Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

La creazione del corso di laurea in lingue e letterature straniere


Parole chiave: Rapporti istituzionali, Rettore Demaria Giovanni, Facoltà di lingue

Con l’inizio del ’46 si fecero sempre più insistenti le voci che la Bocconi volesse ampliare lo spettro della sua offerta formativa con un nuova facoltà di Lingue e Letterature straniere.

Non è chiaro in quale momento l’ipotesi si fece strada fra il corpo accademico. Nella versione ufficiale, che accompagnava il primo progetto presentato al ministero della Pubblica istruzione, all’origine della stessa sarebbe stata la richiesta, formulata nel ’44 dagli studenti milanesi della sezione linguistica di Ca’ Foscari, di frequentare i corsi di lingue presso le università della loro città e sostenerne i relativi esami, sino al momento in cui la situazione dei trasporti non si fosse normalizzata. L’assenso del ministero spinse molti studenti lombardi ed emiliani a seguire le lezioni di Bruno Revel e di Mario Hazon e indusse il Consiglio di Amministrazione e il corpo accademico a considerare seriamente la possibilità di «assecondare le vive insistenze dei rappresentanti di un imponente numero di famiglie delle provincie lombarde» (agosto 1946) attivando, a Milano, un nuovo corso di laurea in Lingue e Letterature straniere. Il successo incontrato dall’iniziativa, alla quale la stampa diede ampio risalto, avrebbe indotto l’Università a rompere ogni indugio e ad accelerare i tempi, al fine di ottenere rapidamente il riconoscimento ministeriale e poter così iniziare le lezioni al più presto[1].

Nella realtà, molto probabilmente, le cose andarono diversamente e il «grido di dolore»[2] del «comitato di agitazione della libera unione goliardica cafoscarina» non fu altro che l’occasione opportuna per rendere pubblico un progetto già da tempo predisposto e tenuto gelosamente in serbo in attesa del ritorno del Paese alla normalità. Come spiegare altrimenti il «memorandum» riservato, che adombrava l’ipotesi di istituire un Istituto superiore di Lingue moderne, volto a forgiare insegnanti o funzionari «speciali addetti ai rapporti italiani con l’estero (ministeri, ambasciate, consolati, camere di commercio, commissioni italiane all’estero, ecc.)», fatto circolare nel ’45 tra i professori della Bocconi[3]? Il documento, che prefigurava il corso di Lingue e Letterature moderne, includeva fra i titoli di ammissione le maturità classica o scientifica e il diploma di abilitazione magistrale; prevedeva una durata quadriennale; definiva quali discipline principali l’inglese, il francese, il tedesco, il russo, lo spagnolo e il cinese[4]. Oltre alle lingue straniere era contemplato lo studio dell’italiano, «specialmente l’arte di scrivere bene», del latino, della letteratura comparata, delle filologie romanza e germanica, della glottologia e della pedagogia e via discorrendo[5]. L’ipotesi, molto innovativa, venne in seguito rivista e modificata, prima di essere presentata al ministero, secondo lo schema esposto nella Tabella 1.

 

Tabella 1 Insegnamenti previsti per lo facoltà di Lingue e Letterature straniere (Progetto del 20 marzo 1946)[6]

Insegnamenti fondamentali

Insegnamenti complementari

Lingua e Letteratura italiana (biennale)

Glottologia

Latino (biennale)

Pedagogia

Lingua e Letteratura inglese

Storia italiana

Lingua e Letteratura francese

Filosofia

Lingua e Letteratura tedesca

Storia della filosofia

Lingua e Letteratura russa

Geografia

Lingua e Letteratura spagnola

 

Filologia romanza

 

Filologia germanica

 

Storia, geografia e civiltà del Paese straniero

 

 

Un ulteriore ritocco al disegno iniziale fu introdotto nello statuto del nuovo corso di laurea approvato dal Consiglio di facoltà il 16 settembre 1946[7]. Esso prevedeva, tra l’altro, l’estensione dell’accesso ai diplomati della scuola civica superiore «A. Manzoni» di Milano e a quelli degli «Istituti tecnici commerciali, industriali, agrari, nautici e per geometri», a patto che superassero «un esame scritto e orale di ammissione in lingua e letteratura italiana e in lingua e letteratura latina»; l’inserimento di nuove discipline fondamentali, quali storia e geografia, e l’istituzione di corsi di cultura giuridica ed economica, così da accentuare gli aspetti innovativi della scuola bocconiana di lingue (Tabella 2).

