Storia della Bocconi

1902-1915. Gli esordi

Alla vigilia dell’apertura dei corsi


Parole chiave: Presidente Sabbatini Leopoldo, Bocconi Ettore, Pirelli Giovanni Battista, Strutture organizzative, Rapporti istituzionali, Fundraising, Borse di studio

Il 5 di luglio del 1902, alle ore 14, si convocava per la prima volta il consiglio direttivo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, sotto la presidenza di Leopoldo Sabbatini. Il «conditor» del nuovo Ateneo, accompagnato dal figlio Ferdinando, volle assistere, silenzioso, alla riunione che si annunciava densa di significati e carica di commozione[1].

Apertasi la seduta, Sabbatini dichiarò che «… avrebbe vivamente desiderato che il consiglio ricevesse dalla parola personale e diretta del munifico fondatore dell’Università il suo mandato; ma poiché anche in questo atto il Comm. Ferdinando Bocconi vuole a lui delegare l’onore di rappresentarlo, così egli saluta a nome del fondatore e della sua famiglia il consiglio, cui affida la vita e l’avvenire dell’istituto».

Componevano il consiglio direttivo nove persone: il fondatore, rappresentato dal figlio dott. Ettore; il presidente dott. Leopoldo Sabbatini; il Comm. Ing. Giovanni Battista Pirelli, in rappresentanza della provincia; il Comm. Avv. Nob. Massimiliano De Leva, in rappresentanza della Cassa di Risparmio delle PP.LL. (della quale era stato presidente); il Cav. Ing. Carlo Vanzetti (rappresentante della Camera di Commercio di Milano); il Comm. Ing. Angelo Salmoiraghi, il Comm. Federico Weil, il Cav. Cesare Mangili (che aveva scusato la sua assenza)[2]; il rappresentante del Comune (peraltro non presente perché non ancora nominato)[3].

È bene precisare subito che, a norma di statuto, il consiglio direttivo, avrebbe disposto di diritti e di poteri molto estesi, cumulando la gestione didattica a quella amministrativa e finanziaria dell’istituzione. Pertanto, non solo avrebbe curato i vari aspetti della conduzione economica dell’Università, ma avrebbe provveduto alla nomina, alla revoca e alla sostituzione di tutti i componenti del personale, docente e non docente, approvato i programmi dei corsi presentati dai professori all’inizio di ogni anno, stabilito gli orari delle lezioni, fissato il calendario accademico, costituito le commissioni d’esame, assegnato le borse di studio stanziate da enti pubblici e privati, valutando i titoli dei concorrenti, e così via. In alcuni casi avrebbe ascoltato il parere del Collegio dei Professori, ad esso affidando il preventivo esame di qualche provvedimento[4].

Sabbatini, continuando nel suo intervento d’apertura dei lavori, si fece caldo interprete del «plauso e della gratitudine di Milano e del Paese verso Ferdinando Bocconi che, con moderno senso della vita, ha eretto nella città nostra questo monumento civile a una memoria carissima» e formulò «l’augurio che la funzione dell’Università si svolga ampia e attiva, quale lo richieggono i destini dell’Italia». Aggiunse, poi, il grazie personale per la sua nomina a presidente, ufficio che sentiva di «dovere di accettare, perché egli riconosce la grande responsabilità che pesa per questa nuova iniziativa su di lui, e questa responsabilità egli sa di dover affrontare e sostenere». In queste parole v’è tutto Sabbatini: con le sue orgogliose impennate, dettate dalla consapevolezza d’essere all’altezza della situazione.

A provare le grandi capacità organizzative del presidente del consiglio direttivo bocconiano basti dire che, due mesi prima, all’inizio di aprile, egli aveva promosso, per l’Università, una vera e propria campagna «promozionale», facendo pervenire agli organi di stampa, alle segreterie delle Camere di Commercio di tutt’Italia e di altre istituzioni economiche e culturali (probabilmente anche estere) un opuscolo che, oltre ad illustrare sotto diversi profili il nascente Ateneo, faceva appello alla generosità dei destinatari, perché la provvida iniziativa di Ferdinando Bocconi fosse opportunamente sostenuta (in primis coll’istituzione di borse di studio per i giovani meno abbienti)[5]. Sabbatini, instancabile, non perdeva di certo alcuna occasione per «lanciare» l’ormai quasi apprestata Università, come l’articolo, di cui poniamo in nota alcuni brani, lasciava chiaramente intendere[6].

Succedutesi le dichiarazioni di lode e di riconoscenza di De Leva, Salmoiraghi e Pirelli[7], il presidente pose subito sul tappeto un problema assillante: la scelta e la nomina dei professori. La questione era stato oggetto, come Sabbatini stesso rivelò, di attenta considerazione in precedenti colloqui avuti con Ferdinando Bocconi. Il quale non aveva taciuto le sue preoccupazioni: qualora il consiglio avesse preso la decisione di «assumere, come per le altre università, professori ordinari», la nuova scuola avrebbe incontrato non lievi difficoltà e avrebbe dovuto sostenere pesanti oneri finanziari. Sarebbe stato consigliabile, pertanto, che traendo vantaggio dalla posizione topografica di Milano, la Bocconi si intendesse con docenti di importanti e non lontani istituti universitari (di Pavia, in primo luogo), «col vantaggio così di avere un nucleo di professori valenti da fissare senza impegni di lunga durata». Sabbatini, pur non essendo forse del tutto d’accordo con la proposta del fondatore di accantonare, per il momento, l’ambizione di aprire la Bocconi a «professori ordinari» non poteva non convenire con lui sulla idea di affidare gli insegnamenti ad «incaricati». Il presidente, quindi, invitò i consiglieri a prendere senz’indugio una decisione in proposito, chiedendo di passare in rassegna i nomi di alcuni professori, onde se ne deliberasse la scelta e l’assunzione.

A questo punto, tuttavia, i lavori del consiglio presero una piega probabilmente inattesa. Il consigliere Salmoiraghi, subito sostenuto da Pirelli, chiese un chiarimento, e cioè «… se il consiglio è chiamato a porre in esecuzione il programma “così come sta” [quello predisposto da Sabbatini e approvato da Bocconi], oppure se può fare precedere l’esame o lo studio di esso». Pirelli non frappose indugi, prese la parola e manifestò l’opinione che quattro anni di corso gli sembravano eccessivi, che in tre anni si sarebbero potuti svolgere tutti i corsi, aumentando le ore del primo anno, e che, infine, sarebbe stato opportuno inserire nel piano di studi altre discipline[8]; e insisté sulla durata del corso di laurea, rilevando che anche Salmoiraghi condivideva il suo parere.

