Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

1959/60-1962 estate


Parole chiave: Presidente Cicogna Furio, Rettore Sapori Armando, Croccolo Alessandro, CdA, Gestione finanziaria, Finanza e bilanci

Si era oramai entrati nel nuovo decennio che, politicamente, si proponeva con nuove figure che, sostenute dal discusso e alquanto spregiudicato presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, non avrebbero perso tempo nell’approfittare dell’insanabile crisi che sempre più indeboliva il governo Segni. Governo che il 24 febbraio 1960 esalò l’ultimo respiro lasciando libero campo all’on. Tambroni e ai suoi accoliti che, pur nelle fìle democristiane, non riuscivano a svincolarsi dagli influssi di veteri ideologismi. Non v’era da meravigliarsi, dunque, se proteste e scontri e violenze si manifestavano in diverse contrade del Paese. E si può altresì comprendere come il governo monocolore di Tambroni, assunto il potere il 25 marzo, non potesse aspettarsi comprensione e lunga vita. Il succedersi dei disordini non fece che affrettare il ritorno dei vecchi politici alla guida del Paese. Il 6 luglio Fanfani, il «rieccolo», come qualche buontempone allora lo chiamava, si fece trovare pronto per la terza esperienza governativa. Nel frattempo, nonostante tutto, la situazione economica sembrava essere, come del resto ho già anticipato, sempre più positiva, addirittura «miracolistica» per gli osservatori più ottimisti, quantunque non potesse sfuggire a nessuno il declino inarrestabile dell’agricoltura, premessa di gravi scompensi e inasprimenti economici e sociali che andavano via via accompagnando il declino del settennato di Gronchi.

Il bilancio consuntivo dell’a.a. 1958-59 chiuso al 31 ottobre del ’59 fu il primo documento su cui ebbe a soffermarsi il dott. Croccolo con la consueta perizia e precisione.

Il consuntivo si era chiuso in pareggio e aveva consentito un incremento del fondo di riserva di L. 10 milioni, accantonati i soliti stanziamenti per gli oneri di quiescenza per il personale docente e per quello amministrativo. Per l’acquisto di mobili, attrezzature e per la manutenzione ordinaria e straordinaria, si erano spesi 34 milioni. La gestione del pensionato, gravante sul conto economico, denunciava un saldo passivo di circa 14 milioni, computati nelle spese ammortamenti dei fabbricati e attrezzature, e di circa 25 milioni e 12 milioni per interessi sul mutuo acceso con la Cassa di Risparmio. Sempre con riguardo al conto economico, esclusa la gestione del pensionato, il totale delle rendite era di poco inferiore ai 260 milioni, sicché i 39 milioni degli enti sovvenzionatori rappresentavano una modesta percentuale del 15%. Insomma coi soli proventi delle tasse scolastiche, integrati dal 15% dei contributi di terzi, la Bocconi riusciva a far fronte a tutti gli oneri della gestione: le sole retribuzioni (docenti e amministrativi) e il contributo per l’Opera Universitaria gravavano per il 67% sui proventi delle tasse spettanti all’Università. Le risultanze della situazione patrimoniale erano soddisfacenti.

Il presidente, rifacendosi a quanto deliberato nella seduta del 4 luglio precedente, comunicò che il giorno prima era stata firmata la convenzione col Comune per l’acquisto dell’area fabbricabile di 6.150 mq. Nel giro di qualche settimana sarebbero state portate a termine tutte le pratiche necessarie per completare la cessione dell’area. Immediatamente furono conferiti al presidente e al consigliere delegato tutti i poteri per stipulare il rogito di acquisto del terreno accettandone le relative condizioni. E il Consiglio passò subito a riflettere sulle precisazioni fatte dal presidente in merito alla utilizzazione del terreno acquistato e sui progetti di ulteriore ampliamento della sede universitaria.

