scientifica. Egli intese appieno il valore del nuovo indirizzo che gli era additato e diede con entusiasmo e con munifica larghezza il suo concorso al raggiungimento di un ideale in cui Egli vedeva una grande speranza per l’avvenire economico della Nazione. Questa speranza ha trovato e trova nei fatti piena rispondenza. È con questo sentimento della gratitudine che l’Italia deve a Ferdinando Bocconi che propongo che il Consiglio porti solennemente – nella stessa sede degli studi – l’estremo saluto alla salma dell’Illustre Uomo e assuma l’iniziativa perché, per pubblica sottoscrizione, sorga in questo Istituto un degno ricordo del Fondatore»[13]. Condivisi i sentimenti del presidente, partecipati oltre che alla famiglia Bocconi a tutti i maggiori rappresentanti del governo, della classe politica e dell’imprenditoria, il consiglio approvò l’iniziativa assunta dal presidente, decise la sospensione delle lezioni «fino a funerali compiuti» e fece sua la proposta, avanzata da Mangili, che «nell’Aula Magna il saluto alla salma sia dato solo dal Presidente e dal Ministro Rava, dato che questi possa intervenire»[14].

La scomparsa di Ferdinando Bocconi ebbe larga eco su tutta la stampa nazionale e su qualche foglio internazionale. Fu avvenimento che mobilitò anche i primi «cineasti-giornalisti», come si può desumere da una lettera inviata, qualche giorno dopo le esequie di Bocconi, da Girolamo Palazzina a Sabbatini, il quale, more solito, si trovava Roma. Il giovane segretario del consiglio direttivo bocconiano informava tempestivamente il rettore che negli otto (sei?) cinematografi ambrosiani «passavano», muti sugli schermi, i «resoconti filmati» dei funerali del «fondatore»[15].

In seconda convocazione l’8 luglio, cioè a distanza di sei mesi da quella precedente, si tenne un’altra riunione dei consiglieri, in un’atmosfera non del tutto distesa. Purtroppo un altro infausto evento era sopravvenuto breve tempo prima: la scomparsa, inattesa ed improvvisa, del Comm. Nob. Avv. Massimiliano De Leva, già presidente e tuttora delegato della Cassa di Risparmio delle PP.LL. in seno al consiglio. Oltre a rinnovare, alla famiglia e all’ente, il vivo cordoglio dell’Università per la perdita d’uno dei membri fondatori del consiglio, alla Cassa di Risparmio delle PP.LL. fu rivolto l’invito «a provvedere alla nomina del suo nuovo Rappresentante» presso l’Ateneo ambrosiano[16].

I consiglieri si trattennero successivamente, su diversi articoli del regolamento universitario interno che si prestavano a non chiare, univoche interpretazioni (e generavano spiacevoli equivoci anche, per non dire soprattutto, con gli studenti), costringendo a richiedere pareri, solitamente assai banali, al ministero della Pubblica Istruzione[17].

Preoccupava alquanto la scarsità di borse di studio. Conto tenuto di quelle già assegnate, per l’anno a venire ne erano disponibili solo quattro (2 della Cassa di Risparmio di Milano, una a testa delle C.d.C. di Bergamo e Siracusa (qualche speranza lasciava la C.d.C. di Piacenza). Sicché occorreva prendere in considerazione il prelievo sul fondo «spese speciali», che integrava quelli di riserva, di una cifra cospicua onde il Presidente potesse aprire il concorso per ben quindici borse di studio. Esclusion fatta, naturalmente, per quella, di cui si è già detto, istituita da Mr. Clark e spendibile in due mesi di soggiorno in Gran Bretagna, secondo quanto esplicitamente disposto dal Fondatore due anni prima della sua scomparsa.

Riaffiorò in quella seduta un problema che, pur non figurando sui verbali del consiglio di amministrazione, aveva certamente costituito motivo di riflessione e di discussioni tra i vari consiglieri. Si ricorderà l’iniziativa proposta due anni prima dal consiglio bocconiano di dar vita ad un «Osservatorio sociale», alias ad un centro anzi ad un «Museo» di studi economici e sociali. Idea consimile fu concepita, giusto negli stessi tempi, dalla milanese «Società Umanitaria». Ne nacque, inevitabilmente uno scontro, giacché come era apparso inconfutabilmente nell’ultima seduta tenutasi all’Umanitaria, l’inconciliabilità delle due iniziative si era fatta del tutto palese. «L’Umanitaria intendeva, col fondare un museo sociale, di creare un centro di propaganda di partito. Assecondando quella iniziativa, la tranquillità in cui si devono svolgere gli studi sarebbe stata turbata, né si sarebbe corrisposto alla finalità di un istituto di coltura superiore»[18]. Si dovette, alla fine, riconoscere la impossibilità di un accordo e si reputò conveniente ritirarsi dalla discussione. Il che non volle dire che «si intese di rinunciare all’attuazione della primitiva idea dell’‘Osservatorio sociale’, ma solo di soprassedervi».

Era destino che in quel bisestile 1908 si commemorassero amici scomparsi più o meno rapidamente. Fu allora la volta d’elevare un caro e devoto pensiero all’ex-ministro Massimini che alla nascente Bocconi aveva dato un autorevole apporto. Si ritenne di dover rammentare gli sforzi compiuti dall’uomo di stato recentemente scomparso «per imprimere alla cultura commerciale un nuovo indirizzo, per elevarla – con l’azione di questa Università – a grado veramente scientifico. Egli subito intese il valore del compito che il nostro Istituto si è assunto di fronte al Paese e non ha esitato: la sua parola, meritatamente ascoltatissima, è stata spesa senza risparmio in nostro favore: fra l’indifferenza e le ostilità del primo momento Egli ci ha spianato le vie [corsivo originale]». Le parole del Presidente si tradussero in una calda lettera indirizzata ai famigliari da tutti i consiglieri sottoscritta[19].

Nelle tre ulteriori riunioni che furono organizzate prima che il 1908 uscisse dal calendario, il consiglio si trovò alle prese con affari di ordinaria amministrazione, sui quali invero non mette conto di indugiare. Basterà dire che nella seduta del 29 settembre ci si compiacque oltremodo per la designazione del comm. Ambrogio Carnelli come rappresentante della Cassa di Risparmio delle PP.LL.: rallegramenti vivissimi che furono rinnovati nella riunione successiva del 28 ottobre, allorquando il comm. Ambrogio Carnelli si presentò di persona.

In quella seconda riunione si procedette anche ad un’attenta revisione del corpo di insegnanti in funzione presso l’ateneo. Mette conto di ricordare i nomi dei professori ratificati per l’anno accademico 1908-09, sia con riguardo ai corsi normali, sia con riguardo a quelli speciali. Le cattedre fondamentali (tale era la terminologia allora usata, come già abbiamo avuto occasione di ricordare) erano occupate dai proff. Ascoli, Bonfante, Buzzati, Einaudi, Gobbi, Greco, Maldifassi, Marchi, Molinari, Moro, Mosca, Piazza, Sraffa, Venegoni. Purtroppo era venuto a mancare il prof. Benini chiamato a Roma dalla Facoltà di giurisprudenza: ne avrebbe preso il posto alla Bocconi il prof. Coletti, apprezzato docente all’Università di Pavia. Come professori di lingue estere erano confermati i docenti Rouquet, Vandey, Castelfranco, Nicolini, Friedmann, Braun, Padovani, Carruthers, Sanvisenti e Solera. Anche per il 1908-09 si sarebbe approvata l’istituzione di corsi speciali che, su proposta del Presidente-rettore, furono designati in quest’ordine: Diritto Industriale (Legislazione del Lavoro) affidato a Francesco Carnelutti (per la prima volta tra i docenti bocconiani compare questo nome prestigioso); Tariffe doganali e Trattati di Commercio (a Maldifassi); Argentina (Buzzati); Pratica Bancaria (Greco); Scienza Attuariale (Sestilli); Ordino Amm. Conto Aziende Assicuratrici (Bossi).

Sbrigate rapidamente questioni di scarsa importanza in tema di iscrizioni e di borse di studio, Sabbatini, fuori dall’ordine del giorno, ebbe a richiamare, preoccupato, l’attenzione dei membri del consiglio su un piano operativo di sviluppo del Comune di Milano che, se attuato, avrebbe compromesso lo sviluppo futuro dell’Università. È bene lasciare la parola all’estensore del verbale.

«La sede attuale [della Bocconi] è stata fino ad oggi sufficiente, ma non pochi accenni confermano come sta per diventare inadeguata al regolare suo funzionamento.

«[Il rettore] preoccupato di questa condizione di cose – che pure deve esser per tutti ragione di legittimo compiacimento – fin dal maggio scorso, d’accordo col collega Bocconi, fece presente al Sindaco Senatore Ponti e all’assessore Menozzi, la necessità che da parte dell’Amministrazione Comunale nessuna iniziativa di nuove costruzioni venisse presa per la quale togliesse o menomasse la possibilità di un ampliamento dell’Università tale da assicurare per lungo periodo di anni a venire il tranquillo sviluppo dell’Istituto. Ebbe i più espliciti affidamenti in proposito. Stamane invece, improvvisamente, si è avuta notizia che il Consiglio Comunale è chiamato a deliberare su due progetti di costruzione nel palazzo municipale di igiene nell’area volta verso la via Statuto, progetti che impedirebbero assolutamente il vagheggiato ampliamento.