Ma a Sabbatini stava troppo a cuore il problema della nomina dei professori, per fermarsi a confutare le obiezioni di Pirelli; e rimise in discussione l’argomento. Precisando che l’impiego di professori già a ruolo in altre università avrebbe consentito l’assolvimento di retribuzioni annue non superiori alle tre mila lire (oltre al rimborso delle spese di viaggio), eccezione fatta per il prof. Ulisse Gobbi, docente al Politecnico, che richiedeva, per rinunciare all’insegnamento da lui svolto anche in un istituto tecnico secondario, 4 mila lire annue. Pirelli domandò subito la parola per ribadire che «prima di procedere e di fermarsi nome per nome sarebbe bene intendersi sul concetto generale e… [poi] discutere sui nomi» e per sottolineare che, pur non avendo nulla da eccepire sulla scelta di Gobbi, gli sembrava «che sei ore la settimana non siano poi così gravose da imporgli di rinunciare ad un posto»[9]. Osservazione abbastanza pesante, quest’ultima, del tutto ignorata da Sabbatini il quale, impassibile, procedette nell’elencare i nomi dei professori, già interpellati e consenzienti, le relative materie ed i rispettivi onorari: Achille Loria e Maffeo Pantaleoni (delle Università di Torino il primo e il secondo dell’Università di Pavia, ma in procinto di trasferirsi a Roma, per «storia e critica dei principali istituti economici»); Giulio Alessio (dell’Università di Padova, per «scienza delle finanze»); Rodolfo Benini (dell’Università di Pavia, per «principi di statistica, statistica economica e demografica»); Giuseppe Ricchieri (dell’Università di Messina per «geografia del commercio»)[10]; Giovanni Maglione (per «contabilità generale ed applicata»); Gaetano Mosca (dell’Università di Torino per «diritto costituzionale e amministrativo»); Alfredo Ascoli (dell’Università di Pavia per «diritto privato»); Leone Bolaffio ed Angelo Sraffa (rispettivamente dell’Università di Bologna e di Parma per «diritto commerciale e industriale»); Giulio Cesare Buzzati (dell’Università di Pavia per «diritto internazionale»).

I_35_1903_cd013_dispensa diritto costituzionale 1903_web I_36_1903_cd013_dispensa diritto privato 1903_web I_37_1906_cd013_dispensa scienza delle finanze 1906_web



Quanto a «matematica finanziaria» lo stesso presidente pensava che fosse opportuno temporeggiare, pur avendo sottomano due validi docenti: Saul Piazza ed Enrico De Montel. Per il «banco modello» non aveva nomi da proporre, dal momento che si trattava di «materia poco determinata e poco determinabile». Ben determinata, invece, ed eccezionalmente importante appariva, a detta di Sabbatini e di altri componenti del consiglio, la «merceologia», tanto che, «non osando contare sull’accettazione del professore Nasini dell’Università di Padova» (evidentemente considerato il non plus ultra nella disciplina), si pensava di suddividerne l’insegnamento addirittura «in corsi speciali, secondo le differenti materie», da assegnare a specialisti di ciascun settore[11]. Si noti che per tutti i citati professori la retribuzione prevista era di lire 3 mila, eccezione fatta, oltre che per il ricordato Gobbi[12], per le coppie Loria-Pantaleoni e Bolaffio-Sraffa, il cui stipendio, «da dividersi in due», fu fissato in lire 4 mila. Per i docenti di lingue, invece, l’onorario annuo proposto e approvato fu di lire 2 mila: l’avrebbero percepito i professori Sigismondo Friedmann, Alfredo Pichon, e Paolo Bellezza, a cui sarebbero stati affidati, rispettivamente, gli insegnamenti di tedesco, francese ed inglese. Per il momento Sabbatini non segnalava alcun docente di spagnolo (non avendolo, evidentemente, a portata di mano)[13].

Al fine di superare le resistenze (presumibilmente impreviste) di Salmoiraghi e, soprattutto, di Pirelli, il presidente, certamente d’accordo con Bocconi, suggeriva che ad Ulisse Gobbi venisse affidato «il posto di bibliotecario, e che si tenesse diviso il suo onorario in lire 3.000 come professore ed in lire 1.000 come bibliotecario». Ma Pirelli, che «desiderava votare con coscienza», chiese che, in merito alla scelta di tutti i professori, si differisse «la decisione di 8 o 10 giorni, onde studiare i singoli nomi». Sabbatini, inesorabile, s’oppose decisamente e si dilungò in una vibrata difesa delle scelte operate, adducendo inoltre l’urgenza di aprire le iscrizioni e di rendere noti i nomi dei docenti ai potenziali studenti. Concluse pregando «l’on. Pirelli di non insistere nella sua domanda tanto più che, in ogni modo, l’impegno dei singoli professori non sarebbe che annuale».

Pirelli, però, non si dette per vinto e chiese il rinvio di ogni deliberazione «a sabato prossimo… stante l’importanza dell’atto, sul quale il consiglio deve votare con illuminata coscienza», e sottolineava che «l’Università Commerciale è già nota, ed il suo ordinamento favorevolmente apprezzato, né potrà aggiungervi notorietà la pubblicazione del manifesto coi nomi dei professori».

Sabbatini, però, non volle attenuare la sua intransigenza e pose in votazione le proposte di vario genere via via formulate. Esse furono approvate, ma non tutte all’unanimità, ché Pirelli, coerente alle sue dichiarazioni, si astenne dal votare l’assunzione dei proff. Benini, Bolaffio, Sraffa e Buzzati. I consiglieri tutti si trovarono altresì d’accordo nel lasciare in sospeso le questioni relative a matematica finanziaria, merceologia e «banco modello», mentre dettero mandato al presidente d’avvicinare il prof. Primo Lanzoni, della scuola superiore di Venezia, per averne l’auspicata accettazione in merito all’insegnamento della geografia commerciale. Pure approvando la scelta dei docenti di lingue e la loro retribuzione in lire 2 mila, il consiglio s’augurava di «vedere ridotto possibilmente questo onorario, specialmente pel francese». È curiosa questa minor «valutazione economica» del francese e del relativo docente ancorché, come osserveremo più oltre, proprio il francese fosse considerato la «prima lingua», tanto da renderne obbligatoria la scelta da parte degli studenti. Alta considerazione, invece, manifestò Sabbatini – intervenendo improvvisamente nel corso delle votazioni – per il prof. Guglielmo Ferrera[14], valoroso cultore di «storia del commercio», il quale avrebbe accettato di insegnarla alla Bocconi. Il personaggio, tuttavia, non pareva incontrare la simpatia di «… qualche consigliere che, pure dichiarandolo una assai bella mente, lo trovava troppo assolutista e unilaterale». Così per la storia del commercio si decise di soprassedere, anche perché, «… vista la difficoltà della materia, affatto nuova, [si] vorrebbe farne oggetto di studio e preparazione speciale, anche nel primo anno».