Cicogna cominciò col considerare e precisare i programmi per la costruzione della chiesa di S. Ferdinando. E subito ricordò che Donna Javotte Bocconi aveva già messo a disposizione una somma cospicua: 110 milioni. Rammentò ancora che l’edificio sacro sarebbe rimasto di proprietà della Bocconi ma, elevata a parrocchia, la chiesa sarebbe stata gestita dalla Curia. Un settore della chiesa sarebbe stato riservato agli studenti. La convenzione con la Curia si sarebbe ispirata a quella stipulata dalla stessa Curia con la Cassa di Risparmio per la gestione della chiesa di S. Giuseppe, in via Verdi, di proprietà della Cassa.

Ben più impegnativa sarebbe stata l’edificazione del nuovo pensionato (il vecchio sarebbe stato riservato alle sole studentesse). Il Comune avrebbe dovuto autorizzare l’ampliamento delle cucine, della sala da pranzo e dei servizi e l’approntamento di due o tre piccoli alloggi per il personale direttivo, oltre a destinare 8-10 camere per gli assistenti. Con la nuova costruzione le camere disponibili sarebbero aumentate a 600 (contro le 380 già in funzione).

Ancor più gravoso, ovviamente, sarebbe stato l’ampliamento della sede universitaria sul terreno contiguo già acquistato dal Comune (a cui si è accennato in pagine precedenti). Lo spostamento della biblioteca e della maggior parte degli istituti nel costruendo palazzo avrebbe in primis permesso di adibire la vecchia sede ad aule scolastiche e ai servizi amministrativi. Il progetto della nuova biblioteca avrebbe dovuto consentirne una duplice destinazione: per la sezione di Economia e per quella di Lingue, conto tenuto anche del continuo espandersi della popolazione studentesca. Si sarebbe, pertanto, dovuto dotare il nuovo edificio di almeno due aule da 500 posti, e progettare un’Aula Magna convenientemente predisposta per essere utilizzata anche come sala di conferenze e di altre manifestazioni didattiche, scientifiche, culturali. Il presidente reputava che la progettazione dei nuovi lavori avrebbe dovuto essere affidata all’arch. Muzio; all’arch. Reggiori era già stata affidata la progettazione della chiesa. Muzio e Reggiori erano professionisti di primaria importanza che davano pieno affidamento.

Quanto al programma finanziario di massima Cicogna prevedeva che «il costo totale per la costruzione e l’arredamento dei nuovi edifici era da calcolarsi in un miliardo che non sarebbe stato difficile avere a prestito anche per la garanzia sussidiaria che, a questo fine, avrebbe potuto dare l’Istituto Javotte Bocconi – Associazione “Amici della Bocconi”». L’assunzione di questo prestito avrebbe comportato presumibilmente, per interessi e maggiori spese d’esercizio, un costo di 80 milioni. Per far fronte al quale si sarebbe dovuto: a) operare un ritocco di circa L. 50.000 delle tasse annue per studente, che avrebbe reso annualmente L. 30 milioni all’incirca; b) contare su un aumento del contributo di enti locali, privati, grandi imprese per un totale di 20 milioni annui; c) sperare nel concorso dello Stato, che avrebbe potuto dare, per almeno un decennio, un apporto minimo annuale di 20 milioni. Senza dire che il conto economico dell’Università, ove non fossero sopravvenuti gravi turbamenti, avrebbe potuto assicurare annualmente una decina di milioni annui. Il Consiglio prese atto con unanime compiacimento del programma esposto e «diede mandato al Comitato di Presidenza di avviarlo a soluzione».

Grazie anche alla valida collaborazione del dott. Baccarini, Cicogna fece sapere che il ministero della P. I., in base alle richieste dettagliatamente formulate dall’Università, aveva assegnato alla Bocconi 75 milioni. Unanime riconoscenza fu espressa dai consiglieri.

Se, per un verso, il presidente non poteva che ritenersi oltremodo soddisfatto per questi dati che, specie per Economia, attestavano il crescente sviluppo e prestigio della Bocconi (nonostante l’apertura di altre facoltà come quelle recentissime di Ancona e Verona), per un altro verso l’aumento degli allievi andava creando nuove necessità logistiche, tenuto anche conto dell’alta percentuale delle frequenze.

