Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

Il Sessantotto. La fine di una facoltà


Parole chiave: Presidente Cicogna Furio, Rettore Dell’Amore Giordano, Facoltà di lingue, Lenti Libero

L’uscita dai ruoli di Armando Sapori pose il problema della scelta di un nuovo Rettore. Scelta non facile dato che lo storico economico aveva governato la Bocconi per un quindicennio. La tradizione avrebbe voluto che l’alta carica fosse affidata a un docente esterno: l’unico esperimento di «gestione interna» del rettorato attuato nel primo dopoguerra aveva creato non pochi grattacapi al C.d.A. Memore di ciò, Furio Cicogna decise di non correre rischi e, in prima battuta, propose a Libero Lenti di assumere le redini dell’Università[1].

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Lenti era stato allievo di Giorgio Mortara ed era cresciuto scientificamente alla Bocconi, dove da anni insegnava Statistica economica; era professore ordinario in una prestigiosa università lombarda, oltre che brillante e apprezzato articolista del «Corriere della Sera». Politicamente credo si potesse definire un conservatore illuminato[2], dopo aver militato in gioventù tra le file dei socialisti riformisti. Era inoltre molto stimato anche dagli avversari politici per la sua franchezza e la sua onestà intellettuale; era uomo capace di prendere decisioni difficili e di gestire con grande finezza i rapporti con le istituzioni: il candidato ideale, insomma, in un momento non facile. Lenti, tuttavia, decise di rifiutare l’alto onore propostogli. Scartata questa ipotesi, non riman ev a che percorrere la via già seguita una volta in passato. La scelta cadde su Giordano Dell’Amore[3] che, col 1° novembre 1967, avrebbe assunto la carica di Rettore. Il rettorato Dell’Amore si aprì con un grave lutto per l’Università: Alessandro Croccolo[4], fondatore dell’ALUB nel 1906, consigliere dell’Università dal 1933, amministratore delegato della stessa dal 1950, nonché presidente della Fondazione Javotte Bocconi Associazione «Amici della Bocconi», era venuto a mancare il 15 febbraio 1968. Con lui se ne andava uno degli ultimi componenti di quella sparuta pattuglia dei 18 che, nel 1906, avevano conseguito la laurea in Economia e Commercio. Quale ultimo dono all’Università che l’aveva avuto studente prima e amministratore inseguito, Croccolo legò alla stessa 600 milioni, destinati all’esercizio di attività culturali, o erogabili nella forma di borse di studio o come prestiti sull’onore a «laureati o studenti per superare difficoltà contingenti»[5].

Il malessere e le tensioni vagamente avvertiti negli ultimi anni del rettorato Sapori vennero drammaticamente a galla dopo l’elezione di Dell’Amore, facendo cadere l’idea che la Bocconi fosse un’oasi immune da tentazioni massimaliste. Con il ’68, mentre si spegnevano gli ultimi fuochi della goliardia, fatti di scherzi alle matricole, di riunioni ludiche e di feste danzanti, di incursioni notturne nel pensionato femminile, cominciarono a brillare i lumi della contestazione.

Il primo segnale lo si ebbe il 12 gennaio, quando, nell’aula maggiore parata a festa, un gruppo di studenti di varie università americane in visita alla Bocconi venne accolto da «rudimentali cartelli con la scritta: Non bombardate il Vieth-Nam»[6].

L’episodio, di per sé marginale, parve esaurire la protesta, grazie agli sforzi compiuti dal Circolo Bocconiano e da una parte dei docenti per incanalare la contestazione entro argini riformistici battendo decisamente la strada dell’innovazione didattica.

Nonostante il moltiplicarsi di episodi di intolleranza in diverse università italiane, fomentati anche da una stampa che soffiava sul fuoco della contestazione[7], il clima di via Sarfatti fu, ancora per qualche tempo, improntato a moderazione: la fermezza del Rettore e la incrollabile volontà mediatoria dei presidi (di Innocenzo Gasparini in particolare) sembrarono in grado di assorbire le tensioni in atto e di avviare un’autentica stagione di riforme, i cui primi timidi segni si manifestarono nella decisione di aprire il C.d.F. ai professori incaricati, agli assistenti e agli studenti, «con voto consultivo per tutte le questioni attinenti alla organizzazione dei corsi e al funzionamento didattico della facoltà»[8]; di istituire il ruolo degli assistenti ordinari (22, di cui 15 a Economia e 7 a Lingue); di concedere a tutti gli studenti la partecipazione alla sessione straordinaria d’esame, sino a quel momento riservata ai soli fuori corso; di abolire le tesine di laurea (C.d.F. del 15 luglio); e soprattutto di spingere l’intero corpo accademico a ripensare la struttura didattica delle due facoltà.

La collaborazione fra le varie componenti dell’Università venne meno all’inizio di maggio con la decisione, maturata in una affollata assemblea studentesca, di occupare la Bocconi contro un calendario degli esami giudicato penalizzante contro il progetto di legge Belisario, che, se approvato, avrebbe ridotto le possibilità di insegnamento dei laureati in Lingue[9], e contro alcune decisioni assunte dal C.d.A., accusato di boicottare «la fecondissima collaborazione tra professori e studenti»[10], e di ostacolare così il processo di democratizzazione dell’Ateneo. Tale azione venne in larga misura legittimata da una parte degli assistenti della facoltà di Lingue, che prese parte all’occupazione e pretese un confronto pubblico con gli organi di governo dell’Università per verificare, bilanci alla mano, «la loro attuale capacità di affrontare in modo organico e con volontà innovatrice i problemi del diritto allo studio, dell’organico del personale insegnante e delle strutture didattiche e scientifiche»[11], minacciando, in caso contrario, l’astensione dagli esami della sessione estiva.

