Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

I giorni dell’ira e del mutamento


Parole chiave: Rettore Dell’Amore Giordano, Gasparini Innocenzo

Ottenuta l’approvazione del Consiglio, Cicogna informò Giovanni Spadolini delle decisioni assunte[1]. Il direttore del «Corriere della Sera», che aveva avuto la soffiata da qualche consigliere, ne aveva però già dato ampia notizia sul suo giornale, accentuando l’innovatività delle scelte operate nel campo dell’istruzione economica e sorvolando, o quasi, sulla soppressione della facoltà di Lingue[2].

Scarse, se non nulle, furono le reazioni del movimento studentesco in quella Milano assediata dal solleone. Ma se, in un primo momento, fecero difetto le proteste degli studenti, non mancarono invece quelle di chi, a ragione, temeva che la tela pazientemente tessuta fosse stata irreparabilmente lacerata dalle decisioni assunte. Di Innocenzo Gasparini in primis che, sia pure con il garbo che gli era congeniale, comunicò al Rettore il disagio che pervadeva l’intero corpo accademico in seguito a scelte imposte dall’alto che rischiavano di riaprire conflitti appena sopiti[3].

Il preside di Economia sarebbe stato buon profeta: di lì a pochi giorni, in una tumultuosa assemblea svoltasi davanti a una Bocconi sbarrata a chiunque, molti studenti, più smarriti che adirati, si interrogavano sul loro futuro, attaccando i responsabili di quello che definivano «un atto terroristico»[4] e finivano con l’occupare la rettoria di S. Ferdinando; con il pieno accordo dei frati minori, che Donna Javotte aveva chiamato a reggere l’omonima chiesa. Anche i docenti mossero dure critiche all’indebita interferenza in decisioni di esclusiva spettanza del C.d.F. e «in periodo di generale assenza per le vacanze, di organi la cui competenza dovrebbe essere limitata al reperimento di mezzi finanziari per attuare i programmi stabiliti dai consigli di facoltà»[5]; mentre da parte di associazioni, istituzioni pubbliche e private e singoli cittadini non mancarono le lamentele contro l’arbitrarietà di una scelta considerata lesiva dei principi elementari della democrazia.

Lo stesso sindaco e il presidente dell’Amministrazione provinciale invocarono il ripensamento delle misure assunte, offrendo la loro mediazione e la piena disponibilità alla definizione di soluzioni meno traumatiche[6]. Tutto fu inutile. A nulla valsero autorevoli interventi, minacciose dichiarazioni, decise prese di posizione, dure campagne di stampa: la decisione era stata presa e né presidente né Rettore avevano intenzione di ritornare sui propri passi[7].

Sul fronte della contestazione, il silenzio prima e le imbarazzate spiegazioni offerte in seguito dal Rettore alle ripetute richieste di chiarimenti circa i motivi che avevano spinto il C.d.A. alle decisioni di luglio, indussero gli assistenti di Economia a rivedere la loro posizione imponendo come condizioni per la ripresa del dialogo la modifica dell’art. 5 dello statuto, che demandava al C.d.A. «ogni competenza in materie scientifiche e didattiche (istituzioni o soppressione di corsi di laurea e di esami, nomina e revoca del personale docente di ogni grado); la partecipazione di tutte le componenti universitarie al governo dell’Ateneo e la revoca della delibera che toglieva la qualifica di assistente bocconiano a quanti avessero rapporti stabili con altre università»[8].

Le richieste erano di non poco conto; ma questa volta gli assistenti godevano di alleati autorevoli in seno a un C.d.F. che, per bocca del preside, aveva manifestato tutto il suo disappunto per quanto era accaduto e che ora rivendicava una maggiore autonomia dal C.d.A., facendo propria la proposta di modifica di statuto richiesta[9]. La positiva decisione assunta dai vertici dell’Università aprì la strada al «progetto di riforma a lungo termine della facoltà», ora appoggiato dall’intero corpo accademico.

Il disegno, come emerge da un documento stilato da Innocenzo Gasparini, appare molto più articolato che in passato: la «riforma di breve periodo» aveva consentito importanti passi in avanti, ma risultava incapace di includere «in misura soddisfacente e con prontezza i frutti della veloce evoluzione della conoscenza», essendo troppo rigida – e quindi inidonea a soddisfare le istanze dei giovani più dotati. Da qui l’esigenza di porre in atto procedure capaci di «accogliere prontamente ed in forme duttili i filoni nuovi di conoscenza ed istituire una libertà di scelta, la quale entro una cornice predisposta, consenta di rispondere ai talenti»[10].