Dopo che il presidente ebbe comunicato che il 24 maggio p.v. si sarebbero discussi al Consiglio di Stato i 5 ricorsi del prof. Demaria per le note ragioni, il Rettore, molto soddisfatto, fece sapere ai colleghi che, su proposta del dott. Mattioli, la Comit aveva deciso di mettere a disposizione dell’Istituto di Storia economica la somma di 2 milioni per perfezionare l’ordinamento dell’imponente archivio, grazie all’assunzione del dott. Sergio Groppi (padre Davide Cappuccino) al quale andava il merito di avere già catalogato 150.000 lettere dal 1400 al 1800. Ringraziato il dott. Mattioli, presidente della Comit, ed espressa la loro viva riconoscenza i consiglieri sciolsero la seduta.

Il 7 di giugno, venti giorni prima che nuovamente si convocassero gli amministratori bocconiani, si ebbe una breve riunione del Comitato esecutivo. Ne faccio appena cenno in nota[1].

Il 1° luglio, dunque, i consiglieri della Bocconi si riunirono in sede. La partecipazione fu assai alta: solo quattro furono gli assenti (Pella, Migliori, Marzotto e Faina). L’umore non doveva essere dei migliori: purtroppo il governo Tambroni si andava rapidamente sfaldando, mentre nel Paese, a Genova soprattutto, si susseguivano manifestazioni di piazza che degeneravano facilmente in episodi di guerriglia urbana. Ci si ribellava, principalmente, contro il crescente peso che andava prendendo il Movimento sociale italiano: in breve tempo erano stati organizzati cinque congressi e quelli che venivano chiamati i «neofascisti» sempre più ostentavano la loro volontà di non rimanere confinati al margine della vita politica, ma di portarsi decisamente in primo piano. Gli effetti si possono immaginare e non è qui il caso di indugiare su quei momenti di forte tensione: la documentazione in proposito è vasta e variegata. Vorrei solo sottolineare che pure gli studenti del nostro Ateneo non potevano e non volevano astenersi dal discutere, anche con ardore, la preoccupante situazione politica. E l’agitazione degli allievi non poteva non ripercuotersi sullo stato d’animo dei responsabili dell’amministrazione bocconiana.

Valse a risollevare il morale dei consiglieri l’analisi della situazione economica e finanziaria per l’anno in corso (sulla base delle risultanze al 31 maggio), compiuta, con la solita competenza e l’usuale maestria e chiarezza, dal dott. Croccolo.

Notevole era l’incremento in corso delle spese per via, da un lato, delle accresciute retribuzioni al personale docente e amministrativo e, dall’altro lato, a causa dei costi connessi con il procedere dei lavori per l’ampliamento e l’ammodernamento strutturale della sede universitaria. D’altro canto, faceva notare Croccolo, l’aumento delle uscite era compensato dal crescente gettito delle entrate (si pensi al costante aumento degli allievi). Come altro esempio Croccolo ricordava che, nonostante il pagamento della prima rata di 30 milioni per l’acquisto dell’adiacente terreno comunale, la situazione di cassa si era mantenuta abbastanza equilibrata, tanto che si sarebbe evitato, nel periodo luglio-ottobre, il ricorso al credito bancario, a differenza di quanto si era dovuto fare in anni precedenti. Croccolo, tutto considerato, reputava dunque che il bilancio dell’anno accademico in corso si sarebbe chiuso con esiti «non inferiori a quelli dell’anno precedente, consentendo anzi una maggior elasticità che sarà destinata a potenziare gli ammortamenti delle successive opere di ampliamento e sistemazione della sede universitaria». Forse a qualcuno parve cogliere un lieve sorriso sulle labbra degli attenti e soddisfatti consiglieri.

Sorriso che di lì a poco si sarebbe fatto più marcato: quando il presidente Cicogna informò i colleghi che il Consiglio di Stato nella sua seduta del 24 maggio aveva respinto i cinque ricorsi inoltrati dal prof. Demaria e relativi alla ripartizione delle propine e soprattasse d’esame.

