Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

1957 autunno-1960 inizio


Parole chiave: Presidente Cicogna Furio, Rettore Sapori Armando, Demaria Giovanni, Palazzina Girolamo, Segreteria, Finanza e bilanci, Gestione finanziaria, CdA

Mentre la Democrazia cristiana, alle elezioni del 25 maggio, aveva riportato un successo che la proclamava, insieme con il suo caricatissimo Amintore Fanfani, guida salda e per il momento insostituibile del Paese, l’ordine del giorno del successivo Consiglio di Amministrazione si andava rapidamente componendo. Fu posto sul tavolo nella seduta consiliare del 26 ottobre, sempre di quel 1957, presente per la prima volta in veste di presidente onorario Donna Javotte Bocconi.

Alla carica di Rettore fu immediatamente rinominato Armando Sapori, che giusto col 1956-57 entrava nel suo quinto lustro di insegnamento e fu pertanto oggetto di fervide onoranze. Particolarmente caloroso fu il suo ringraziamento.

Il presidente Cicogna dovette dare una spiacevole notizia. Per gravi difficoltà incontrate si erano dovuti interrompere i lavori per la sopraelevazione del fabbricato centrale dell’Università. Sentito anche il parere del prof. Locatelli del Politecnico, che aveva accettato di coadiuvare la direzione dei lavori, si sarebbe dovuto procedere a opere di palificazione, alla costruzione di nuovi pilastri di fondazione, al rinforzo delle opere già esistenti. Tutto ciò avrebbe comportato un raddoppio delle spese (da 40 a 80 milioni di lire). E, tenuto conto delle altre questioni che si sarebbero dovute regolare col Comune, di cui si è fatto cenno, Cicogna era dell’opinione che «abbandonando ogni pretesa di indennizzo per le maggiori spese del sopralzo, si negoziasse con il Comune un’adeguata contropartita per il buon fine della pratiche di cui si è fatto cenno (più addietro)».

Il dott. Croccolo diede conto dei parziali risultati dell’esercizio, non ancora chiusosi, 1956-57. Sulla base dei dati già disponibili v’erano da aspettarsi risultanze «abbastanza soddisfacenti […] malgrado le notevoli maggiori spese derivate dalla gestione universitaria e dalla gestione del pensionato». Tenuto conto di tutto era opinione del consigliere delegato che si sarebbe andati incontro a un maggior fabbisogno di entrate di circa 100 milioni di lire. Il Consiglio, preso atto con soddisfazione della relazione di Croccolo, diede la parola al Rettore.

Il quale segnalò per prima cosa la recente scomparsa del prof. sen. Banfi, al quale era stato affidato da poco l’incarico del corso di Filosofia. In ogni caso gli aspiranti all’incarico erano molti. Il Consiglio di facoltà si augurava che la preferenza venisse data a un insegnante che non si occupasse direttamente di attività politica. Sapori aggiunse che il prof. Dominedò non aveva ancora confermato di accettare nuovamente l’incarico e, date le difficoltà di trovare subito un valido sostituto, il Consiglio proponeva che gli studenti del III anno di facoltà «potessero essere autorizzati a seguire due corsi complementari anziché uno». Quanto al corso di Istituzioni di diritto pubblico, permanendo l’impossibilità da parte del prof. Tosato di continuare l’insegnamento anche nel veniente anno accademico si decise di servirsi ancora del contributo del prof. Biscaretti di Ruffia. Mentre per il corso di Lingua inglese, sempre più frequentato dagli studenti, tenuto conto anche dell’entusiasmo con cui il prof. Haines svolgeva le sue lezioni, il Consiglio, su suggerimento del Rettore, si disse disposto a deferire al Rettore stesso in accordo con il prof. Zanco il compito di stabilire «il numero delle ore di lezioni ed esercitazioni che dovranno esser svolte dal dott. Haines».

Avendo il ministero della P. I. «accolto la proposta di inserire nel quadro dei corsi complementari [della Bocconi] quello di “Storia delle Dottrine Economiche”», Sapori propose, e il Consiglio approvò, che l’incarico per il 1957-58 fosse conferito al prof. Tullio Bagiotti che, del resto, già lo aveva tenuto come corso libero nel 1956-57.

Purtroppo tornò a galla il problema dei rapporti col prof. Demaria. La causa determinante fu la necessità, da parte del Consiglio, di confermare gli incarichi di direzione degli istituti annessi all’Università (Istituto di Statistica, di Geografia ecc.). A tutti i direttori dei vari istituti l’incarico fu rinnovato. Quando, però, si venne a parlare della direzione degli Istituti di Economia e Politica economica e finanziaria e della direzione del «Giornale degli Economisti», il presidente Cicogna non si dichiarò d’accordo nell’approvare la proposta di confermare nell’incarico il prof. Demaria. Non parve vero ai consiglieri Croccolo e Faina di vedere il presidente del Consiglio schierarsi sulle posizioni che da sempre loro avevano preso. Ma non poterono impedire che si accendesse una animatissima discussione tra i membri dell’assemblea. Acquietatesi a poco a poco le acque (e debbo credere che Palazzina, il quale mi illustrò le vicende di quella inusuale giornata, fu un abile vogatore) ci si rese conto che cospicui sarebbero stati i danni per la Bocconi, se il prof. Demaria – oltretutto presidente della Società italiana degli economisti – fosse stato rimosso dagli incarichi affidatigli. Donde il rinnovo degli stessi per l’a.a. 1957-58, rinnovo approvato, obtorto collo, dal collegio degli amministratori bocconiani. Pur astenendosi dal voto, il prof. Dell’Amore si augurava che il collega Demaria «mutasse il suo atteggiamento e fosse possibile ristabilire con lui una cordiale collaborazione».

Si sentiva la necessità di coprire il quarto posto di professore di ruolo previsto dallo statuto e il Consiglio di facoltà aveva già provveduto, dopo essersi riunito il 25 ottobre e dopo ampia discussione, a segnalare al Rettore, perché ne informasse i colleghi amministratori, l’unanime proposito di coprire per chiamata il quarto posto di ruolo vacante e di assegnarlo alla cattedra di Statistica. Il Consiglio di Amministrazione prese atto della comunicazione del Rettore, e con voto unanime accolse la proposta del Consiglio di facoltà, invitando Sapori a espletare i passi necessari presso il ministero della Pubblica istruzione.

La seduta si concluse con qualche comunicazione di routine del Rettore. Tra l’altro egli ricordò che l’inaugurazione dell’anno accademico avrebbe avuto luogo il 15 dicembre e la prolusione sarebbe stata tenuta dal prof. Lenti. Sapori comunicò altresì che i dott. Guido Rossi e Raffaele Nobili avevano rinunciato alla nomina ad assistenti per il 1957-58 presso l’Istituto Angelo Sraffa.

Senza particolari scotimenti la storia bocconiana si andò dipanando negli ultimi mesi del ’57 e nei primissimi mesi del ’58, mentre la situazione economica italiana sembrava rassicurante, in un clima politico che tendeva a rafforzare la posizione delle forze direttamente o indirettamente pilotate dall’ala fanfaniana della Democrazia cristiana, che avrebbero costituito un connubio interpartitico a cui sarebbe stato affibbiato il marchio di centrosinistra: un appellativo che, tutto considerato, non tornava sgradito a svariate combinazioni sociopolitiche operanti sulle scene politiche, economiche e sociali della Penisola.

Il 25 febbraio 1958 per la prima volta intervenne ai lavori il dott. Zonchello che, come si ricorderà, era stato inserito tra i consiglieri su segnalazione di Donna Javotte Bocconi. Per fare il punto della situazione rammento in nota il nome di tutti i consiglieri, sia dei presenti sia di quelli assenti e giustificati[1].

Cicogna iniziò subito a riferire sull’andamento generale dell’Università che, a suo avviso, nel complesso pareva soddisfacente. A vero dire le iscrizioni di studenti denunciavano una lieve contrazione rispetto all’anno precedente: esattamente 110 unità, di cui 80 al corso di laurea in Lingue e Letterature straniere. Non v’era dubbio che il fatto era da porsi in relazione, principalmente, alla «consentita apertura presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Stato di Milano di un corso di laurea proprio in Lingue e Letterature straniere».