«[Il Presidente] espone le pratiche fatte nella mattinata presso l’assessore Menozzi e propone che il Consiglio rivolga preghiera al Sindaco, perché rinvii ad altra seduta la discussione dei due progetti di cui trattasi e intanto si trovi un equo componimento».

Il Consiglio approvò la proposta del presidente e gli affidò l’incarico di prendere coll’amministrazione comunale gli accordi per un provvedimento che armonizzasse le esigenze dei servizi cittadini d’igiene con quelle, non meno imprescindibili e legittime, dell’istruzione commerciale in Milano. Il Consiglio pregò anche il prof. Gobbi, che volentieri accettò, di interporre la sua opera autorevole per ottenere dal Sindaco e dal Consiglio comunale il rinvio della discussione dei progetti municipali.

Trattati alcuni casi particolari di ammissione all’Università, solo in parte approvati, l’ultimo consiglio direttivo del 1908, riunitosi il 22 dicembre, si dedicò lungamente a considerare l’opportunità, o meno, di confermare borse di studio già assegnate, sottoponendo ad attento esame l’esito delle prove sostenute dai beneficiari delle borse. Va detto, invero, che la questione delle borse s’andava facendo di più in più impegnativa e richiedeva ai consiglieri crescente attenzione, giacché si dava il caso di studenti che tendevano per un verso a prendere sottogamba l’aiuto offerto o peggio, per altro verso, a fare un uso non corretto, per non dire illegittimo, della borsa conferita. Basti accennare alla comunicazione data dal Presidente nel corso di quella seduta: di aver sospeso il conferimento della borsa al giovane L.V. licenziato di Caltanissetta, perché dichiarato «soggetto ingannevole». Sabbatini fece dare lettura delle informazioni pervenute e il Consiglio ne approvò l’operato[20].

Non si potrebbe lasciar scorrere alle spalle il 1908 senza far menzione d’una «geniale» iniziativa, come fu designata in sede bocconiana, e cioè dell’adunata in Roma di «numerosi rappresentanti dei nuclei italiani sparsi in tutto il mondo», congresso di residenti italiani all’estero che si riprometteva di fare «constatare come in ogni campo del pensiero e dell’azione la patria comune avesse ormai attinto i più alti destini». Non mancava di certo, in questa iniziativa, più di un briciolo di retorica; ma bisognava pur riconoscere che ai nostri connazionali la visita al Paese natale era motivo di grande soddisfazione e di commosso patriottismo. Se ne ebbe una prova inconfutabile, giustappunto, alla Bocconi dove essi convennero il 26 ottobre 1908, accolti con grande simpatia dai consiglieri, dal corpo insegnante e dagli studenti. Traboccanti di sentimenti furono le parole loro rivolte dal presidente-rettore dell’Università che non mancò di accennare ai grandi meriti acquisiti sul piano tecnico e culturale dalla Bocconi e che volle così concludere: «Il Congresso riassume tutta la grande storia di lavoro e di dedizione, di pericoli e di ardimenti: presenta il quadro delle rinnovellate forze del lavoro italiano, che vuole e consegue vittorie sui campi aperti delle lotte di tutto il mondo!… L’Università felicita il Congresso e il suo illustre presidente [era il sen. De Martino] per la loro opera schiettamente e nobilmente italiana ed afferma con essi unità di pensiero e di fede!». Il sen. De Martino a sua volta non mancò di sottolineare le conquiste bocconiane: «… In nome degli Italiani d’oltremare e d’oltralpe vicini e lontani porto un saluto e un ringraziamento al dottor Sabbatini, presidente dell’Università: a lui, alla sua iniziativa scientifica, alla sua retta interpretazione del momento nazionale deve oggi il Paese questo organismo che ieri era una grande speranza, oggi costituisce un grande fatto compiuto… Ed in questo centro economico ed industriale dell’Italia che sintetizza nella grandezza delle sue industrie ciò che può l’energia fattiva delle nuove italiche genti, concorrono oggi qui per ammirarne la prosperità fiorente i Rappresentanti delle Colonie Italiane sparse per il mondo, quasi a dar nuova vita, nuovo impulso col loro alito fraterno all’anima industriale d’Italia che, oggi più vigorosa che mai, batte in questa terra lombarda. Il Congresso ed io siamo lietissimi che la nostra visita a questa industre regione si inizi da questa grande Università a cui l’amor paterno e la munificenza intelligente di un grande commerciante milanese diedero la vita, e la genialità di un sapiente culture delle scienze economiche diedero programma ed indirizzo conformi alle esigenze di questi tempi nuovi».

Il senatore De Martino continuava augurandosi che a questa Università lo Stato attinga nuove, illuminate energie che sappiano degnamente rappresentare nel mondo il nostro Paese e chiudeva fra gli applausi dei presenti, mandando un saluto reverente alla memoria del senatore Ferdinando Bocconi. Insomma: «La visita che gli italiani residenti all’estero hanno fatto alla Università Commerciale Luigi Bocconi costituisce un faustissimo avvenimento. Essi hanno appieno inteso quale alta funzione l’Università eserciti pel progresso della Nazione». Una nazione, aggiungiamo noi, che stava vivendo proprio in quegli anni, le esaltanti avventure dell’espansione coloniale, dopo le mortificazioni subite non molto tempo prima e che, come sappiamo, avevano pateticamente concorso a far germinare il nuovo e frondoso albero bocconiano[21].

Nel febbraio del 1909, in occasione del primo anniversario della morte del «fondatore», la famiglia Bocconi stanziò a favore del Consiglio d’Amministrazione dell’Università la somma di Lire Centomila, per l’istituzione di borse di studio di L. 10 mila l’una da intestarsi a giovani di nazionalità italiana. Il 1° di maggio successivo il Consiglio, convocatosi, rinnovava alla famiglia Bocconi «la sua gratitudine e la sua ammirazione». Così come pari sentimenti estendeva agli eredi del comm. Castiglioni a causa dell’elargizione di lire 10.700, in occasione del trigesimo della morte del padre, con lo scopo di fondare una borsa di studio di lire 400 intestata al genitore[22].

Il Consiglio, su proposta del Presidente, ricordando il fervido e valente contributo dato dal Consigliere della Corte d’Appello di Milano, comm. Mario D’Amelio ai lavori delle commissioni d’esame tenute alla Bocconi, esprimeva i propri rallegramenti per la nomina del D’Amelio all’alto ufficio di Capo di Gabinetto di S.E. il Ministro Orlando.

Iscritta l’Università tra i soci perpetui della «Dante Alighieri», il Consiglio approvò gli esiti del Bilancio Consuntivo del 1907-08 e quelli pronosticati pel Bilancio Preventivo del 1908-09. Purtroppo non furono allora sottoposti i dati analitici (che anche a noi mancano), ma solo le risultanze finali: per l’Entrata e l’Uscita del 1907-08 rispettivamente lire 160.620,54 e 158.714,89, con un avanzo, quindi, di lire 1905,65, mentre il precedente preventivo aveva posto in rilievo un deficit di lire 4.700[23]. Quanto al Bilancio preventivo del 1908-09 esso presentava un’entrata di lire 175.200 e un’uscita di lire 173.600 con un avanzo, dunque, di lire 1.600.

Il Presidente sottopose al colleghi, che l’approvarono, salva qualche lieve modifica, il bozzetto di diploma di laurea, predisposto dal pittore Duilio Cambellotti.

Ma l’argomento che tornò a galla e incupì non poco i membri del consiglio direttivo nel corso della prima seduta del 1909 fu quello relativo all’«Ampliamento della sede dell’Università». Conviene ritrascrivere il dettato del processo verbale della riunione.

«Il Presidente comunicava che aveva invitato ad assistere alla seduta l’Assessore Menozzi e l’Ingegnere Capo del nostro Municipio. Legge le due lettere odierne colle quali l’Assessore scusa la assenza sua e dell’Ingegnere Capo e fa presenti le difficoltà che si oppongono all’accoglimento della domanda di cessione di area fatta dalla Università.

«Il Presidente richiamò le pratiche personalmente fatte presso il comune, pratiche in base alle quali l’Ufficio Tecnico Municipale compilò un nuovo progetto tenendo conto della domanda dell’Università. Il progetto, peraltro, è stato dall’ufficio stesso accompagnato da un parere sfavorevole alla sua accettazione da parte del Comune. Le ragioni sono quelle riassunte dall’assessore nella sua lettera; ad essa si può opporre che la cessione dell’area richiesta (326 mq.) non possa costituire un ostacolo insormontabile alla soddisfazione delle necessità attuali e di quelle di un avvenire prossimo dei servizi cittadini d’igiene: mentre essa garantirebbe forse definitivamente, certo per lunghissimo periodo d’anni il normale sviluppo dell’Università, non può esser tale da corrispondere durevolmente ai bisogni di un assetto dei servizi d’igiene in una città come Milano.

«I Consiglieri condivisero pienamente il pensiero del Presidente, riconoscendo che la cessione dell’area risolverebbe stabilmente per l’Università una questione di vita, mentre il mantenimento dell’area stessa da parte del Comune non rappresenta che un mezzo limitatissimo, inadeguato per provvedere alle esigenze della crescente vita cittadina.

«Il Consiglio delibera di insistere presso il Comune nella richiesta dell’area e dà mandato al Presidente di fare le opportune pratiche»[24].

