Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

All’inizio degli anni Sessanta: l’avvio di una stagione di riforme


Parole chiave: Rettore Sapori Armando, Demaria Giovanni, Facoltà di lingue

La lunga crisi che investì la scuola italiana negli anni ’50 impose la necessità di riformare l’intero sistema dell’istruzione superiore, per adeguarlo a una realtà profondamente mutata dal «miracolo economico» e dal rapido aumento della popolazione studentesca. Le grandi aspettative suscitate dall’operazione sarebbero ben presto andate deluse a causa della incapacità dei governi, che spesso stavano in carica pochi mesi, di tradurre in pratica le proposte delle varie commissioni ministeriali.

A un primo momento di entusiasmo per le novità prospettate, seguì quindi la caduta dell’interesse dell’opinione pubblica e di una parte dell’accademia, disilluse dal sostanziale immobilismo delle istituzioni e dalla genericità delle ipotesi prospettate. Ma questo non accadde a una Università che dell’innovazione aveva fatto uno stile di vita e che sentiva profondamente l’obsolescenza di un indirizzo di studi le cui ultime modifiche risalivano ormai a parecchi decenni addietro.

All’esigenza di ripensare struttura e logica degli insegnamenti il C.d.F., che proprio alcuni mesi prima era stato integrato da Giorgio Pivato, chiamato sulla cattedra di Tecnica industriale, rispose affidando a una piccola commissione, formata da Dell’Amore, di Fenizio e Pivato, il compito di rivedere gli orientamenti didattici, elaborando un progetto che sarebbe stato presentato, come contributo bocconiano, alle commissioni incaricate di predisporre la riforma della facoltà di Economia e Commercio.

Il gruppo di studio lavorò sodo e, in pochi mesi, mise a punto un’ipotesi, presentata al C.d.F. del 7 maggio 1960[1], che prevedeva: a) la ripartizione del quadriennio in due bienni, un primo a indirizzo formativo comune e un secondo diviso in due indirizzi (uno di natura economico-sociale e uno di natura economico-aziendale); b) l’eliminazione di alcuni insegnamenti, quali Matematica generale e Merceologia, considerati superflui per la preparazione del futuro laureato in Economia; c) lo spostamento di determinate discipline dal primo al secondo biennio, o vice versa, e la individuazione di alcune propedeuticità; d) la definizione di nuovi insegnamenti complementari[2].

In sintesi, lo schema risultava il seguente:

 

Tabella 7 Insegnamenti obbligatori del corso di laurea in Economia secondo il progetto Dell’Amore

Primo biennio

Secondo biennio

Secondo biennio

Generale

Economico-sociale

Economico-aziendale

Economia politica l e II

Econometria

Ragioneria I

Econ. aziendale I e II

Econ. e politica agraria

Ragioneria II

Politica economica

Matematica per economisti

Economia delle aziende di credito

Scienza delle finanze

Statistica economica

Economia delle aziende industriali

Statistica

Demografia

Economia delle aziende mercantili

Geografia economica

Matematica finanziaria e attuariale

Diritto commerciale

Storia economica

Diritto commerciale

Diritto del lavoro

Ist. diritto pubblico

4 insegnamenti complementari a scelta

4 insegnamenti complementari a scelta

Ist. diritto privato

 

 

Una lingua straniera

 

 

 