 

Tabella 2 Insegnamenti previsti per la facoltà di Lingue e Letterature straniere (Consiglio di facoltà del 16 settembre 1946)[8]

Insegnamenti fondamentali

Insegnamenti complementari

Lingua e Letteratura italiana (biennale)

Storia della filosofia

Lingua e Letteratura latina (biennale)

Filosofia

Lingua e Letteratura francese

Pedagogia

Lingua e Letteratura tedesca

Lingua e Letteratura russa

Lingua e Letteratura inglese

Lingua e Letteratura portoghese

Lingua e Letteratura spagnola

Lingua e Letteratura araba

Filosofia romanza

Lingua e Letteratura cinese

Filosofia germanica

Lingua e Letteratura serbo-croata

Storia (biennale)

 

Geografia

 

Cultura economica

 

Cultura giuridica

 

 

Varato lo statuto, si doveva, nel più breve tempo possibile, reclutare i docenti, formare una biblioteca specializzata e, soprattutto, assicurarsi il placet ministeriale, nell’intento che con il 20 novembre 1946 i corsi avessero regolarmente inizio.

La scelta dei docenti presentò meno difficoltà del previsto[9] e lo stesso accadde per la realizzazione della biblioteca[10]. Molto complesso e contrastato fu invece l’iter necessario per ottenere il riconoscimento ufficiale dell’iniziativa – e sarebbe occorso fare appello a tutta l’autorità dell’istituzione e alla rete di relazioni bocconiane per aver ragione degli ostacoli frapposti dalla burocrazia e dalle università concorrenti, Venezia in primis[11].

L’annuncio della prossima attivazione nell’Università milanese di un corso di laurea in Lingue e Letterature straniere e della cospicua dotazione (10 milioni, in seguito aumentati a 15) deliberata per lo stesso dal Consiglio d’Amministrazione, fece rapidamente lievitare le iscrizioni ben oltre il migliaio inizialmente previsto. Alle prime matricole si aggiunsero, infatti, numerosi studenti che chiesero il trasferimento da Venezia. Si può ben capire, quindi, quale scompiglio arrecò il rifiuto di Gino Luzzatto[12], da poco nominato Rettore a Ca’ Foscari, di concedere il nulla osta per il passaggio, giustificando la sua decisione con la mancanza di un riconoscimento ufficiale della facoltà milanese.

La grave decisione venne ulteriormente appesantita da una dichiarazione rilasciata alla stampa da Guido Gonnella, in risposta a un invito rivoltogli da Antonio Greppi a prendere posizione a favore della facoltà di Lingue. Al sindaco di Milano il ministro fece ufficialmente sapere che avrebbe negato il suo consenso al «funzionamento della sezione di lingue nella Bocconi a decorrere dall’anno accademico 1946-47, giacché gli atti sono ancora all’esame degli uffici competenti del Ministero ed occorre il parere del Consiglio Superiore ed infine del Ministero del Tesoro»[13].

Tale presa di posizione cagionò ulteriori preoccupazioni ai vertici dell’Università; che, tuttavia, decisero di non recedere dai propri passi e di accentuare le pressioni atte a far cadere le riserve della burocrazia romana e del mondo accademico italiano[14]. In quest’ultima direzione la «lobby bocconiana» (Tommaso Zerbi e Gustavo Del Vecchio a livello politico[15] e Francesco Flora in seno al Consiglio superiore della Pubblica istruzione) ebbe presto ragione di ogni opposizione; mentre Gino Zappa, a Venezia, provvedeva a mitigare l’ostilità di Gino Luzzatto.