E si chiuse altresì un’altra questione creata da una inesatta e intempestiva notizia di stampa. Dopo breve discussione il Consiglio approvò all’unanimità questa dichiarazione: «il Consiglio di Amministrazione dell’Università Luigi Bocconi, esaminata la proposta [fatta dal presidente dell’amministrazione provinciale di Pescara, prof. Jannucci] per l’istituzione a Pescara di una Sezione staccata dell’Università, su conforme avviso della Presidenza delibera di non poterla accogliere per ragioni di principio e per insuperabili difficoltà di carattere contingente che ne renderebbero impossibile l’attuazione».

Cicogna comunicò i dati definitivi delle iscrizioni per l’a.a. 1959-60: corso di laurea in Economia e Commercio, iscritti 2.255 (aumento 357 rispetto all’anno precedente) di cui matricole 86 (in totale 682); corso di laurea in Lingue e Letterature straniere, iscritti 2.475 (aumento 110 rispetto all’anno precedente) di cui matricole 22 (in totale 549). Pertanto, complessivamente, gli iscritti avevano raggiunto la cospicua cifra di 4.822 unità con un aumento di 449 studenti. Un siffatto elevato numero comportava grossi problemi «per ciò che concerne la ricettività delle aule, in rapporto soprattutto al numero della matricole».

Il ministero della P. I. aveva approvato l’aumento del numero dei professori di ruolo (da 6 a 8), il riconoscimento del corso di perfezionamento in Economia delle fonti di energia e nuovi corsi complementari di lingue. Il Consiglio ne prese atto con soddisfazione.

Si aprì, in seguito, una lunga e articolata discussione su un argomento che poneva in primo piano la posizione e l’atteggiamento degli studenti, per ragioni facilmente intuibili: all’ordine del giorno figurava la «Proposta dell’aumento del contributo integrativo versato dagli iscritti per l’a.a. 1960-61». Si susseguirono, nel prendere la parola, il presidente, il consigliere delegato, il consigliere Dubini, il prof. Dell’Amore e il Rettore. Non mi è possibile, per ovvie ragioni, indugiare sulle opinioni, sui pareri, sui suggerimenti, insomma sulle variegate proposte e sui differenti intendimenti di coloro che si avvicendarono all’ideale tribuna. Ma reputo che sia opportuno esporre in nota, per lo meno, il contenuto dell’intervento del Rettore, che mi sembra avesse colto i più delicati aspetti del provvedimento che la presidenza aveva sottoposto al giudizio del Consiglio di Amministrazione bocconiano. Un intervento, quello del Rettore, che direttamente e indirettamente sottolineava i punti focali del problema e nel contempo segnalava implicitamente la gravità di provvedimenti che avrebbero potuto accendere sconsiderate reazioni nella già tesa popolazione studentesca[2].

Dopo il Rettore nessun altro prese la parola, a eccezione del prof. Dell’Amore. Mette conto segnalare come il presidente Cicogna, facendo riferimento al potenziamento degli insegnamenti, dei seminari e delle strutture dell’Ateneo, aveva «espresso l’avviso che gli studenti fossero chiamati a concorrere almeno in parte agli impellenti oneri che si dovranno affrontare». Aveva ricordato che gli allievi, per tasse, soprattasse e contributi, pagavano all’anno L. 58.200 (i fuori corso L. 36.200). Il consigliere delegato Croccolo aveva rammentato che con il Circolo Bocconiano, organo rappresentativo degli studenti, si era convenuto di aumentare il contributo integrativo degli studenti a L. 8.000 annue e di non ritoccarlo per almeno un triennio al pari delle rette del pensionato. Si era elevato a L. 800.000 il contributo del gestore dell’ufficio dispense, il quale aveva accettato di accordare uno sconto del 6% sul prezzo dei libri.

Croccolo aveva, tuttavia, fatto presente che con lettera del 25 giugno il Circolo Bocconiano aveva espresso «parere assolutamente negativo all’aumento dei contributi proposto dal Consiglio di Amministrazione». E, più oltre, lo stesso consigliere delegato ammetteva che la lettera del Circolo Bocconiano «aveva un contenuto polemico che può celare anche una presa di posizione sul terreno politico».