Sul progetto si accese una vivace discussione: Brambilla e di Fenizio si dichiararono decisamente contrari all’abolizione della Matematica, che consideravano insegnamento centrale nella formazione del laureato in Economia, e richiesero un sostanzioso incremento nel numero dei complementari di natura economico-quantitativa; in questo sostenuti da Demaria che, richiamata la proposta a suo tempo fatta dalla Società degli economisti, si associò alle richieste dei colleghi e suggerì che anche Politica economica fosse impartita in due corsi (uno istituzionale e uno avanzato). Egli, inoltre, contestò l’eccesso di discipline aziendali presenti nel piano degli studi e sottolineò la mancanza di Storia delle dottrine economiche fra i fondamentali dell’indirizzo economico-sociale, l’eccessivo frazionamento delle discipline giuridiche in corsi specialistici e lo scorretto utilizzo della denominazione «Economia di…» per indicare «discipline che appaiono essere in contrasto non solo con le tradizioni degli studi della facoltà di Economia e Commercio, ma anche con il contenuto delle discipline medesime; le quaIi, secondo le suddette tradizioni, non aderiscono ad un indirizzo di fondo degli studi economici, su un livello teoretico, ma hanno, piuttosto, una prevalente se non esclusiva caratterizzazione tecnica. Potrebbero cioè essere svolti, con l’appellativo di alto rango di “Economie”, degli insegnamenti da parte di docenti i quali, non solo non sarebbero ufficialmente riconosciuti come “economisti”, ma nel fatto non riuscirebbero a sollevare la trattazione della materia granché dal piano strettamente tecnico-applicativo. I tecnici che fossero afflitti da tali limitazioni figlierebbero, a loro volta, nei concorsi, “tecnici” aventi le medesime, o anche deteriori caratteristiche; eppure, tutti crederebbero di avere titolo formale e doti sostanziali per essere inclusi nella categoria degli economisti»[3].

Alle pesanti critiche mosse dal direttore dell’Istituto di Economia diede risposta Dell’Amore, che dichiarò di condividere alcune delle osservazioni fatte, ma confutò l’eccessiva espansione delle discipline facenti capo al suo Istituto, quanto meno nel «biennio aziendale», e soprattutto l’accusa di utilizzare surrettiziamente il termine «Economia di…» per indicare le discipline economico-aziendali. Su quest’ultimo tema egli osservò che «le impostazioni date, da anni ormai, agli studi aziendali, specie dalla scuola zappiana, dimostrano che vi è la possibilità di conferire dignità scientifica e rigore di metodo alle discipline microeconomiche. Il che da un lato permette di usare il termine di “Economie” per le discipline che insegnano i principi di vita economica valevoli per vasti settori aziendali; dall’altro giustifica l’ampio posto riservato a tali discipline, almeno nell’indirizzo economico-aziendale. È purtroppo aderente al vero l’osservazione che vi sono docenti inetti, per costituzione propria o per errato indirizzo seguito, a sollevarsi granché dagli svolgimenti tecnico-applicativi delle materie aziendali; ma dobbiamo poi tracciare una riforma a livello dei peggiori docenti o non è invece nostro compito di riconoscere il rango al quale sono arrivati determinati studi e trascinare quindi gli attuali retrogradi e le future leve ad adeguarvisi?»[4].

A risolvere la contesa venne il suggerimento di di Fenizio di utilizzare la denominazione «Economia e tecnica di…» per indicare discipline, come quelle aziendali, nelle quali «accanto ad un indirizzo metodologico di ricerca indiscutibilmente scientifico, vi è anche un contenuto tecnico, sia pure subordinato e didatticamente trattato solo in sede di applicazioni».

Nel licenziare lo schema, il C.d.F. raccomandò al Rettore che la proposta bocconiana inviata alla commissione ministeriale fosse corredata dalla richiesta che il nuovo piano di studi che la stessa stava elaborando fosse il frutto di scelte meditate, da sottoporsi all’attento esame delle facoltà prima della definitiva applicazione e soprattutto che la riforma non divenisse una sorta di cavallo di Troia atto a rendere più agevoli e meno selettivi i concorsi a cattedra, che si auspicavano condotti con la solita severità e fermezza, grazie alla scelta oculata delle commissioni giudicatrici.