Nel solleone d’agosto, il 12 del mese, il consiglio trovava il tempo di riunirsi per regolare il solito problema delle borse di studio e per procedere alla consueta nomina dei docenti per l’anno 1909-10. Spiacque a tutti dover rinunciare al prof. Bolaffio, la cui veneranda età poteva solo far sperare che potesse impartire un breve corso di diritto commerciale. Il cui insegnamento regolare sarebbe stato affidato ancora ad Angelo Sraffa. Al prof. Francesco Carnelutti, «che ha tenuto quest’anno con onore il corso di Legislazione del lavoro» sarebbe stato assegnato il corso di diritto commerciale. Mentre in luogo del prof. Pacchioni, impedito a venire a Milano, per l’insegnamento di «Legislazione comparata» sarebbe stato nominato il prof. Anzillotti.

Apparivano a tutti oltremodo opportuni e fruttuosi i corsi speciali, ormai da parecchi anni esperimentati con soddisfazione. Quello su «Ordinamento ferroviario» che sarebbe stato svolto dal Tajani, come già negli anni precedenti, o da Alzona, Barzanò o Solmi, se il primo non avesse potuto insegnare; quello di «Legislazione finanziaria» da affidarsi ai prof. D’Aroma e Bona (o ad altro valente funzionario, qualora Bona ne fosse stato impedito); quello di «Semiologia Economica» (10 o 15 lezioni) per il quale si erano già presi contatti fin dall’anno prima con il prof. Benini; quello di «Operazioni di Borsa» che avrebbe dovuto essere tenuto dal prof. Supino; quello di «Emigrazione e Politica dell’Emigrazione» che il presidente avrebbe dovuto concordare con il Comm. Generale dell’Emigrazione l’On. Luigi Rossi. Infine, si discorse a lungo sull’opportunità d’istituire un breve corso speciale di «Meccanica» «per far sì che i nostri giovani trovandosi di fronte ad una macchina, ad un congegno ne comprendano nelle linee generali la struttura, il funzionamento». E, pur pensando di giungere ad una delibera in merito in più tarda occasione, già si facevano i nomi degli eventuali docenti: gli Ing. Baroni, Magatti ed Arpesani[25].

La riunione si concluse su una nota amara: il presidente comunicò che la pratiche fatte presso il Comune per la questione della cessione dell’area non avevano trovato favorevole accoglienza; non si sarebbe però dato per vinto, ed avrebbe continuato ad insistere.

All’inizio dell’autunno 1909 la mezzaluna islamica apparve nei cieli bocconiani. Probabilmente suggerita da considerazioni politiche (basti pensare a quanto si stava muovendo a livello internazionale, ed in ispecie nell’area balcanica)[26]  una iniziativa assunta dall’Associazione laureati della Università[27]  portò, nel 1908, alla formazione di un «comitato per raccogliere fondi per offrire un certo numero di borse di studio ai giovani di nazionalità ottomana che intendessero iscriversi alla nostra Università». L’idea incontrò grande favore, fu assai apprezzata a Costantinopoli come ebbe a sottolineare lo stesso Ambasciatore turco a Roma. Purtroppo, il tragico evento del 28 dicembre 1908, il tremendo terremoto e maremoto che distrusse quasi completamente Messina, Reggio, Palmi, Bagnara, Scilla, Campo Calabro[28], costrinse a sospendere la generosa iniziativa. A distanza di nove mesi si pensò di riavviarla, pur riconoscendo che le condizioni del momento non erano più tanto favorevoli da lasciar sperare di attingere confortanti risultati. Nella seduta del 30 settembre 1909 il consiglio bocconiano decise di «concorrere nella sottoscrizione con lire ottomila – il che equivaleva alla rinuncia per un quadriennio della metà della tassa d’iscrizione per dieci studenti ottomani – da ridursi proporzionalmente al numero degli studenti che realmente si iscriveranno» e sempreché «il Comitato raggiunga colle altre sottoscrizioni la somma necessaria». Non si ebbero dubbi di sorta nell’approvare il provvedimento.

E nemmeno si sollevarono eccezioni in merito alla proposta di accordare facilitazioni finanziarie agli studenti cinesi che intendessero iscriversi alla Bocconi. Era questa un’iniziativa posta in atto dalla Società di esplorazioni geografiche e commerciali. Un suo delegato, il dott. De Lugi si era infatti recato in Cina (uscita, come si può ben immaginare, assai impoverita dalla guerra coi giapponesi) e aveva potuto rendersi conto di quanta simpatia avesse riscosso la proposta di offrire mezzi di studio alla gioventù cinese. Della stessa opinione s’era fatto interprete il Senatore Vigoni verso il quale, oltretutto, la Bocconi aveva motivi di riconoscenza. L’aiuto sarebbe consistito nell’abbuono di duecento lire sulla tassa d’iscrizione ai primi dieci cinesi che avessero fatto domanda: Pirelli e Majno appoggiarono in modo particolarmente caloroso la proposta, nella convinzione che essa avrebbe avuto grande influenza sullo sviluppo dei rapporti economici italiani con l’Impero cinese (non si scordi quale fosse allora lo stato delle relazioni fra l’Europa e il mondo orientale).

Nell’ultima seduta di consiglio del 1909, tenuta il 20 settembre, altro non si fece che valutare la situazione ed i titoli degli studenti che ambivano ad ottenere borse di studio e, con dichiarata rinuncia a fare posto a considerazioni sentimentali, si respinsero richieste di giovani che desideravano godere di trattamenti di favore sul piano dell’ammissione all’Università, della frequenza alle lezioni e del sostenimento delle prove d’esame.

Il 1910 registrò un avvenimento di grande importanza nella storia della nostra Università: il conferimento dei diplomi di laurea agli allievi proclamati dottori negli anni accademici 1906-1910. La manifestazione fu assai solenne ed ebbe luogo il 25 di aprile.

In rappresentanza del governo presiedeva S.E. l’Avv. Antonio Teso sottosegretario per la pubblica istruzione, circondato dal prefetto di Milano, sen. Carlo Panizzardi, dal procuratore generale del Re, dal presidente del tribunale, dal rappresentante della deputazione provinciale, dall’ingegnere Angelo Salmoiraghi, presidente della Unione delle Camere di Commercio e di quella di Milano, dal Provveditore agli studi e, naturalmente, dal Rettore della Bocconi Leopoldo Sabbatini. Erano altresì presenti i figli del Fondatore dell’Università Ettore e Ferdinando Bocconi: il primo accompagnato dalla consorte Donna Javotte di Villahermosa. Chi volesse avere una idea, pur incompleta, della pleiade di personalità d’ogni genere che affollavano la sede di piazza Statuto (amministratori pubblici, rappresentanti dell’arte, della cultura, del corpo diplomatico, della classe imprenditoriale, ecc.) non ha che da scorrere le numerose pagine dedicate all’avvenimento nell’Annuario bocconiano del 1909-10[29].

Furono 138 i componenti della prima pattuglia di dottori bocconiani che dalle mani del rappresentante del Ministro della Pubblica Istruzione ricevettero i diplomi di laurea in un subisso di applausi e in un succedersi di festeggiamenti. V’è da chiedersi, se tutti abbiano veramente apprezzato, nella loro misurata lunghezza i discorsi che Sabbatini, il Sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione e il Sindaco di Milano rivolsero ai tanti convenuti con accenti non solo di circostanza.

Tre furono la riunioni che i consiglieri bocconiani tennero del corso del 1910: il 22 luglio, il 15 ottobre e il 15 dicembre. Non si trovarono sul tavolo questioni di particolare rilievo, oltre alle solite pratiche di routine.

Con soddisfazione furono approvati i bilanci consuntivi e preventivi sottoposti nella seduta del 22 luglio. Come già in precedenza ai membri del consiglio furono forniti soltanto i risultati globali dell’esercizio concluso e di quello preventivato. Tutti si trovarono d’accordo nell’esprimere al presidente e al segretario il loro plauso per il conseguimento, nell’esercizio 1908-09, di un avanzo di lire 13.100,45 contro uno previsto di sole lire 1.600 (entrate 180.199,64 e uscite 167.099,19). Fu approvato, naturalmente, anche il preventivo per il successivo esercizio (1909-10): L. 178.560 all’entrata e L. 176.700 all’uscita. In quella tornata fu data comunicazione che la Camera di Commercio di Milano aveva fondato cinque borse di studio per il perfezionamento in lingue straniere: una in francese e due, rispettivamente, in tedesco e in inglese (era naturalmente richiesto un soggiorno di almeno due mesi all’estero e un duro colloquio, al ritorno, con i professori di lingue straniere).

Si procedette alla riconferma dei professori di ruolo, si deliberò l’istituzione dei corsi speciali per l’entrante anno e, date le condizioni del prof. Bolaffio, di cui peraltro non si voleva perdere la presenza e l’insegnamento, si diede mandato al Presidente perché stabilisse, con lui, «quale corso speciale di Diritto Commerciale» egli avrebbe potuto svolgere[30].