TI presidente, riprendendo la parola, fece notare a Dell’Amore che ridurre il contributo da 8.000 e 6.000 lire «non avrebbe modificato l’atteggiamento degli studenti che era negativo in senso assoluto». In merito alle dichiarazioni del Rettore, riconoscendone la validità in generale, non poteva non tenersi conto che la Bocconi, per essere e voler rimanere una Università libera, «doveva sopportare per la sua particolare figura […] tutti gli oneri connessi al suo funzionamento», sicché era comprensibile come Sapori «avesse riconosciuto non doversi ritirare l’aumento stabilito». Peraltro, Cicogna si rendeva conto che sarebbe occorso, assolutamente, «svolgere un’azione presso gli enti pubblici e le imprese milanesi per aumentare il gettito dei contributi». Su queste asserzioni, e con la viva preghiera del prof. Dell’Amore di tenere conto, comunque, delle sue raccomandazioni, approvate all’unanimità le proposte del presidente, la lunga, laboriosa e, sotto certi aspetti, preoccupante riunione praticamente si concluse[3].

Ma il caro dott. Palazzina non mancò, poi, di confidarmi le sue apprensioni. Il clima della Bocconi non era più quello di un tempo. Si avvertivano tra gli studenti, a suo dire, due contrapposti atteggiamenti: di rassegnata chiusura in se stessi e di debordante ribellione. Insomma anche nell’atrio della Bocconi era stato acceso un «focherello pericoloso», per usare le sue testuali parole. Che il saggio patriarca bocconiano, con molto anticipo, già intravedesse le vampate della contestazione giovanile? Confesso che non riuscii a sottrarmi a una severa meditazione.

Con larga affluenza di membri il Consiglio di Amministrazione si convocò per il 28 ottobre 1960. Presiedeva come sempre il dott. Furio Cicogna; e spiacque a tutti che fosse assente Donna Javotte Bocconi.

L’atmosfera, nell’àmbito dell’Ateneo bocconiano, sembrava più calma e serena rispetto a quella incombente durante la precedente seduta. Se per un verso il trend politico pareva essere ancora e ancor più sostenuto dal continuo aumento degli indici della produzione industriale (rispetto allivello del 1958 verso la fine degli anni Sessanta esso si stava avvicinando alla quota di 140), per un altro verso anche sul piano politico agiva, come elemento comprimente e fortemente perturbante, la gravissima crisi che sconvolgeva ab imis le fondamenta del mondo rurale, sul quale aveva agito, come fattore preminente di rottura degli equilibri economici e sociali, il fallimento della riforma agraria. Di quel mondo erano state profondamente compromesse le tradizionali configurazioni sociali e la stessa architettura culturale. A dispetto delle apparenze, il governo Fanfani non riusciva, dunque, a mascherare le difficoltà politiche che, invece, ne scalfivano via via la sbandierata solidità. E, tuttavia, il destino avrebbe assicurato a quella compagine politica, pilotata dall’indomito democristiano aretino, ancora un relativamente lungo cammino.

Ma ritorniamo alle fatiche dei nostri amministratori. Riconfermato Rettore anche per l’a.a. 1960-61 Armando Sapori, il presidente Cicogna comunicò una notizia accolta con molta soddisfazione dai colleghi: il presidente della Repubblica aveva firmato un decreto a) per l’aggiunta ai corsi complementari di Lingue degli insegnamenti di Letteratura angloamericana e di Letteratura ispano-americana; b) per il riconoscimento dell’Istituto di Economia delle fonti di energia e del relativo corso di perfezionamento per il quale era previsto uno speciale diploma. Con successivo decreto sarebbe stata resa esecutiva la deliberazione del Consiglio in merito all’aumento dell’organico dei professori di ruolo da 6 a 8.

Il consigliere delegato, Croccolo, riferì sulla situazione economica e finanziaria. I risultati, sino al 30 settembre u.s., si presentavano tranquillizzanti. Nonostante il pagamento di 30 milioni per la prima rata del nuovo terreno, si era potuto evitare il ricorso al credito bancario. Per quanto riguardava il bilancio preventivo esso si prospettava approssimativamente eguale a quelle dell’anno precedente. Per il momento il bilancio si presentava in pareggio: L. 19 milioni per la gestione patrimoniale (saldo attivo); L. 5 milioni e 14 milioni (saldi passivi) per la gestione universitaria e per quella del pensionato.