Quanto al pensionato il presidente comunicò che «prima ancora della chiusura delle iscrizioni (30 novembre) le domande superavano di oltre 50 unità i posti disponibili». Cicogna aggiungeva che «ove ne avessimo avuto la possibilità avremmo potuto accogliere nel pensionato almeno un centinaio di allievi in più».

Si faceva, dunque, urgente, a detta del presidente, l’ampliamento del pensionato (al Comune era già stata richiesta la cessione di altri 4.000 mq circa di terreno). E questo ampliamento non avrebbe fatto che aumentare le già consistenti spese previste per l’ingrandimento dell’Ateneo. Al Comune era stata richiesta un’area fabbricabile prospiciente le vie Sarfatti e Castiglioni. Con l’amministrazione comunale si era già transatto un prezzo di L. 5 milioni. E si era pure definita, precisò il presidente, «la questione del saldo-prezzo per il riscatto della sede universitaria in conseguenza delle variazioni intervenute negli indici del costo della vita che avrebbe dovuto correlativamente aumentare le annualità ancora da versare». Il Comune avrebbe rinunciato al conguaglio se la Bocconi si fosse impegnata a pagare il saldo residuo in due rate: 15 milioni ai primi di gennaio e 10 milioni entro il 31 dicembre ’58.

Facendo seguito alla decisione di massima presa da Donna Javotte di costruire una chiesa dedicata a S. Ferdinando, Cicogna comunicò che erano già in corso le pratiche col Comune per ottenere un’area contigua a quella richiesta per l’ampliamento della sede universitaria. E il Consiglio non fece mancare la sua approvazione a tutte le comunicazioni fatte dal presidente.

Al quale subentrò il consigliere delegato Croccolo per riferire in merito al bilancio consuntivo, chiuso al 31 ottobre 1957, e alla situazione finanziaria. Furono analizzate separatamente le varie gestioni (attività universitarie, pensionato, gestione patrimoniale), e se ne trasse motivo di soddisfazione; al pari della soddisfazione recata dai risultati del rendiconto economico, chiusosi in pareggio dopo aver consentito un aumento del fondo di riserva di altri 10 milioni di lire (contro i 15 milioni dell’anno precedente). Croccolo fece notare che si sarebbe fatto fronte senza problemi alle maggiori spese che si sarebbero annotate nel 1957-58 per la sopraelevazione del fabbricato centrale dell’Università e per la sistemazione interna di altri locali.

E venne il momento di prendere in considerazione un problema di notevole importanza. Il presidente dichiarò che dopo un attento esame della situazione il Comitato di presidenza era venuto dell’idea che si proponesse di elevare da tre a cinque i posti dei professori di ruolo della facoltà di Economia, in linea di massima destinando alla copertura dei due nuovi posti di ruolo la cattedra di Politica economica e finanziaria e una cattedra di materia giuridica. Il Consiglio di facoltà aveva già dato il suo parere favorevole. E pertanto, senza por tempo in mezzo, il Consiglio di Amministrazione propose la modifica dell’art. 7 dello statuto come segue: «Il ruolo organico dei Professori di materie fondamentali comprende cinque posti». E, conseguentemente, «Il numero di Professori di ruolo di cui al primo comma dell’art. 7 viene portato a 6». L’approvazione da parte del Consiglio fu immediata. Si sarebbero iniziate senza indugio le pratiche presso il ministero della P. I. per ottenere l’autorizzazione ad apportare tali modifiche allo statuto dell’Ateneo. Il Consiglio di facoltà di Economia aveva deliberato all’unanimità di assegnare alla cattedra di Statistica il quarto posto di professore di ruolo previsto dallo statuto. Il Rettore ne informò i colleghi del Consiglio d’Amministrazione precisando che nel frattempo era stata presentata una sola domanda, quella del prof. Brambilla ordinario all’Università di Genova. Non si esitò, dunque, essendo tutti d’accordo, nel nominare il prof. Brambilla, con decorrenza dal 1° novembre 1958, professore di ruolo per la cattedra di Statistica presso la nostra Università; e fu una scelta molto oculata.

Si deliberò altresì, essendosi resi disponibili alcuni locali, che sul modello di quella aperta presso la facoltà di Giurisprudenza di Siena si istituisse anche nel nostro Ateneo (un vecchio sogno!) una Scuola per assistenti sociali. La presidenza fu delegata a compiere i passi necessari per portare a compimento la necessaria convenzione con l’UNSAS.

Dopo che il prof. Dell’Amore ebbe dato precise informazioni sullo svolgimento del «Corso per la formazione dei quadri direttivi di azienda» (erano stati conferiti già 30 diplomi a coloro che l’avevano frequentato); dopo il resoconto sull’attività dell’Istituto di Economia delle fonti di energia (erano già stati pubblicati i primi due fascicoli della «Rivista Internazionale delle fonti di energia»); e dopo che il Rettore ebbe reso noto che anche per il corrente anno la Bocconi sarebbe stata sede di esami di Stato per l’abilitazione professionale dei dottori commercialisti, la seduta si sciolse.

Il Consiglio si sarebbe riconvocato il 3 luglio 1958. E fu anche questa una seduta memorabile, pervasa da una buona dose di pathos.

Dopo avere aperto i lavori ricordando con commozione la recente scomparsa e i tanti meriti acquisiti dal consigliere Foligno, «vecchio e fedele estimatore e amico dell’Università», il presidente Cicogna comunicò che, «valendosi della facoltà a Lei conferita dallo statuto dell’Università», Donna Javotte Bocconi aveva chiamato a far parte del Consiglio il dott. Girolamo Palazzina, al quale rivolgeva un affettuoso saluto. In via ufficiale, dopo avere personalmente informato diversi colleghi, Cicogna comunicò al Consiglio di avere «consensualmente convenuto con il Dott. Palazzina la risoluzione del suo rapporto di impiego con l’Università a partire dal 1° novembre 1958». Si può ben immaginare con quanto calore e con quale profondo turbamento il presidente si fosse soffermato a tessere gli elogi di una persona che alla Bocconi, in oltre 51 anni di fervido, appassionato lavoro, aveva dato una validissima, impareggiabile collaborazione. E al coro delle lodi e dei ringraziamenti si associarono via via tutti gli altri consiglieri. A tutti si rivolse Palazzina, commosso, ringraziando, e dicendosi pronto a non interrompere la collaborazione con la Bocconi che, come aveva già anticipato Cicogna, «potrà essere continuata per quelle mansioni o incarichi che la Presidenza riterrà di affidargli».

Ed ecco apparire sulla scena bocconiana un nuovo personaggio: il dott. Carlo Baccarini, direttore amministrativo presso l’Università Statale di Milano, si era dimesso dall’impiego alla Statale, era già stato chiamato alla Bocconi e avrebbe preso servizio il veniente 1° novembre. Tutti questi basilari mutamenti dell’organico amministrativo bocconiano, naturalmente, furono subito approvati dal Consiglio.

Il presidente comunicò di aver insistito con gli uffici comunali per una rapida definizione dell’acquisto delle aree richieste per l’urgente ampliamento del nostro Ateneo. E il sindaco di Milano, consigliere della Bocconi, confermò il suo sollecito intervento presso gli uffici competenti.

Per la sesta volta il prof. Demaria aveva presentato ricorso (impostato peraltro in modo diverso rispetto ai precedenti) contro la liquidazione del contributo per le tasse e soprattasse dell’a.a. 1956-57. La difesa degli interessi dell’Università sarebbe stata affidata, ancora una volta, al prof. Dedin di Roma.

Il Rettore, prof. Sapori, comunicò che «il Consiglio di facoltà era stato unanime, nella seduta del 21 maggio, nel deliberare di coprire per chiamata uno dei due posti di ruolo per i quali era in corso la pratica presso il Ministero della P. I. e precisamente quello per l’insegnamento della Politica economica e finanziaria ed aveva espresso il voto che il Ministero stesso concedesse la necessaria autorizzazione in modo da poter provvedere alla chiamata a decorrere dal 1° novembre p.v.». Il faticoso gergo burocratico non impedisce di comprendere l’importanza attribuita alla istituzione di una cattedra di Politica economica e finanziaria. Pur non espresso è probabile che giocasse, in qualche componente della comunità didattica, il desiderio di creare un contrappeso al forse troppo esuberante titolare di Economia politica.