La lettera con cui Flora comunicò al Rettore i risultati positivi del suo intervento dà preziose indicazioni sulla natura degli intralci incontrati:

«Caro De Maria [sic], il Consiglio Superiore ha oggi proposto il riconoscimento della sezione lingue della Bocconi, con una modifica dello statuto, la quale dovrà estendersi anche a Ca’ Foscari e all’Istituto Orientale di Napoli. Non ostante la simpatia che i colleghi mi hanno mostrato – e alla quale debbo se infine la relazione negativa non è stata accolta – l’impresa s’è rivelata durissima. Il prof. Monteverdi, relatore, al quale avevo amichevolmente parlato prima della seduta, era decisamente contrario; ma s’è persuaso di alcune nostre ragioni e ha riconosciuto poi sulla relazione la serietà e la solidità con la quale la Bocconi ha fondato la Sezione: tuttavia ha conchiuso per il non riconoscimento. Lo hanno appoggiato Fanfani della Cattolica, Luzzatto di Ca’ Foscari e parecchi altri. Io sono intervenuto con una dichiarazione che Le mostrerò e che ho voluto scrivere affinché testualmente rimanesse negli atti. Un vivo consenso si è manifestato in più punti di questo banco a ferro di cavallo: hanno appoggiato la mia tesi il prof. Remotti e il prof. Chiazzese. Ma il dibattito è stato lungo, per ragioni che può intendere; e c’è stato un momento in cui tutto pareva compromesso. De Ruggiero è stato con noi, e così, sebbene non intervenissero nella discussione, Pancrazi, Marchesi, Dalla Volta ed altri […]. Gli umori non facevano prevedere nulla di buono, e invece alla fine s’è ottenuto sostanzialmente quel che si doveva. Sono anch’io convinto, del resto, che la serietà nelle ammissioni gioverà al carattere e al tono della Sezione. Tra poco essa diventerà la più importante che esista in Italia»[16].

Francesco Flora sarebbe stato buon profeta. La sezione di Lingue e Letterature straniere, ottenuto, il 22 febbraio 1947, il parere positivo del Consiglio superiore della Pubblica istruzione e, di lì a poco, il sospirato decreto ministeriale, avrebbe visto aumentare rapidamente i propri iscritti, grazie anche al prestigio di un corpo accademico di prim’ordine e a una schiera di giovani e promettenti lettori e assistenti quali Carlo Bo, Silvio Baridon, Juana Granados, Emy Rosenfeld, Enea Balmas, Giuseppe Bellini; mentre le riviste nate in seno al corso di laurea, il «Bollettino di letterature moderne» (1947) e «Letterature Moderne» (1950), sarebbero diventate le testimoni della feconda attività scientifica dei docenti.

Alla fine degli anni ’40, il Consiglio d’Amministrazione decise di affidare a un professore ordinario la guida del nuovo corso di laurea e la scelta cadde su Francesco Flora, che proprio in quei mesi aveva vinto il concorso a cattedra e che, nel triennio precedente, aveva dato «magnifica prova di sé nell’insegnamento di Lingua e Letteratura italiana» alla Bocconi[17].

Con la chiamata di Flora[18], l’Università intendeva dare un segnale forte all’Accademia e al mondo della cultura e sottolineare così che la scelta operata non era stata né casuale né superficiale e che su di essa si sarebbe investito senza parsimonia in capitale umano e in capitale tout court, per fare della sezione di Lingue e Letterature straniere «la più importante che esista in Italia».