La lunga discussione accesasi intorno ai temi or ora enunciati rese molto più agevole l’esaurimento del punto successivo dell’ordine del giorno che prevedeva il riesame del corso di laurea in Lingue. La proposta formulata da Aurelio Zanco contemplava: a) la restrizione degli insegnamenti quadriennali obbligatori da quattro a due lingue; b) l’abolizione del Latino e della Geografia; c) l’opzione tra Filologia romanza o Filologia germanica, «in corrispondenza con la natura della tesi scelta»; d) l’istituzione di nuovi corsi, quali Storia dell’arte e Lingua e Letteratura russa; e) la definizione di due percorsi ai quali avrebbero dovuto corrispondere «due distinti attestati finali». Il primo, della durata di quattro anni, avrebbe abilitato all’insegnamento medio; il secondo, «rilasciato dopo due ulteriori anni, previa tesi scritta nella lingua indicata», avrebbe invece aperto la strada alla carriera universitaria. Nel breve dibattito che ne seguì il C.d.F. respinse la proposta di prolungare il corso di due anni, che avrebbe snaturato «il tipo di laurea per il quale i corsi di lingue della Bocconi sono stati istituzionalmente creati»; cassò l’idea di togliere di mezzo il Latino, «insegnamento avente elevatissimo valore formativo»; approvò invece il suggerimento di ridurre a due gli insegnamenti quadriennali di lingue e l’opzione per l’una o per l’altra delle filologie.

Entrambe le ipotesi di riforma approvate nella lunga seduta consiliare presentavano aspetti alquanto innovativi; ma la loro realizzazione avrebbe richiesto la modifica dell’ordinamento generale degli studi superiori, per la quale i tempi non erano ancora maturi.

Il Consiglio di facoltà di quel maggio 1960 aveva all’ordine del giorno anche altri due temi non marginali: la riforma dei programmi didattici dell’Istituto di studi sulle borse valori «A. Lorenzetti» e l’istituzione di due nuovi corsi di laurea, in Scienze statistiche e demografiche e in Scienze statistiche ed attuariali.

Sul primo tema, sottolineata l’importanza assunta dal mercato finanziario milanese, Giorgio Pivato segnalò la diffusa «esigenza culturale in materia di borsa valori» alla quale si sarebbe potuto dare efficace risposta ampliando i contenuti del corso di Tecnica di borsa a temi dedicati all’ordinamento dei mercati finanziari e alle strutture tipiche di negoziazione sugli stessi vigenti e affidandolo, nella parte applicativa, a «tecnici che diano affidamento di competenza e di dignità di esposizione».

L’approvazione incondizionata della proposta Pivato consentì che, finalmente, fosse messo in discussione un tema che stava molto a cuore a Francesco Brambilla: l’attivazione, accanto ai tradizionali corsi di laurea, di nuovi indirizzi di studio, approfittando degli spazi che le ventilate riforme parevano dischiudere all’innovazione didattica. L’appassionata perorazione dell’eminente statistico convinse il Consiglio della bontà della sua idea e lo spinse a proporne l’attivazione, secondo lo schema che Brambilla aveva opportunamente predisposto (Tabelle 8 e 9).

 

Tabella 8 Corso di laurea in Scienze statistiche e demografiche

Esami fondamentali

Esami complementari

Istituzioni di analisi matematica

Geografia politica ed economica

Analisi matematica

Statistica sociale

Geometria analitica

Statistica sanitaria

Calcolo delle probabilità

Diritto dell’organizzazione internazionale

Istituzioni di statistica

Etnologia

Statistica

Antropologia

Statistica metodologica

Biometrica e antropometrica

Demografia

Genetica

Demografia investigativa

Econometria

Istituzioni di economia politica

Matematica finanziaria e attuariale

Economia applicata

Contabilità nazionale

Istituzioni di statistica economica

Statistica aziendale e analisi di mercato

Statistica economica

Principi e tecnica delle applicazioni meccanografiche ed elettroniche

Istituzioni di diritto privato

 

Istituzioni di diritto pubblico

 

Sociologia

 

Teoria dei campioni

 

 