L’atteggiamento conciliante del C.d.F. e l’impegno assunto dal Rettore di discutere in assemblea alcuni dei temi che stavano a cuore agli occupanti consentirono un breve ritorno alla normalità. L’assemblea in questione, tenutasi il 18 maggio, in realtà non permise la ripresa del dialogo, «poiché i rappresentanti degli assistenti insistettero su richieste pregiudiziali del tutto estranee ai compiti che questa consulta era chiamata ad assolvere»; e lo stesso accadde nell’altra riunione convocata dal Rettore il 25 maggio.

Una lettera di Giordano Dell’Amore ai docenti e agli studenti della facoltà di Lingue dà conto di quanto accadde in quella giornata di maggio e offre elementi per comprendere quanto sarebbe avvenuto in seguito:

«Anche in questa seduta non fu possibile neppure cominciare la discussione sui temi che interessavano il potenziamento della facoltà […]. È stata invece, votata, una mozione nella quale gli assistenti propongono la costituzione di una consulta composta da tre professori (di ruolo e incaricati), da tre assistenti e da tre studenti. Si pretende inoltre che gli attuali organi di governo dell’Università si impegnino nel loro complesso e nelle sedi rispettive a ratificare le decisioni assunte dalla consulta. Infine, si chiede che alle riunioni della consulta assista un rappresentante del Consiglio di amministrazione avente voto puramente consultivo e tenuto a fornire tutta la documentazione di cui essa vorrà disporre per le proprie decisioni»[12].

In risposta all’atteggiamento assunto dal Rettore fu ripresa l’occupazione della facoltà di Lingue.

Ancora una volta la stampa fece da cassa di risonanza all’evento esaltando l’atteggiamento intransigente degli assistenti e degli studenti di Lingue, smascherando le presunte prevaricazioni di un C.d.A. presieduto da un personaggio «che è sembrato troppo retrivo alla stessa Confindustria», denunciando l’arcaicità di programmi d’insegnamento basati su testi «dove Keynes è citato solo tre volte e di sfuggita, Pareto 47», disvelando una realtà plasmata «da un velo di lesina, da un’atmosfera di taccagneria che fa sorridere se si pensa alle pretese del mausoleo di parco Ravizza di essere la punta del capitalismo italiano» e via discorrendo[13]. Argomentazioni alquanto discutibili che, tuttavia, non mancarono di far presa su una parte della popolazione studentesca.

I puntuali «rapporti di servizio» redatti dagli impiegati dell’Università offrono indicazioni molto precise sui momenti topici dell’occupazione, sottolineandone i momenti di stanca e quelli di effervescenza, il ruolo delle diverse anime del movimento, i temi aggreganti e via discorrendo. Uno di questi rapporti, in particolare, redatto in occasione di una conferenza stampa organizzata dagli occupanti, dà conto degli umori degli stessi. La vivacità del racconto esime da ogni ulteriore commento:

«Capra. Presidente dell’assemblea, studente. Fatta una breve relazione sul movimento studentesco […] (niente di particolare) ha poi dato la parola al prof. Corona. Corona: tutta la cronistoria delle loro assemblee in una delle quali è intervenuto improvvisamente, senza preavviso alcuno, il Rettore, accompagnato dal Consigliere delegato, dai presidi di facoltà e dai prof. Gorlier e Rosenfeld […] . L’altro assistente, prof. Legnani, prendendo la parola, polemizza su tutto il sistema della Bocconi: bilancio, consulta, consiglio di facoltà non esistente, politica del silenzio, nonché sulla diversità del numero degli assistenti futuri in ruolo (sette a l. straniere e 14 a economia) malgrado la superiorità degli iscritti alla facoltà di lingue […]. Secondo Legnani, inoltre, la facoltà di lingue è come un “serbatoio finanziario” della facoltà di economia, macchina produttrice di cervelli al servizio della Confindustria e gli assistenti della stessa facoltà di economia non hanno aderito alla loro manifestazione in quanto sono tutti privilegiati perché, oltre ad avere lo stipendio della Bocconi, esercitano attività di consulenza alla Cassa di Risparmio, riscuotendo notevoli parcelle […]. Impossibilità del dialogo: nel successivo intervento fatto dallo studente Mele, si mette in evidenza […] l’impossibilità di aprire un dialogo con le autorità accademiche, precisando che solo alla fine delle lezioni il “fantomatico” prof. Bo ha risposto con una lettera molto evasiva non concernente l’oggetto delle richieste avanzate dagli studenti ed assistenti e che nelle successive riunioni, quando c’era da decidere qualcosa di concreto, “prendeva la sua bacchetta e se ne andava”. […] Vien preso in mano, subito dopo, il microfono da parte di un assessore “comunista” – Bonazzola? (Donna, magra, capelli rossi, dai cinquanta ai 60 anni) che […] s’impegna formalmente a presentare una mozione urgente al consiglio comunale per sapere perché il Ferrari, ex sindaco e componente del consiglio di amministrazione della Bocconi, non abbia mai fatto saper nulla del bilancio della Bocconi stessa ed auspica, infine, che fra comune e componenti universitarie occupanti si possa creare un flusso informativo»[14].

Mentre la conflittualità all’interno della facoltà di Lingue si faceva più aspra e le posizioni degli studenti favorevoli o contrari all’occupazione si andavano sempre più radicalizzando, la commissione incaricata di predisporre la revisione del piano degli studi di Economia[15] compiva importanti passi in avanti. Un primo documento, messo in discussione il 17 giugno[16], prevedeva una duplice opzione: la prima, da realizzarsi nell’immediato, teneva conto dei vincoli imposti dall’ordinamento esistente; la seconda, da tradursi a più lungo respiro, ne prevedeva il superamento.