Esaurite la lunga discussione e le votazioni sulla questione essenziale degli insegnamenti, il consiglio approvò in lire 50 la tassa per gli «uditori» e passò poi in rassegna, compiacendosene, le diciotto borse di studio[15]. Sulle quali non è certamente il caso di spendere, qui, troppe parole, pur se non possiamo fare a meno di sottolineare, riportando in nota anche qualche significativo documento, come esse testimoniavano della generosa disponibilità di enti pubblici e privati ad aiutare gli allievi più bisognosi della nuova Università[16].

Quello delle borse di studio sarà, in effetti, un punto praticamente fisso negli ordini del giorno delle sedute consiliari. Basti qui dire che, fin dall’inizio della sua attività, l’Università Bocconi fu dotata di borse di studio, soprattutto per iniziativa della Cassa di Risparmio delle Province lombarde e della Camera di Commercio di Milano, alla quale ultima si sarebbero affiancate consorelle di altre città e regioni. Anche sotto questo profilo, dunque, la presenza di Sabbatini – segretario della Camera di Commercio ambrosiana e sicuramente uno dei propugnatori della già realizzata «unione» fra le consimili istituzioni del Paese – si rivelò, e ancor più si sarebbe rivelata, oltremodo fruttuosa. Fruttuosa, oltre che di adesioni, anche d’encomi formulati nelle forme più barocche (per non dire ridicole). In nota ne forniamo un curioso esempio[17].

Una settimana dopo, il 12 luglio, gli stessi consiglieri si ritrovarono (mancava ancora, giustificato, il Mangili e non intervenne il delegato del comune, l’avv. G.B. Barinetti, designato dal consiglio comunale, ma in attesa che la sua nomina fosse «vistata dalla prefettura») e accolsero con piacere la notizia, recata dal presidente, che tutti i professori eletti nella precedente riunione avevano accettato l’incarico, salvo Gobbi e Pichon che avevano avanzato qualche riserva. Si tornò a discutere sul nome di Guglielmo Ferrero (per «storia del commercio»), se ne riconobbero ancora «il valore e la squisiteza d’ingegno… e la sua attitudine ad occupare questa cattedra» ma, per la netta opposizione di Pirelli, si rinviò ogni deliberazione a sedute successive. In merito alla «merceologia», Sabbatini comunicò d’avere interpellato il direttore del Museo Commerciale, avv. Giuseppe Maldifassi, che aveva accettato di assumere l’impegno, precisando tuttavia che il suo corso avrebbe avuto come oggetto, principalmente, le «materie tessili». Pirelli, dimostrando oltre che prontezza di riflessi precise conoscenze, consigliò che «… si senta dal prof. Körner[18] se avesse qualche candidato da designare al consiglio, come altro degli insegnanti di merceologia». Non parve vero a Sabbatini di ribattere che aveva già interpellato Körner e che da lui aveva avuto la segnalazione del dott. Ettore Molinari, col quale si era già incontrato «con risultato favorevole»; sicché proponeva che si nominassero ambedue i docenti, Maldifassi e Molinari: la proposta fu approvata all’unanimità. Invece si sospese ancora ogni decisione in merito alla «geografia commerciale», non essendo riuscito Sabbatini a porsi in contatto con il prof. Primo Lanzoni di Venezia e avanzando Pirelli la candidatura del prof. Gottardo Garollo, del quale disse ogni bene. Si convenne, pertanto, che il presidente avesse con entrambi uno scambio di vedute. Pirelli intervenne ancora per comunicare che aveva assunto informazioni accurate sul professore Saul Piazza, docente di matematica, e ne caldeggiava l’assunzione, subito approvata. Così come fu accolta, ma sub condicione, la domanda di Joseph Cappelli per l’insegnamento dello spagnolo. Ancora rimandata fu la nomina del docente di «banco modello».

Sabbatini fece presente «l’urgente necessità di procedere alla nomina del personale di segreteria» e propose di assumere, come segretario, il sig. Agostino Celli «fornito dei necessari requisiti». L’autorizzazione fu subito concessa anche per l’assunzione d’un portiere.

Prima che si togliesse la seduta De Leva – tenuto anche conto della lettera inviata quel giorno stesso al consiglio dalla Cassa di Risparmio (giustamente preoccupata per le borse di studio da essa istituite) – richiamò l’attenzione di tutti i componenti del consiglio sulla «necessità di ottenere sollecitamente il riconoscimento dell’Università in ente morale». Al De Leva Leopoldo Sabbatini, anche a nome del fondatore, fornì in proposito precise assicurazioni[19].

Nella breve terza riunione del consiglio bocconiano, tenutasi il 4 settembre, alla quale finalmente parteciparono il cav. Cesare Mangili e il delegato del comune, l’avv. Barinetti, ci si limitò a considerare una sola questione – invero assai delicata e insorta per le domande presentate da alcuni studenti – e cioè «l’eventuale equipollenza di titoli per l’ammissione [di studenti] in alcuni casi speciali». Lo statuto dell’Università, per la verità, già contemplava il problema dell’equipollenza in particolari casi[20], e il rappresentante del comune subito espresse «il desiderio che si resti assolutamente attaccati allo statuto, considerando che è prossima la domanda di pareggiamento di questa Università alle Regie». Opinione che era condivisa da Pirelli, al quale peraltro sembrava che si dovesse fare un’eccezione per i licenziati delle Scuole Superiori di Commercio di Bari, Genova e Venezia, alle cui rispettive Direzioni avrebbe voluto che si chiedessero chiarimenti. In conclusione, dopo pacati scambi di pareri, il Consiglio Direttivo deliberò che ci si attenesse strettamente alle disposizioni statutarie già approvate, in particolare per quanto «riguarda il trattamento fatto agli stranieri», e convenne che «non si possa né si debba negare la iscrizione a quei giovani che, pur prescindendo dalla Licenza dai Licei e dagli Istituti Tecnici, abbiano compiuto studi tali che consentano loro l’ammissione nelle Regie Università del Regno». Una precisazione, quest’ultima, che sembrava dettata dall’opportunità di non creare ostacoli all’imminente richiesta di «pareggiamento» della Bocconi alle altre «Regie Università».