Si faceva sempre più impellente la necessità d’arricchire il numero dei docenti di materie contabili allo scopo di renderne sempre più efficace l’insegnamento. Su proposta di Weil, che l’aveva avuto come ottimo impiegato alla Comit, l’attenzione cadde sul dott. Ferdinando Citella, oltretutto uno dei primi laureati bocconiani, i cui elogi furono tessuti anche da altri consiglieri. Citella avrebbe voluto prestare la sua opera gratuitamente, ma specialmente Majno si dichiarò contrario alla gratuità della prestazione. Epperò ci si mise d’accordo sull’opportunità di offrirgli, per il primo anno, un incarico semplicemente onorifico. Nella certezza, in ogni caso, come sosteneva convinto Pirelli, che «chiamando Citella si può sperare di preparare in lui un vero nuovo insegnante per ogni futura eventualità»; si sarebbe sempre potuto trovare, alla fine dell’anno «qualche forma particolare di riconoscimento». Curiosa, infine, una osservazione del Presidente (sarebbe valida anche oggidì): «… specialmente i giovani provenienti dai licei hanno una brutta calligrafia. Riconoscendo il danno che ai giovani ne deriva, proporrebbe l’istituzione d’un corso libero non universitario di calligrafia…».

Nell’incontro del 15 dicembre sempre del 1910 si ritorna sulla questione degli aiuti ai giovani studenti turchi. Questa volta era direttamente S.E. il Ministro degli Esteri, Antonio di San Giuliano, il quale esprimeva il desiderio che la Bocconi, per contribuire allo sviluppo dei rapporti economici con la Turchia, istituisse borse di studio a favore di giovani ottomani, che intendessero compiere in Italia la loro istruzione commerciale. Ricordati i ritardi dovuti all’immane disastro di Messina e Reggio e, osservazione importante e significativa, «anche per le mutate condizioni dell’opinione pubblica» il consiglio bocconiano deliberò, alla fine, e sembra con qualche riserva di fondo e senza troppo entusiasmo, di istituire 6 borse quadriennali di 400 lire l’una (pari, dunque, alla tassa d’iscrizione).

Risolte, come al solito, più o meno aggrovigliate questioni relative a concessioni di borse di studio e a richieste particolari di studenti, si pose attenzione, come sempre, ai corsi speciali che, tutto considerato, erano ormai reputati un poco come fiori all’occhiello dell’insegnamento bocconiano. Tornò a tutti gradito che, dopo le pratiche esperite presso il Commissariato Generale dell’Emigrazione, il deputato Luigi Rossi, professore ordinario dell’Università di Bologna, avesse volentieri accettato l’incarico di tenere (12/15 lezioni) per un corso speciale sulla «Emigrazione». Fece altresì piacere che l’Ing. Filippo Tajani avesse lasciato l’ufficio da lui tenuto presso le Ferrovie dello Stato e, nominato Professore Straordinario nel R. Istituto Tecnico di Milano (quello in cui aveva già insegnato Gobbi) potesse portare a 25 il numero delle lezioni del corso speciale sull’Ordinamento Ferroviario Italiano».

Dispiaceva, invece, che, per ragioni di salute, Luigi Einaudi si vedesse costretto a rinunciare ad un’ora del suo insegnamento fondamentale: e precisamente all’ora dedicata alla «Contabilità di Stato». Lo avrebbe sostituito, in quel corso che si sviluppava per 20/25 lezioni, il prof. Antonio Graziadei: ottimo studioso e personaggio eminente, deputato al parlamento e professore ordinario all’Università di Parma.

Tutto tacque sul fronte del consiglio direttivo bocconiano nei primi sei mesi del 1911. Solo il 19 giugno i membri si convocarono per approvare, in primis, gli esiti finanziari della gestione 1909-10 e per conoscere le previsioni per l’esercizio 1910-11. Come da qualche tempo in qua sul verbale della riunione si diè conto soltanto delle risultanze sintetiche; alle quali, pertanto, siamo costretti a ridurci. Mangili, facendosi interprete, si congratulò per i risultati ottenuti ed esposti nel consuntivo 1909-10: un avanzo di L. 12.133,24, con entrate di L. 181.140,18 ed uscite di L. 169.006,94. Quanto al preventivo per il 1910-11 l’avanzo non era disprezzabile: superava le 5 mila lire (entrate L. 188.620; uscite L. 183.170).

Fu rinviata per scarso numero di presenti la nomina dei revisori dei conti. Risultato alquanto pesante l’insegnamento della Merceologia, su proposta del titolare si accettò la nomina del dott. Dino Poli, proposta dallo stesso docente, prof. Maldifassi. Come il già ricordato dott. Citella, anche Poli usciva con lode dall’ovile bocconiano, era già Vice-Direttore del Museo Commerciale godendo la totale fiducia di Maldifassi. Per il primo anno anche la prestazione di Poli sarebbe stata meramente onorifica.

Tutti i consiglieri manifestarono rincrescimento alla notizia che il comm. Carnelli, rappresentante nel consiglio della Cassa di Risparmio delle PP.LL. avrebbe rinunciato senza indugio alla carica, avendo cessato di far parte della Commissione Centrale di Beneficenza, amministratrice della Cassa di Risparmio medesima. Sarebbe stato sostituito dal Conte Malliani che avrebbe infatti presenziato alla successiva seduta del 26 settembre 1911. Intanto nel corso di quella in atto, d’accordo con il dott. Ettore Bocconi, rappresentante del fondatore, il Presidente comunicava che tutti i consiglieri previsti dallo statuto erano da considerarsi riconfermati.

Accettata una cospicua somma (L. 50 mila) offerta in memoria del padre dal sig. Arsace Bolgé perché coi redditi fosse istituita una borsa di studio, il Presidente passò a dare una comunicazione che, nel richiamare fortemente l’interesse dei consiglieri, per la sua importanza non può essere ignorata, e merita anzi di essere meditata, anche dagli affezionati posteri di quei primi componenti della comunità bocconiana. Ecco le parole del Presidente-Rettore come vennero allora verbalizzate:

«Il Presidente infine ricorda come sia sorta a Milano l’iniziativa per la costituzione di una Società per l’alta cultura; chiamato come capo dell’Istituto a far parte del Comitato promotore, ha creduto doveroso di accogliere l’invito: naturalmente però, aderendo, manteneva ferme le dichiarazioni che aveva fatto precedentemente nell’intervista pubblicata sul “Secolo”, ritenere cioè insostenibile l’idea di fondare a Milano una nuova università completa, parallela e concorrente con quella di Pavia; parergli un assurdo scientifico e pratico parlare di Università politecnica; pensare il compito della costituenda Associazione dovere mirare a promuovere l’integrazione dell’opera degli Istituti Superiori di Cultura già esistenti in Milano, senza con ciò escludere la possibilità della creazione di altri Istituti superiori speciali, postuniversitari, soprattutto per quegli che sono il fondamento della vita economica, a conseguire un razionale coordinamento di tutti gli Istituti, di tutti gli Insegnamenti». Se si pensa a quanto in quegli ultimi anni era stato fatto a Milano e, particolarmente, nell’ambito della Bocconi non si può non attribuire un senso quasi profetico alle perorazioni di Leopoldo Sabbatini.

Nella riunione del 26 settembre 1911 si ratificarono, more solito, le nomine dei professori titolari dell’Università[31]. Fu tenuta in sospeso la nomina del titolare della cattedra di Diritto Commerciale. L’anno precedente il prof. Sraffa si era ammalato ed era stato per alcuni mesi sostituito dal prof. Rocco dell’Università di Padova, che già aveva avuto occasione di prestare la propria apprezzata opera alla Bocconi. Anche per l’anno a venire Sraffa avrebbe gradito di far lezione solo per la metà dei mesi spettantigli. Sostanzialmente riconfermati furono i corsi speciali già assegnati l’anno precedente. Furono presi, infine, in attenta considerazione alcune richieste di ammissioni particolari di studenti provenienti da scuole, anche universitarie italiane e straniere e, in qualche caso, la domanda fu accolta.

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Non v’è nulla da segnalare in merito alla riunione consiliare del 7 ottobre 1911: furono trattati affari di ordinaria amministrazione oltretutto risolti in tempi molto brevi. L’anno accademico 1910-11 non fu contrassegnato da accadimenti di particolare rilievo, tanto che pure l’Annuario di quel biennio rimase in proposito silenzioso.

Tutto sommato i due consigli convocatisi nel corso del 1912 (il 27 febbraio e il 23 ottobre) non rivelano eventi di particolare importanza, anche se meritano una menzione due decisioni assunte su proposta del Rettore.

La prima, relativamente all’adesione della Bocconi alla «Società» costituita a Firenze avente lo scopo di «promuovere lo studio metodico delle condizioni di vita e di sviluppo delle nuove terre italiane (leggi: Libia) e di diffondere con assiduità i risultati delle proprie ricerche». Pirelli, che dimostrava di essere particolarmente infervorato a sostenere lo sviluppo coloniale italiane e, in particolare, quello delle terre occupate si dichiarò pienamente d’accordo nell’appoggiare l’iniziativa fiorentina e trascinò con sé tutti gli altri consiglieri. Non in relazione con quanto approvato in precedenza, ma certamente in abbastanza curiosa simbiosi sembrò l’altro provvedimento adottato in quella seduta, e cioè la istituzione di un corso (facoltativo) in lingua araba da affidarsi ai prof. Giuseppe Kurkgy ed Elia Scallaci (l’iscrizione al corso era fissata in lire venti).