Prima di scendere all’esame particolareggiato del bilancio, il consigliere delegato dott. Croccolo sottolineò il grande successo incontrato dal pensionato studenti, che già si dimostrava insufficiente ad accogliere tutte le domande (più di 60 erano rimaste inevase già all’inizio dell’a.a. 1957-58). Si poneva con urgenza il problema del raddoppio del pensionato e dunque, come rilevava il dott. Faina, occorreva insistere presso il Comune per acquisire al più presto il terreno richiesto. Il sindaco, riconoscendo l’importanza dell’iniziativa anche «sul piano cittadino», riconfermò il suo personale interessamento.

Considerando tutte le variabili sul tappeto, Croccolo reputava che la situazione finanziaria della Bocconi si sarebbe fatta notevolmente pesante, attesi gli elevati costi a cui sarebbe andata incontro per via dell’ampliamento del pensionato, dei lavori per la sopraelevazione del fabbricato centrale, e della improrogabile sistemazione dei locali della biblioteca «per i sempre più ampi servizi» che essa andava offrendo, senza dire delle crescenti necessità degli istituti. Inevitabile era, quindi, un più elevato ricorso al fido bancario.

Il Consiglio fu poi impegnato nell’approvare i conferimenti degli incarichi e le nomine dei lettori e degli assistenti effettivi per l’a.a. 1958-59, che, rispetto al precedente, presentava variazioni di poco conto. Il corso Istituzioni di diritto pubblico, tenuto come supplente da Biscaretti di Ruffia, sarebbe tornato all’on. prof. Egidio Tosato «che – precisò Sapori – aveva abbandonato la vita pubblica, per darsi interamente all’insegnamento». Nel ’58-59 il corso complementare di Storia delle dottrine economiche non si sarebbe tenuto, perché sarebbe stato ripristinato quello di Diritto internazionale conferito al prof. Ziccardi, «necessario aggiungeva il Rettore – per coloro che vogliono eventualmente dedicarsi alla carriera diplomatica e consolare». Per quanto atteneva alla sezione di Lingue straniere si proponeva una rotazione del corso di Storia della filosofia con un corso di Pedagogia: non mutava l’insegnante, il prof. V.E. Alfieri. E il Consiglio di facoltà proponeva che il corso di Filosofia, già tenuto dal compianto prof. Banfi, venisse affidato al prof. Remo Cantoni, appena nominato ordinario. Il Consiglio, senza opposizione alcuna, approvò le conferme, i cambiamenti, le designazioni dei Consigli di facoltà anche in ordine ai lettori e agli assistenti effettivi.

Prima di porre termine alla seduta il Rettore fece qualche breve indugio su questioni di secondaria importanza. Rammento solo che, tra l’altro, ebbe a richiamare l’attenzione del Consiglio di Amministrazione su quanto era stato discusso in Consiglio di facoltà a proposito del problema dei «Gruppi di lavoro» istituiti nell’àmbito del corso di Economia. Sapori fece rilevare la dubbia legalità dell’obbligo imposto dal prof. Demaria a tutti gli allievi di iscriversi a codesti «Gruppi»: iscrizione che aveva sollevato numerose proteste e che pareva essere anche causa di diminuzione del numero delle matricole. Ma la conclusione fu rinviata ad altra seduta. Il Consiglio espresse l’avviso che fosse intanto opportuno interpellare a tal proposito in via non ufficiale il ministero della P. I.[2]

L’assegnazione della cattedra di Politica economica e finanziaria, resa anche possibile dall’aumento a 6 dei posti di ruolo (il decreto presidenziale era stato pubblicato sulla G.U. del 4 ottobre 1958), era attesa con urgenza, giacché la copertura della medesima avrebbe reso possibile l’insegnamento dell’importante disciplina già con l’anno accademico 1958-59. Se ne sarebbe parlato, dopo la sosta estiva, nella seduta del Consiglio di Amministrazione, già prevista per il 29 ottobre successivo, ma che avrebbe dato luogo a pertinenti discussioni nelle adunanze del Consiglio di facoltà, come attestano i relativi verbali[3].

La fine del 1958 fu segnata, negli «annali» della storia del nostro Paese, da due eventi che, pur suscitando particolari interessi ed emozioni tra le fila dei credenti, avrebbero avuto forte risonanza e ripercussione in tutte le componenti della comunità nazionale. Dapprima, dopo una non breve agonia che generò, con pettegolezzi di varia natura, un concorso inusitato di personaggi intorno al letto del morente nella quieta dimora di Castelgandolfo, Pio XII – il pontefice che nella sua altera intransigenza aveva assistito al tremendo conflitto mondiale, dall’inizio alla fine – il 9 ottobre rese l’anima a Dio. Poco più di due settimane più tardi, il 28 ottobre, uscì dal Conclave dei 50 cardinali convenuti a Roma un pontefice che non pareva invero dotato, con i suoi 77 anni, di una alture glorieuse, quanto piuttosto del pacato incedere di un buon patriarca, di un generoso e affabile uomo di campagna. Eppure sarebbe bastato meditare sul nome che Angelo Giuseppe Roncalli si era attribuito da pontefice, Giovanni, per nutrire qualche dubbio sul pacato fluire che, si pensava, avrebbe contrassegnato il suo pontificato. Per circa cinque secoli nessun pontefice aveva osato riesumare un nome che era stato usurpato da un antipapa. Ma il buon pastore Giovanni XXIII già stava predisponendo una traumatica svolta del cursus Ecclesiae historiae. L’annuncio della convocazione di un «Concilio ecumenico per la Chiesa Universale» fu dato in San Paolo fuori le mura a una folla di fedeli stupiti il 25 gennaio 1959, a quasi 90 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano I. La Chiesa stava per imboccare una nuova strada nel suo cammino quasi bimillenario. La fase preparatoria fu abbastanza lunga, per ovvie e comprensibili ragioni: si sarebbe dovuto attendere l’11 febbraio 1962 per vedere l’inaugurazione del 21° Concilio ecumenico della storia della Chiesa, e cioè il Concilio Vaticano II.

Evidentemente la graduale impostazione di un nuovo modus operandi, in seno al mondo cattolico, non poté che avere riflessi di notevole portata anche sulla vita nel nostro Paese ai differenti livelli: da quello politico, a quelli sociale, economico, culturale e via dicendo, come si può ben immaginare. Ma non è questa la sede per indulgere a una sosta su codesti pur non secondari aspetti del nostro iter storico. Qui sarà sufficiente rammentare che, laddove il processo di crescita e di ammodernamento in sede economica non palesava segni di stanchezza, ma ognor più sembrava dar ragione a chi ne voleva riscontrare aspetti straordinari, addirittura «miracolistici», sul versante politico la situazione presentava motivi di preoccupazione di non irrilevante portata. Ho già rammentato che le elezioni politiche del 25 maggio (1958) avevano segnato un grande successo per la Democrazia cristiana e per i suoi alleati: in particolare, avevano sospinto Fanfani e i suoi compagni di viaggio ai vertici del potere politico. Il 1° luglio, però, seguì un rimpasto della compagine governativa: Fanfani diede vita a un secondo governo che fu il primo dichiaratamente di centrosinistra. Ma, per una intricata serie di motivazioni che, ovviamente, non mi è dato qui di esporre, il governo andò denunciando, in breve tempo, sempre maggiori difficoltà che, nelle prime settimane dell’anno seguente, si sarebbero dimostrate letali per la formazione politica al potere. E su questo punto, forse, torneremo brevemente.