Breve, ma importante fu anche la seduta dell’11 ottobre, alla quale tutti i componenti del consiglio erano presenti. Per sentirsi dire dal Presidente che «il decreto che costituisce l’Università in Ente Morale è già stato firmato dal Re»[21] e che le iscrizioni dei giovani alla Bocconi superavano le più rosee previsioni. Si stabilì in lire 400 la tassa per coloro che intendevano frequentare tutti i corsi come «uditori»[22] (tassa identica, dunque, a quella di iscrizione fissata per gli studenti)[23], rinviando ad altra seduta il riesame della possibilità di riconoscere il diritto di iscriversi come studente regolare a chi, avendo seguito i corsi come uditore, nel frattempo portasse a compimento gli studi secondari (licei e istituti tecnici). Si provvide alla nomina provvisoria del prof. Sallustio Marchi a docente di «geografia economica». Approvati i programmi dei singoli corsi presentati dai vari insegnanti (con qualche emendamento per quello di «matematica finanziaria»), se ne deliberò la stampa e l’immediata distribuzione tra i docenti «perché si accordino sui medesimi». Si approvò, da ultimo, il calendario scolastico.

Due giorni dopo, il 13 ottobre, in numero ristretto (intervennero soltanto Sabbatini, E. Bocconi, De Leva e Salmoiraghi) il consiglio approvò l’aggiudicazione delle borse di studio effettuata dall’apposito comitato di cui si è appena detto. I presenti si compiacquero che anche la Camera di Commercio di Vicenza avesse deciso d’istituire direttamente, già assegnandola, una borsa di studio, e s’auguravano che la Camera di Commercio di Ferrara giungesse presto alla deliberazione ufficiale della borsa già assicurata a studenti bocconiani. Lo storico, a sua volta, non può far a meno di compiacersi, anche per l’assegnazione di due borse da parte della Banca Commerciale la quale, invero, non era mai apparsa, nei processi verbali delle sedute precedenti, tra i benefattori degli allievi bocconiani[24]. Meritano di essere ricordati, in nota, i nomi dei primi diciassette fruitori di borse bocconiane[25].

Assente l’ing. Vanzetti, i membri del consiglio direttivo tornarono a riunirsi il 3 novembre, una settimana avanti l’inaugurazione del primo anno accademico della Bocconi. Sabbatini comunicò di essersi recato personalmente dal presidente del consiglio dei ministri, l’on. Zanardelli, per invitarlo, a nome del «fondatore», all’inaugurazione dell’Università, fissata per il 10 novembre alle ore 13,30. Purtroppo, «S.E. Zanardelli ha espresso ripetutamente tutto il suo rammarico che cure di Stato non gli consentano di lasciare in quei giorni la Capitale; ha soggiunto però [e pare di leggere tra le righe: “bontà sua”!] che, in caso [corsivo nostro], incaricherà uno dei suoi colleghi a rappresentare lui ed il Governo alla cerimonia». Alla comunicazione di Sabbatini non seguì alcun commento, né del presidente, né di altro consigliere. Un silenzio verbalizzato che risultava più eloquente di qualsiasi amareggiata considerazione.

L’inaugurazione avvenne nei tempi e nei modi previsti. Come risulta dal resoconto che ne fu fatto sull’Annuario pubblicato al termine del primo anno accademico (1902-03)[26]. La cerimonia fu solenne, ma sobria. Numerosi furono gli invitati, numerose le autorità presenti, in ispecie quelle locali (nel citato Annuario se ne diede un elenco scrupoloso), parecchi e assai significativi, pure nella loro concisione, furono gli interventi. La stampa, e non solo quella cittadina, diede largo rilievo all’avvenimento, con grande soddisfazione del «fondatore» e di chi gli era stato vicino nel progettare e nel condurre in porto una impresa tanto ardita ed impegnativa[27].


1

Fu sempre il figlio Ettore ad incarnare, in seno al consiglio direttivo, il nome Bocconi.

2

A’ sensi dell’art. 6 dello statuto bocconiano le nomine a consiglieri di Salmoiraghi, Mangili e Weil erano state fatte direttamente dal «fondatore» (lo statuto è in Università Commerciale Luigi Bocconi, Annuario del 1902-03 e nelle edizioni successive. È riprodotto anche in questo volume nella sezione Documentazione).

3

Il sindaco aveva dato assicurazione a Sabbatini che la sera stessa il consiglio municipale avrebbe provveduto a designarlo.

4

Cfr. anche D. Musiedlak, op. cit., pp. 46-47.

5

Sulle borse di studio ci intratterremo più oltre (v. p. 153 e, particolarmente, note 16, 17 e 24).

6

Nel numero del 19-20 giugno 1902 della «Gazzetta di Messina e delle Calabrie» in un articolo dedicato all’importanza di perfezionare nuovi trattati per favorire lo sviluppo dei «nostri commerci», si leggeva: «… Non ho veduto finora che i giornali, ad eccezione dei milanesi, parlassero… della grande istituzione che sta per sorgere a Milano e che deve avere appunto un’efficacia di primo ordine per modificare la nostra educazione, per creare quella coscienza delle condizioni di vita e di civiltà, dei bisogni del mondo moderno, che sopra ho detto; un’istituzione che già nella sua stessa origine rivela tutto il suo carattere di modernità, perché fondata con atto di splendidezza veramente americana da Ferdinando Bocconi, che porterà il nome del figlio del munifico fondatore, Luigi Bocconi, perito nella battaglia di Adua.