Per realizzare questi scopi si era ideato di innestare, sul biennio comune e propedeutico, quattro indirizzi di specializzazione (in Economia industriale, in Economia delle aziende di credito, in Economia dell’Amministrazione pubblica, in Economia europea). Ai meglio dotati sarebbe infine stata offerta la possibilità di perfezionare gli studi inserendosi su nuovi percorsi di ricerca: il dottorato, le scuole postuniversitarie o «l’internato presso i singoli istituti».

L’approvazione del complesso disegno avrebbe richiesto un anno di tempo e l’impegno assiduo di tutte le componenti in numerose sedute del Consiglio di facoltà[11], in decine e decine di riunioni della commissione paritetica, nella scrittura e riscrittura del progetto per venire incontro alle obiezioni delle varie componenti accademiche e per vincere la resistenza di quanti vivevano con ostilità le innovazioni proposte.

Alla fine del lungo tour de force, quando l’azione suadente di Innocenzo Gasparini sembrava aver avuto la meglio su tutte le opposizioni, Giovanni Demaria, nella seduta del C.d.F. del 6 ottobre 1969 (quella in cui il progetto venne definitivamente accettato), aprì un fuoco di sbarramento praticamente su ogni punto dello stesso contestandone gli indirizzi, le denominazioni, la trasformazione dei corsi da annuali in semestrali, il declassamento di alcuni insegnamenti, l’indebito utilizzo del termine «Economia di…» per qualificare le discipline aziendali, sollevando le perplessità, lo sconcerto, l’irritazione di quanti, pur abituati alla sua scontrosità, per mesi avevano faticosamente lavorato alla stesura finale dell’innovativo programma.

Alle critiche sui singoli punti fece seguito una non meno dura valutazione generale della proposta in discussione:

«Il progetto è irrazionale, straordinariamente infelice da un punto di vista didattico, in contrasto con quanto discusso in parecchie sedute precedenti del Consiglio di facoltà. In particolare […] sul titolo della materia n. 1, Matematica, e sul fatto che nel corso di laurea in Economia politica sono essenziali alcuni corsi che sono passati tra gli opzionali, anzi questa osservazione vale anche per Economia Aziendale. Tali corsi sono Merceologia, Matematica finanziaria, Geografia. Osserv[o] ancora che non appare l’indirizzo in Economia europea di cui si è tanto parlato e [mi] sembra assai difficile possa essere definito estraendolo dall’insieme di materie dei due corsi previsti nel progetto di modifiche di statuto. Infatti, tra gli insegnamenti obbligatori, dovrebbe essere inserito il diritto del MEC, dell’EPT A, dei Paesi collettivisti. Se si osservano gli elenchi degli insegnamenti opzionali […] si rileva una dovizia di insegnamenti doppioni uno rispetto all’altro […] ed anche parti di insegnamenti obbligatori di cui costituiscono un capitolo: il grande pericolo è che la Bocconi insegni ripetutamente le stesse cose e quindi favorisca le stesse persone. Non si è sinceri con questa impostazione, c’è un anti virtù, diamo l’impressione che vi siano 37 opzioni più altri 50 opzionali; la parola opzione significa scelta e questa non si fa tra le cose che esistono e quelle che non esistono. Inoltre, vi è tale il numero degli opzionali rispetto alle possibilità antropomorfiche della nostra Nazione, che noi forniremo insegnamenti con incaricati di terza categoria […]. Mentre in un primo momento volevamo dare un’impronta di carattere internazionale, e si è parlato di insegnamenti di altre facoltà e possibilità di uno studente nostro che vada in altre Università, anche straniere, tutto questo è caduto»[12].

Dopo questo coup de théatre Demaria tacque, si alzò e abbandonò il Consiglio (sbattendo la porta, mi piace pensare).