Per ora è il caso di rientrare nel palazzo di via Sarfatti. Ove il 21 ottobre (’58) troviamo in seduta il Comitato esecutivo del Consiglio di Amministrazione intento a cercare di risolvere al più presto il già segnalato problema della istituzione della cattedra di Politica economica e finanziaria. Non fu sufficiente quella riunione per esaurire l’argomento: il Comitato si riconvocò per altre due volte, il 5 e il 15 dicembre, quando finalmente il presidente Cicogna diede «lettura del telegramma n. 736 del ministero della P. I.» col quale si dava il nulla osta per il trasferimento, con decorrenza dal 15 dicembre 1958, del prof. Ferdinando di Fenizio dalla cattedra di Economia politica dell’Università di Pavia alla nuova cattedra di Politica economica e finanziaria istituita presso la Bocconi. Con unanime soddisfazione il Comitato esecutivo accolse la comunicazione di Cicogna e deliberò l’immediata chiamata di di Fenizio alla Bocconi.

Il Consiglio di Amministrazione si era adunato, invece, il 29 ottobre per il disbrigo, soprattutto, di pratiche ordinarie. La conferma di Sapori a Rettore fu il primo atto. E il presidente Cicogna non mancò di segnalare subito che il governo francese aveva conferito a Sapori la Croce di Cavaliere della Legion d’Onore, mentre l’Università Internazionale di Scienze comparate del Lussemburgo lo aveva nominato presidente della facoltà di Economia comparata. Al plauso di tutti i consiglieri il Rettore ricambiò con un commosso ringraziamento.

Fecero seguito le comunicazioni della presidenza. Cicogna ribadì che erano ancora in corso le trattative per l’acquisto dei terreni comunali «nel quadrilatero circoscritto dalle vie Sarfatti, Castiglioni, Toniolo e Sabbatini» per l’ampliamento della sede universitaria, del pensionato e della «chiesa che Donna Javotte Bocconi intendeva far sorgere in memoria del Sen. Ferdinando Bocconi e dei suoi figlioli, dedicandola a S. Ferdinando».

Il presidente non nascose la sua soddisfazione per l’andamento delle immatricolazioni, in forte ascesa rispetto all’anno precedente. E sottolineò i buoni rapporti intavolati con la sezione milanese dell’Associazione Italiana Soroptimist, che avrebbero potuto garantire l’erogazione di premi agli studenti, ove avessero discusso tesi di laurea su aspetti e problemi della vita femminile in Italia. Cicogna concluse il suo intervento ricordando che l’inaugurazione ufficiale dell’anno accademico avrebbe avuto luogo il 14 dicembre: la prolusione sarebbe stata letta dal prof. Flora.

More solito spettò al dott. Croccolo il còmpito di illustrare la situazione economica e finanziaria dell’Università. Egli si dilungò nel segnalare le notevoli spese sostenute nel corso dell’ultimo anno «per il sopralzo e la sistemazione della Sede, nonché per la liquidazione di notevole parte dei saldi ancora dovuti ai fornitori del pensionato, al Comune di Milano per il riscatto della Sede e, infine, per il pagamento delle annualità sui mutui contratti con la Cassa di Risparmio». Tutto sommato, egli prevedeva che il bilancio si sarebbe «chiuso con un saldo passivo di circa 60 milioni». Donde la necessità di ricorrere ancora «al fido bancario. Nel nuovo anno accademico [si sarebbe avvertita l’esigenza] di un ulteriore finanziamento che egli prevedeva dell’ordine di 40-59 milioni». Ma, Croccolo aggiungeva, «entro questi limiti la situazione finanziaria non destava preoccupazioni, in quanto egli si era già assicurata un’apertura di credito a condizioni favorevoli che avrebbe consentito di fronteggiare le necessità di cassa». Rimaneva, tuttavia, indispensabile l’impiego di «mezzi straordinari», se si fossero portati a compimento gli auspicati programmi di sviluppo edilizio della sede universitaria.

Il consigliere delegato terminava la sua relazione osservando che il «bilancio d’esercizio per l’anno 1957-58, che può essere considerato il primo a regime normale» – evidentemente per «regime normale» Croccolo intendeva quello che abbinava la gestione del pensionato a quella dell’Università in senso stretto – si sarebbe chiuso con un saldo passivo di circa 10 milioni (tenuto conto degli ammortamenti e degli interessi sui mutui accesi presso la Cassa di Risparmio). Aggiungeva che il pensionato faceva anche opera di assistenza, mediante «il funzionamento del self service largamente apprezzato dagli studenti». Concludeva dicendo che «alla data odierna contro i 357 posti disponibili si sono avute oltre 550 richieste di ospitalità». Insomma Croccolo faceva eco a quanto aveva già comunicato Cicogna. Si può ben immaginare il compiacimento espresso da tutti i consiglieri.

I quali si trovarono ancora una volta alle prese con la chiamata per trasferimento sulla cattedra di Politica economica e finanziaria del prof. di Fenizio. Per questioni di correttezza, direi anzi di buona educazione, occorreva però che anzitutto si interpellasse il prof. Dominedò, ordinario dell’Università di Genova, il quale già aveva tenuto il corso nell’a.a. 1957-58. Appurato che costui aveva «cortesemente, ma decisamente rinunciato all’incarico», si deliberò immediatamente e unanimemente di conferire l’incarico stesso al prof. Ferdinando di Fenizio per l’insegnamento del corso di Politica economica e finanziaria[4]. Nel contempo fu demandata al Comitato esecutivo bocconiano «ogni più ampia facoltà per la nomina del titolare di ruolo di questa Cattedra in relazione allo svolgimento delle pratiche in corso con il Ministero della P. I.».

In conclusione di seduta, su conforme proposta del presidente, il Consiglio di Amministrazione confermò all’unanimità i direttori dei vari istituti, in particolare il prof. Demaria direttore dell’Istituto di Economia «Ettore Bocconi», ma, «per evidenti affinità di materia», il prof. di Fenizio fu nominato direttore dell’Istituto di Politica economica e finanziaria. Cicogna poi propose, e il Consiglio approvò, che questi due ultimi docenti fossero congiuntamente nominati per il 1958-59 direttori del «Giornale degli Economisti». Ci si augurava che, per tal via, si sarebbero attenuati se non eliminati gli inconvenienti lamentati con riguardo al patrocinio concesso dall’Università al prof. Demaria in merito alla «Rivista Internazionale di Scienze Economiche e Commerciali», diretta dal prof. Bagiotti, ma in effetti «espressione del prof. Demaria, la cui concorrenza al “Giornale degli Economisti” si è in quest’ultimo periodo accentuata».

La seduta si sciolse dopo un intervento del prof. Dell’Amore che, su invito del presidente, fece un’ampia relazione sulla «attività svolta dall’Istituto di Economia delle Fonti di energia» indugiando in particolare sul «programma attualmente allo studio per la istituzione di un corso di perfezionamento da svolgere presso l’Istituto stesso destinato a laureati […] corso che avrebbe dovuto essere inserito nei programmi didattici della Bocconi», così come era stato fatto per quello relativo alla formazione di quadri direttivi d’azienda. Il Consiglio prese atto della comunicazione di Dell’Amore, e delegò il Comitato esecutivo a porre in atto le misure idonee a realizzare i programmi delineati dallo stesso Dell’Amore.

Gli amministratori bocconiani, volgendo intorno lo sguardo, non potevano certamente non rendersi conto degli straordinari mutamenti che, nel corso degli ultimi anni, avevano e stavano sempre più mutando il volto economico, sociale e culturale del Paese. Si era ormai entrati, chiaramente, nel lungo rettifilo che avrebbe portato al periodo che, come ho già anticipato, sarebbe stato definito il quinquennio (1959-1963) del «miracolo economico italiano»: una rivoluzione che, come dissi, si era già profilata all’inizio degli anni Cinquanta, si era affievolita per qualche tempo, ma sembrava essersi decisamente innescata con l’entrata in vigore, il 1° gennaio 1958, della graduale riduzione dei dazi nei sei Paesi che componevano, allora, la Comunità Economica Europea (CEE). Un provvedimento che, a vero dire, aveva generato angoscianti preoccupazioni nei nostri industriali, ma che invece si dimostrò estremamente stimolante e redditizio per i produttori, per gli uomini d’affari e che, come avevano ben compreso i più avveduti e perspicaci operatori e studiosi, si sarebbe proficuamente riverberato nell’àmbito sociale e culturale. Esso avrebbe oscurato e spinto in un canto le meschine ambizioni politiche che continuamente tentavano di trascinare nei deludenti giochi di potere le ben più chiaroveggenti e rigeneratrici forze del lavoro e della cultura. Non sto, quindi, a riportare alla ribalta uomini, aride competizioni e composizioni di forze lato sensu politiche et similia che, facendo capo a povere, inadeguate, superate filosofie, o meglio a inconsistenti schemi mentali e operativi, nutrivano labili e talora inaccettabili speranze. Basterà che rammenti come il 18 febbraio si costituì, o meglio si ricostituì, un governo Segni che faticosamente resse per poco più di un anno, mentre nella Democrazia cristiana si organizzò e acquisì crescente importanza quella corrente che fu chiamata «dorotea» e nella quale trovarono posto i più attivi e prestigiosi rappresentanti del partito: all’anagrafe politica questa corrente fu iscritta sotto la data 15 marzo 1959. Si era alla vigilia della «nascita della Primavera», e ciò fu ritenuto di buon auspicio.