«La nuova università si aprirà nell’ottobre prossimo in un grandioso edificio appositamente costruito, a tutte spese del Bocconi e senza che il governo, né altri enti pubblici finora vi abbiano parte; ma chi ne scorra lo statuto e programma, redatto con rara larghezza di vedute e con altrettanta praticità e precisione di intenti dal dottor Leopoldo Sabbatini, segretario della Camera di Commercio di Milano, vede che il nuovo istituto scolastico, lungi dall’avere un carattere di istituto privato scolastico semplicemente milanese, intende diventare invece una grande scuola a carattere e d’importanza pubblica e nazionale. Si chiama Università, perché tale vuol essere, anche se non autorizzata fin da ora a dare dei diplomi di laurea [sottolineatura nostra], perché intende d’assumere negli studi economici e commerciali quell’alta funzione educativa e scientifica che hanno per gli altri studi di medicina, di legge, di scienze matematiche, di filologia, ecc., le attuali università dello Stato… Fu proprio l’egregio avv. cav. Palermo, vicepresidente della nostra [di Messina] Camera di Commercio che a Torino, dove andò a rappresentarla nell’assemblea generale delle Camere di Commercio d’Italia, che vi fu tenuta nei primi giorni di giugno, propose, tra generali applausi, che la nuova Università Commerciale Luigi Bocconi fosse considerata come un’istituzione di carattere nazionale e come tale trovasse appoggio e favore in ogni parte d’Italia. E sappiamo inoltre che lo stesso avv. Palermo sta appunto studiando il modo di provocare l’istituzione di borse di studio, precisamente come propone l’amico che ci scrive [sottolineatura nostra: e chi poteva essere l’amico se non Leopoldo Sabbatini?]. La cosa è dunque già sulla buona via e noi della Gazzetta pel desiderio che la cosa giunga più prestamente in porto, ci permettiamo di suggerire un’idea. Perché non si potrebbero dedicare a tale scopo le 1200 lire annue del recente lascito del comm. Sensales? Nel testamento, infatti, non è stabilito a quale genere di studi devono dedicarsi i giovani che il munifico testatore ha voluto aiutare. Auguriamo perciò che Messina abbia l’onore di dare l’esempio, d’incoraggiare nel modo più efficace il nuovo indirizzo di studi e la nuova Università, e che l’esempio sia imitato dalle altre città, sopra tutto di Sicilia e dell’Italia meridionale».

7

Pirelli palesò «… il proprio convincimento che l’istituzione dell’università commerciale ha colmato una vera lacuna»; ed è tanto lieto d’essere stato chiamato a far parte del consiglio che «… esprime fin d’ora [sic] il proprio rammarico per l’eventualità che, potendo non venire rieletto nelle prossime elezioni provinciali, non abbia a continuare a rappresentare la provincia nel consiglio dell’università ed a prestare la sua opera al consiglio».

8

Riportiamo, testualmente, alcune parti dell’intervento di Pirelli. «… In generale egli [Pirelli] crede… che quattro anni di corso sieno troppi, e possono sembrare tali a chi sia inclinato a frequentare l’Università… Crede che le materie potrebbero ridursi in tre anni, specialmente aumentando le ore del primo anno… Vorrebbe portata nel primo anno la matematica finanziaria per non lasciare agli allievi l’interruzione di un anno nello studio di una materia che è la continuazione di materia già trattata, specialmente al liceo. Vorrebbe s’introducesse l’insegnamento della geografia industriale e della produzione, perché sente che questo studio è di grande importanza; accenna pure alla necessità d’introdurre l’insegnamento della legislazione industriale e degli elementi industriali (sic)».

Sabbatini replicherà opponendosi alle richieste di Pirelli, salvo che all’inserimento di tre ore di matematica finanziaria al primo anno: inserimento che fu approvato all’unanimità.

9

Si noti che, con l’ovvio consenso di Ferdinando Bocconi, Ulisse Gobbi era già stato designato per l’insegnamento dei «Principi di economia politica».

Viene fatto di osservare che la dura posizione assunta da G.B. Pirelli ne rivelava appieno il carattere, tempratosi fino dagli anni della giovinezza. Quando il «figlio del fornaio», con l’assenso e, forse, con la benedizione del padre, viaggiò a lungo in molte contrade europee, facendo tesoro delle esperienze vissute a contatto di imprenditori, di ingegneri, di innovatori di processi tecnologici e produttivi, rendendosi ben conto delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, immergendosi insomma, per assimilarla, in quell’inquieta cultura, meglio in quella sovvertitrice civiltà delle macchine, delle fabbriche, dei mercati che, dopo le prime e riuscite esperimentazioni d’oltre Manica, ormai si stava imponendo anche nell’Europa continentale. Una civiltà, un modo di intendere l’avventura esistenziale, anzi un modo di concepire la vita, la condizione umana, che non poteva non palesare ideologiche ascendenze puritane, calviniste. Con gli altri «ingegneri», lato sensu, che giusto da qualche tempo si industriavano affinché anche le genti lombarde si lasciassero contagiare dal nouveau esprit, per sospingersi verso più moderni scenari sociali ed economici, con questi «ingegneri» che non avevano voluto defilarsi davanti alle proposte di Bocconi, Pirelli impersonificava, nella maniera più ferma e con più rigorosa coscienza, il nuovo homo faber.

10

Qualche consigliere non si trovò d’accordo sul titolo assegnato alla materia. Il prof. Ricchieri veniva da Messina ove era ordinario di Geografia Commerciale; Loria era dell’Università di Torino. Pantaleoni, come si è già detto nel testo, era stato chiamato a Pavia, ma si sarebbe trasferito a Roma.

11

Pirelli e Salmoiraghi avrebbero voluto che lo stesso criterio fosse applicato all’insegnamento del «banco modello».

12

Sul trattamento di Gobbi tornarono Salmoiraghi e Pirelli. Essi trovavano «che le lire 4000 da Gobbi chieste sieno troppe, non in sé, ma per l’effetto che potrebbe fare tale maggior assegno sugli altri docenti, che si troverebbero quasi, di fronte a lui, in una condizione d’inferiorità».

13

Rileggendo la lista dei professori nominati giusto all’inizio della sua attività non si può non convenire con il Musiedlak (op. cit., p. 57) che la Bocconi fin dalla sua nascita poteva «s’enorgueillir en effet de concentrer le sommet du monde universitaire italien».

14

Guglielmo Ferrera era sociologo e storico, molto legato a Lombroso, collaboratore di Barbagallo e redattore del «Secolo». Di rilevante importanza il suo ponderoso saggio su Grandezza e decadenza di Roma (5 volumi, 1902-07). Nel 1931 a 59 anni diverrà professore di storia moderna all’Università di Ginevra.

15

Chi volesse leggere il testo del verbale della prima seduta del consiglio direttivo dell’Università Bocconi non ha che da consultare il ricordato saggio del Resti: è riportato, con pochi «omissis», alle pp. 100-105.