Alcune delle osservazioni fatte dal vecchio professore avevano un loro fondamento e avrebbero meritato di essere tenute in seria considerazione; ma la sua vis polemica aveva troppe volte incendiato le sedute del Consiglio e ora la perorazione cadeva nel vuoto e la sua uscita di scena rendeva tutto più semplice. Era uno degli ultimi exploit del grande economista che, di lì a poco, sarebbe uscito dai ruoli.

Il progetto di riforma, approvato in quell’occasione, prevedeva un primo periodo (tre quadrimestri) dedicato agli insegnamenti comuni ai due corsi di laurea e un secondo destinato invece agli insegnamenti caratterizzanti l’indirizzo (6 per l’economico-politico e 8 per l’economico-aziendale) e agli opzionali (rispettivamente 11 e 9).

Il Consiglio, su suggerimento di Carlo Masini, evitò di specificare, nelle modifiche statutarie inviate per l’approvazione al ministero, gli indirizzi già definiti per ciascun corso di laurea (Economia politica e Statistica e Ricerca operativa per il primo; Economia aziendale, Economia delle aziende di credito, Economia delle aziende industriali ed Economia delle aziende commerciali per il secondo); ma decise che gli stessi sarebbero stati attivati al più presto e mise in agenda la discussione delle altre proposte emerse nelle sedute precedenti (relative a un corso di laurea in Economia delle pubbliche amministrazioni, a quello di Organizzazione aziendale, a quello di Programmazione e pianificazione e a quello per l’Esercizio della professione).

Le novità, come emerge dalla Tabella 13, erano molte: presenza di opzioni estremamente flessibili, capaci quindi di adattarsi «agli stimoli e alle necessità che nascono da una società e da un sistema economico in fase di rapido cambiamento»[13]; ampia libertà di scelta tra una molteplicità di discipline[14]; declassamento o eliminazione dal piano di studi di discipline giudicate superate; inserimento della Sociologia fra gli esami obbligatori per tutti gli indirizzi.

 

Tabella 13 Piano degli studi dei corsi di laurea in Economia politica e in Economia aziendale[15]

 

Corso di laurea in Economia politica

I corso

II corso

III corso

IV corso

Primo semestre

Primo semestre

Primo semestre

Primo semestre

Matematica

Economia politica II

Storia pensiero economico

Quattro opzionali

Sociologia

Statistica metodologica

Scienza delle finanze

 

Ist. diritto privato

Economia aziendale

Una materia opzionale

 

Prima lingua straniera

Prima lingua straniera

Prima lingua straniera

 

 

Secondo semestre

Secondo semestre

Secondo semestre

Secondo semestre

Economia politica I

Metodi matematici di analisi economica

Politica economica e finanziaria

Tre materie opzionali

Storia economica

Econometrica

Tre materie opzionali

 

Ist. diritto pubblico

Diritto commerciale

Seconda lingua straniera

 

Seconda lingua straniera

Seconda lingua straniera

 

 

 

Corso di laurea in Economia aziendale

I corso

II corso

III corso

IV corso

Primo semestre

Primo semestre

Primo semestre

Primo semestre

Matematica

Economia politica II

Economia aziende di credito

4 materie opzionali

Sociologia

Statistica metodologica

Economia aziende industriali

 

Istituzioni di diritto privato

Economia aziendale

Economia aziende commerciali

 

Prima lingua straniera

Prima lingua straniera

Prima lingua straniera

 

 

Secondo semestre

Secondo semestre

Secondo semestre

Secondo semestre

Economia politica I

Metodologia e determinaz. quantitative d’azienda

Economia d’azienda II (corso progredito)

4 materie opzionali

Storia economica

Politica economica e Scienza delle finanze

Organizzazione del lavoro

 

Ist. diritto pubblico

Diritto commerciale

Una materia opzionale

 

Seconda lingua straniera

Seconda lingua straniera

Seconda lingua straniera

 

 

L’approvazione ministeriale delle modifiche statutarie atte a consentire l’entrata in vigore del nuovo piano di studi impose una lunga e sapiente azione volta a vincere l’opposizione di quanti, nel Consiglio superiore della Pubblica istruzione, rifiutavano di dar corso alle innovative proposte dell’Università milanese[16]. La sospirata autorizzazione, ottenuta con decreto del presidente della Repubblica, n. 260 del 26 marzo 1970, avrebbe consentito l’avvio dei due nuovi corsi di laurea in Economia politica ed Economia aziendale con l’anno accademico 1970-71.