Il Rettore, sulla base delle proposte formulate dal Consiglio di Facoltà, prevedeva che si sarebbe dovuto sensibilmente accrescere il numero dei lettori e assistenti. Inoltre la dolorosa scomparsa del prof. Revel avrebbe costretto a studiare soluzioni per coprire il secondo incarico di Francese alla sezione di Lingue. E, su proposta del presidente, il Consiglio deliberò di confermare per il 1960-61 i direttori dei vari istituti e del prof. Demaria nella direzione del «Giornale degli Economisti».

Cicogna, adeguandosi ai pareri del Consiglio di facoltà, consigliò di soprassedere all’approvazione del progettato corso di Economia dell’alimentazione e propose di riesaminare la questione col dott. Ferrante.

In ordine, poi, all’agevolato «Acquisto di materiale didattico e scientifico ai sensi della legge 24 luglio 1959 integrata dalla legge 16 giugno 1960», arricchimento del patrimonio didattico e scientifico che era assai auspicato da molti docenti, il presidente rese note le disposizioni emanate dal ministero della Pubblica istruzione e invitò i consiglieri a riconsiderare nel loro complesso le aspirazioni e le proposte già avanzate. Mi sforzo di riassumere in calce alla pagina, avendo sott’occhio questi desideri, le aspettative dei docenti maggiormente interessati al potenziamento delle strutture scientifiche dell’Ateneo[4].

Da ultimo prese la parola il dott. Croccolo per informare che, con riguardo all’a.a. 1960-61, si profilava «un lieve incremento, sul totale delle iscrizioni, nel corso di laurea in Economia e Commercio, controbilanciato da una corrispondente lieve diminuzione nel corso di Lingue e Letterature straniere».

Il Consiglio, preso atto dell’informazione di Croccolo, si disse d’accordo nello stabilire la data della inaugurazione dell’anno accademico: il successivo 12 dicembre. Secondo la consueta prassi, alla relazione del Rettore avrebbe fatto seguito la prolusione, che sarebbe stata tenuta dal prof. di Fenizio. Soddisfatti del lavoro condotto a termine, i consiglieri reputarono che fosse giunto il momento di porre fine anche alla seduta. Erano le «siete de la tarde», le ombre cominciavano a calare e, fortunatamente, nessun toro aveva posto fine al canto del Poeta.

Ma cinque membri del Consiglio furono invitati a non lasciare l’Università: si sarebbe dovuto riunire subito il Comitato esecutivo. Giacché si sarebbe dovuto approvare un breve codicillo apposto in calce al verbale della seduta appena conclusa. Così suonava il codicillo: «Il Comitato esecutivo, riunito in prosieguo della seduta di Consiglio, richiamata la deliberazione 23/4/1953, delibera che, a partire dall’a.a. 1959-60, la determinazione del provento annuale soprattasse esami e il riparto fra i professori di ruolo della quota del 25% loro spettante vengano effettuati con le norme seguite dalle Università di Stato, ferma restando l’indennità in sostituzione del riparto su scala nazionale». Insomma, ancorché in sordina, la vertenza che aveva così affaticato, anche moralmente, i rapporti tra la Bocconi e il prof. Demaria era da considerarsi definitivamente chiusa.

Da un mese era incominciato il 1961, contrassegnato dalle manifestazioni che, in varie contrade del Paese, si succedettero per celebrare il centenario dell’Unità italiana. Ma, al di là dei sentimenti di concordia e delle convergenti esaltazioni della ricomposta unificazione, politica e amministrativa, della Nazione, si avvertivano preoccupanti divergenze e fraintendimenti tra le differenti forze e correnti politiche e culturali, tra i discordanti propositi e progetti a cui tendevano le eterogenee e disgiunte incarnazioni etiche e ideologiche che operavano nel Paese. Basti pensare alle correnti che, le une contro le altre armate, contrassegnavano, specialmente sulla destra e al centro dello schieramento partitico, il quadro politico nazionale. Difficile era, dunque, la navigazione del governo, pur intensamente impegnato a mantenere una rotta di sicurezza. E, intanto, il popolare e amato pontefice, mentre imperturbabile andava preparando l’apertura del Concilio, non si stancava nelle sue Encicliche di indurre, da «buon pastore», a impostare in modo diverso e più comprensivo il modus vivendi del suo irrequieto gregge.