16

A titolo d’esempio, e per sottolineare la calda partecipazione di eminenti rappresentanti della classe imprenditoriale e politica, milanese e non, all’iniziativa di Ferdinando Bocconi, proponiamo qui di seguito quattro lettere inviate a Bocconi e Sabbatini da elargitori di borse di studio:

1) «Milano, 26 maggio 1902

Egregio Sig. Dr. L. Sabbatini

Città

La S.V., che tanta parte ha avuto nell’ordinamento dell’Istituto Commerciale Bocconi, ebbe giorni sono a manifestarmi il Suo dispiacere, perché di questa provvidenziale Istituzione, destinata a rendere tanti notevoli servizi al Paese, non potessero approfittare quei giovani che per mancanza di mezzi non sono in grado di pagare la relativa retta.

Sonavi purtroppo tante intelligenze che per tale causa vanno perdute, ed io associandomi pienamente al di Lei rammarico, faccio plauso all’idea da Lei espressa di istituire apposite borse di studio a favore di tali giovani che ne sieno meritevoli, e per parte mia metto a Sua disposizione l’importo di una Borsa per il primo quadriennio, sotto l’osservanza di quelle modalità che il Consiglio Direttivo sarà per indicare.

Colla migliore stima me le professo

Devotiss.

Leone Mariani

[P.S.] Se Ella crede che il mio esempio possa trovare seguaci La autorizzo a fare di questa mia quell’uso che crede».

[La lettera è scritta di mano dal Mariani]

2) «Legnano, 28 maggio 1902.

Ill.mo Signore

Comm. Ferdinando Bocconi

Milano

Permetta che anch’io Le esprima tutta la mia ammirazione per la munifica di Lei opera – la nuova Università Commerciale – di cui ho ricevuto l’opuscolo programma, gentilmente favoritomi; e poiché il mio modesto plauso abbia qualche pratica efficacia sono lietissimo di mettere a disposizione della Istituzione per un quadriennio una borsa di studio [sottolineatura originale], corrispondente alla tassa annuale di un allievo.

Con sincera stima la riverisco

suo devotiss.

Carlo Dell’Acqua».

[La lettera, di pugno dello scrivente, è stesa su di un foglio intestato della Camera dei Deputati].

3) «On. Comm. Ferdinando Bocconi

Città.

Milano, 27 giugno 1902.

Illustrissimo Signore,

L’Egregio Dr. Sabbatini mi tenne parola della istituzione di borse a favore di giovane di ristrette condizioni di fortuna e che avesse i requisiti necessari per essere ammesso alla Università Commerciale da Lei fondata.

Sarei ben lieto se lei si compiacesse di annoverarmi fra coloro che si assumono, per un quadriennio, una di tali borse di studio a favore di un giovane di nazionalità italiana e da assegnarsi dal Comitato Direttivo in base alle norme che il Comitato stesso sarà per stabilire.

Mi è sempre gradita l’occasione di rinnovare a Lei l’attestato del mio ossequio.

Dev.mo

[firmato] C. Mangili»

4) «Milano, 30 giugno 1902.

Signor Dottore Sabbatini Cav. Leopoldo

Città

Egregio Amico!

Desideroso di dimostrare in modo pratico mia grande approvazione del opera del Sig. Cav. Ferdinando Bocconi nel fondare la Università Commerciale, mi permetto pregarle di voler accettare mia offerta per un posto gratuito per quattro anni (Lire 400 al anno), posto che pongo a disposizione del Consiglio direttivo dell’Università.

Comunico questa offerta a Lei, che ha avuto parte così lodevole nel organizzazione del programma, colla preghiera voler farne partecipazione al fondatore.

Con ogni stima

suo devotissimo

C.F. Wurster»

[Abbiamo di proposito lasciato inalterato il testo della lettera, stesa di pugno dal Wurster, ché essa attesta la conoscenza imperfetta della nostra lingua da pane del munifico scrivente, il quale entrerà poi a fare parte del consiglio direttivo dell’Università. Il foglio è intestato: reca in alto a sinistra un bel monogramma e, centralmente, l’indirizzo del Wurster, Corso Venezia, 28 Milano] (A.S.U.B., archivio, busta 291/3).

17

Si noti che i diversi «benefattori» (come attestano le lettere di cui alla precedente nota) mettono a disposizione dell’Università le borse di studio per i previsti quattro anni del corso di laurea. La Cassa di Risparmio delle PP.LL. offre cinque borse da L. 1.200 ciascuna (ma per il primo anno ne verranno assegnate due soltanto), per un totale, dunque, di L. 6.000, in «rendita nominale annua sul debito pubblico consolidato al 5%». Le altre borse, tutte di L. 400, sono erogate dalla C.d.C. di Milano (cinque per un totale, quindi, di L. 2.000), dalla Cd.C. di Parma («a favore di un giovane preferibilmente del distretto camerale di Parma»), da quella di Ferrara, dal Collegio dei Ragionieri di Milano, dall’ing. cav. Carlo Vanzetti, dal cav. Leone Mariani, dall’on. Carlo Dell’Acqua, dal cav. C.F. Wurster, dal cav. Cesare Mangili. Nel corso del primo anno, pertanto, sedici saranno i giovani studenti bocconiani assegnatari di borse.

Merita di essere qui riportata la comunicazione inviata dal presidente della Camera di Commercio di Parma a Sabbatini in merito alla delibera presa dall’ente camerale parmense per la concessione di una borsa da assegnare, «preferibilmente», ad un giovane studente del «distretto camerale». Essa valga come esempio di analoghe deliberazioni volte a favorire studenti locali; ma, nel caso specifico, valga altresì come testimonianza della grande ammirazione e del profondo rispetto che, fuori dalla cinta milanese, il gesto di Bocconi aveva avuto. Vi è da pensare che l’azione promozionale di Sabbatini avesse raggiunto, a Parma, il massimo risultato. Si noti che questa comunicazione seguiva di un giorno, e con parole simili, un’altra lettera inviata direttamente a Ferdinando Bocconi e definita, a margine, «Tributo di omaggio per la istituzione della Università Commerciale Luigi Bocconi in Milano». Ecco, dunque, il testo della comunicazione a Sabbatini.