Nel breve periodo si ipotizzava la divisione della monolitica facoltà di Economia e Commercio in due indirizzi, innestati su un biennio comune e articolati in numerosi insegnamenti specialistici, fra i quali gli studenti avrebbero goduto di ampia libertà di scelta (Tabella 11). Anche la didattica avrebbe subìto sostanziali mutamenti: le lezioni cattedratiche sarebbero state integrate da seminari, conferenze, incontri, affidati a specialisti italiani e stranieri, accademici e non.

 

Tabella 11 Distribuzione degli insegnamenti secondo il «piano di riforma immediata»

Primo anno

Secondo anno

Insegnamenti comuni ai due indirizzi

Insegnamenti comuni ai due indirizzi

Matematica generale

Matematica finanziaria (Matematica per economisti)

Statistica metodologica (sem.)

Statistica metodologica (sem.)

Economia I

Economia II

Diritto pubblico

Ragioneria I

Merceologia

Geografia economica

 

Diritto privato

Lingua A

Lingua A

Lingua B

Lingua B

 

Terzo anno

Terzo anno

Indirizzo economico-politico

Indirizzo economico-aziendale

Statistica II

Diritto commerciale

Scienza delle finanze

Ragioneria II

Matematica attuariale (sem.) (Econometria)

Matematica attuariale (sem.)

Politica economica

Tecnica industriale e commerciale

 

 

Quarto anno

Quarto anno

Economia e Politica agraria

Diritto del lavoro

Storia economica

Tecnica bancaria

Due complementari

Due complementari

 

Sulla opzione a lunga scadenza ci si limitò, invece, a proporre una sorta di «trama generale» che insisteva sulla suddivisione dei corsi in annuali e semestrali, obbligatori i primi e opzionali i secondi, su «una più prolungata integrazione dei due indirizzi e su una grande elasticità del piano di studi individuale»[17] (Tabella 12).

 

Tabella 12 Ipotesi di riforma del piano di studi «a lunga scadenza»

Primo anno

Secondo anno

Insegnamenti comuni ai due indirizzi

Insegnamenti comuni ai due indirizzi

Istituzioni di matematica

Matematica per economisti

Istituzioni di economia

Statistica metodologia

Istituzioni di statistica

Economia politica

Istituzioni di sociologia

Politica economica

Istituzioni di diritto pubblico

Economia d’azienda

Lingue

Metodologia delle scienze sociali

Esami specifici dell’indirizzo economico-politico

Esami specifici dell’indirizzo economico-aziendale

 

 

Terzo anno

Quarto anno

Scienza delle finanze (sem.)

Politica economica (sem.)

Esami fondamentali specifici di ciascun indirizzo

Esami fondamentali specifici di ciascun indirizzo

Esami opzionali specifici di ciascun indirizzo

Esami opzionali specifici di ciascun indirizzo

 

Il progetto di «riforma immediata» ottenne l’adesione degli incaricati, ma non quella degli assistenti, che ne subordinarono l’accettazione alla richiesta che la commissione attuativa del piano fosse composta da «un egual numero di professori ordinari, incaricati, assistenti e studenti»[18].

La situazione di stallo che ne seguì non impedì che i lavori continuassero e il progetto fosse ulteriormente perfezionato, grazie all’instancabile iniziativa di Innocenzo Gasparini e alle sue insuperabili doti di mediatore e di compositore di conflitti[19].

Nel frattempo l’occupazione della facoltà di Lingue continuava, tra alterne vicende, aumentando la preoccupazione di quanti vedevano messa in discussione la sessione estiva d’esami e spingendo alcuni di essi a sottoscrivere una mozione nella quale, pur affermando di condividere i motivi ideali della sollevazione studentesca, si chiedeva la convocazione immediata di un’assemblea che decidesse forme di lotta alternative a quelle messe in atto sino a quel momento. L’adunanza, tenutasi il 9 giugno nel clima di grande tensione determinato dallo sgombero della Cattolica operato il giorno precedente dalle forze di polizia, si concluse con un nulla di fatto[20].

Nei giorni successivi, dopo il fallimento di altri tentativi volti a riprendere il dialogo, Dell’Amore ruppe ogni indugio, disponendo che gli esami fossero tenuti, anche a facoltà occupata[21].

A fronte di tale decisione, giudicata provocatoria e ricattatoria, l’assemblea degli occupanti insorse, chiedendo al C.d.A. le immediate dimissioni del Rettore[22].

Furio Cicogna reagì alla pretesa con un secco comunicato stampa:

«Con riferimento alla notizia pubblicata da alcuni quotidiani circa la richiesta di dimissioni del Rettore della Università Bocconi, prof. Giordano Dell’Amore, avanzata da una assemblea di assistenti della facoltà di Lingue e letterature straniere, nella mia qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Università stessa premetto: 1) che né lo scrivente, né il Consiglio di Amministrazione sono disposti ad accogliere imposizioni da parte di chicchessia e tanto meno da pseudo ed imperfette assemblee universitarie che non trovano riferimento e riconoscimento nelle vigenti disposizioni di legge e di regolamento che disciplinano l’ordinamento universitario; 2) che il Rettore è a capo della intera università composta dalle facoltà di economia e di lingue, per la parte didattica e disciplinare e che l’assemblea degli assistenti della facoltà di lingue, autrice del comunicato pubblicato su alcuni giornali, risulta composta solo dalla quarta parte dei 37 assistenti e lettori della facoltà stessa»[23].

Da qui l’ulteriore rincrudimento dello scontro, che fece cadere le residue possibilità di mediazione, rendendo vana l’apertura di un confronto sul progetto elaborato dalla commissione di riforma di Lingue[24].