1

ASUB. Busta 7/5. Università commerciale Luigi Bocconi. Sezione lingue e letterature straniere. 9 gennaio 1948. Spiegazione non dissimile viene offerta dal «Verbale della seduta del consiglio di facoltà dell’Università commerciale Luigi Bocconi del 16 settembre 1946» nel quale si ufficializzava la richiesta di «Costituzione di una Sezione di lingue straniere moderne: Il Pro Rettore Comunica che da tempo all’Università Bocconi sono state fatte le più vive insistenze da parte di una grande massa di studenti lombardi per la costituzione di una sezione di lingue straniere moderne come quella che esisteva presso l’Istituto superiore di economia e commercio di Venezia. Alle premure degli studenti si sono unite quelle della direzione della civica scuola superiore femminile “A. Manzoni” di Milano, che rilascia un diploma in funzione del decreto 20 giugno 1935 n. 1071 che dà adito a Ca’ Foscari – nonché quelle del Comune e della Amministrazione Provinciale di Milano che pensano che una città come la nostra sia la più adatta per dar vita feconda ad una facoltà come quella invocata. Sembrandogli legittime le aspirazioni dei giovani di cui si sono fatti tenaci propugnatori i dirigenti del Dogadum Cafoscarinum ha creduto di interpretare il pensiero dei colleghi dichiarando al ministero della pubblica istruzione che l’Università Bocconi sarebbe stata disposta a organizzare la costituzione della facoltà e a tal fine ha predisposto uno schema di statuto di cui si fa dare lettura. Il consiglio accademico si trova concorde nel far plauso all’iniziativa che viene a integrare l’attività della Bocconi e dopo breve discussione delibera unanime di dare incarico al Pro Rettore di chiedere ufficialmente al competente ministero l’autorizzazione a costituire una Sezione di lingue straniere moderne e si approva l’annesso statuto».

2

ASUB. Busta 7/5. «Al Magnifico Rettore della Università Bocconi di Milano. Gli studenti universitari lombardi iscritti presso l’Istituto di economia e commercio alla facoltà di lingue e letterature straniere di Venezia, nell’attesa che venga costituita presso codesta Università una facoltà di lingue e letterature straniere tanto necessaria e tanto agognata da tutti coloro, e sono molti, che trovasi nell’impossibilità di potersi recare a Venezia; nella sicura promessa dell’alto compito di educazione e di ricostruzione intellettuale che Milano, centro lombardo e d’Italia, assumerà con gli scambi culturali e commerciali con l’estero, rivolgono al Magnifico Rettore tramite il comitato di agitazione della libera unione goliardica (dogadum Cafoscarinum) un caldo appello affinché venga loro concessa una o più aule al fine di poter preparare sia gli esami di Magistero sia gli esami di coltura nelle lingue».

3

ASUB. Busta 7/5. Milano 2 ottobre 1945. «Memorandum in merito ad un eventuale Istituto superiore di lingue e letterature straniere». Il documento concludeva osservando: «Si ritiene che un Istituto come questo prospettato sia una vera necessità per Milano, città di oltre un milione di abitanti, grande centro di attività commerciale ed industriale che avrà in avvenire sempre maggiori relazioni con l’estero e che non possiede un Istituto specializzato nelle lingue straniere».

4

Delle stesse era previsto l’insegnamento della letteratura, della storia, della fonetica, della civiltà del Paese «ove si parla la lingua prescelta, che include: le istituzioni, una idea generale delle leggi, la geografia, l’industria, il commercio, la cultura, l’arte, i divertimenti, lo sport, le abitudini, la vita di casa, la mentalità, il carattere».

5

«Memorandum», cit.

6

ASUB. Busta 7/5. Facoltà di Lingue e Letterature straniere. Milano, 20 marzo 1946.

7

Una prima bozza dello statuto venne predisposta da Demaria nel ’46; così almeno in una lettera che il Rettore indirizzò a Palazzina (ASUB. Busta H. Torino 2 settembre 1946), nella quale, tra l’altro, si scriveva: «[…] Feci il progetto di statuto tralasciando qualche indicazione, come quella della scuola civica Manzoni. Lei vorrà completarlo e lo porterei io a Roma appena sarà possibile. L’indicazione dei 10 milioni non deve allarmare avendo indicato “in denaro e in natura”, ciò che consente praticamente la più ampia libertà anche perché il regolamento finanziario della facoltà è sottoposto interamente ai poteri con Consiglio. Per la sezione brasiliana, credo basti il portoghese essendo comune la lingua».