La storia della Bocconi si era già arricchita di un altro importante capitolo consiliare. La composizione del Consiglio aveva subìto qualche rilevante mutamento, come riscontrerà chi indugerà sulla nota in calce[5]. La data di convocazione era stata fissata per il 9 febbraio (1959).

Naturalmente per il presidente Cicogna la prima incombenza fu quella di porgere un caloroso e affettuoso saluto ai tre nuovi membri: Radice Fossati, Dubini e Ferrante (purtroppo assente per indisposizione). Radice Fossati, a nome anche degli altri due colleghi, rispose con pari cordialità e calore. Pella fu riconfermato vicepresidente e Croccolo consigliere delegato: di costui il ringraziamento fu particolarmente commosso. Come quello di Palazzina riconfermato, com’era logico, segretario del Consiglio. E pure segretario dell’Ufficio di Presidenza, composto da presidente, vicepresidente e consigliere delegato; e altresì del Comitato esecutivo i cui componenti, oltre ai tre precedenti, erano il Rettore e il dott. Zonchello (proposto dal presidente e acclamato da tutti i consiglieri). Il dott. Carlo Baccarini avrebbe esercitato le funzioni di segretario in caso di indisponibilità di Palazzina. Delegati alcuni poteri (diritti di firma ecc.), nominati i componenti della commissione per l’assegnazione delle borse di studio, e i rappresentanti nel Consiglio dell’Opera Universitaria (non ci furono varianti rispetto agli anni precedenti, salvo l’inclusione del nuovo direttore amministrativo dott. Baccarini), il dott. Croccolo si dilungò in una minuta, analitica esposizione delle singole voci dei bilanci: consuntivo (’57-58) e preventivo (’58-59).

Esaminati i risultati delle varie gestioni (Università, pensionato, patrimonio) nelle quali era suddiviso il «rendiconto economico», Croccolo sottolineò che il conto si era chiuso in pareggio, dopo aver operato i consueti ammortamenti e accantonamenti e avendo destinato il saldo di 10 milioni a incremento del fondo di riserva. E, tuttavia, la situazione finanziaria si presentava pesante, a causa delle rilevanti spese per il sopralzo della sede e per la sistemazione di molti locali, «resa indispensabile dal continuo sviluppo della Bocconi». Pur prescindendo dal mutuo di 200 milioni (ridotto a 190 milioni) per il parziale finanziamento del pensionato, la situazione patrimoniale al 31/10/58 segnalava l’utilizzazione di tasse, contributi anticipati per il ’58-59 per circa 100 milioni, il ricorso diretto al credito flottante per 26 milioni circa, «nonché una cospicua cifra di residui e risconti passivi per più di 60 milioni». In ogni caso l’avanzo relativo alla gestione patrimoniale (poco meno di 13 milioni) compensava i saldi negativi della gestione universitaria (quasi 5 milioni) e di quella del pensionato (quasi 8 milioni).

Quanto al bilancio preventivo Croccolo poneva in rilievo che le previsioni per l’esercizio 1958-59 lasciavano sperare in un lieve incremento dei proventi delle tasse, però «largamente assorbito dall’incremento delle spese fisse» (stipendi e accessori per il personale docente e amministrativo, tenuto conto anche dell’adeguamento delle retribuzioni e dell’aggiunta di due professori di ruolo). Insomma, e in breve, la gestione universitaria si sarebbe chiusa con un saldo passivo di L. 15 milioni («cifra che non avrebbe consentito quella elasticità che sarebbe necessaria per il potenziamento di tutti gli altri servizi dell’Università»). Per la gestione del pensionato si prevedeva un saldo passivo di L. 8 milioni. Invece, per la gestione patrimoniale le previsioni si presentavano soddisfacenti: era ragionevole contare su un saldo attivo di L. 23 milioni. In chiusura della sua relazione Croccolo volle dare un avvertimento: «[…] tutte le cifre del bilancio preventivo devono essere considerate con larga approssimazione, con questa differenza che mentre l’approssimazione per le entrate è ridottissima, soprattutto in senso positivo, l’approssimazione per le spese è molto più elastica, specialmente in senso negativo». Un avvertimento che, per la verità, non tanto ha il dono (linguistico) di farsi capire, quanto l’intento di sollecitare, forse, (pascalianamente) l’esprit d’intuition.

Subentrato al consigliere delegato, il presidente prese la parola per riferire in merito alle «trattative per l’acquisto dal Comune di Milano dell’area adiacente alla Bocconi costituita dal quadrilatero delimitato dalle vie Sarfatti, Castiglioni, Sabbatini e dal piazzale Sraffa per una superficie di mq 6.150 circa». Grazie anche all’interessamento del sindaco Ferrari le suddette trattative parevano avviate a «felice soluzione», ancorché dovesse essere attentamente discussa la definizione di un «prezzo apprezzabilmente inferiore a quello di mercato […] al fine di ricondurlo entro limiti più tollerabili per il bilancio della Bocconi anche in rapporto ad una richiesta rateazione». Il Consiglio, dopo pacate discussioni, non fece mancare la sua approvazione.

Così come non fece mancare il suo assenso alla proposta del prof. Dell’Amore di creare alla Bocconi una «Scuola di perfezionamento in Economia delle fonti di energia annessa all’omonimo Istituto già funzionante presso l’Università».

Nominati tre assistenti effettivi per l’a.a. 1958-59 alle cattedre di Storia (Franco Catalano), di Lingua tedesca (Vincenzo Villa) e di Diritto del lavoro (Vittorio Ottolenghi), il Rettore rese noto che il dott. Mattioli, amministratore delegato della Comit, aveva «acquistato all’asta in Inghilterra un prezioso materiale di studio costituito da libri di commercio dei Medici per donarli al nostro Istituto di Storia Economica: il dono rappresentava un valore di oltre 3 milioni». Si possono immaginare il plauso e la riconoscenza espressi al munifico donatore e alla Comit dai consiglieri tutti. Sapori comunicò anche che l’USIS, «senza apprezzabile onere per l’Università», aveva organizzato un primo seminario di studi e ricerche sugli Stati Uniti d’America (con dibattiti ed esercitazioni). Il Consiglio manifestò il suo compiacimento e ringraziò il Rettore. Rimase invece insoddisfatta, almeno per il momento, la richiesta di Radice Fossati di organizzare presso l’Università una Scuola di perfezionamento in Geografia: i costi sarebbero stati troppo elevati. E su questa momentanea delusione di un consigliere terminò la seduta.

Per quasi un semestre gli amministratori della Bocconi non avvertirono l’esigenza di riconvocarsi in Consiglio. Intanto, nel Paese, mentre si venivano sempre più rafforzando le strutture produttive e operative in ampio senso a livello industriale, mercantile e finanziario, si profilava inequivocabilmente, dopo il fallimento della tanto strombazzata riforma agraria, una radicale trasformazione del mondo rurale che avrebbe mutato la fisionomia, in termini demografici, economici e culturali, di molte contrade italiche. E se ne possono ben immaginare i riflessi e le ripercussioni in sede politica. Ne era un sintomo lo stanco e incerto procedere delle forze democratico-cristiane. Ma a ciò farò un brevissimo accenno più oltre.