L’arrivo dell’estate fiaccò ogni velleità e fece sì che l’occupazione, dopo essersi stancamente trascinata per alcune settimane, si concludesse il 15 luglio con lo spontaneo abbandono dei locali della facoltà di Lingue da parte di uno sparuto gruppo di «irriducibili»[25]; mentre in un’altra ala dell’Università il C.d.F. di Economia, integrato dalle rappresentanze studentesche, varava il «piano di riforma immediata» e costituiva la commissione paritetica incaricata di mettere a punto la «riforma a lungo termine»[26].

La minuziosa ricostruzione di quanto accadde in quei due mesi si è resa indispensabile per evocare il clima nel quale venne maturando la decisione di sopprimere la facoltà di Lingue e Letterature straniere. Essa fu assunta, con tutta probabilità, in piena autonomia, dal Rettore e dal presidente, senza una preventiva consultazione delle altre componenti accademiche; le quali, pur senza essere completamente all’oscuro di quanto stava capitando (altre volte, come si è visto in precedenza, era stata ventilata questa possibilità), furono avvertite solo a cose fatte, e dai giornali, dei provvedimenti presi.

I documenti non portano traccia delle lunghe discussioni che sicuramente precedettero la decisione di Furio Cicogna e di Giordano Dell’Amore. Quel che è certo è che essa giunse a maturazione ai primi di luglio e fu comunicata al ministero della Pubblica istruzione in un lungo «Promemoria riservato», che informava il ministro dell’intenzione della Bocconi di concentrare tutti i suoi sforzi sul settore economico e di «sospendere gradualmente i corsi della facoltà di lingue e letterature straniere sino al loro esaurimento»[27].

Al «Promemoria» è allegato uno «Schema di deliberazione», datato 12 luglio 1968, che, di fatto, è la sentenza di morte del corso di Lingue. Esso è così concepito:

«1) A decorrere dall’anno accademico 1968/69 il corso di laurea in lingue e letterature straniere è soppresso. Tale soppressione avverrà gradualmente per salvaguardare i diritti degli studenti attualmente iscritti e conseguentemente: a) – nell’anno accademico 1968/69 cesserà di funzionare il primo anno di corso e non saranno, pertanto, accolte domande di immatricolazione; b) – a partire dall’anno accademico 1969-70 cesseranno di funzionare rispettivamente, con gradualità annuale, il II, poi il III e infine il IV anno di corso, cosicché al termine dell’anno accademico 1971/72 il corso di laurea in lingue e letterature straniere risulterà definitivamente soppresso; c) – per gli studenti fuori corso che dopo il cessato funzionamento dell’intero corso di studi risultassero ancora iscritti verranno disposti speciali appelli di esami di profitto e di laurea fino al loro esaurimento»[28].

Relatore del provvedimento, presentato al C.d.A. nella seduta del 23 luglio, fu Giordano Dell’Amore, che intrattenne lungamente il Consiglio su un’ipotesi (elaborata da chi e in che sede?) di corso di laurea in Economia europea. Il corso, aperto ai giovani italiani e stranieri – e riconosciuto da tutti i Paesi del MEC – avrebbe dovuto recuperare molte delle competenze maturate a Lingue e a Economia, secondo uno schema che prevedeva un primo biennio comune e un secondo biennio specialistico, «con insegnamenti giuridici, economici, sociali, monetari e finanziari», oltre alle quattro fondamentali lingue europee[29]. La docenza sarebbe stata assicurata da professori italiani e stranieri; gli spazi necessari all’esercizio delle attività didattiche sarebbero stati ottenuti riattando i palazzi facenti parte dell’eredità di Donna Javotte; gli studenti stranieri avrebbero trovato ospitalità nel pensionato di via Bocconi. Il nuovo corso di laurea e quelli messi in cantiere nel progetto di riforma «di lungo periodo» avrebbero radicalmente trasformato la vecchia facoltà di Economia e Commercio imponendo massicci investimenti e scelte dolorose ma necessarie; prima fra tutte la sospensione graduale degli insegnamenti della facoltà di Lingue e Letterature straniere «sino al loro esaurimento».


1

L’episodio, sconosciuto ai più, è ricordato da Lenti in Le radici del tempocit., pp. 324-25: «Quando Sapori, nel ’67, raggiunta l’età della pensione, lasciò l’incarico di rettore della Bocconi, Furio Cicogna, presidente del Consiglio d’amministrazione dell’Università, mi propose di sostituirlo nella carica. Gli dissi di no. Cicogna, conoscendomi, non se la prese. La nomina di rettore da parte di un corpo diverso da quello solitamente chiamato a questo compito può sembrare strana per chi non sa che la Bocconi è un’università “libera”, libera in tutti i sensi. Ma per rimanere libera, proprio in tutti i sensi, Cicogna era riuscito a congegnare una serie di pesi e contrappesi, e questo al fine di evitare inframmettenze di natura politica nell’amministrazione dell’Università. In altre parole mise in piedi una «Associazione degli amici della Bocconi”, erede del patrimonio della famiglia Bocconi, la quale, per statuto, nomina la maggioranza del consiglio d’amministrazione dell’Università, e quindi influenza la nomina del rettore. D’onde una struttura “monarchica” dell’Università, o almeno “presidenziale” alla francese».

2

È una formula che probabilmente Libero Lenti avrebbe accolto con favore. In una delle ultime pagine di Le radici nel tempocit., p. 365, lui stesso così si raccontava: «Un sociologo, Francesco Alberoni, nel corso di una intervista, a chi gli chiedeva quali intellettuali di “destra” stimasse di più, ha fatto il mio nome. Ma per quali motivi? “Perché da trent’anni dice quello che ormai dicono tutti, e quindi anche gli intellettuali di sinistra”. Non ho mai creduto molto ai confini tra destra e sinistra, sempre assai incerti, ammesso che veramente esistano. Ma non ritengo che anticipare vicende, come m’è accaduto, sia pure col semplice buon senso, significhi una collocazione a destra. Se questo fosse, si dovrebbe trarne motivo per affermare che gl’intellettuali di sinistra, ed in particolare quelli che si occupano di problemi economici, sono incapaci di far previsioni, oppure, peggio ancora, privi di buon senso. Il che sembra davvero troppo […]. Gli economisti che Alberoni classifica a destra si son resi conto, prima di quelli classificati a sinistra, che la strada era senza sbocco. Quest’è tutto».