8

ASUB. Busta 7/2 bis. Consiglio di facoltà dell’Università commerciale Luigi Bocconi. Seduta del 16 settembre 1946. Alla seduta erano presenti, oltre a Demaria e a Palazzina, Mario Hazon, Bruno Revel, Mario Rotondi, Paolo Greco, Giorgio Pivato, Ugo Borroni, Tommaso Zerbi, Ettore Lorusso, Ugo Caprara, Giovanni Ricci, Remo Franceschelli, Libero Lenti, Francesco Brambilla, Valentino Dominedò.

9

Nella seduta del Consiglio di facoltà del 15 novembre 1946 (ASUB. Busta 7/2 bis.), il Rettore presentò un primo elenco dei prescelti: «[…] l’insegnamento di lingua e letteratura italiana sarà affidato ai prof. Fubini e Flora […]; l’insegnamento della lingua latina è affidato al prof. Castiglioni […]. Quanto al francese, una parte dei 4 anni (2 corsi, 6 ore complessive) sarà compito di Revel; manca il 2° nome, perché Neri non ha accettato […] Il prof. Viscardi segnala e raccomanda Diego Valeri. Per il tedesco non si è ancora deciso chi saranno i titolari […]. Per l’inglese sono nominati i prof. G.N. Girolamo Orsini e M. Hazon. Per lo spagnolo si sono avviate trattative […]. La filologia romanza è assegnata a Viscardi. Per filologia germanica si propone concordemente Grünanger […]. Per la storia biennale si era presentato Chabod, che però, confermato, è stato chiamato a Roma. Il Rettore informa essere già pervenuta l’accettazione di Nino Valeri. Per la geografia si è dato l’incarico al prof. Ricci, che viene da Venezia. Per la storia della filosofia […] al prof. V.E. Alfieri. Per la filosofia, al prof. Antonio Banfi. Per la pedagogia ancora non si è trovato; Viscardi e Alfieri propongono il nome di Maresca (Pavia). Per il russo si era pensato a Lo Gatto, il quale però risiede a Roma, sicché non è sperabile di poterlo avere; Viscardi propone il nome di Gasparini. Per la lingua serbo-croata vien fatto il nome di Croniet».

10

Partita con i pochi volumi facenti parte della dotazione ricevuta dalla Serena Foundation, nel giro di pochi anni la biblioteca di Lingue superò i 13.043 tomi e le 174 riviste (Cfr. T. Bagiotti, Storia dell’Università Bocconi 1902-1952, Milano 1952, pp. 248-249).

11

Non ci fu invece la temuta opposizione della Cattolica che avrebbe, e non a torto, potuto indispettirsi per questa scelta che metteva in discussione il monopolio milanese dell’università confessionale in campo linguistico. Ma ormai vien da pensare che fra padre Gemelli e Girolamo Palazzina fosse da tempo nata una entente cordiale. Prova ne sia che, su temi di comune interesse, i due si consultavano spesso e che, anche in questa occasione, il Rettore della Cattolica, sentito da Palazzina circa una questione di tasse di iscrizione all’università, colse l’occasione per informarlo della sua sostanziale approvazione della decisione assunta dalla Bocconi di dar vita al nuovo corso di laurea: «Bellano (Como) 14 agosto 1956. Illustre Commendatore. Le rispondo dal letto di un ospedale ove sono ricoverato a causa di un infortunio automobilistico […]. Debbo informarla di una cosa in via riservata: hanno chiesto il mio parere da Roma sulla opportunità della fondazione di una Scuola di lingue straniere presso la Bocconi, perché era stato detto, chissà da chi, che noi facevamo opposizione. Ho risposto che, non solo noi non facciamo opposizione; ma saremmo molto contenti che questa scuola si fondasse, anche per sfollare molti studenti che noi abbiamo in soverchio numero. Gradisca cordiali saluti ed auguri di bene. Fr. Agostino Gemelli o.f.m.».