1

ASUB. Busta R4. Furio Cicogna a Giovanni Spadolini. Milano 25 luglio 1968.

2

Cfr. La Bocconi sarà potenziata, in «Corriere della Sera», 24 agosto 1968.

3

«Venezia 12.8.68. Magnifico Rettore, come recentemente si ricordava, fra pochi mesi saranno trascorsi venticinque anni dal nostro primo incontro all’I.R.L ed in questo lungo arco di tempo mi hai dato costanti prove di amicizia che sono e saranno ben vive nel mio cuore. Tuttavia, come Preside della facoltà di Economia e come componente del Senato accademico, di fronte a due notizie apparse sul Corriere della Sera, si è chiaramente posto il dovere di scriverti, dovere al quale non posso sottrarmi. Nella prima delle due comunicazioni si dava notizia dell’istituzione di un corso di laurea in Economia europea presso la facoltà di Economia e Commercio. Di tale corso ci precisava che era previsto un biennio propedeutico comune e veniva dato l’elenco delle materie che configurano il secondo biennio. Come hanno giustamente fatto presente anche alcuni colleghi, non solo la facoltà di Economia nulla aveva deliberato e nemmeno discusso circa l’istituzione di tale corso di laurea ma, attraverso la precisazione delle materie, veniva meno l’apporto insostituibile che si ritrova solo in Consiglio di facoltà, vale a dire il parere tecnico e motivato delle singole competenze che confluiscono attraverso il dibattito in una visione equilibrata di insieme. Non solo è mancato tale necessario dibattito ma il Preside ed i componenti della facoltà hanno appreso da un giornale una notizia di così grande rilievo per la vita dell’Università. Come componente del Senato accademico ho pure il dovere di farti presente che una decisione come l’istituzione di un nuovo corso di laurea doveva essere posta all’ordine del giorno di una seduta del Senato accademico. Così, sebbene componente del Senato Accademico, avrei appreso dal Corriere della Sera la decisione di non accennare iscrizioni al primo anno della facoltà di Lingue per il nuovo anno accademico […]. In tema di Senato accademico debbo anzi segnalarti la necessità che questo organo venga più frequentemente convocato. Quanto ho dovuto dire trae origine non solo dalle norme legislative che regolano il funzionamento degli organi universitari, ma da una preoccupazione più profonda e che va al di là di ogni suscettibilità personale e di ogni considerazione che potrebbe anche dirsi, il che non è, di prestigio o d’interesse di categoria. È una preoccupazione assai più profonda e, ritengo, moralmente più degna che muove me e che echeggiava in alcuni colleghi. È un discorso fatto con cuore ed amore di bocconiano ad un bocconiano illustre che è nostro Rettore. Lo Statuto della nostra Università nelle sue recenti variazioni aveva con molta saggezza voluto allargare e differenziare la gamma degli organi dell’Università creando due facoltà con rispettivi consigli di facoltà e di Senato accademico. E quanto più efficienti sono gli accademici, tanto minori sono le possibilità di conflitto – ovviamente da evitare – fra i docenti ed il consiglio di amministrazione, ricordo solo per inciso. Se, di fronte a decisioni di così grande rilievo per la vita futura dell’Università gli organi accademici non agiscono nell’esercizio di compiti ad essi demandati, il risultato inevitabile è che per la logica delle leggi biologiche essi sono destinati ad inaridirsi. Viene meno in tal modo la pluralità di livelli di consultazione e di decisione, sia pure funzionalmente e gerarchicamente disposti, prevista dal nostro statuto. Ma verificandosi questa eventualità, ci si muove su un piano inclinato quanto mai pericoloso poiché si pone automaticamente in atto un processo di radicalizzazione estendendo a tutta la struttura dell’Università lo Stesso corso in atto nelle rappresentanze studentesche. Si forma così una frattura con due schieramenti, uno di essi gli studenti, fra i quali non esiste alcun organo o strumento intermedio di ragionevole discorso. Vale a dire esattamente la situazione per evitare la quale così tanto ciascuno di noi aveva fatto in questi mesi e potrebbe fare in avvenire. A conclusione vorrei poi ricordare che i provvedimenti che il governo Leone assumerà, di fronte alla natura “estiva” di questo governo, ai mesi di incertezza politica che ci aspetta ed ai problemi non solo universitari in senso stretto posti dal movimento studentesco, anche se razionali e tempestivi, saranno sempre in ritardo rispetto ad una realtà in rapido movimento. Senza venire meno all’affetto che a te mi lega, ho ritenuto mio dovere prospettarti con tutta sincerità le riflessioni precedenti e soprattutto manifestarti le ragioni delle mie preoccupazioni non certo lievi per il futuro. Con sempre vivo pensiero, credimi. Innocenzo Gasparini» (ASUB. Busta R4. Innocenzo Gasparini a Giordano Dell’Amore).