3

Del nuovo Rettore un lungo e ingeneroso articolo dal titolo Un sedere per venti poltrone, pubblicato su «Il Lombardo» nel ’72, dava questa immagine: «Nessuno più di Giordano Dell’Amore è la personificazione del potere. Lo ha desiderato, poi conquistato e in seguito via via dilatato fino a fargli assumere dimensioni enormi. Quando nel 1952, a cinquant’anni, venne nominato presidente della Cassa di risparmio delle provincie lombarde era un noto esponente politico democristiano della Lombardia e niente più […]. Romagnolo di nascita, era giunto ragazzo a Milano: qui aveva dovuto trovarsi un impiego per mantenersi agli studi. Diplomatosi ragioniere al Cattaneo riuscì comunque a laurearsi a soli 21 anni e a darsi alla carriera universitaria. Ventinovenne era già professore ordinario di tecnica bancaria. Soltanto nel dopoguerra approdò alla politica dietro ispirazione di ambienti ecclesiastici presso i quali il cattolicissimo e devoto Dell’Amore godeva grande considerazione. Fu consigliere provinciale, presidente della Camera di Commercio di Milano, presidente della Provincia. Già da un anno al vertice della Cariplo, fu eletto nel 1953 senatore e l’anno dopo promosso ministro del primo governo Fanfani. L’amicizia con Fanfani, ancora oggi piuttosto stretta, datava già dai tempi della Cattolica dove entrambi erano stati studenti e docenti […]. Dove forse il malcontento appare più diffuso è alla Bocconi di cui Dell’Amore è rettore. Non pochi considerano il professor Dell’Amore l’ostacolo maggiore allo svecchiamento dell’università, che fu all’avanguardia fra le università italiane, vede ora svilito il suo prestigio. Non basta qualche finanziamento perché un’università tenga il passo coi tempi. Isolato in una splendida gestione del potere, Dell’Amore non ha tempo di coltivare amicizie o praticare sport. Non fuma, mangia pochissimo, non ha altri vizi. Ha ottenuto tutto o quasi dalla vita: potenza, prestigio, ricchezza. Gli è rimasto inappagato un desiderio che più di una volta è sembrato realizzarsi ma è sempre svanito, lasciandogli un crescente rimpianto. Era quello di entrare come governatore alla Banca d’Italia».

4

Nato ad Alessandria il 1° agosto 1884, Alessandro Croccolo dopo la laurea era stato assunto come contabile nelle Distillerie Italiane e, nell’arco di tre lustri, ne era diventato presidente e amministratore delegato. Uscito di scena nel ’38 in seguito ai provvedimenti razziali, era rientrato nel ’45 in qualità di consulente dell’IRI e di società quali la Pirelli, l’Edison, la Châtillon, l’ENI ecc. Membro del consiglio di presidenza dell’Assolombarda e della Confindustria, presidente della stazione sperimentale olii e grassi, membro del C.d.A. del Museo della scienza e della tecnica e della Bocconi, era stare insignito della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte.

5

ASUB. Corrispondenza del preside. 15 febbraio 1968. Fondo dott. A. Croccolo.

6

ASUB. Busta O. Agitazioni studentesche. 12 gennaio 1968. Rapporto al Magnifico Rettore.

7

Per un bell’esempio di tale attitudine cfr. Gli studenti milanesi ironizzano sull’Università commerciale. Ora l’Ateneo viene chiamato «Esamificio Bocconi S.p.A.», in «l’Unità», 1° marzo 1968. L’articolo ironizzava sulle origini dell’Università: «L’Ateneo che da oltre mezzo secolo, sull’inerzia delle frasi fatte, viene definito la “libera Oxford dei Iombardi”, per i suoi 7.500 iscritti, è soltanto l’esamificio Bocconi S.p.A., una asfittica azienda che vende sapere in perdita […]. Tramonta l’Università commerciale che concluse in apoteosi la sagace e traffichina esistenza del cav. Ferdinando Bocconi»; sottolineava gli stretti legami fra C.d.A. e Confindustria e la conseguente sudditanza dell’Università ai desiderata degli industriali; denunciava l’entità delle tasse corrisposte dagli studenti, irrideva il feroce anticomunismo dei dirigenti, l’inefficienza di un apparato che laureava solo uno studente ogni venti iscritti, «un contesto didattico dove, senza imbarazzo, trova posto un anziano ex-rettore, titolare della cattedra di Economia Politica, che dal 1934 svolge, pressoché senza variazioni, lo stesso programma». Una descrizione non certo generosa, né neutrale, dell’Università commerciale; ma quelli erano i tempi.

8

C.d.F. Seduta del 15 marzo 1968. I docenti di Economia e Commercio scelsero a loro rappresentanti Sergio Rossi, incaricato di Inglese, e Giorgio Faini, assistente di Statistica; quelli di Lingue e gli studenti rifiutarono, invece, ogni delega, respingendo la logica della rappresentanza e rivendicando la superiorità delle decisioni assembleari.

9

«Il Bocconiano», numero straordinario del 3 maggio 1968.

10

Ibidem.

11

ASUB. Busta E2/2. Corrispondenza del preside. Il comitato esecutivo degli assistenti di lingue e letterature straniere al preside della facoltà di lingue e al presidente del C.d.A. Milano 9 aprile 1968.