Tabella 9 Corso di laurea in Scienze statistiche e attuariali

Esami fondamentali

Esami fondamentali

Istituzioni di analisi matematica

Statistica assicurativa

Analisi matematica

Matematica finanziaria e attuariale

Geometria analitica

Tecnica attuariale e delle assicurazioni vita

Calcolo delle probabilità

Tecnica attuariale e delle assicurazioni sociali

Istituzioni di statistica

Tecnica attuariale e delle assicurazioni danni

Statistica

Diritto delle assicurazioni private e sociali

Statistica metodologica

Economia e finanza imprese assicurazione

Demografia

Esami complementari

Istituzioni di economia politica

Teoria dei campioni

Istituzioni di statistica economica

Statistica sanitaria

Istituzioni di diritto privato

Storia della statistica

Istituzioni di diritto pubblico

Economia e legislazione bancaria

Sociologia

Principi e tecnica delle applicazioni meccanografiche ed elettroniche

 

Le attese sarebbero state parzialmente deluse: il ministero rispose che l’ordinamento universitario non prevedeva nuovi corsi di laurea, ma solo nuove facoltà. A sua volta il C.d.A. della Bocconi non ebbe difficoltà ad ammettere che, in quel momento, non esistevano i presupposti finanziari né il capitale umano necessari per affrontare un impegno di tal genere e, d’accordo con il Rettore, propose di abbandonare l’idea di un corso di laurea in Scienze statistiche e di ripiegare su di una «Scuola di perfezionamento in Scienze statistiche, demografiche e attuariali». A Francesco Brambilla non restò che accettare il compromesso, adattandosi a un disegno ben più modesto di quello inizialmente immaginato.

La Scuola di perfezionamento, aperta a laureati in Economia, Matematica e Fisica, Ingegneria, si sarebbe articolata in un primo anno comune e in un secondo anno suddiviso in due indirizzi, i cui insegnamenti sarebbero risultati i seguenti:

 

Tabella 10 Insegnamenti previsti per la Scuola di perfezionamento in Scienze statistiche, demografiche e attuariali

I anno

II anno

II anno

Insegnamenti comuni

Indirizzo statistico-demografico

Indirizzo attuariale

Analisi matematica

Statistica II (teoria dei campioni)

Statistica assicurativa

Geometria analitica

Storia della statistica

Matematica finanziaria e attuariale

Calcolo delle probabilità

Statistica aziendale

Tecnica attuariale delle assicurazioni

Statistica

Statistica economica

Economia delle imprese d’assicurazione

Demografia

Statistica per le scienze fisiche

Diritto delle assicurazioni private e sociali

Sociologia

Econometria

 

Meccanografia e calcolo elettronico

Biometria e genetica

 

 

Psicologia sperimentale

 

 

Ancora una volta il C.d.F. diede il suo assenso all’iniziativa[5], con l’intesa, sollecitata da Giovanni Demaria, che la stessa procedura sarebbe stata utilizzata nel momento in cui l’Istituto di Economia «E. Bocconi» avesse deciso di dar vita alla sua «Scuola di perfezionamento in discipline economiche».

La scuola di Statistica, ottenuto il parere favorevole del Consiglio superiore della Pubblica istruzione[6], avrebbe dovuto attendere il nulla osta del ministero per aprire i battenti; ma il suo futuro direttore era talmente impaziente di concludere l’iter prima dell’inizio dell’anno accademico, da spingere il C.d.F. a nominare sub conditione i docenti incaricati di tenerne i corsi[7] e ad annunciare l’apertura delle iscrizioni.

L’inizio del ’62 vide alcuni neolaureati, come Roberto Ruozi e Giorgio Pellicelli[8], affacciarsi timidamente sulla scena accademica, mentre altri giovani docenti concludevano il loro iter ascendendo alla cattedra: Ariberto Mignoli, vincitore nel concorso di Diritto commerciale; Adalberto Predetti e Tullio Bagiotti, ternati in quello di Economia politica.