12

Ancora l’anno seguente, scrivendo da Washington (ASUB. Busta H. Giovanni Demaria a Girolamo Palazzina. Washington 12 settembre 1947), Demaria lamentava l’atteggiamento del Rettore di Ca’ Foscari nei confronti dell’iniziativa: «[…] Luzzatto: spero a quest’ora sia uscito il decreto così da finirla con le more veneziane. Ma forse occorrerebbe, a mio nome, scrivergli che mi è spiaciuto moltissimo apprendere come Venezia non abbia deciso di accordare i congedi, in base alle nostre assicurazioni circa l’esito felice della pratica romana, e abbia preferito e preferisca attenderne il completamento della documentazione formale, che purtroppo, per le more romane, è divenuta eccessivamente lunga e mai completa. Dati gli ottimi rapporti fra le due università avremmo desiderato e desidereremmo un accordo diretto che riconosca la sostanza delle cose, salvo farne successivamente i ritocchi formali. E questo nell’interesse stesso dei due istituti e soprattutto degli studenti che è nostro compito salvaguardare».

13

ASUB. Busta 7/2 bis. C.d.F. Seduta del 15 novembre 1946.

14

Opposizioni e riserve che Antonio Banfi così sintetizzava [ibidem]: «[…] si dice trattarsi di una facoltà troppo frammentaria, rapsodica, non scientificamente organizzata, priva delle indispensabili basi umanistiche; ma è un’obiezione che si può ritorcere contro gli stessi Istituti di Magistero, che pure concedono lauree per materie letterarie e la filosofia. E il Rettore nota che, siccome non tutti gli studenti di questa Università si daranno all’insegnamento, ci vorrebbe, semmai, un’integrazione, ma non di carattere umanistico, bensì piuttosto di un insegnamento economico-giuridico».

15

II pro memoria che Lino Maineri, presidente del Circolo Bocconiano, inviò a Tommaso Zerbi sottolinea con chiarezza i problemi che il ritardo nel riconoscimento esasperava: «Promemoria per l’on. Prof. Zerbi (ASUB. Busta 7/5). Mi permetto di farle pervenire il seguente promemoria affinché, ponendo il suo cortese interessamento venga definitivamente risolta la pratica relativa al riconoscimento ufficiale della Sezione di lingue presso l’Università Bocconi. 1) Fin dall’agosto del 1946 si è avuta formale assicurazione dal ministero interessato che al più presto e precisamente per l’anno accademico attualmente in corso si avrebbe avuto il riconoscimento della nuova facoltà. Queste autorità accademiche e gli studenti stessi attraverso i loro organi rappresentativi fecero più volte giungere la loro richiesta al ministro Gonnella e sempre si è ottenuto da questi le più ampie assicurazioni. Ancora il 7 dicembre a Milano ricevendo una rappresentanza degli studenti di tutti gli atenei milanesi il ministro dichiarava che la pratica relativa al riconoscimento della sezione di lingue dell’Università Bocconi era pressoché definita ed al rilievo fattogli dagli studenti interessati circa il mancato rilascio dei congedi da parte di Ca’ Foscari, l’on. Gonnella asseriva che si sarebbe interessato direttamente perché Ca’ Foscari avesse a rilasciare i congedi. [Dal ministro] rientrato in sede, dal suo dicastero si invia una lettera a Ca’ Foscari in cui si dichiara che quella università non deve rilasciare i congedi per gli studenti di lingue che lo hanno richiesto per l’università Bocconi di Milano non essendo stata riconosciuta la nuova sezione presso quell’Ateneo. 2) Il 10 gennaio u.s. lo scrivente è ricevuto dall’on. Gonnella […]; questi mi fissava un appuntamento per le ore 11 del giorno successivo col comm. Petrocchi […], il quale dichiarava che la pratica in argomento non poteva essere presa in considerazione perché l’Università Bocconi non aveva ancora inviato al ministero lo statuto ed il piano finanziario […]; dichiarazione assolutamente infondata perché questa Università aveva a suo tempo inviato statuto e piano finanziario. 3) Secondo lo stato attuale delle cose gli studenti provenienti da Ca’ Foscari […] dovrebbero tornare a Venezia […]. 4) Gli stessi studenti che superano il migliaio si trovano ora nell’impossibilità materiale di sostenere esami nella prossima sessione di febbraio […]. 5) In considerazione di quanto sopra esposto gli studenti interessati chiedono che, in attesa del riconoscimento ufficiale della nuova sezione di lingue e letterature straniere dell’Università Bocconi, venga loro concesso […] di frequentare la sezione di lingue dell’Università Bocconi e di sostenervi gli esami, ciò anche tenendo presente che gli studenti interessati resisteranno a qualsiasi invito perché abbiano a tornare a Ca’ Foscari».