12

ASUB. Busta E2/2. Corrispondenza del Preside. Giordano Dell’Amore a tutti gli assistenti e agli studenti della facoltà di lingue. Milano 28 maggio 1968. Il Rettore così continuava: «È evidente che questa singolare mozione in sostanza domanda che gli organi accademici abdichino alle funzioni che sono loro affidate dalla legge, il che ovviamente è in contrasto con i loro doveri e con la loro coscienza. Per quanto riguarda il Consiglio di Amministrazione, si dimentica che la Bocconi è un corpo morale giuridicamente riconosciuto e che il suo funzionamento è regolato da uno Statuto, che va rispettato. I membri del Consiglio d’Amministrazione sono legittimi rappresentanti degli enti sovventori, ai quali debbono rispondere del loro operato: è quindi inammissibile la loro rinuncia ad esercitare i propri compiti a favore di una consulta comunque costituita».

13

ASUB. Busta E2/2, Corrispondenza del Preside. C. Risé, I conti della Bocconi (senza indicazioni di data e del giornale di provenienza. La particolare impaginazione e i caratteri usati per la composizione dell’articolo in questione farebbero pensare a «L’Espresso»).

14

ASUB. Busta O. Agitazioni studentesche. Relazione conferenza stampa tenuta da studenti ed assistenti nell’Università occupata il 31/5/1968, a firma Secchi.

15

La commissione in questione, presieduta da Innocenzo Gasparini, era formata da Francesco Brambilla, Carlo Masini, Ariberto Mignoli e Giorgio Pivato, da Sergio Rossi e Giorgio Faini, rappresentanti degli incaricati e degli assistenti, da Alessandro Migliavacca, presidente del Circolo Bocconiano, e da alcuni studenti.

16

ASUB. Corrispondenza preside. Busta E2/2. Innocenzo Gasparini a Giordano Dell’Amore. Milano 17 giugno 1968.

17

In realtà la commissione aveva scavato ben più a fondo nella direzione di una radicale revisione dei piani di studi pervenendo a un approfondimento del percorso economico-politico che prevedeva per il primo anno 10 insegnamenti (di cui 5 annuali e 5 semestrali): Istituzioni di matematica, di economia, di diritto pubblico (sem.), di diritto privato (sem.), Statistica metodologica (sem.), Geografia economica (sem.), Tecnologia dei processi produttivi (sem.), Sociologia, due lingue. Per il secondo anno 8 insegnamenti (6 annuali e 2 semestrali): Matematica per economisti, Economia politica, Economia d’azienda, Statistica metodologica (sem.), Storia economica, Diritto commerciale (sem.), due lingue. Un terzo anno con 9 insegnamenti (di cui 1 annuale e 8 semestrali): Contabilità nazionale (sem.), Psicologia (sem.), Scienza delle finanze (sem.), Politica economica e 5 opzionali. Il quanto anno, infine, prevedeva 7 insegnamenti semestrali: Storia del pensiero economico, Econometria e 5 opzionali. La rosa degli opzionali comprendeva: Demografia, Ricerca operativa (corso base e corso progredito), Calcolo automatico, Statistica metodologica (c. progredito), Econometria (c. progredito), Economia (c. progredito), Economia del lavoro, Economia dello spazio, Teoria e Politica monetaria, Teoria dello sviluppo economico, Economia internazionale, Teoria dell’integrazione economica, Politica di stabilizzazione economica, Economia e Politica agraria, Economia e Politica dei trasporti, Sistemi economici comparati, Sistemi finanziari comparati, Programmazione dei sistemi economici, Metodologia delle scienze sociali, Filosofia della scienza, Diritto commerciale (corso progredito), Diritto amministrativo dell’economia, Sociologia del lavoro, Sociologia urbano-rurale, Urbanistica. La scelta, naturalmente, avrebbe potuto essere ampliata a tutti gli insegnamenti dell’indirizzo economico-aziendale.

18

ASUB. Corrispondenza preside. Busta E2/2. Stralcio dal verbale dell’assemblea degli assistenti della facoltà di economia e commercio dell’Università L. Bocconi tenuta il 17/6/1968.