Il successo del giurista, molto stimato dagli ordinari della facoltà, aprì un acceso dibattito in seno al C.d.F. sull’opportunità di dedicare al Diritto la cattedra ancora scoperta. Finché la discussione rimase sulle generali tutti convennero sull’opportunità di dar spazio alle discipline giuridiche (e in particolare al Diritto commerciale); ma quando Armando Sapori pose il quesito se la chiamata di un idoneo dovesse avvenire per trasferimento, come era tradizione della Bocconi, o se non fosse il caso, per una volta, di fare un’eccezione alla regola[9], l’unanimità venne meno.

Il Rettore, che era molto favorevole alla chiamata di Mignoli, avvertita la necessità di agire con grande cautela per non urtare la suscettibilità di alcuni dei membri del Consiglio, decise di pervenire per tappe a un’intesa, che probabilmente dava per scontata, prospettando dapprima la votazione della norma generale che regolava le chiamate[10] e, in seguito, la possibile deroga alla stessa[11]. Ma, se sul primo punto ottenne un consenso unanime, sul secondo dovette registrare la ferma opposizione di Demaria, che richiese il rinvio della votazione, giustificandolo con la delicatezza del tema e con la necessità di una più meditata riflessione e che, di fronte al rifiuto di rimandare la decisione, si alzò di scatto e abbandonò la seduta. A quel punto sarebbe stato tecnicamente possibile concludere l’operazione; ma mai, nella storia della Bocconi, era accaduto che una chiamata mancasse dell’unanimità. A malincuore si deliberò allora di aderire alla richiesta dell’economista, «soppesando l’inopportunità di provvedere ad una decisione importante in assenza di un valoroso membro del Consiglio di facoltà, e tenuto conto dell’ora tarda». Il tono pacato del verbale nascondeva, in realtà, uno scontro durissimo fra Armando Sapori e Giovanni Demaria: nella visione del Rettore il rinvio della votazione si traduceva, di fatto, in una vera e propria bocciatura della sua proposta, posto che il termine ultimo per la chiamata di Mignoli sarebbe scaduto prima che fosse tecnicamente possibile una nuova convocazione del Consiglio.

La questione ebbe ulteriori strascichi in Consiglio d’Amministrazione. Nella tornata del 27 febbraio Furio Cicogna comunicò che il Rettore aveva inteso quanto era accaduto come un atto di sfiducia nei suoi confronti e aveva presentato al presidente le sue dimissioni[12]. Dimissioni che, naturalmente, vennero immediatamente respinte.

Sapori aveva perso la battaglia, ma avrebbe vinto la guerra. Una guerra che, a onor del vero, neanche Demaria aveva l’intenzione di continuare: quello che gli importava era affermare il principio che, fatta salva l’eccezione proposta, la chiamata in Bocconi doveva essere un punto di arrivo, non di partenza, per i professori ordinari; il 10 maggio 1962 il C.d.F., unanime, decideva «di assegnare al Diritto commerciale la cattedra vacante del corso di laurea in Economia e commercio», proponendone la copertura mediante trasferimento[13].

La chiamata di Mignoli, che mutava i delicati equilibri interni al Consiglio a favore degli economisti, pose le basi per un ulteriore ampliamento dell’organico. La richiesta di una nuova cattedra di Ragioneria, patrocinata da Dell’Amore e da Pivato, venne approvata all’unanimità; con l’accordo che, nella scelta del candidato, ci si sarebbe mossi con grande accortezza per evitare i rischi che simile decisione avrebbe comportato[14]. A chiusura della discussione Demaria auspicò che non ci si limitasse a quella sola richiesta: tre nuovi professori ordinari avrebbero assicurato «il mantenimento di un sano equilibrio fra le varie cattedre di ruolo della Bocconi[15], e garantito la perfetta armonia fra le due anime dell’Università. Il suggerimento dell’economista incontrò, per una volta, il pieno accordo dei membri del C.d.A., che nella riunione del 9 luglio ratificarono la proposta.