16

ASUB. Busta 7/5. Francesco Flora a Giovanni Demaria. Roma 22 febbraio 1947.

17

Verbali del C.d.A. Seduta del 1° dicembre 1949.

18

Per comprendere le qualità dell’uomo che la Bocconi si preparava a chiamare mi è sembrato importante riprodurre parte del curriculum vitae che Flora predispose per la commissione giudicatrice per il concorso a cattedra di Letteratura italiana bandito dall’Università di Milano (ASUB. Posizione Flora): «Già direttore generale per le relazioni culturali con l’Estero presso il ministero degli Affari esteri […] egli è socio nazionale dell’Accademia dei Lincei; membro della commissione nazionale dell’U.N.E.S.C.O.; presidente della raccolta vinciana (Castello Sforzesco di Milano); membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione; presidente dell’Accademia di Brera; Combattente della guerra 1915-1918 […] il sottoscritto ama dichiarare che dal 1924 assunse la responsabilità della “Critica” diretta dal Croce, e intesa, con la massima discrezione, rendere un servizio alla cultura italiana, in tempi assai travagliati. Nel 1927 fu indicato dai docenti dell’Istituto Orientale quale professore di letteratura italiana; ma il presidente del consiglio di amministrazione, dinnanzi a quel nome, preferì sopprimere la cattedra di letteratura italiana affermando che dopo tutto si trattava di un istituto orientale! Non potendo aspirare per mancanza di tessera a una cattedra […] il sottoscritto, che trovava salvezza soltanto nel lavoro, si diede ad una attiva opera editoriale, curando principalmente la collana dei Classici Mondadori, nella quale sono apparsi non soltanto i citati volumi del Leopardi e del Bandello curati personalmente da lui; ma tutte le opere del Boiardo e due volumi delle opere del Metastasio e otto di quelle del Goldoni […]. Né gli mancò un lunghissimo esercizio di lezioni private. Così nella sua ormai lunga carriera letteraria, il sottoscritto ha voluto tendere – né tocca a lui dire se egli sia riuscito e fino a qual punto – ad una armonia di filologia e critica, teoria e storia, le varie discipline che formano le umane lettere: umane perché rappresentano la facoltà inventiva per cui l’uomo si distingue da ciò che nella “pianta uomo” è natura. Egli ha insistito sulla “parola”, distinguendola dalla vuota chiacchiera e dalla menzogna, che non è veramente parola ma simulazione del verbo, e perciò antiparola. Egli non ha mai creduto che una vera parola (coscienza dell’uomo, come arte e come pensiero) possa esser detta senza che l’intera umanità di uno scrittore vi partecipi e si manifesti. Ha anche insistito sulla metafora della musica, perché la musica non avendo un oggetto esterno da riprodurre, si giudica dalla sua sola presenza in cui è espressa l’intera umanità dell’artista: e senza quella interezza si avrebbero soltanto astratti suoni o ritmi e non già l’arte che è coscienza e perciò totalità. Avvenne al sottoscritto di trattare per intima necessità temi di teoria estetica in ogni suo libro; ma principalmente nel volume che s’intitola I miti della parola, ove egli tentò di scendere al cuore del fatto poetico. Più tardi, specie nella Storia della letteratura italiana, egli ha sentito quei problemi incarnarsi completamente e in certo modo sciogliersi nel vivo della scoria, che vuol esser storia della parola come storia dell’intera umanità di un poeta o di un pensatore. Più tardi ancora, la teoria dell’arte gli si è offerta, sotto lo stimolo degli studi leonardeschi, come discorso mentale: ed egli ha pubblicato nella “Rassegna d’Italia” (aprile 1948) la prima puntata di uno scritto che si intitola La parola e le arti, ove tutte le arti sono ricondotte alla parola, comprese le arti astratte dei moderni».

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