Il Consiglio di Amministrazione bocconiano si radunò, dunque, il 4 luglio del ’59, con la solita percentuale di assenti per impegni o indisposizioni. I lavori si aprirono con un sentito benvenuto rivolto dal presidente al dott. Ferrante che per la prima volta partecipava a una riunione consiliare. Ferrante, presidente della Motta, allora ai vertici nel settore alimentare, comunicò ai colleghi che la società aveva deliberato lo stanziamento di L. 25 milioni per l’istituzione presso l’Ateneo bocconiano di un corso di Economia e Tecnica dell’alimentazione. Unanime fu il ringraziamento e il consenso per l’iniziativa annunciata dal dott. Ferrante.

Fonte di discussioni piuttosto accalorate fu, invece, una proposta, probabilmente inaspettata o non ancora sufficientemente meditata, avanzata dal presidente Cicogna, «ai fini di un più efficace insegnamento delle lingue straniere e delle discipline tecniche». L’organizzazione di seminari per «gruppi non troppo numerosi di studenti» avrebbe comportato l’assunzione di nuovi assistenti e lettori anche stranieri (di lingua madre) e, dunque, il sostenimento di «ingenti spese», che a loro volta avrebbero costretto a chiedere agli allievi un contributo integrativo delle tasse che si prevedeva sarebbe ammontato a 5.000 lire all’anno. L’applicazione del contributo avrebbe dovuto essere approvata dal Circolo Bocconiano, che già si sapeva assolutamente contrario. Ma Cicogna non cedette e fece notare che alla Bocconi il carico delle tasse era nettamente inferiore a quello delle altre due istituzioni universitarie milanesi, sicché certamente gli studenti avrebbero volentieri assolto il lieve onere aggiuntivo annuale, tenuto conto dei «vantaggi che dalla nuova organizzazione [dei corsi] sarebbero derivati». Tutto considerato, dunque, i consiglieri dettero il loro assenso alla proposta del presidente, precisando peraltro che essa sarebbe stata applicata solo con l’a.a. 1959-60.

Ancora il presidente, poi affiancato da Croccolo e, da ultimo, da Faina, riaprì e a lungo protrasse lo scambio di opinioni con riguardo all’uggioso capitolo della pluriennale diatriba con il prof. Demaria. Si cominciò con l’informare i colleghi che il prof. di Fenizio, che in un primo tempo aveva accettato di dirigere collegialmente con il prof. Demaria il «Giornale degli Economisti», edito dalla Bocconi, successivamente aveva pregato di essere dispensato da questo incarico, chiedendo nel contempo «che la rivista “Industria”, da lui diretta, potesse pubblicarsi sotto gli auspici dell’Istituto di Politica economica e finanziaria dell’Università Bocconi»: richiesta che trovò subito consenziente il Consiglio.

In un incontro con Demaria, Cicogna si sentì dire che, come direttore dell’Istituto di Economia «Ettore Bocconi», egli pretendeva la conferma a direttore del «Giornale degli economisti». Il presidente gli rispose che, ove non si fosse addivenuti alla chiusura di tutte le questioni pendenti, in linea di ipotesi l’Università avrebbe potuto «sospendere per un determinato periodo la pubblicazione del “G.d.E.”».

Croccolo allora intervenne per far sapere che il prof. Demaria aveva preannunciato al dott. Baccarini che avrebbe inoltrato un nuovo ricorso al Consiglio di Stato per la solita questione della ripartizione delle propine d’esame. Inoltre, fece presente che solo a fine giugno era stato pubblicato il numero di novembre-dicembre 1958 del «G.d.E.», mentre la «Rivista Internazionale di Scienze Economiche e commerciali», pubblicata mensilmente e facente capo a Demaria, aveva già distribuito il fascicolo di giugno. Croccolo non sarebbe stato contrario alla sospensione temporanea della pubblicazione del «G.d.E.». Ricordava al Consiglio che, con lettera del l° luglio 1959 firmata dal ministro della P. I., si precisava che, ai professori delle università statali, per l’a.a. 1957-58, erano state corrisposte per riparto delle propine e soprattasse d’esami L. 525.240 lorde annue, mentre la Bocconi, a siffatto titolo, aveva corrisposto L. 600.000.

Il dott. Faina non mancò di condividere pienamente le proposte del duo Cicogna-Croccolo che l’aveva preceduto. E il sindaco Ferrari non sarebbe stato contrario a che l’Università chiedesse un risarcimento al direttore del «Giornale degli Economisti» per il ritardo della pubblicazione della rivista.

Il presidente Cicogna, dichiarandosi dispiaciuto per quanto avvenuto, concludendo asserì di essere d’accordo: a) nel non conferire al prof. Demaria l’abbinamento della direzione dell’Istituto «Ettore Bocconi» con la direzione del «G.d.E.»; b) di «mettere in evidenza per iscritto nei confronti del prof. Demaria le irregolarità nella pubblicazione del “Giornale degli Economisti” e le conseguenze che ne erano derivate e ne derivano all’Università». E ho citato solo i due suggerimenti principali. Il Consiglio, comunque, tenuto conto delle varie comunicazioni, delegò il presidente a prendere «i provvedimenti che avrebbe ritenuto opportuni […] in ordine alle questioni che hanno formato oggetto di discussione».

Dell’Amore aveva comunicato con lettera che «il Consiglio dell’Anidel era in linea di massima disposto a contribuire con una quota annua variante fra i 3 milioni e mezzo e i 4 milioni alla istituzione presso l’Università Bocconi di una cattedra di ruolo di tecnica industriale a decorrere dall’a.a. 1959-60». Per il momento l’impegno sarebbe stato assunto per 5 anni, ma si contava successivamente di rinnovarlo. Viva fu la riconoscenza espressa dal Consiglio.

Il Consiglio fu informato da Cicogna che, attraverso uno scambio di lettere con il Comune, si erano definitivamente concordate le condizioni per l’acquisto del terreno, della superficie di 6.150 mq circa, a cui si è già fatto riferimento in precedenza. Il prezzo convenuto era di L. 150 milioni «a corpo»: il pagamento sarebbe stato effettuato in cinque anni, con annualità di L. 30 milioni senza interesse. Erano in corso le pratiche per l’esecuzione degli accordi. Il sindaco Ferrari fu caldamente ringraziato per l’appoggio che aveva dato con grande impegno.

Sulla situazione economica e finanziaria dell’Università riferì, come sempre, il consigliere delegato dott. Croccolo. A suo dire i risultati dell’a.a. 1958-59 sarebbero stati, approssimativamente, eguali a quelli del 1957-58, «malgrado il maggior aggravio che al bilancio della Bocconi deriverà dalla gestione del pensionato, il quale risentirà dei costanti aumenti nel prezzo dei viveri e dei servizi non compensati da un corrispondente aumento delle rette […] nonché dei maggiori oneri derivanti del trattamento economico ai professori di ruolo aumentati da 3 a 5». Pure la situazione di cassa si manteneva buona, ancorché si fossero incontrate spese per oltre 100 milioni di lire a causa del sopralzo della sede e della sistemazione di vari locali (opere eseguite a tutto il 30 giugno 1959).

Chiusa la relazione di Croccolo (approvata) si passò al conferimento di incarichi di insegnamento e alla nomina di assistenti effettivi. Il Rettore comunicò le proposte dei Consigli di facoltà. Pochissime furono le varianti. Il prof. Alfieri rinunciò all’incarico di Pedagogia alternato con quello di Storia della filosofia. Il prof. Cantoni fu pregato di sottoporre una terna di nomi da cui scegliere il successore di Alfieri. Sarebbe stato mantenuto anche per il 1959-60 il corso di Diritto internazionale e ripristinato quello complementare, di Storia delle dottrine economiche, già affidato al prof. Bagiotti. Non era previsto alcun mutamento per gli assistenti effettivi e per i lettori. Il Consiglio non sollevò alcuna eccezione e approvò le proposte.