Il 3 febbraio 1961 venne il momento di riaprire, nella sede bocconiana, la sala del Consiglio di Amministrazione per sbrigare un buon numero di questioni.

Il presidente, dott. Cicogna, come al solito diede inizio ai lavori, riferendo al Consiglio di uno scambio di lettere con Donna Javotte Bocconi per mettere definitivamente a punto gli accordi, onde fosse dato inizio alla realizzazione del progetto che tanto stava a cuore a Donna Javotte, cioè l’edificazione della chiesa di S. Ferdinando.

Cicogna poi informò i colleghi che il dott. Baccarini, direttore amministrativo, aveva avuto un incontro a Roma con il direttore generale dell’Istruzione superiore, allo scopo di esaminare, in via preliminare, le possibilità di ottenere dallo stesso ministero un finanziamento per opere edilizie progettate dall’Università. Dei colloqui era stato informato l’on. Pella: si sperava che un suo interessamento avrebbe giovato al buon fine della pratica. Cicogna ricordò che i lavori per l’edificazione della sede per la biblioteca e gli istituti e per quella di un secondo pensionato avrebbero comportato una spesa complessiva di un miliardo e mezzo di lire. Reputava che i già votati provvedimenti a favore delle università, nel contesto del piano per la scuola, avrebbero potuto assicurare un contributo statale dell’ordine di 700-800 milioni. La Bocconi avrebbe dovuto far ricorso a un mutuo di circa 800 milioni. Il prof. Dell’Amore assicurò il suo intervento presso la Cassa di Risparmio. Il Consiglio, soddisfatto, prese atto delle iniziative.

Quanto alle iscrizioni, Cicogna informò che si era raggiunta la cifra di 4.800 studenti, ripartiti equamente fra Economia e Lingue, con un aumento però di 180 unità a Economia e una lieve diminuzione, di 15 unità, a Lingue. Le matricole erano cresciute di 105 unità (50 a Economia e 55 a Lingue). Andava rilevato che l’aumento delle iscrizioni era da attribuirsi «non tanto a una diminuzione dei congedi, quanto a una minor percentuale di abbandoni da parte degli iscritti al proseguimento degli studi».

Per ciò che atteneva al Corso di perfezionamento per la preparazione di quadri direttivi di azienda il presidente rammentava, compiacendosi, che le iscrizioni avevano raggiunto le 130 unità. Mentre al Corso di perfezionamento in Economia delle fonti di energia i partecipanti erano solo 15: ma occorreva tenere presente che si trattava di un corso molto specializzato e da poco tempo avviato.

Spettò come sempre al consigliere delegato il compito di illustrare il bilancio consuntivo dell’a.a. 1959-60. Riassumo in nota, succintamente, il contenuto della relazione[5].

Rifacendosi alle deliberazioni prese nella seduta del 1° luglio u.s. Cicogna informò i colleghi che il ministero della Pubblica istruzione aveva precisato che la richiesta di dar vita a un corso di laurea in Scienze statistiche sarebbe stata presa in considerazione solo se la Bocconi avesse istituito una «vera e propria facoltà», idonea a rilasciare una laurea in Scienze statistiche: una facoltà di Economia e Commercio, secondo le norme vigenti, non avrebbe potuto fornirla. Pertanto, riesaminata la questione nell’àmbito del Comitato di presidenza, Cicogna fece sapere che con l’aiuto del Rettore e del prof. Brambilla era stato messo a punto lo schema statutario per l’istituzione di una «Scuola in Scienze statistiche demografiche e attuariali», nella speranza che, se deliberato dal Consiglio di facoltà, lo schema avrebbe potuto ottenere anche l’approvazione e l’autorizzazione da parte del ministero della P. I.