Di più sottile motivazione e, probabilmente, d’ispirazione politica (la Triplice era nell’aria) fu la proposta partita dal Presidente nella seduta del 23 ottobre. Trattando della istituzione di un corso speciale da affidare al prof. Catellani, dell’Università di Padova Sabbatini così si esprimeva: «… In questo corso dovrebbesi tener conto soprattutto di ciò che nei grandi fatti del passato o ha avuto influenza nel determinare le condizioni del presente o nel presente ancora sussiste; dovrebbesi quindi studiare la formazione dell’Europa moderna, lo sviluppo moderno della questione d’Oriente e quello della nuova costellazione politica americana. Messi così in luce i tre elementi della contemporanea politica mondiale, il corso dovrebbe studiare dopo il Trattato del 1815 lo sviluppo delle Grandi Convenzioni relative alla cose germaniche, alle italiane, al Mediterraneo, alla politica Coloniale fino al Trattato di Berlino del ’78 e alla Convenzione di Berlino dell’85. In ogni trattato dovrebbesi mettere in luce l’elemento economico. Questo nuovo corso che deve illustrare le ragioni delle condizioni d’oggi potrà forse costituire il nucleo e il principio di nuovi ordinamenti dell’Università nostra».

Come si vede Sabbatini rivelava senza posa la sua inclinazione a «modernizzare» la preparazione dei giovani studenti, inquadrandola nel divenire storico che si stava intensamente vivendo in quegli anni e che avrebbe, come ben sappiamo, ridato un nuovo volto al nostro Pianeta e, in particolare, al nostro Paese. Le opinioni del Rettore erano totalmente condivise dal corpo consiliare, anche se a qualcuno dei componenti (Pirelli e Malliani, ad esempio) pareva che «… si sovraccaricassero troppo i giovani». Tanto più che Sabbatini non si limitava ad esporre quanto siam venuti appena sopra ricordando, a proposito del corso speciale sui trattati, ma sarebbe stata sua intenzione integrarlo con un altro insegnamento. Egli, infatti, «richiamava l’attenzione del Consiglio sulla opportunità di iniziare l’esperimento di sottoporre ai giovani qualcuna delle grandi questioni attuali, alla cui discussione essi dovrebbero portare il frutto di tutto quel complesso di discipline che qui hanno apprese. Per esempio riteneva che non sarebbe male che i giovani fossero chiamati ad esaminare da un punto di vista scientifico e pratico, la questione della riforma tributaria. È un esperimento in un campo in cui è certo difficile trovare un collaboratore pratico: nel caso particolare però egli credeva che l’On. Graziadei potrebbe essere la persona idonea… Il corso dovrebbe essere brevissimo – sei ad otto lezioni – e ad esso basterebbe intervenisse solo un gruppo di giovani, precisamente quelli che aspirano ad una cultura scientifica superiore. Nelle lauree di questi ultimi anni si è appunto verificato il caso di parecchi giovani che si sono dedicati a pure ricerche scientifiche. La nostra è un’Università a larga base; ora si è raggiunto un numero tale di allievi per cui l’idea di creare varie sezioni potrà essere ripresa e comunque l’istituire in via di esperimento il breve corso a cui ha accennato, può servire a colorire il nostro disegno dando il mezzo a coloro fra i giovani la cui mente è orientata verso le speculazioni scientifiche di dedicarsi a studi che rispondano a tale orientamento».

Era tanto determinato nel suo programma, volto a fare della Bocconi un istituto nel contempo ad altissimo contenuto scientifico e pratico, che Sabbatini non temette di lasciarsi sfuggire un’asserzione di grande rilievo: la spartizione dell’Università in sezioni, in relazione all’intensità del lavoro squisitamente scientifico che vi veniva esercitato. Non si nascondeva del resto, Sabbatini, che egli poteva contare su una preparazione di base d’altissimo livello. A Malliani, assai perplesso sulla possibilità che si potesse fare un corso su un tema così difficile e complicato come la riforma tributaria (a suo avviso sarebbero occorse almeno una trentina di lezioni), il Presidente rispose, seccamente: «i giovani che sarebbero chiamati al corso proposto hanno già ricevuto l’insegnamento di Scienza delle Finanze dall’Einaudi per un biennio (come dire erano ben ferrati!), insegnamento che anzi sarebbe il presupposto del corso da affidarsi appunto a Graziadei».

Che, del resto, il Rettore ambisse, e giustamente, ad elevare sempre più il tono della Bocconi, a darle un prestigio che, sotto tutti i profili, anche quelli formali venisse ovunque riconosciuto, parve chiaro nel corso della riunione seguente: quella dell’8 gennaio 1913. Quando il consiglio fu invitato a pronunziarsi sull’articolo 36 dello statuto, il quale prevedeva la pubblicazione delle tesi di laurea dichiarate «degne di stampa». Si trattava, dunque, di trovare l’editore che si prestasse alla bisogna: Sabbatini l’aveva già scovato e, con lui, aveva addirittura alquanto «dittatorialmente», steso uno schema di contratto. L’Editore era la ben nota Casa Editrice Zanichelli di Bologna. Solo ragioni di natura finanziaria, precisava Sabbatini, in passato avevano impedito di pubblicare pur pregevoli dissertazioni; ma il momento pareva ora presentarsi, per dare inizio all’operazione, tanto più che anche il Comune di Milano – e il Sindaco ne aveva dato affidamento – non era contrario a sobbarcarsi una parte della spesa.

A vero dire l’adesione dei consiglieri alla proposta del Rettore non fu immediata e plaudente. Le discussioni si dilungarono per un certo tempo; ma alla fine la risposta fu positiva, anche se non si acquietarono le insistenze di coloro che avrebbero voluto ridurre a 125, anziché a 150 le copie del volume da acquistare, da parte della Bocconi, presso Zanichelli. Certo si riconosceva «il vantaggio morale che ne deriverà all’Università dalla pubblicazione delle migliori tesi che, naturalmente, saranno scelte coi più rigidi criteri; si rilevava «l’opportunità di estendere la ricerca delle tesi da pubblicarsi anche a quelle presentate negli anni precedenti» e si auspicava che «eventualmente in ogni volume si potessero riunire anche più tesi»[32].

Poco più di un mese più tardi, il 17 febbraio 1913, Sabbatini introducendo i lavori della seduta non poté fare a meno di sottolineare il carattere di «solennità» di quella riunione. Invero si trattava di giudicare se «convenisse o non sciogliere la prudente riserva stabilita dal Fondatore pel caso che al termine del primo decennio si fosse riconosciuto che la Scuola non avesse dato quei buoni resultati che se ne ripromettevano». Il momento doveva essere certamente emozionante: osservava, infatti, il Rettore che: «Nell’atto in cui il Consiglio sta per esprimere il parere, che dovrà decidere dell’avvenire dell’Istituto, egli crede d’avere con sé l’animo dei Colleghi rievocando con reverente gratitudine la figura di Chi ha permesso di creare questa Scuola a cui pare che la fortuna arrida oramai sicura».

Lette le disposizioni tassative dell’art. 3 dello Statuto 1° capoverso[33] i membri furono singolarmente invitati ad esprimere il loro parere. Rinunciamo a rammentare le considerazioni dei singoli consiglieri. Basti dire che, a nome di tutti, e a mo’ di sintesi, Vanzetti affermò «che quali siano state le speranze concepite al sorgere dell’Università Commerciale, esse furono di gran lunga sorpassate dai fatti. È con un senso di vera commozione che si rivolge alla memoria di Ferdinando Bocconi un pensiero di riconoscenza e di ammirazione, per aver creato un Istituto che ha realmente portato nel campo degli studi commerciali il metodo e l’ordinamento applicati in tutti i rami dell’Istruzione Superiore».

Tutto ciò posto a preambolo, Sabbatini propose di mettere ai voti un ordine del giorno già da lui predisposto e che riscosse l’unanimità. Eccolo integralmente:

«Il Consiglio direttivo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, Visto l’art. 3, primo cap. dello Statuto il quale fa esplicita riserva perché al termine del primo decennio il Consiglio Direttivo giudichi, sul fondamento dei resultati ottenuti, se l’Istituzione debba oppur no continuare; Afferma con profonda soddisfazione che l’Università ha dato nel decennio resultanze superiori alle più liete aspettative, mostrando così di corrispondere realmente ai fini d’alta cultura economica e commerciale pei quali venne creata».

Si generò un’atmosfera di entusiasmo, per non dire di tripudio. Si susseguirono attestazioni d’elogio da parte di tutti. Ettore Bocconi che già, con voce rotta dai sentimenti, era intervenuto per ricordare l’apporto del padre, riprese la parola per unirsi all’attestazione solenne rivolta dal Senatore Mangili al dott. Sabbatini, il grande realizzatore dell’opera. E il Rettore a sua volta, ringraziando per il consenso sempre avuto dai colleghi, colse l’occasione per sottolineare quanto effettivamente egli aveva compiuto per portare la Bocconi ai traguardi cui era pervenuta.

Il 20 febbraio 1913 Leopoldo Sabbatini ricevette da Ettore Bocconi la seguente lettera che riproduciamo integralmente:

 

«Ill.mo Signor Comm. Dr. Leopoldo Sabbatini

Milano

La mia famiglia si unisce a me nell’esprimere a V.S. Ill. tutti i sentimenti di compiacimento per la deliberazione presa dal Consiglio Direttivo in applicazione dell’art. 3, primo capoverso, dello Statuto.

Noi abbiamo così la fortuna di vedere oggi realizzata nella sua pienezza l’aspirazione più intensa che ebbe il compianto Capo della Famiglia: dare all’Italia un Istituto capace realmente di creare la preparazione scientifica alla vita commerciale!