Il Rettore riferì che il dott. Mattioli, amministratore delegato della Comit, si era impegnato a conferire alla Bocconi un altro milione di lire per provvedere a dotare l’Istituto di Storia economica degli scaffali necessari per la prevista sistemazione. E rifacendosi a quanto proposto dal conte Radice Fossati nella precedente seduta, cioè l’apertura presso la Bocconi di un Istituto di Geografia, che sarebbe stata vista con viva simpatia dalla Camera di Commercio, annunciò che «il progetto relativo era già stato elaborato». Ma intervenne subito il presidente per dire che sarebbe stato necessario assicurare per almeno cinque anni, da parte di un ente interessato, un contributo di almeno 5-6 milioni, perché l’Università non avrebbe potuto gravare il bilancio d’una siffatta spesa. Non so come il consigliere Radice Fossati accolse il monito presidenziale; i suoi colleghi si limitarono a suggerire, prima che la seduta si chiudesse, che si continuasse nello studio del progetto.

Il 19 ottobre 1959 si succedettero a mezz’ora di distanza, nel pomeriggio, due sedute del Comitato esecutivo. Nel corso della prima riunione si discusse la proposta del Consiglio di facoltà, segnalata dal Rettore, in merito alla istituzione di una nuova cattedra (la sesta) destinata all’insegnamento della Tecnica industriale e commerciale: la copertura della cattedra avrebbe dovuto avvenire «mediante trasferimento». Occorreva predisporre la documentazione necessaria da inviare al ministero della P. I., perché la vacanza della cattedra fosse immediatamente pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale», onde l’insegnamento potesse iniziare subito con l’a.a. 1959-60.

Alla seconda riunione fu invitato il prof. Dell’Amore che, nella sua veste di vicepresidente dell’Istituto economico delle fonti di energia (già da tempo funzionante nell’àmbito dell’Università Bocconi), fu pregato di leggere una minuziosa e, senza dubbio, ben stilata e convincente «Memoria», in merito alla istituzione presso la Bocconi di una «Scuola di perfezionamento in Economia delle fonti energia». Non mi è dato, in questa sede, di riassumere le tante, articolate e persuasive considerazioni di Dell’Amore, i suoi pertinenti riferimenti a quanto era stato realizzato in istituti e in università stranieri, le sue ben fondate convinzioni in ordine all’importanza non solo pedagogica e scientifica, ma altresì operativa a vantaggio delle strutture economiche del Paese, della desiderata «Scuola». Il presidente Cicogna non poté che esprimere il più sentito ringraziamento a Dell’Amore «per il preciso inquadramento della questione» dichiarandosi «perfettamente d’accordo sulle sue considerazioni e conclusioni». Di rincalzo il Rettore, in quanto presidente del Consiglio di facoltà, aggiunse che i colleghi avevano espresso «conforme avviso».

In conclusione, il Comitato esecutivo, all’unanimità, «diede mandato al presidente e al consigliere delegato affinché […] rinnovassero al competente ministero la richiesta di approvazione delle modifiche statutarie necessarie alla realizzazione di una “Scuola di perfezionamento in Economia delle fonti di energia” presso l’Università Bocconi».

Il giorno successivo, 29 ottobre 1959, fu la volta del Consiglio di Amministrazione. Numerosi furono gli assenti (giustificati): otto. Ma il numero legale per la validità dell’assemblea fu raggiunto e, in un clima disteso, si procedette a discutere l’ordine del giorno.

Riconfermato Rettore tra applausi e ringraziamenti Armando Sapori, il presidente Cicogna informò che si erano definitivamente concluse le trattative col Comune per l’acquisto dei circa 6.100 mq di terreno adiacenti all’Università. Cicogna comunicò che, secondo notizie pervenutegli, il terreno attiguo al pensionato, destinato «a stazione per i servizi automobilistici», avrebbe potuto, presumibilmente, essere utilizzato in futuro (e ciò è oggi avvenuto), realizzando notevoli economie, posto che la stazione sarebbe sorta in altra località.

Il presidente rammentò che un quinto del terreno appena acquistato sarebbe stato destinato alla progettata chiesa di S. Ferdinando, il cui esercizio sarebbe stato affidato alla Curia milanese, che se ne sarebbe accollata anche le spese. Quanto al preventivo finanziario, per la costruzione del nuovo pensionato e per l’ampliamento dell’Università, si sarebbe andati incontro a una spesa di un miliardo di lire, oltre al costo del terreno. Si contava sull’intervento del prof. Dell’Amore per lo studio di un piano di finanziamento ad hoc con la Cassa di Risparmio.

Lo scambio di lettere con il prof. Demaria sembrava avere dato qualche buon frutto: la direzione dell’Istituto di Economia «Ettore Bocconi» era da considerarsi completamente distinta da quella del «Giornale degli Economisti», la cui pubblicazione s’andava normalizzando. Purtroppo ci si sarebbe dovuti ancora avvalere dei servigi dell’avv. prof. Dedin di Roma, giacché il prof. Demaria aveva notificato il suo quinto ricorso al Consiglio di Stato per l’annosa questione del riparto delle propine d’esame e l’udienza era stata fissata per il 26 gennaio 1960.

Dopo aver informato il Consiglio che, con riguardo alle immatricolazioni, si rilevava un lieve aumento per il corso di laurea in Economia e Commercio, mentre per quello in Lingue e Letterature straniere si notava un sensibile regresso, il presidente affrontò un tema di rilevante importanza per la Bocconi.

Cicogna non tergiversò nel far presente [cito testualmente] «la concorrenza che alla Bocconi deriva dalle iniziative […] realizzate presso l’Università di Stato milanese (con riguardo alla laurea in Lingue e Letterature straniere)» e accennò al «progetto di cui si è parlato in questi ultimi tempi relativo alla eventuale soppressione dei corsi di Lingue e Letterature straniere presso le facoltà di Economia e Commercio», avvertendo peraltro che egli «non riteneva probabile che tale progetto, anche se realizzato, potesse trovare applicazione nei confronti della Bocconi».

Rammento l’intervento del dott. Croccolo in merito alla situazione economica e finanziaria, esposta con il consueto scrupolo. Il bilancio consuntivo per l’a.a. 1958-59 si sarebbe chiuso al 31 ottobre suppergiù con risultati eguali a quelli dell’anno precedente. Per la sistemazione (edifici e attrezzature) dell’Università si sarebbero spesi circa 75 milioni. Tenuto conto del presumibile scoperto di cassa, ad avviso del consigliere delegato si sarebbe dovuto prevedere un fabbisogno di capitale circolante di 80 milioni, senza considerare, naturalmente, le nuove iniziative preannunciate, anche in precedenti sedute, dal presidente, e sempre che le iscrizioni si mantenessero al livello dell’anno precedente. Pure il bilancio preventivo sottoposto al Consiglio si presentava in pareggio, «compensandosi il previsto saldo passivo per la gestione universitaria e per la gestione del pensionato con il previsto saldo attivo della gestione patrimoniale». Il bilancio preventivo fu subito approvato.

Dopo che il segretario del Consiglio, dott. Palazzina, ebbe dato lettura delle deliberazioni prese dal Comitato esecutivo (e qui ricordate poco più addietro), si affrontò il delicato problema dell’aumento delle cattedre di ruolo, che avrebbe comportato, ovviamente, qualche modifica allo statuto. Recita testualmente il verbale della seduta: «Nell’intendimento di conferire maggior prestigio all’Università rafforzando il quadro dei docenti, la Presidenza è venuta nella determinazione di proporre di elevare da 6 a 8 i posti di ruolo delle materie fondamentali chiedendo al riguardo la necessaria modifica del primo comma dell’art. 7 dello statuto». Uno dei due nuovi posti di ruolo sarebbe stato attribuito alla facoltà di Economia e Commercio, per l’insegnamento di materie giuridiche, e l’altro al corso di Lingue e Letterature straniere. Il Consiglio approvò e diede mandato alla presidenza per il disbrigo delle pratiche.

Il Rettore, facendo sua la proposta del Consiglio di facoltà, chiese, e i colleghi del Consiglio di Amministrazione approvarono, che si inserissero due nuovi corsi complementari: quello di Letteratura nordamericana e quello di Letteratura ispano-americana.