4

«Al grido di “Praga, Praga”, gli studenti dell’università commerciale Bocconi hanno respinto ieri mattina il tentativo di un agitatore straniero che li invitava a scendere in piazza per un’imprecisata rivoluzione a fianco di contadini e operai. L’episodio è avvenuto durante l’assemblea generale degli iscritti alla soppressa facoltà di lingue dell’ateneo, manifestazione che ha, praticamente, riaperto, dopo la sosta delle vacanze, le agitazioni studentesche. Non vi sono stati incidenti e una proposta di occupare l’ateneo è stata respinta […]. L’assemblea si è svolta all’aperto davanti all’ateneo: i bidelli avevano avuto infatti l’ordine di impedire l’ingresso a persone estranee alla “Bocconi”. Ad un improvvisato microfono si sono succeduti studenti e studentesse, i quali hanno riassunto la storia e gli sviluppi dell’Università “Bocconi” e della sua facoltà di lingue, fino all’abolizione di quest’ultima decisa nei giorni scorsi dal consiglio d’amministrazione. Gli oratori hanno fatto presente che il magistero di lingue della Cattolica non può, data la limitatezza dei posti disponibili, assorbire tutte le richieste di iscrizione e hanno chiesto pertanto una revoca o almeno una sospensione del provvedimento al fine di consentire allo Stato di istituire una facoltà di lingue anche in seno all’università degli studi […]. La discussione si è conclusa nel massimo ordine e nel massimo ordine si è pure svolto il successivo corteo di protesta […]. I dimostranti hanno raggiunto via Pantano gridando slogan di protesta contro la sede dell’Associazione lombarda degli industriali. Quindi si sono portati in piazza del Duomo e in Galleria e, alle ore 13.30 si sono sciolti, dopo un breve sit-in nell’Ottagono. In serata gli studenti hanno diramato un comunicato dal titolo: La Bocconi nelle mani del potere borghese, nel quale si polemizza aspramente con i dirigenti della Confindustria accusati di avere soppresso la facoltà di lingue. Nel documento è detto fra l’altro che “la chiusura della facoltà di lingue è un atto terroristico, una vera propria rappresaglia nei confronti del movimento studentesco della Bocconi, di genuino stampo fascista”. Infine s’invitano “tutti, studenti e no, a essere uniti nella lotta contro la Confindustria ed il governo, prostituito agli interessi del potere economico”. Nel corso della manifestazione è stato distribuito un volantino, firmato dalla “sinistra universitaria”, in cui, fra l’altro, è detto: “Nella situazione milanese la chiusura della facoltà di lingue alla ‘Bocconi’ significa l’impossibilità per migliaia di studenti di accedere all’università, a meno di non accettare la paccottiglia sanfedista del magistero dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Gli studenti milanesi e in particolare quelli della Bocconi devono trovare forme di agitazione e di lotta tali che possano permettere a queste migliaia di studenti di seguire corsi universitari in un istituto statale. È necessario imporre alle caste accademiche oligarchiche e camorriste della Università degli studi l’istituzione anche a Milano del magistero statale; questo possiamo ottenerlo solo attraverso l’occupazione della Statale e il boicottaggio della manovra confindustriale alla Bocconi”» (Cfr. Corteo di protesta degli studenti della Bocconi, in «Corriere della Sera», 13 agosto 1968).

5

ASUB. Corrispondenza del preside. Busta E2/2. I rappresentanti degli assistenti al Rettore. Milano 30 agosto 1968. Ibidem 11 settembre 1968.

6

Comune e provincia per la ‘Bocconi’, in «Corriere della Sera», 21 settembre 1968.