Ella, Signor Presidente, ha ideato il nuovo programma degli studi, che è l’anima dell’Università; ella ne ha diretta la pratica attuazione, in questo primo decennio, in mezzo a riluttanze non lievi e con risultanze che il Paese ha mostrato di apprezzare al loro giusto valore e che il Consiglio Direttivo consacra colla Sua deliberazione.

A Lei ha dato cooperazione autorevole il Consiglio Direttivo che fu sempre unanime coll’iniziativa e l’azione del suo Presidente: con Lei ha cooperato ai fini supremi del vantaggio dell’Università il Corpo Accademico, decoro e lustro della Scuola.

La mia famiglia ed io, profondamente grati a tutti, desideriamo in questa solenne occasione, di esprimere in una forma concreta i sentimenti coi quali accompagniamo la fortuna della giovane Università. È in questo pensiero che io nomino per il nuovo decennio la S.V. Ill. Presidente del Consiglio Direttivo dell’Università. Ella e tutti i Suoi collaboratori vorranno vedere in questa nomina non solo il ringraziamento per l’opera fin qui spiegata ma anche, e più, la fiducia piena di un avvenire che sia sempre in armonia colla vita della nazione.

Ed è ancora col pensiero di dare nuova testimonianza dei sentimenti che ci avvincono all’Università che mio fratello Ferdinando ed io facciamo dono all’Università del palazzo che fu espressamente costruito come sede della scuola.

Accolga, Signor Presidente, i sensi della mia alta considerazione ed i miei più cordiali saluti.

Firmato: Ettore Bocconi[34]

 

Si può ben comprendere la gioia, il compiacimento e l’orgoglio provati dai membri del Consiglio direttivo bocconiano nel ricevere questa lettera dalla famiglia del Fondatore. Fu subito approvato questo ordine del giorno.

«Il Consiglio Direttivo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi plaudendo commosso al nuovo munifico atto dei Signori Ettore e Ferdinando Bocconi i quali – col fare donazione all’Università del Palazzo di sua sede – integrano splendidamente l’opera del Padre e scrivono a lettere d’oro il nome della loro famiglia fra quelli dei maggiori benemeriti dell’alta cultura nazionale, prega il Presidente dott. Sabbatini – perfettamente designato nella lettera di donazione, ideatore del nuovo Programma degli Studi, anima dell’Università – di segnalare l’atto nobilissimo alla riconoscenza del Paese e di dare comunicazione di questo ordine del giorno al Governo del Re».

Tutti i consiglieri, su proposta di Majno, applaudirono la nomina di Sabbatini ad un altro decennio di Rettorato e si augurarono di essere ricevuti dai Bocconi per «poter loro rinnovare di persona i sentimenti coi quali avevano accolto il loro atto munifico».

Discussa brevemente l’opportunità di organizzare una cerimonia ufficiale, ci si trovò tutti d’accordo nell’approvare l’iniziativa, già un tempo manifestata da Sabbatini di collocare nella sede dell’Università una statua marmorea di Ferdinando Bocconi: statua che pure oggi si può ammirare.

L’emozionante seduta del 22 febbraio 1913 si concluse dichiarandosi tutti d’accordo nel dar incarico al Presidente perché avesse a continuare presso il Governo «le pratiche per ottenere facilitazioni agli effetti dell’applicazione della tassa di donazione ed eventualmente per provocare la presentazione di un apposito disegno di legge». Nemmeno in quella così fausta ed ammiranda circostanza l’Università poteva venir meno ai suoi compiti e alla sua natura![35]

Presa la decisione che la Bocconi avrebbe partecipato con cento lire alle onoranze per Giovanni Schiaparelli i consiglieri, pur in mancanza di qualche membro, approvarono con compiacimento gli esiti di bilancio dell’anno accademico 1911-12. Contro L. 193.544,10 di entrate le spese figuravano per L. 182.090,24, con un resto attivo, dunque, di L. 11.453,86. Invece il preventivo del 1912-13 presentava un deficit di L. 4.782: L. 159.340 di spese contro L. 154.558 di rendite. Si sperava in un ribaltamento della situazione[36].

Pur dispensatore di tante soddisfazioni il ’13, purtroppo, si chiuse nel segno del dolore. Il terzogenito del Fondatore, che ne portava il nome, Ferdinando, ebbe appena il tempo di gettare l’ultimo sguardo sul presepe. Il 26 dicembre chiudeva per sempre gli occhi. La sua scomparsa ebbe risonanza; ma il suo carattere schivo e riservato ridussero a ben poca cosa le onoranze che si sarebbero potute organizzare. Volle che i suoi funerali avvenissero all’alba, senza che alcuno accompagnasse il feretro, senza fiori e senza alcun segno di lutto per la famiglia. La Bocconi non mancò, tuttavia, di ricordarlo con parole veramente sentite in due pagine del proprio Annuario[37], ove si resero note le sue nobili disposizioni testamentarie, che non possono essere qui obliate pur se di una parte di esse daremo solo un sunto.

Così cominciavano le sue ultime volontà: «Lego un milione alla Università Commerciale Luigi Bocconi e desidero che cinquecentomila lire le siano versate per agevolare il suo continuo sviluppo, il suo perfezionamento. Le altre cinquecentomila siano devolute ad agevolare con prestiti alla sola parola d’onore il primo avviamento di giovani che, nel compimento degli studi presso l’Università, abbiano dimostrato altissimo il valore intellettuale e morale e che meritino per ragioni speciali di famiglia e di collocamento, questa forma particolare di sussidio». Il testatore poi precisava che la somma capitale sarebbe stata versata all’Università dopo i primi cinque anni, qualora l’esperimento avesse dato, a giudizio del Consiglio d’Università, risultati soddisfacenti. In caso contrario suo fratello Ettore avrebbe devoluto, almeno così confidava, la somma all’Università o ad altro Istituto di beneficenza, a suo parere.

Dal commento dell’estensore della notizia estraiamo poche altre righe dense di pathos e di verità. «Queste disposizioni costituiscono veramente un nuovo e grande atto di affetto e di fede nell’Università che – per opera costante della Famiglia Bocconi – vede assicurato il normale ed integrale svolgimento del suo Programma a vantaggio del presente e dell’avvenire del Paese e la possibilità di attuare iniziative nuove tutte coordinate e convergenti alle finalità supreme per le quali è sorta… Sollevare le miserie umane è opera degna, ma forse ancor più bella è l’azione che tende a distruggere le ragioni prime delle miserie. E l’assicurare il successo pratico di giovani energie che altrimenti sarebbero destinate a cadere o almeno intristire infeconde è l’opera che sorpassa nelle sue conseguenze il beneficio individuale per risolversi in diffusione di benessere generale». Il senso, le finalità e le ripercussioni dei «prestiti all’onore» – ci sembra – non potevano essere meglio additate ed esaltate.

Non altro doveva riservare il 1913, così drammaticamente conclusosi. E purtroppo non ci è dato di conoscere attraverso i processi verbali del consiglio direttivo quali furono gli eventi caratterizzanti la storia della nostra Università nel corso dell’anno successivo. Ad onta di ogni più minuziosa ricerca, non è stato possibile mettere la mani su siffatta e preziosa fonte. Ed il rammarico è stato particolarmente pungente, giacché proprio a mezzo il 1914 del tutto inatteso un fatto sconvolgente si abbatté sul nostro istituto, procurando in tutti costernazione, indicibile tristezza e motivi di gravi preoccupazioni.

Nessuno si sarebbe aspettato che Leopoldo Sabbatini in viaggio con la moglie da Camerino (vi era giunto da Roma, come era solito fare, per salutare la vecchia genitrice), a Genova, ove intendeva raggiungere il figlio, sceso a Foligno per salire sul Terontola-Firenze, fulmineamente stramazzasse tra le braccia di un facchino, colpito da sincope. Era il giorno 6 giugno 1914: al Duomo battevano le 3,30 del pomeriggio. Nei più alti cieli della storia parevano già rincorrersi i primi rimbombi dell’imminente conflitto mondiale.

Nulla lasciava presagire la subitanea scomparsa del Rettore bocconiano: nemmeno la lieve indisposizione che aveva accusato a Roma. La notizia fece a Milano l’effetto di una bomba. Già il giorno successivo, il 7 mattina, a Foligno si era recato da Milano il comm. Vanzetti, accompagnato dal prof. Greco e da una decina di studenti che avrebbero vegliato la salma. Si incontrarono, oltre che con la desolata vedova, con il fratello del defunto, giunto da Roma, e con il figlio Eugenio arrivato da Portofino con la moglie.