Facendo seguito ai suggerimenti del Consiglio di facoltà, il Rettore richiamò l’opportunità di tenere, nella sezione di Lingue, un corso di Storia della filosofia o un corso di Pedagogia. Ora, tenuto conto dei corsi svolti dal prof. Cantoni e dal prof. Bertolini, in accordo con i voti espressi dalla facoltà, sarebbe stato opportuno sostituire il corso di Storia della filosofia con quello di Pedagogia. La prof.ssa Emmy Rosenfeld, conseguita la libera docenza, sarebbe passata dal grado di lettrice a quello di incaricata svolgendo il corso di Lingua tedesca secondo le direttive del prof. Amoretti. Dovendosi assentare per malattia e per lungo tempo, il prof. Revel sarebbe stato sostituito dal prof. Baridon, che avrebbe avuto come suo supplente, in veste di incaricato, il prof. Balmas. Avendo anche l’incarico di Tedesco, Revel sarebbe stato sostituito dal dott. Villa coadiuvato dall’assistente dott. Dresbach. Il Consiglio tutto approvò e formulò vivi auguri a Revel.

Non indugio sulle iniziative, del resto già adombrate in precedenti consigli, per meglio organizzare e far fruttare gli insegnamenti delle varie lingue a vantaggio degli studenti (creazione di istituti per le diverse lingue, e non solo per l’inglese, reclutamento di lettori e assistenti, prevedendosi l’utilizzazione di lettori e assistenti stranieri nel terzo e quarto anno, ritocco degli stipendi e dei premi di operosità ecc.). Il Consiglio diede la sua approvazione onde il progetto di riordinamento fosse studiato e portato a termine. Furono confermati tutti i direttori degli Istituti, e anche del «G.d.E.» (quest’ultimo nella persona del prof. Demaria). Coerente con la sua posizione già più volte affermata il dott. Croccolo si astenne dal votare.

Su proposta del presidente e ai sensi dell’art. 129 del regolamento generale universitario, il dott. Carlo Baccarini fu incaricato di operare come ufficiale rogante nella stipulazione di atti e contratti per conto dell’Università. Baccarini, finalmente, era stato investito, in tutto e per tutto, delle funzioni di direttore amministrativo. Al suo fianco, già dall’inizio dell’anno (1959), coadiuvava, acquisendo sempre più alti meriti, il dott. Enrico Resti (il quale undici anni dopo, nel 1970, avrebbe attinto la carica di direttore amministrativo).

Per circa un semestre gli amministratori bocconiani non si convocarono. Ma ciò non stava a significare che essi avessero allentato il controllo sulla gestione dell’Ateneo, giacché in tre occasioni, ancorché in numero estremamente ridotto, essi si ritrovarono davanti a «sudate carte».

La prima volta fu il 13 novembre (1959). Nell’Ufficio di Presidenza convennero, oltre al dott. Furio Cicogna, l’on. Giuseppe Pella, vicepresidente, e il consigliere delegato Alessandro Croccolo, che assunse pure le funzioni di segretario. Cicogna, senza frapporre indugi, riassunse quanto aveva costituito oggetto di discussioni nell’ultima seduta del Consiglio, con particolare riguardo ai dibattiti succedutisi in merito alle nuove iniziative e ai programmi in corso di esecuzione, di cui ho già trattato poco più addietro. In breve, si discusse del «programma di ampliamento della Bocconi, sotto il duplice aspetto della costruzione di un nuovo pensionato e del trasferimento, in edifici da costruire sul nuovo terreno acquistato del Comune, della biblioteca e di taluni Istituti scientifici annessi alla Bocconi e suscettibili di ampi sviluppi». A una prima approssimativa valutazione, il piano di fabbisogno finanziario si sarebbe aggirato intorno a un miliardo di lire. Cicogna manifestò la sua preoccupazione circa l’onere degli interessi passivi: avrebbero dovuto essere contenuti al massimo per non pregiudicare l’equilibrio del bilancio della Bocconi e per «continuare, in ispecie per ciò che concerne il nuovo pensionato, quell’indirizzo molto moderato nella determinazione delle rette così da potenziare il carattere di assistenza a favore degli allievi». L’Ufficio di Presidenza si trovava pienamente d’accordo sulla necessità di condurre uno studio approfondito del problema e di concordare in una successiva riunione «le proposte definitive da sottoporre all’approvazione del Consiglio, in relazione anche al concorso [di aiuti] che da parte dello Stato e di altri Enti pubblici si sarebbe potuto trovare».

Il presidente pregò l’on. Pella, quale rappresentante del ministero della P.I., di svolgere il suo efficace intervento per ottenere dallo stesso ministero il riconoscimento della Scuola di perfezionamento in Economia delle fonti d’energia, e di intervenire altresì in relazione a un progetto di iniziativa parlamentare riguardante i corsi di laurea in Lingue e Letterature straniere presso le facoltà di Economia e Commercio.

Non era trascorso un mese che, il 4 dicembre (1959), i sei membri del Comitato esecutivo si ritrovarono. Un solo argomento venne trattato: l’attribuzione della cattedra di Tecnica industriale e commerciale. Il Rettore riportò il pensiero e l’auspicio dei colleghi riunitisi in Consiglio di facoltà. E all’unanimità il Comitato «fece proprie le considerazioni che hanno determinato il voto unanime del Consiglio di facoltà per la nomina del prof. Giorgio Pivato a titolare della cattedra di Tecnica industriale e commerciale […] mediante trasferimento da Genova a Milano». Il trasferimento avrebbe avuto luogo dal 1° febbraio 1960 qualora «per qualsiasi ragione non potesse avvenire nei termini di legge». Dieci giorni dopo, il 14 dicembre, lo stesso Comitato esecutivo, ottenuto il nulla osta del ministero con decorrenza 15 dicembre 1959, tenuto conto dell’urgenza di dar inizio al corso di Tecnica industriale e commerciale, deliberava l’immediato trasferimento del prof. Pivato all’Università Bocconi. Più di tre mesi sarebbero, però, trascorsi prima di vedere riunito il Consiglio di Amministrazione.


1

Presenti alla seduta del 26 febbraio 1958: presidente, Furio Cicogna; consigliere delegato, Alessandro Croccolo; Rettore, Armando Sapori; consiglieri: Virginio Bontadini, Dino Cardarelli, Giuseppe Corridori, Giordano Dell’Amore, Carlo Faina, Virgilio Ferrari, Aurelio Martegani, G. B. Migliori, Giacomo Zonchello. Assenti scusati: presidente onorario, Donna Javotte Bocconi; vicepresidente, S.E. Giuseppe Pella; consiglieri: Carlo Corti, Giulio Foligno, Paolo Greco, Gaetano Marzotto. Totale dei membri del Consiglio: diciannove.

2

Alla questione si farà probabilmente cenno in altre pagine di questo volume.

3

ASUB. Libro n. 2 dei Verbali delle Sedute del Consiglio di facoltà.

4

Si astenne dal votare il consigliere dott. Faina (alto membro del Consiglio d’Amministrazione della Montecatini) posto che di Fenizio era consulente della Montecatini stessa.

5

Il Consiglio d’Amministrazione della Bocconi risultava costituito dai sottoscritti componenti:

presidente onorario: Donna Javotte Bocconi Manca di Villahermosa; presidente effettivo: Cicogna dott. Furio; membro di diritto: Rettore, Sapori on. prof. Armando; consiglieri in rappresentanza: ministero della P. I., Pella on. dott. Giuseppe; ministero Industria e Commercio, Mattioli dott. Raffaele; Provincia di Milano, Migliori on. avv. G. B.; Comune di Milano, Ferrari prof. Virgilio; Cassa di Risparmio, Dell’Amore prof. Giordano; Camera di Commercio, Radice Fossati conte Ing. Eugenio; Bontadini don. Virginio; Cardarelli dott. Dino; consiglieri (delegati da Donna Javotte Bocconi): Croccolo dott. Alessandro; Corridori Gr. Uff. Giuseppe; Dubini dott. Emanuele; Faina conte dott. Carlo; Ferrante dott. Alberto; Martegani comm. Aurelio; Marzano di Valdagno Castelvecchio conte Gaetano; Palazzina dott. Girolamo; Zonchello dott. Giacomo.

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