7

Della determinazione a chiudere i conti con i ribelli fecero le spese anche i frati di S. Ferdinando ai quali, su richiesta del Rettore e del presidente, dal cardinale Colombo, arcivescovo di Milano, fu sottratta la cura delle anime della rettoria. Delle aspre critiche sollevate dalla destituzione dei religiosi è testimonianza la denunzia del «Circolo ACLI Fanin» resa pubblica in un volantino distribuito davanti alla Bocconi: «Denunciamo all’opinione pubblica l’ennesimo sopruso dello strapotere economico che non ammette disturbi nel suo dominio sulla società: I padroni hanno chiuso la “loro” Università e resi inutili pezzi di carta le 4.500 lauree ancora da conseguire. I padroni disprezzano così i sacrifici degli studenti rendendo più difficile la ricerca del posto di lavoro. I padroni distruggono un’altra comunità viva e carica di valori cristiani mediante l’equivoco o perlomeno inopportuno trasferimento dei frati operato dalle autorità competenti in concomitanza di un ricatto culturale. I padroni vogliono disporre saldamente di tutte le componenti dell’uomo per annullarlo in ogni suo aspetto essenziale: il lavoro, la cultura e la religione devono essere assoggettati alla legge inumana dello sfruttamento totale. Rinnoviamo la nostra solidarietà agli studenti della Bocconi ed esprimiamo il nostro sdegno per questi fatti che sono nuovi motivi di vergogna per i padroni e di amarezza per il lavoratori cristiani» (ASUB. Corrispondenza del preside. Busta E2/2). Sul tema cfr. E. Resti, La chiesa e la rettoria di S. Ferdinando, in AA.VV., S. Ferdinando. Una chiesa per l’Università Bocconi (1962-2002), Milano 2002, pp. 19 e ss.

8

ASUB. Corrispondenza del preside. Busta E2/2. Assemblea degli assistenti e dei borsisti della facoltà di economia e commercio dell’Università commerciale L. Bocconi. Mozione approvata il 1° ottobre 1968.

9

ASUB. Corrispondenza del preside. Busta E2/2. Assemblea degli assistenti di economia e commercio. Mozione approvata il 18 novembre 1968. La proposta di modifica degli artt. 3 e 5 dello statuto approvata dal C.d.F., la cui redazione era stata affidata ad Ariberto Mignoli, era così concepita: «Si propone che l’art. 3 del vecchio statuto, che si riporta, venga modificato nel modo seguente: Art. 3 (vecchio testo) “Il governo dell’Università è esercitato dal Consiglio di amministrazione, dal Rettore, dal Senato accademico e dai Consigli di facoltà, secondo le rispettive competenze a norma degli articoli seguenti e delle disposizioni di legge e di regolamento universitario (e purché esse non contrastino con le norme del presente statuto)”. Art. 3 (nuovo testo) “Il governo dell’Università è esercitato dal Consiglio di amministrazione, dal Rettore, dal Senato accademico e dai Consigli di facoltà, secondo le rispettive competenze a norma degli articoli seguenti e delle disposizioni imperative di legge e di regolamento universitario che siano applicabili anche alle università libere”». Quanto all’art. 5, il cui vecchio testo era così formulato: «Il Consiglio d’amministrazione nomina il Rettore e i professori, nomina e revoca tutto il personale amministrativo, d’ordine e di servizio; delibera sui programmi dei singoli corsi, sentito il Consiglio di facoltà, sull’esonero dalle tasse, sul conferimento di premi e di borse di studio e di perfezionamento, propone all’approvazione del Ministero le eventuali modificazione dello statuto», si proponeva di sopprimere «alla terza riga le parole “sui programmi dei singoli corsi, sentito il Consiglio di facoltà”» e sostituire «nella penultima riga alle parole “all’approvazione del Ministero” la dizione “all’approvazione delle competenti autorità”» (ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 29 novembre 1968).

10

ASUB. Corrispondenza del preside. Busta E2/1. Innocenzo Gasparini, «Appunti su una riforma a lungo termine della facoltà». 24 ottobre 1968.

11

La discussione interessò le sedute del C.d.F. dei giorni 29 novembre 1968, 13 febbraio, 11 e 30 aprile, 2 maggio, 6 giugno, 3, 10 e 11 luglio, 10 settembre e 6 ottobre 1969.