In prospettiva, dunque, gli ordinari sarebbero passati da sette a dieci e nell’immediato la decisione avrebbe portato in Bocconi Carlo Masini[16], uno dei più promettenti allievi di Gino Zappa, realizzando così l’auspicio che il Maestro aveva formulato dieci anni prima.


1

Verbali del C.d.F. Seduta del 7 maggio 1960.

2

Ibidem. L’elenco dei complementari da attivarsi risultava il seguente: 1) Sociologia; 2) Storia economica (monografico); 3) Economia dei trasporti; 4) Economia delle aziende dello Stato; 5) Economia delle imprese pubbliche; 6) Economia delle imprese di pubblici servizi; 7) Economia delle aziende agrarie; 8) Economia delle aziende di assicurazione; 9) Economia delle aziende marittime; 10) Economia degli scambi e dei regolamenti internazionali; 11) Tecnica delle negoziazioni di borsa; 12) Tecnica professionale; 13) Tecnica della pubblicità; 14) Psicologia sociale; 15) Scienza dell’amministrazione; 16) Diritto finanziario; 17) Diritto industriale; 18) Diritto internazionale; 19) Diritto del lavoro; 20) Diritto processuale civile; 21) Diritto della navigazione; 22-26) Altre lingue straniere.

3

Ibidem.

4

Ibidem.

5

ASUB. Libro dei verbali, cit., seduta dell’8 marzo 1961.

6

Il Rettore ne diede notizia nella seduta del C.d.F. del 30 giugno 1961: «L’approvazione del Consiglio, già avvenuta, è stata subordinata a tre punti: 1) che non venga riportata la denominazione della analoga facoltà di Roma, ma si adotti il titolo di “Scuola di perfezionamento in statistica, calcolo delle probabilità e scienze attuariali”; 2) che vengano ammessi a tale Scuola anche i laureati in scienze statistiche demografiche e in scienze statistiche e attuariali; 3) che al piano di studi venga aggiunta la materia: Tecnica amministrativa delle imprese assicurative». Naturalmente il C.d.F. avrebbe accolto tutte queste richieste.

7

Ibidem. Seduta del 21 settembre 1961. L’elenco approvato risultò il seguente: «Analisi matematica – Giuseppe Avondo Badino; Geometria analitica – Giuliana Pozzi (direttrice centro Euratom); Calcolo probabilità – Giuseppe Avondo Badino; Statistica – Francesco Brambilla; Demografia – Ludovico Baretti; Sociologia – Angelo Pagani; Meccanografia e calcolo elettronico – Dolores Brandoni; Logica matematica – Giuliana Pozzi e Adriano Garzaro».

8

Entrambi furono indicati dal C.d.F. come candidati della Bocconi a concorrere alla assegnazione di alcune borse di perfezionamento, offerte dal ministero della Pubblica istruzione. Del fatto che Roberto Ruozi fosse destinato a una brillante carriera accademica erano coscienti anche i suoi Maestri che, nel proporlo per una borsa di studio ministeriale, scrivevano: «Il dott. Ruozi si è laureato in quattro anni di studio in Economia e commercio presso questa Università il 10 novembre 1961 con voti 110/110 e lode. Egli ha sempre mantenuto elevata la media delle votazioni conseguite negli esami di profitto e si è sempre imposto alla stima e all’apprezzamento dei docenti […] per le brillanti votazioni ottenute, per le sue doti di intelligenza e le attitudini allo studio e alla ricerca scientifica. Il dott. Ruozi unisce alla richiesta […] il certificato di assistentato volontario, ufficio che gli è stato conferito eccezionalmente, non appena conseguita la laurea, appunto per le spiccate qualità del giovane» (ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 13 marzo 1962).