«Parma, li 19 giugno 1902

Se largo e ben meritato tributo di encomio e di gratitudine è dovuto all’Illustre Comm.re Ferdinando Bocconi pel nobile, patriottico ed eccezionalmente munifico atto da Lui compiuto di fondare in Milano una Università Commerciale, non è certo minore il plauso sincero che a Lei spetta, esimio Signor Segretario, per avere tanto efficacemente contribuito alla effettiva e pronta effettuazione del grandioso Istituto anzidetto, col compilarne lo Statuto e il Programma e col dar corso a tutte le pratiche, di natura varie e complesse, necessarie al completo suo assetto ed al regolare funzionamento, dispiegando in tale importante còmpito tutta quella competenza in Lei affatto speciale, tutta quella dottrina e quella pratica oculata ed energica che costituiscono in Lei doti tanto preziose e tanto già meritatamente apprezzate nel mondo scientifico e commerciale.

Adempio pertanto con singolare compiacenza all’incarico affidatomi da questo Consiglio Camerale, col dar comunicazione alla S.V. dell’Ordine del Giorno che qui di seguito trascrivo, già comunicato anche al Signor Comm.re Bocconi, votato nell’adunanza del 22 maggio u.s., attesoché una parte in esso riguarda Lei personalmente.

“Il Consiglio

Ricevuta comunicazione della Circolare 3 aprile 1902 colla quale il benemerito Cittadino Comm. Ferdinando Bocconi annunzia che, nell’intendimento di onorare la memoria del proprio figlio Luigi smarritosi nell’infausta battaglia d’Adua, ha fondato con mezzi proprî in Milano l’Università Commerciale che inizierà nell’Ottobre dell’anno corrente i suoi insegnamenti, applicando lo Statuto e Programma all’uopo elaborati dall’Esimio Signor Dott. cav. Leopoldo Sabbatini, Segretario Generale della Camera di Commercio di quella Città;

Presi in esame lo Statuto e Programma dell’accennata Università, cortesemente comunicati, e rilevato: che l’Università stessa ha per iscopo la preparazione scientifica alla vita commerciale; che il programma degli studi relativi si svolge in quattro anni e che la tassa annua d’inscrizione per ogni alunno è fissata in L. 400;

Compreso da sincera ammirazione per l’atto eccezionalmente munifico, altamente patriottico e di incontestabile opportunità e vantaggio al Paese nostro, attesoché esso, perfezionando negli studi pratici ed elevati la gioventù volonterosa che intende dedicarsi all’alto commercio ed alle grandi industrie, contribuirà efficacemente all’incremento ed al consolidamento dei traffici in ispecial modo nei rapporti coll’Estero;

Accogliendo le proposte della propria Presidenza, delibera con voto unanime;

Che sieno espressi all’Illustre Signor Comm. Ferdinando Bocconi l’ammirazione e la riconoscenza vivissima di questa Camera per l’atto compiuto che procurerà a Lui titolo ben meritato di imperitura benemerenza e gratitudine profonda dell’Italia nostra;

Che sia del pari manifestato il plauso sincero di questa Camera all’Esimio Dott. Leopoldo Sabbatini quale competentissimo e dotto autore dello Statuto e Programma, avendo Egli per tal modo contribuito tanto efficacemente alla attuazione del nobile pensiero concepito dal Comm. Bocconi a benefizio e lustro della metropoli Lombarda e dell’Italia tutta, rivendicando ad Essa quel primato nei commerci e nelle industrie dei quali fu un tempo maestra a fronte delle altre civili Nazioni;

E, guidato in pari tempo dall’interessamento che questa Camera ha sempre portato, co’ suoi atti, allo espandersi dell’insegnamento commerciale, accogliendo con plauso la proposta del proprio Presidente, delibera di istituire una Borsa di studio di L. 400 annue alla quale possano preferibilmente concorrere i giovani appartenenti a questo Distretto Camerale, i quali possedendo i titoli stabiliti dal programma, intendano inscriversi alla Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano”.

Colla comunicazione degli atti suesposti, accolga, Esimio Signor Segretario, le mie sincere felicitazioni e i sensi della mia alta stima e particolare osservanza.

Il Presidente

cav. uff. Enrico Chiavelli»

[Le parole qui in corsivo nell’originale sono in grassetto].

(A.S.U.B., Ibidem).

18

Whilhelm Körner, nato a Kessel il 20 aprile 1839, fu un insigne chimico, insegnante di chimica organica nella Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, dove si era trasferito in gioventù e dove morì nel 1925.

19

In effetti la richiesta per l’erezione dell’Università Commerciale Luigi Bocconi era già pervenuta nelle mani del Sovrano (vedi sotto nota 21).

20

L’articolo 12 dello statuto originario della Bocconi recita: «Saranno ammessi all’Università come studenti regolari i giovani che abbiano conseguito la licenza da un liceo o da un Istituto Tecnico… Gli stranieri vi saranno ammessi quando provino con un attestato di aver fatto regolarmente gli studi richiesti per l’ammissione alla Università del proprio paese. La stessa regola si applicherà agli italiani che abbiano compiuto gli studi all’estero». Ma su quest’ultimo punto, come si rammenterà più oltre, il consiglio direttivo avrà di che discutere (cfr. lo statuto in Annuario, e qui in Documentazione).

21

Fu firmato il 29 settembre 1902 e apparve col n. 252 sulla «Gazzetta Ufficiale del Regno» del 29 ottobre dello stesso anno.

22

Come si ricorderà sulla tassa per gli uditori il consiglio si era già espresso, con riguardo ad una singola materia, nel corso della prima seduta, stabilendola in lire 50.

23

Cfr. l’art. 14 dello statuto (in A.S.U.B., Annuario, e qui in Documentazione).

24

Una chiarificazione a proposito delle borse di studio era data dall’Annuario della Bocconi del 1902-03. Vi si legge, tra l’altro (p. 121): «Il proposito del Fondatore – enunciato fino dalle prime comunicazioni intorno alla creazione del nuovo Istituto – di accogliere contributi unicamente sotto forma di borse di studio in vantaggio diretto degli studenti ammessi a frequentare l’Università, ha spinto molti Enti e molti privati a manifestare per questa via la loro simpatia alla Scuola Luigi Bocconi… La maggior parte delle borse di studio istituite… fu posta a disposizione di giovani di nazionalità italiana e fu realmente assegnata agli studenti più meritevoli senza riguardo alla loro provenienza… Con questo carattere nazionale vennero fondate borse (di lire mille annue) dalla Banca Commerciale Italiana e dal Credito ltaliano…». Sono poi indicati i vari donatori di borse notando che alcuni «Istituti – per disposizione dei loro regolamenti – hanno dovuto, nell’istituire borse di studio, riservarle a giovani di determinate provincie». Si rammentano, accanto a quelle già indicate nei verbali e di cui abbiamo fatto cenno nel testo, le borse assegnate dall’Unione lombarda fra i Negozianti in vini e dalla Camera di Commercio di Bergamo.