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Delle lunghe settimane di discussioni e dibattiti intorno all’ipotesi che stava emergendo sono testimonianza le lettere conservate nella «corrispondenza del Preside» che testimoniano la consapevolezza, l’impegno e i timori di quanti parteciparono all’elaborazione del nuovo progetto didattico. Come esempio per tutte valga questa «riservata personale» che Ariberto Mignoli inviò a Innocenzo Gasparini in data 22 giugno 1968 (ASUB. Corrispondenza preside. Busta E2/2): «[…] ti espongo il mio punto di vista in ordine ai problemi che si stanno dibattendo nella nostra facoltà. Le tre riunioni che abbiamo avuto fin qui con i rappresentanti delle varie componenti universitarie mi sembra siano state utili e suscettibili di ulteriore sviluppo: temo però che, per il loro andamento un po’ caotico, si finisca col parlare molto e col concludere poco e quindi col risultato di lasciare tutti, noi compresi, insoddisfatti. Mi sembra quindi che sia necessario compiere anzitutto una ricognizione dei problemi che dobbiamo affrontare e che sia assolutamente pregiudiziale una strutturazione giuridica degli organi che stiamo per creare e una fissazione esatta della sfera di competenza degli stessi: ciò allo scopo di evitare inutili conflitti di interessi e per assicurare una autorità e una stabilità all’organo chiamato a deliberare su argomenti estremamente delicati. Noi tutti dobbiamo avere la garanzia che, quando siano prese delle delibere, esse non siano poi vanificate o rovesciate da mutevoli maggioranze formate non si sa in base a quali criteri giuridici. In altre parole siamo pronti a discutere, ma in nessun caso vogliamo essere trascinati in discussioni interminabili da chi non ha voglia di concludere. Come ti ho detto, io sono d’accordo sul progetto di riforma immediata del piano di studi: si tratta però ora di dare un contenuto concreto alle proposte fatte. Mi sembra che il discorso dovrebbe volgere sui seguenti punti: contenuto dei corsi e loro coordinamento; metodo didattico; metodo degli esami; organizzazione degli Istituti. Su questi punti precisi dovremmo fare e chiedere proposte precise alle diverse componenti universitarie, proposte che dovrebbero esserci inviate e scambiate con un certo anticipo sulla prossima riunione, perché sia possibile per tutti una discussione proficua. Fra le tante proposte che vorrei fare, ti sottopongo quelle che mi sembrano di più urgente attuazione: immediato aumento delle cattedre; abolizione delle tradizionali sessioni di esami e fissazione di esami mensili; predisposizione da parte di ogni docente di un elenco di tesi di laurea (es. 50), in modo da mettere gli studenti nelle condizioni di orientarsi tempestivamente sulla scelta della tesi. Naturalmente le tesi predisposte non sarebbero preclusive di altre tesi suggerite dagli insegnanti o proposte dagli studenti. Per quanto poi riguarda la mia materia, mi sembra che il progetto di riforma immediato, e ancor più quello a lunga scadenza, comportino una soffocazione delle discipline giuridiche. Non lo ritengo opportuno, e perché il diritto ha una forte carica formativa, in quanto alieno da tutto quanto sa di retorico o di chiacchiera, e perché attraverso il diritto, che assicura la convivenza sociale, si formano dei cittadini. Da ultimo vorrei richiamare la tua attenzione sull’urgente necessità di provvedere a una radicale modifica e aggiornamento dello statuto della nostra Università. Mi sembra soprattutto necessario e urgente modificare l’art. 5 dello statuto per il quale “Il Consiglio di Amministrazione delibera… sui programmi dei singoli corsi (sentito il Consiglio di Facoltà)”. Ti ricordo che in proposito il Consiglio di Facoltà, con sua delibera del 16 aprile 1964, “riaffermava che la direzione didattica e disciplinare dell’Università spetta al Rettore coadiuvato dal Consiglio di Facoltà a norma dell’art. 6 e 9 dello statuto dell’Università Bocconi”. È una iniziativa che noi dobbiamo prendere e un cambiamento che dobbiamo ottenere. Con i più affettuosi saluti».

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Cfr. il «Rapporto del 9 giugno 1968, ore 15». Vale la pena di riportare i principali passaggi del rapporto su quella burrascosa assemblea: «Insuccesso degli studenti favorevoli alla disoccupazione, perché troppo pochi e non tutti d’accordo sul da farsi. La presenza degli assistenti in aula (dr. Verona, dr.ssa MocareIli, dr. Bonfatti) è stata respinta all’unanimità […]. Dopo varie discussioni pro e contro, si è iniziato a cercare firme d’adesione, ne sono state raccolte un centinaio circa […]. Sciolta la riunione quasi tutti i presenti si sono riversati in Aula Maggiore, dov’era in corso una riunione didattica, con la presenza al tavolo della presidenza dei sigg. dr. Verona e dr.ssa Mocarelli. Il dibattito era molto acceso, a volte violento, gli studenti accusavano gli assistenti per i loro metodi sia d’insegnamento che d’esami, questo sciopero non è tanto per la ristrutturazione della scuola, ma più di tutto per loro questioni economiche, fors’anche politiche. La difesa degli assistenti era dura, spiegando che molti di essi non riescono a capire, non vogliono [sic]. Perché risolvere il problema della ristrutturazione didattica vuol dire migliorare l’apprendimento e le attrezzature, il tutto a favore dello studente […]. Alcune delle frasi pronunciate dal dr. Verona e dr.ssa Mocarelli: Verona: lo ho insegnato in licei e Università francesi e a loro confronto l’Università Bocconi è una Università di serie B. – Mocarelli: Quest’anno ho avuto in dotazione un testo originale in lingua tedesca che mi impegnava tre ore al giorno di studio per poter parlare mezz’ora in aula. – Verona: Ragazzi, guardate che gli esami non si faranno anche se disoccupate. – Verona: Tenete duro che i tempi maturano».

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Cfr. ASUB. Registro dei verbali del Comitato tecnico della facoltà di lingue e letterature straniere. Seduta del 24 giugno 1968. Il Rettore, intervenuto alla seduta del comitato tecnico, informò i presenti della decisione «di dare inizio alla sessione di esami in data 1 luglio, per rispettare la legge e per venire incontro alle varie categorie di studenti per i quali sostenere gli esami e discussioni di laurea è una necessità indifferibile». Egli sostenne inoltre che le commissioni d’esame sarebbero state considerate regolari anche in assenza degli assistenti e minacciò gravi sanzioni nei confronti di quanti avessero tentato di impedire o di disturbare il regolare svolgimento delle prove d’esame.