12

ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 6 ottobre 1969.

13

ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 10 luglio 1969.

14

I corsi opzionali statutariamente previsti per l’indirizzo di Economia politica risultarono i seguenti (quelli effettivamente attivati nell’a.a. 1970-71 sono indicati in corsivo): 1) Economia politica (corso progredito), 2) Economia e Politica del lavoro, 3) Economia e Politica industriale, 4) Economia e Politica agraria, 5) Economia e Politica dei trasporti, 6) Teoria e Politica monetaria, 7) Teoria e Politica monetaria internazionale, 8) Economia internazionale, 9) Sistemi economici comparati, 10) Sistemi fiscali comparati, 11) Programmazione dei sistemi economici, 12) Problemi dello sviluppo economico, 13) Economia regionale, 14) Tecnologia dei processi produttivi, 15) Economia dell’automazione dei processi produttivi, 16) Geografia economica, 17) Urbanistica, 18) Metodologia delle scienze sociali, 19) Statistica metodologica (corso progredito), 20) Metodi di ricerca operativa, 21) Calcolo automatico, 22) Econometrica (corso progredito), 23) Demografia, 24) Contabilità nazionale, 25) Storia della statistica, 26) Diritto del lavoro, 27) Diritto tributario, 28) Diritto industriale, 29) Diritto internazionale, 30) Storia delle dottrine politiche e sociali, 31) Storia contemporanea, 32) Storia economica (corso monografico), 33) Psicologia sociale, 34) Sociologia urbana e rurale, 35) Sociologia industriale e del lavoro, 36) Sociologia delle organizzazioni complesse, 37) Sistemi sociali comparati. Quelli previsti per l’indirizzo di Economia aziendale furono invece i seguenti: 1) Economia delle aziende industriali (c. p.), 2) Economia delle aziende di credito (c. p.), 3) Economia della aziende commerciali (c. p.). 4) Statistica metodologica (ricerca operativa) (c. p.), 5) Matematica finanziaria e attuariale, 6) Direzione e analisi del processo decisionale, 7) Organizzazione delle imprese industriali, 8) Programmazione e controllo, 9) Analisi delle funzioni finanziarie, 10) Funzioni commerciali, 11) Funzioni di produzione, 12) Amministrazione del personale e analisi delle mansioni, 13) Economia dei settori di aziende industriali, 14) Economia dei gruppi, delle concentrazioni e delle cooperazioni aziendali, 15) Economia delle imprese pubbliche, 16) Metodi quantitativi per le decisioni, 17) Bilancio ed altre determinazioni di sintesi, 18) Contabilità industriale, 19) Sistemi di informazione e controllo, 20) Pianificazione a lungo periodo, 21) Economia delle fonti di energia, 22) Economia degli intermediari finanziari (non bancari), 23) Rilevazioni bancarie, 24) Organizzazione delle aziende di credito, 25) Tecnica delle ricerche di mercato, 26) Costi di distribuzione e canali di distribuzione, 27) Organizzazione commerciale, 28) Teoria e tecnica della pubblicità, 29) Politiche dei prezzi, 30) Tecnica del commercio internazionale, 31) Economia delle aziende di assicurazione, 32) Organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, 33) Bilancio ed altre determinazioni di sintesi nelle amministrazioni pubbliche, 34) Programmazione e pianificazione nelle amministrazioni pubbliche, 35) Localizzazione delle imprese industriali e commerciali, 36) Costi e ricavi bancari, 37) Economia delle aziende agrarie, 38) Tecnologia dei processi produttivi, 39) Diritto industriale, 40) Diritto tributario, 41) Diritto fallimentare, 42) Diritto penale commerciale, 43) Diritto del lavoro e della previdenza sociale, 44) Diritto bancario e della Borsa, 45) Diritto amministrativo, 46) Diritto internazionale, 47) Economia del medio circolante, 48) Economia del mercato mobiliare, 49) Gestione valutaria delle banche, 50) Economia delle aziende del grande dettaglio.

15

Università commerciale Luigi Bocconi, Guida illustrativa dei corsi di laurea in economia politica e in economia aziendale, Milano 1970, pp. 17-23.

16

Cfr. ASUB. Corrispondenza del preside 1969. Alberto Bertolino a Innocenzo Gasparini. Roma 29 ottobre 1969.

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