9

Ibidem. Seduta del 24 gennaio 1962. «Il Rettore si dichiara favorevole alla seconda soluzione, sottolineando, per quanto riguarda il profilo scientifico, il giudizio espresso da altri valorosi professori della materia e di materia affine i quali riconoscono le doti di primo piano del prof. Mignoli; mentre per quanto concerne il valore didattico del prof. Mignoli già è noto che egli, con piena soddisfazione della Università Bocconi, ha dato ad essa per quindici anni la sua opera intelligente ed attiva di docente. Il Rettore aggiunge inoltre che se il Consiglio di facoltà […] volesse decidere, come il Rettore stesso ha già proposto, per la chiamata di questo docente, non solo verrebbe risolto nel modo migliore il problema della copertura della cattedra di Diritto commerciale, ma si offrirebbe tangibile manifestazione del sostegno che la Bocconi dà a coloro che, formatisi negli studi ed affermatisi poi brillantemente in campo scientifico, danno sicuro affidamento di poter offrire per il futuro altri contributi di scienza e di insegnamento alla Università di origine».

10

Ibidem. «Considerato che l’Università Bocconi è una Università di arrivo, e non di partenza (e pertanto assai desiderata da docenti valorosi) la copertura dei posti vacanti deve essere effettuata di regola con la procedura della pubblica dichiarazione di vacanza di cattedra».

11

Ibidem. «Nella fattispecie, solo in linea eccezionale, tenuto conto delle circostanze di fatto, si può aderire alla proposta del Rettore di coprire la cattedra di Diritto commerciale attingendo alla recente terna».

12

Il verbale della seduta del C.d.A. del 27 febbraio 1962 è molto esplicito al proposito: «Il Presidente comunica che nella seduta del 24 gennaio il Consiglio di Facoltà, su proposta del Rettore, era stato chiamato a deliberare la nomina a professore di ruolo per la cattedra di diritto commerciale del prof. A. Mignoli […]. Mentre dopo ampia ed esauriente discussione […], la designazione del prof. Mignoli a coprire la cattedra di ordinario presso la Bocconi era avviata a favorevole unanime decisione, il prof. Demaria proponeva di sospendere la decisione stessa rinviandola ad una prossima seduta. Contro l’unanime parere contrario a tale rinvio il prof. Demaria abbandonava la seduta creando così una situazione di disagio che si risolveva nell’invito al Rettore ad indire una nuova seduta per riprendere l’esame della proposta di chiamata del prof. Mignoli. Detto rinvio, che fra l’altro ha tolto la possibilità di poter giungere ad una immediata soluzione favorevole della questione dato che i termini per la chiamata scadevano con il 31 gennaio, ha assunto nei riguardi del Rettore un significato che egli ha ritenuto ingiustificato, tale quindi da indurlo a presentare le sue dimissioni. Il Presidente, sicuro di interpretare anche il pensiero dei colleghi, ha creduto di doverle senz’altro respingere».

13

La chiamata per trasferimento di Mignoli sarebbe stata decisa nella seduta del C.d.F. del 9 luglio 1962. La figura dello studioso e del docente venne così illustrata: «Il prof. Mignoli, nato nel 1920 e laureato in giurisprudenza nel 1942, dall’a.a. 1942/43 all’a.a. 1944/45 è stato assistente volontario presso l’Istituto di diritto comparato A. Sraffa della nostra Università; dal 1945/46 al 1955/56 assistente effettivo presso il detto Istituto, nonché della cattedra di Diritto commerciale. Nel corso di questi venti anni ha dato prova costante della serietà del suo impegno verso la Scuola, di amore per gli studenti a loro volta a lui affezionati per i contatti avuti con lui al di là della lezione di cattedra. Studioso di vero rigore, il suo valore scientifico è stato riconosciuto dalla commissione la quale gli assegnò il primo posto nella terna del concorso per la cattedra di diritto commerciale: riconoscimento che, attraverso all’esame delle sue numerose pubblicazioni, ha messo in rilievo la solidità dell’uomo di scienza e insieme la particolare sensibilità e la finezza del giurista».