25

Cesare Marmont di Milano, Giuseppe Bigatti di Bergamo (borse della Cassa di Risparmio delle PP.LL.); Gino D’Alò di Bari, Dino Poli di Piacenza (borse della COMIT), Vincenzo Pietroforte di Acquaviva delle Fonti, Carlo Ranieri di Brescia, Gino Pignotti di Siena, Carlo Parravicini di Asti, Giuseppe Giulietti di Casteggio, Eurialo Bonelli di S. Marino, Mario Beretta di Milano, Ivo Cappellato di Pieve di Sacco (Padova), Agostino Bietti di Pontassieve, Abramo Croccolo di Alessandria, Giovanni Beretta di Brescia, Vincenzo Facchetti di Orzinuovi (Brescia), Fuggetta Ettore di Vicenza (borse da lire 400 l’una). Come si vede i beneficiari delle borse appaiono distribuiti in regioni e province diverse: due soltanto sono di Milano. Tra i borsisti figura un nome che acquisirà grande importanza nella storia a venire della Bocconi: quello di Abramo Croccolo, il quale giungerà verso gli anni Quaranta ad essere il consigliere delegato dell’Università e che, alla sua morte, lascerà una cospicua eredità alla sua amata Università.

26

È il caso di precisare qui che il primo Annuario della Bocconi apparve nel luglio del 1903. Quando il 2 agosto ne ricevette la prima copia Ferdinando Bocconi ne fu commosso e inviò a Sabbatini che si riposava a Portofino il seguente telegramma:

«Ricevo con animo non meno commosso annuario Università Commerciale che attesta opera feconda primo anno vita istituzione. A lei che con tanto ingegno tanta passione seppe sì bene comprendermi ed esplicare nella attuazione miei intendimenti la più fervida fede nell’avvenire dell’istituto rinnovo espressione mia gratitudine ricambio affettuosi sentimenti. Ferdinando Bocconi» (A.S.U.B., busta 1).

27

Nel coro degli osanna intonato dai fogli quotidiani non mancarono però voci stonate o, per lo meno, flebili. Fu il caso del «Corriere della Sera» che nel numero dell’11-12 novembre (1902, naturalmente) si limitò, nella rubrica «Corriere Milanese», a dare una succinta notizia dell’avvenimento, non certamente consueto, in una trentina di righe: meno della metà di quelle dedicate ad un fatto di cronaca nera riportato appena sotto («Si accoltellano fra di loro», il titolo attraente). Stilato uno scarno elenco delle personalità convenute alla cerimonia e ricordati i nomi di coloro che presero la parola, il tacitiano cronista del «Corriere» concludeva di fretta: «Ai discorsi seguì la visita ai locali, assai ben disposti per il loro scopo e capaci. Le lezioni incomincieranno domani».

Assai dettagliato, come c’era da aspettarsi, fu invece il resoconto della cerimonia pubblicato da «Il Sole». Dopo aver dato una lista accurata degli intervenuti e degli aderenti alla cerimonia, l’articolista indugiò a lungo sui discorsi succedutisi, in particolare riportando quasi per intero quello inaugurale di Sabbatini. Non taceva le dimostrazioni schiette e calorose all’indirizzo del commendatore Ferdinando Bocconi» e annotava che «gli invitati visitarono i locali dell’Università, ammirati per la loro grandiosità e la loro pratica disposizione».

In due larghe e fitte colonne, su tutta la pagina, il giornale «La Sera» informò minutamente il lettore sulle varie fasi della cerimonia inaugurale, dando largo spazio al discorso di Sabbatini e ai successivi interventi. L’articolo si concludeva con un significativo commento: «… L’avvenimento che oggi si è compiuto a Milano… non può restringersi alla cronaca cittadina. L’Università Commerciale Luigi Bocconi è un istituto che onora Milano ed onora, nello stesso tempo, il paese tutto… A noi parve addirittura deplorevole che il Governo non abbia sentito il dovere di essere presente – e non con una semplice per quanto alta delegazione – alla festa odierna degli studi e del lavoro [corsivo nostro: si mediti sull’accostamento studi-lavoro]. Di quei ministri che accorrono premurosi ad ogni cerimonia insignificante, ad ogni simposio politico, anche d’infima importanza, non uno stimò doveroso partecipare di presenza alla inaugurazione. Essa non ha perduto né in solennità, né d’importanza; ma l’assenteismo ministeriale, larvato da magrissimi pretesti, ci ha appreso, purtroppo, una volta ancora che spesso, laddove ferve la vita vera del paese, il governo non si trova al suo posto. E questo è un errore gravissimo». Che queste considerazioni siano state suggerite dallo stesso Sabbatini? L’interrogativo affiora pensando a quanto il presidente del consiglio direttivo della Bocconi avrebbe detto – e nel testo l’abbiamo ricordato – una decina di giorni dopo nel corso di una seduta dello stesso consiglio.

Anche «Il Secolo», nel suo numero del 10-11 novembre, dedicò due dense colonne all’inaugurazione della Bocconi: ampio risalto fu dato all’allocuzione di Sabbatini e ai vari interventi poi seguiti. Ma mette conto di riportarne la conclusione: «… Chiusa la serie dei discorsi, autorità ed invitati si affollarono intorno al signor Ferdinando Bocconi per congratularsi con lui dell’opera sua munificente e civile. Ed egli, commosso per tante prove di stima dategli dai suoi concittadini e, forse più, pel ricordo doloroso del figliuolo perduto, ringraziando invitò tutti a visitare il palazzo che è ora completamente finito e arredato, pronto ad accogliere professori e studenti. Del nuovo edificio – che tanto fa onore oltre che a Ferdinando Bocconi anche all’artefice modesto e valente cui ne è dovuta la costruzione, il giovane capomastro milanese Riccardo Bossi – abbiamo già parlato a lungo, pubblicandone anche il disegno nel “Secolo” del 5-6 aprile scorso… per cui crediamo inutile rinnovarne oggi la descrizione. Diremo perciò soltanto che furono ieri ammirati l’atrio sontuoso, in bel stile ionico, lo scalone di marmo, i tre superbi saloni circolari, ognuno della superficie di 300 metri quadrati, i locali della biblioteca, le aule, ecc.».