Solenne fu il tributo recato dalla cittadinanza di Foligno alla salma di Sabbatini la quale, accompagnata da un lunghissimo corteo, portata a braccia dai giovani bocconiani attraversò tutta la città prima di raggiungere dall’Ospedale Civico, ove era stata allestita la camera ardente, la stazione ferroviaria, donde partì per Milano alle 15,50. Il giorno seguente a Milano, composto nell’Aula Magna dell’Università, l’estinto ricevette l’omaggio di numerose autorità civili e accademiche. Si susseguirono i discorsi dei rappresentanti delle varie associazioni, culturali ed economiche, e dei vari enti non solo cittadini. Particolarmente sentiti, vibranti e felicemente riepiloganti i tanti meriti acquisiti dallo scomparso, geniale costruttore e programmatore dell’Università commerciale ambrosiana, furono gli interventi di S.E. il prefetto di Milano, sen. Panizzardi (che rappresentava anche il presidente del consiglio dei ministri on. Salandra e il ministro della P.I. on. Daneo), del R. Commissario straordinario Conte Olgiati, dell’on. Luigi Majno, per il Consiglio Direttivo dell’Università, del Presidente dell’Associazione Laureati dott. Poli e del laureando Celestino Frigerio. Ma le parole che maggiormente commossero i presenti e meglio contribuirono a delineare la straordinaria figura dello Scomparso furono quelle pronunciate dal prof. Pietro Bonfante, che ancora non sapeva di subentrare di lì a breve tempo nella carica rettorale, di Leopoldo Sabbatini. Chi volesse avere più copiose notizie intorno alle onoranze rese al defunto Rettore bocconiano, oltre alle tante pagine dedicate all’avvenimento dai giornali cittadini e nazionali (di particolare significato quelle pubblicate dal «Secolo» e da «il Sole»), nonché dal n. 24 del 13 giugno 1914 del periodico settimanale camerinese «Chienti e Potenza» (non si dimentichi che Sabbatini era nato a Camerino, ov’era amatissimo e stimatissimo, e solo per i soliti ignobili giochi elettorali non era riuscito a varcare le soglie del parlamento, benché caldamente portato dai democratici) potrà sempre indugiare sulle non poche pagine riservate all’avvenimento dall’Annuario bocconiano del 1913-14 (pp. 521), ove sono anche raccolte le numerosissime adesioni pervenute al Consiglio Direttivo dell’Università.

Su questo inaspettato evento, sulla subitanea scomparsa del primo Presidente-Rettore della Bocconi è bene, è giusto fare tappa nel nostro non breve viaggio volto a ricostruire la storia della nostra impareggiabile Scuola. Sabbatini lasciava un Istituto in perfette condizioni di funzionamento sia dal punto di vista didattico, sia da quello scientifico. A chi gli sopravviveva non restava che proseguire lungo le vie indicate, dedicando all’impresa la volontà, l’entusiasmo e la preparazione che egli aveva dimostrato di possedere e di perfezionare. Riuscendo a superare fin dall’inizio, ma anche successivamente, di volta in volta, gli ostacoli che non solo il destino – come è di tutte le cose, di tutte le storie – era andato erigendo; ma che pure gli umani contrasti, le differenti ideologie, le divergenti politiche, economiche e non, avevano disseminato più o meno apertamente e intenzionalmente sul suo già scabroso cammino.

Perché non bisogna sottovalutare una circostanza di rilievo. Sabbatini, marchigiano, probabilmente mazziniano e repubblicano, era uomo, assai buono, dal profondo sentire, ad un tempo risorgimentale, liberale, sociale. Sicché per lui tornò spontaneo, naturale accostarsi a coloro che, mozartianamente, nel culto della libertà, dell’enciclopedismo, della philosophie rationnelle, cercavano umanamente, «selon les lumières, les consolations de la démocratie», come a Rousseau scappò detto. Ben prima che i problemi bocconiani divenissero il nocciolo dei suoi pensieri e della sua azione il radical-liberale di Camerino, come componente di una loggia di liberi pensatori, già si era assunto il compito di predisporre mezzi e strutture per migliorare la preparazione scolastica e professionale dei giovani; e su questi temi si era duramente impegnato. Laico nel senso più alto e nobile del termine egli, insomma, si era votato per il miglioramento delle classi giovanili. La costruzione della Bocconi fu il suo capolavoro. Ed ancor oggi essa è lì, sempre più solida, ardita e rinomata, a dirgli grazie[38].

Cum mortuis in lingua laeta: così, con un pizzico di audacia, si potrebbe supporre che Modest Petrovic Mussorgskij si sarebbe musicalmente ispirato, «passeggiando» tra i quadri di soggetto bocconiano esposti in una ipotetica galleria d’arte milanese, desiderosa anch’essa, così come il conte Golenitchev Koutousof, autore di «Canti e danze della morte», di organizzare una mostra per rendere omaggio al geniale e gentile architetto Victor Hartmann, da poco liberatosi dai lacci del tempo[39].


1

Un ringraziamento particolare fu rivolto al Credito Italiano, per la conferma della cospicua borsa di L. 1000 per un altro quadriennio. Invero l’entità di questa borsa era rilevante: solo inferiore a quella delle borse della Cassa di Risparmio delle PP.LL. (L. 1.200, come si ricorderà).

2

Nuove erano le borse della Camera di Commercio di Bergamo di L. 800 («a favore di un giovane nato nella Provincia di Bergamo o in essa residente da almeno 10 anni e licenziato dal R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II di Bergamo»); le due di L. 500 ciascuna della Camera di Commercio di Siracusa («a favore di giovani nati nella Provincia di Siracusa»); le due di L. 400 ciascuna della Società Generale Italiana di Elettricità e quella di L. 400 della Banca Zaccaria di Pisa.

3

Vedi più sopra nota 139.

4

I corsi avrebbero dovuto vertere su questi temi: «Le Questioni d’Oriente», «L’Equilibrio nel Mediterraneo», «La politica doganale degli Stati Uniti d’America», e avrebbero dovuto essere affidati ai prof. G.C. Buzzati ed Enrico Catellani, dell’Università di Padova. Solo quest’ultimo, poi, fu chiamato a tenere un corso su «Africa - Estremo Oriente».

5

Con minor interesse si prese nota che il prof. Jannacone non avrebbe svolto il corso speciale sulla «Coalizioni industriali», che avrebbe potuto essere affidato al prof. Della Volta.

6

L’articolo era apparso sul numero del 1907 della «Nuova Antologia» col titolo L’insegnamento commerciale superiore, pp. 278-313.

7

Come si ricorderà questo era il massimo contributo autorizzato dal consiglio direttivo.

8

Per tutte queste osservazioni e delucidazioni in merito ai bilanci del 1905-07 vedasi VCD del 20 dicembre 1907, allegato n. 2; i dati analitici sono raccolti in Appendice Bilanci.

9

La lettera è del 12 giugno 1907 e in essa, fra l’altro, si legge: «… Nello sfogliare le pagine, così piene d’interesse, veggo con intimo compiacimento e soddisfazione di qual rigoglio sempre più promettente fiorisca l’importante Istituto, così coraggiosamente sorto e sapientemente diretto. Augurai già ad esso la sorte più brillante, e godo che non sieno andati perduti i miei voti, che ora con fede non minore rinnovo…» (A.S.U.B., busta 1).

10

La lettera fu spedita dallo studio di Milano di Sraffa (in via Moscova, 18 - telefono 66.81) a Sabbatini il 19 aprile 1907. Sraffa si augurava, nella lettera, di vedere il rettore a Roma il 25 dello stesso mese «all’adunanza della Umbro-Marchigiana». Evidentemente anche Sabbatini vi aveva una carica.

11

Lettera di Ulisse Gobbi a Sabbatini:

«Milano, 7 dicembre 1907

Caro Sabbatini,

Ho parlato coll’Assessore Prof. Menozzi dell’area adiacente all’Università. Vi è un cortile, la cui attuale destinazione è provvisoria; ma esso è in riserva per ingrandimenti del laboratorio batteriologico municipale, riguardo ai quali si stanno facendo gli studi: per cui è molto difficile che ne resti libera qualche parte. Il Prof. Menozzi mi ha assicurato che, appena ve ne fosse la possibilità, egli metterebbe la migliore disposizione per favorire l’Università Bocconi.

Riguardo poi allo scopo a cui interessa di provvedere, lo stesso Prof. Menozzi mi ha detto che si sta ora studiando l’impianto di un grande istituto di chimica presso l’Istituto Tecnico Superiore: in esso verrebbero riuniti i laboratori di chimica analitica, di chimica tecnologica, ecc. che vi sono attualmente all’Istituto Tecnico Superiore, quello di chimica organica, di chimica agraria della Scuola Superiore d’Agricoltura; si aggiungerebbero altri laboratori speciali per certe applicazioni della chimica industriale; si formerebbe una biblioteca speciale (importante trattandosi di opere che importa avere alla mano nei laboratori); insomma vi sarebbe quanto occorre per farne un istituto chimico di primo ordine. Anche l’Università Bocconi potrebbe interessarsi per avere, insieme alle altre Scuole Superiori, il proprio laboratorio in tale istituto. Un accordo a questo scopo speciale non intaccherebbe menomamente, s’intende, l’autonomia dell’Università: mi pare che la cosa meriti di essere presa in considerazione.

Coi migliori saluti

tuo affezionatissimo

U. Gobbi»

(Il Menozzi era professore al Politecnico, A.S.U.B., busta 1).

12

E. Resti, op. cit., p. 121.

13

Gli stessi concetti Sabbatini avrebbe ripetuto nel breve discorso pronunciato davanti al feretro. A questo discorso è risalito T. Bagiotti, op. cit., p. 15; E. Resti, op. cit., p. 122 lo ha riprodotto testualmente; qui è inserito nella Documentazione.

14

Cfr. VCA del 6 febbraio 1908.

15

Amplissimo fu lo spazio dedicato da «Il Sole» del 7 e soprattutto 8 febbraio 1908 alla scomparsa e ai funerali di Ferdinando Bocconi. Si riportavano anche molte delle adesioni pervenute all’Università. Anche «Il Secolo» indugiò molto sulla morte e sulle onoranze al fondatore della Bocconi. Più asciutte e brevi le note pubblicate dal «Corriere della Sera».