14

Demaria, in particolare, non mancò di ricordare che: «1) Il Consiglio di facoltà, al momento della copertura della cattedra di Ragioneria, dovrà risolvere un difficile e delicato problema di scelta fra due docenti che già detengono l’incarico dell’insegnamento della materia presso la nostra Facoltà […]; 2) l’assegnazione di un posto di ruolo a Ragioneria modifica l’economia della distribuzione delle cattedre […]. Aggiungasi che non sono al momento nemmeno previsti, alla Bocconi, posti di ruolo per la Scienza delle finanze, per Storia economica, per Matematica o per altre pur fondamentali materie, mentre le discipline giuridiche saranno presto rappresentate da un solo cultore. Le discipline aziendali, invece, avranno ben tre posti di ruolo».

15

La frase in questione, che riassumeva il pensiero di Demaria, venne, in realtà, pronunziata da Francesco Brambilla. Era quello l’inizio di una politica di rispetto degli equilibri interni che avrebbe connotato per i seguenti quarant’anni le strategie della Bocconi?

16

Il C.d.F. non si trovò a scegliere fra Carlo Masini e Napoleone Rossi, come Demaria pensava; bensì fra Masini e Amaduzzi. Il «giudizio comparativo», stilato da una commissione formata da Dell’Amore, Pivato e Mignoli, sulla base del quale il Consiglio procedette alla chiamata, è particolarmente interessante perché presenta l’immagine che dell’Istituto di Ragioneria avevano gli «economisti aziendali» della Bocconi all’inizio degli anni ’60: «Sia il prof. Aldo Amaduzzi, sia il prof. Carlo Masini si presentano con titoli e requisiti di prim’ordine tanto nell’attività scientifica quanto nel campo didattico. Tuttavia, il prof. Masini, oltre a manifestare particolare propensione verso nuovi e interessanti studi concernenti gli aspetti sociali dei fenomeni di azienda, può vantare una ventennale ed apprezzatissima collaborazione allo sviluppo che gli studi aziendali hanno raggiunto all’Università Bocconi. Egli ha inoltre dimostrato di possedere al massimo grado le doti che uno scienziato deve avere per poter fruttuosamente lavorare in équipe. L’Istituto di economia aziendale della Bocconi, fondato da Gino Zappa più di trent’anni fa, può essere a giusto titolo considerato il massimo centro scientifico esistente in Italia ed all’estero in questo specifico campo. Esso ha non poco contribuito a valorizzare il nome della Bocconi sul piano scientifico nazionale ed internazionale, grazie all’indirizzo innovatore che gli è stato impresso dall’illustre Maestro che lo ha costituito, ai corsi di perfezionamento che fanno capo all’Istituto stesso, ed in virtù delle molteplici e pregevoli monografie accolte nella collana che esso pubblica con l’apporto di numerosi docenti appartenenti anche ad altre facoltà universitarie. Questo patrimonio scientifico faticosamente accumulato deve essere difeso con vigore, non solo nell’interesse della Bocconi, ma soprattutto per il progresso degli studi, il quale consiglia di non turbare l’armonia di pensiero e di lavoro che ha sempre unito i collaboratori dell’Istituto. Pur mantenendo la propria indipendenza scientifica, essi hanno potuto così cooperare con il massimo affiatamento nella realizzazione degli alti fini insieme perseguiti. Per queste obbiettive considerazioni, e in particolare per l’aderenza dell’insegnamento del prof. Masini alle tradizioni di questa Università è auspicabile che la cattedra di Ragioneria generale e applicata, dichiarata vacante, venga assegnata al prof. Carlo Masini medesimo, nell’intento di assicurare alla Facoltà la sua ulteriore collaborazione, già così lungamente e felicemente collaudata» (ASUB. Verbali del C.d.F. Seduta del 21 marzo 1963).

Indice

Archivio