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Gli studenti inviarono al presidente del C.d.A. questa lettera: «Egregio dott. Cav. Lav. Furio Cicogna, l’Assemblea degli studenti le invia copia della mozione approvata alla quasi unanimità (8 contrari su più di 500 presenti): L’Assemblea degli studenti della facoltà di Lingue riunita il 27 giugno 1968, di fronte alle arbitrarie decisioni del Rettore di aprire le sessioni d’esami, rileva che: 1) il già preannunciato rinvio del secondo appello del 2 settembre conferma che, contrariamente alle affermazioni del Rettore, nessuna disposizione di legge impedisce lo slittamento della sessione estiva da noi richiesto; 2) l’apertura della sessione al 10 luglio ha solo un carattere ricattatorio nei confronti del movimento studentesco in quanto sottrae le Autorità Accademiche all’obbligo di fornire precise risposte alle ripetute richieste di riunioni collegiali ufficiali; 3) questo seguito di decisioni confermano che il Rettore, secondo quanto ha dichiarato il 26 giugno agli studenti da lui convocati, subordina la prosecuzione dei contatti con le componenti universitarie alla cessazione dell’agitazione. Questi contatti non assumerebbero comunque il carattere di dialogo con l’Assemblea ma solo di confronto con un ristretto gruppo di studenti e quindi si collocherebbero al di fuori delle sedi da noi ripetutamente indicate; 4) un’ulteriore attestazione dell’atteggiamento ricattatorio del Rettore nasce poi dalle strumentalizzazioni che egli compie delle denunce avanzate contro alcuni studenti occupanti. Decide per conseguenza: 1) di chiedere l’immediata decadenza del Rettore dalla propria carica, avendo il prof. Dell’Amore ripetutamente manifestato non solo la totale ignoranza delle componenti universitarie, ma anche la propria fondamentale incapacità ad affrontare con iniziative ufficiali e complessive i problemi della facoltà. Che, stanti le attuali condizioni, nessun esame debba essere tenuto nella facoltà di Lingue». Molto simile alla precedente fu la richiesta degli assistenti: «Milano 28 giugno 1968. – Al presidente del consiglio d’amministrazione dell’Università Bocconi. Al Magnifico Rettore dell’Università Bocconi. L’assemblea degli assistenti, riunita il 26 giugno 1968, venuta a conoscenza delle gravi decisioni prese dalle autorità accademiche durante la riunione del 24 giugno con i professori incaricati, ravvisa nel comportamento del Rettore il totale disconoscimento degli assistenti come essenziale componente universitaria e la decisione di non risolvere i problemi sollevati da questa componente né ora né in un prossimo futuro. Decide pertanto di chiedere le immediate dimissioni del Rettore. Preso nota inoltre che l’organo competente per la nomina del Rettore è il consiglio d’amministrazione (art. 9 dello statuto), chiede al Presidente di tale organo, dott. Furio Cicogna, di convocare con urgenza il consiglio per provvedere all’elezione di un Rettore che sia più conscio dell’estrema gravità della situazione creatasi in seno alla facoltà a seguito dell’agitazione degli assistenti e che sia pertanto deciso ad iniziare immediatamente quelle riunioni collegiali fra tutte le componenti universitarie che gli assistenti chiedono da oltre un mese per trovare insieme una ragionevole soluzione dei problemi posti sul tappeto. Per il comitato esecutivo dell’assemblea degli assistenti: Giovanna Hessel Steiner, Mario Corona, Cesarina Mocarelli, Massimo Legnani» (ASUB. Busta O. Agitazioni studenti).

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Ibidem. Il comunicato così continuava: «Ciò premesso preciso: 1) che per la discussione di tutti i problemi concernenti la ristrutturazione delle due facoltà e la riforma degli studi sono da tempo in corso colloqui e incontri a tutti i livelli tra le varie componenti universitarie […] per addivenire a proposte e conclusioni con spirito innovativo. Se, per quanto riguarda la facoltà di lingue, gli incontri non hanno sempre portato ai risultati desiderati, ciò è solo dovuto all’atteggiamento intransigente di parte degli assistenti e di parte degli studenti […]. 2) Che il Rettore prof. Dell’Amore ha sempre assolto i vari compiti della sua carica con la massima dedizione e correttezza e che l’opera da lui svolta anche in questo periodo è sempre avvenuta in perfetta intesa con questo Consiglio di Amministrazione».

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Cfr. ASUB. Busta O. «Relazione conclusiva della riunione per la ristrutturazione degli insegnamenti di magistero della facoltà di letterature straniere, tenutasi il giorno 14 giugno 1968».

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E dopo una lunga mediazione del Rettore che, dietro promessa solenne degli studenti di non interrompere né recare disturbo alla sessione estiva di esami, si era impegnato «a tenere in sospeso ogni provvedimento disciplinare a carico di quegli studenti maggiormente compromessi e ad interporre i suoi uffici presso la Magistratura perché esamini con la maggior benevolenza possibile i casi di eventuali denunzie che fossero state presentate contro gli studenti occupanti».

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ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 15 luglio 1968. La seduta si aprì con l’intervento del Rettore, che comunicò il consenso del C.d.A. alla «proposta Gasparini» e che, dopo averne ricordato i punti più qualificanti, accennò vagamente «ad un progetto, su cui prega di mantenere il riserbo, di un indirizzo internazionale con una facoltà internazionale, in un primo tempo europea e poi mondiale. L’idea è stata recepita con entusiasmo dal Ministero della Pubblica Istruzione».

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ASUB. Busta R4. «Promemoria riservato». Milano 11 luglio 1968.

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ASUB. Busta R4. «Schema di deliberazione». Milano 12 luglio 1968. Il documento continuava raccomandando al comitato tecnico di riformulare le proposte d’incarico in relazione alle decisioni assunte; esonerava dal servizio assistenti o lettori già in ruolo nelle amministrazioni statali o esercenti attività professionale retribuita, nonché quanti non avessero dato prova di aver svolto attività scientifica tale da giustificare la loro posizione.

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ASUB. Verbali del C.d.A. Seduta del 23 luglio 1968. Secondo quanto comunicava il Rettore, gli insegnamenti fondamentali sarebbero stati: «diritto delle comunità europee, diritto costituzionale comparato, legislazione comparata con particolare riferimento alle istituzioni economiche, diritto europeo del lavoro, scienza delle finanze, assicurazioni sociali europee, localizzazione produttiva europea, storia economica europea, organizzazioni economiche internazionali, politica monetaria europea, politica industriale europea, politica agraria europea, programmazione economica europea, sistemi bancari europei, finanziamenti internazionali, tecnica del commercio internazionale».

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