16

Massimiliano De Leva morì il 28 maggio 1908.

17

Portiamo un esempio: «Il Presidente propone il caso di laureati che non hanno ottenuto l’approvazione negli esami di tutte le materie prescritte: per ripresentarsi a detti esami devono essi pur iscriversi di nuovo al 4 anno e quindi pagare 400 lire? Il Presidente comunica di avere interpellato il Ministero della Pubblica Istruzione per sapere come ci si regoli in casi analoghi: ne ha avuto risposta che avendo la legge 28 maggio 1903 rese annuali le tasse scolastiche ne consegue che perdono ogni loro effetto ad anno scolastico compiuto: il pagamento della tassa d’iscrizione deve quindi ripetersi annualmente. Il Consiglio delibera che neppure per i laureandi debba farsi eccezione e che quindi anch’essi debbano – anche se sono stati riprovati in un solo esame – rinnovare l’Iscrizione all’Università». Non è assolutamente il caso di soffermarsi su altri consimili quesiti, invero di scarso, marginale rilievo.

Piuttosto mette conto di segnalare una decisione del consiglio esecutivo resa tanto più necessaria e improcrastinabile per le insistenti richieste di un ragguardevole numero di studenti: «A proposito dell’art. 14, il Consiglio riconosce che agli studenti della nostra Università che sono contemporaneamente iscritti a Università Regie non può concedersi l’esonero delle tasse di cui all’articolo stesso. La facilitazione accordata dall’art. 14 deve concedersi solo a quei giovani che, quando si sono iscritti a questa Università, già avevano frequentato almeno due anni della facoltà di legge, superando i relativi esami».

18

VCD, dell’8 luglio 1908.

19

Fausto Massimini (1859-1908), democratico, seguace di Zanardelli, ministro delle finanze nel dicastero Giolitti (26 maggio – 11 dicembre 1909). Si ammalò e il ministro del tesoro Angelo Majorana assunse ad interim l’incarico. Massimini, tuttavia, si aggravò e fu costretto a dimettersi. Ne prese il posto, il 19 aprile 1907, Pietro Lacava.

20

VCD del 22 dicembre 1908.

21

La visita di residenti italiani all’estero fu importante argomento di cronaca per la stampa milanese e nazionale dell’epoca. Basti scorrere il «Sole» del 26-27 ottobre e il «Corriere della sera» del 26 e del 27 ottobre 1908 per vedere con quanto interesse e con quanta intensità la presenza dei congressisti fosse evocata, apprezzata e lodata. E si deve ammettere che finalmente anche il «Corriere della Sera» dedicava alla Bocconi e alla sua iniziativa parole di plauso e di ammirazione.

22

Notizia del generoso contributo dato dalla famiglia Bocconi in occasione del primo anniversario della scomparsa di Ferdinando, fu altresì pubblicata sull’Annuario bocconiano del 1908-09 in data 4 febbraio 1909 (pp. 3-5), a firma Ettore e Ferdinando jr. Bocconi. Leopoldo Sabbatini fece seguire poche, ma vibrate parole di ringraziamento e di ricordo dell’indimenticabile fondatore. E un appunto sul trigesimo della morte del comm. Carlo Castiglione e del suo cospicuo lascito all’Università apparve sempre nello stesso Annuario a p. 179.

23

Cfr. Appendice Bilanci.

24

VCA del 1° maggio 1909.

25

I professori che furono riconfermati nei rispettivi insegnamenti fondamentali furono: Ascoli, Bonfante, Braun, Buzzati, Carruthers, Castelfranco, Coletti, Einaudi, Friedmann, Gobbi, Maldifassi, Marchi, Molinari, Moro, Mosca, Nicolini, Padovani, Piazza, Rouquet, Sanvisenti, Solera, Sraffa, Supino, Vandey, Venegoni e l’Assistente di merceologia dott. Cantoni.

26

Sulla stampa di tutto il Paese si dava minuto conto dell’attività esercitata dai «Giovani Turchi», un movimento a base studentesca, sorto fin dal 1868, che si riprometteva di instaurare nell’impero ottomano i principi della democrazia, del rinnovamento del costume e delle istituzioni, della occidentalizzazione del Paese. Nel 1894 si era organizzato nel comitato «Unione e progresso». Preoccupati dell’avvicinamento fra la Russia e l’Inghilterra che avrebbe potuto risolversi in un ulteriore smembramento dell’Impero, diedero luogo ad una sollevazione militare a Salonicco e a Monastir nel 1908 e nel 1909 riuscirono a far cadere il sultano, a ripristinare la vecchia costituzione e porre sul trono Maometto V. L’azione dei «giovani turchi» infiammò gli studenti di moltissimi Paesi. Non mancarono di approvarla e di assecondarla gli studenti bocconiani.

27

L’Associazione dei Laureati dell’Università Bocconi (ALUB) si costituì alla fine del 1906, cioè dopo la prima sessione di lauree autunnale della nostra Università.

28

Ufficialmente i morti furono 77.283, ma secondo altre stime superarono le centomila persone.

29

Pp. V-XXI.

30

Furono rinominati per il 1910-11 i professori: Ascoli, Bonfante, Braun, Buzzati, Carnelutti, Carruther, Castelfranco, Caletti, Einaudi, Friedmann, Gobbi, Greco, Maldifassi, Marchi, Molinari, Moro, Mosca, Nicolini, Padovani, Piazza, Rouquet, Sanvisenti, Solera, Sraffa, Supino, Vandey, Venegoni e l’assistente dott. Cantoni.

Quanto ai corsi speciali furono istituiti quelli di: «Funzioni dei Consoli» (affidato ad Anzellotti); «Pratica bancaria» (Greco); «Storia delle Colonie e Diritto e Politica Coloniale» (Catellani); «Trattati Doganali e Trattati di Commercio» (Maldifassi)».

31

Eccone una volta ancora l’elenco: Ascoli, Bonfante, Braun, Buzzati, Carnelutti, Carruthers, Castelfranco, Coletti, Einaudi, Friedmann, Gobbi, Greco, Maldifassi, Marchi, Molinari, Moro, Mosca, Nicolini, Padovani, Piazza, Rouquet, Sanvisenti, Solara, Supino, Vandey, Venegoni.

32

VCD dell’8 gennaio 1913.

33

Vedi statuto più oltre sotto Documentazione.

34

L’originale della lettera è allegato al processo verbale della seduta del 22 febbraio 1913.

35

VCD della seduta del 22 febbraio 1913.

36

VCD del 30 maggio 1913.

37

Annuario del 1912-13, pp. 1 e 2.

38

Dal periodico di Camerino «Chienti e Potenza» del 13 giugno 1914 vogliamo trascrivere due necrologi che ci appaiono oltremodo significativi:

«Associazione Democratica Radicale - Sezione di Foligno. La morte colpiva improvvisamente nel fiore della vita in questa nostra città il dott. Leopoldo Sabbatini che diede il vigore del suo ingegno allo studio dei più ardui problemi economici. Rettore sin dal suo sorgere dell’Università Bocconi, il suo nome sarà per sempre legato al maggior istituto di studi commerciali che conta l’Italia nostra. La sua operosità di studioso non lo distolse dal partecipare alla vita pubblica del nostro Paese. Iscritto nelle file della Democrazia fin dalla sua giovinezza, socio della Democratica milanese, portò il contributo del suo ingegno e della sua operosità, alla soluzione dei più gravi problemi che interessavano le classi lavoratrici. Invitiamo i soci ad accompagnare la salma dell’illustre estinto dall’Ospedale Civile alla Stazione dove sarà trasportata oggi alle ore 14. Foligno, 8 giugno 1914». Si noti che oltre ai famigliari, agli amici più stretti, agli studenti bocconiani e ai valletti del comune facevano ala al carro funebre a Foligno, l’Avv. Angelini, rappresentante del Gran Maestro della Massoneria Ettore Ferrari, ed un numeroso stuolo di compagni di fede massonica.

Federazione Internazionale del Libero Pensiero - Associazione Nazionale Giordano Bruno - Sezione di Foligno. I veri valori intellettuali non vanno mai disgiunti dall’emancipazione del pensiero da ogni credenza trascendentale. Il dott. Leopoldo Sabbatini di cui un improvviso malore spezzava la nobile esistenza in questa città, se eccelse nei più severi studi che si connettono al progresso economico della Patria, fu anche un combattente tenace e valoroso contro l’oscurantismo chiesastico che tende oggi, più che mai, ad involgere e soffocare nelle sue spire la libera anima del popolo. Raccogliamoci intorno alla sua Salma, ricordiamo che ogni conquista ed ogni progresso civile non va disgiunto dalla liberazione dei ceppi della teocrazia che tenne per secoli soggiogata e serva l’Italia nostra. Foligno, 8 giugno 1914. La Commissione: Barugi M.se Antonio, Bertoni Americo, Flamini Gio, Batta, Stillacci Luigi, Perotti Angelo, Adriani Rodolfo, Parducci Alberto, Cappuccino avv. Ugo, Vitali Riccardo, Micheli Carlo».

39

Nel 1928 V. Kandinskij si sarebbe, a sua volta, ispirato ai «Quadri di un’esposizione» di Mussorgskij per farci dono di splendidi bozzetti per una rappresentazione scenica.