In base a quanto stabilito nella precedente riunione consigliare, e con riguardo alla fornitura di apparecchiature scientifiche già esattamente precisate, il presidente invitò «il Consiglio a dare la sua approvazione ai seguenti contratti per un importo complessivo di L. 51.468.954 sui 65 milioni concessi dalla Bocconi». Cito in nota i contratti[6].

Da ultimo il presidente ricordò che a Roma, nell’àmbito della facoltà di Economia, era stata istituita una Scuola superiore di studi europei che prevedeva un corso di Politica economica dell’alimentazione. Sarebbe stato opportuno riprendere in esame la proposta avanzata dal dott. Ferrante e dalla Motta. Condividendo il suggerimento del presidente, il Consiglio prese congedo.

Si sarebbe nuovamente riunito dopo molti mesi: il 10 ottobre 1961. I presenti toccavano appena il numero legale per la validità dell’assemblea. E il Rettore chiese immediatamente la parola per complimentarsi, a nome di tutti i consiglieri, per il conferimento da parte del presidente della Repubblica ai dott. Cicogna e Croccolo della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte. Vibranti furono le felicitazioni di tutto il Consiglio per l’alto riconoscimento.

Il presidente, prima di riproporre la nomina di Armando Sapori a Rettore, rivolse «un pensiero di riverente omaggio al Comm. Aurelio Martegani», da poco deceduto, che per 15 anni aveva fatto parte del Consiglio. Tutti si associarono alle espressioni del presidente in memoria del collega scomparso.

Con vivo compiacimento i consiglieri accolsero la notizia che, in base alla legge stralcio del 5/3/61, il ministero della Pubblica istruzione aveva assegnato un primo contributo di L. 190.500.000 alla Bocconi per i progettati lavori edilizi e l’acquisto di attrezzature di vario genere. Il presidente avvertì che il primo contributo del ministero di cui egli aveva dato notizia presupponeva che «i due programmi relativi alla costruzione del nuovo edificio per gli istituti e la biblioteca nonché per la costruzione del Pensionato entrino in fase di esecuzione». Ricordò, peraltro, che con riguardo allo stabile per la biblioteca e gli istituti, il dott. Croccolo, con l’ausilio del prof. Dell’Amore, aveva incominciato le pratiche con la Cassa di Risparmio per la concessione di un mutuo ammortizzabile in 30-35 anni comprensivo della quota di ammortamento, che si sarebbe dovuta aggirare sul 7% annuo. Si contava di entrare «decisamente» nella fase esecutiva alla fine del successivo aprile. Quanto al pensionato erano ancora in corso le pratiche per l’acquisto del terreno, complicate dal fatto che il Comune si era impegnato a cedere un’area maggiore all’Ispettorato della motorizzazione per la costruzione di una stazione per autotrasporti. Ma, senza scendere in particolari, e facendo soprattutto conto sull’interessamento assiduo del sindaco-consigliere, prof. Ferrari, Cicogna opinava che le pratiche fra il Comune e l’Ispettorato della motorizzazione fossero ben avviate e che si sarebbe giunti rapidamente a una soluzione favorevole alla richiesta della Bocconi. Il Consiglio si disse rassicurato.

E non nascose il suo vivo compiacimento quando il presidente rese noto che la Comunità europea per l’energia atomica – Euratom – «nell’àmbito degli scopi che si prefigge, aveva affidato al nostro Istituto di Statistica una serie di importanti ricerche scientifiche aventi per oggetto “l’esame critico dei differenti metodi statistici nel campo del calcolo numerico, della linguistica e del trattamento dell’informazione”: tali ricerche sarebbero state eseguite sotto la direzione e la responsabilità del prof. Francesco Brambilla». Di conseguenza era stato definito un regolare contratto biennale con l’Euratom, con inizio 1/5/61, per cui la Bocconi avrebbe ricevuto la somma di L. 124.969.758, per compensi ai ricercatori, al personale amministrativo, per pubblicazioni e spese generali. Oltre all’utilità che ne sarebbe derivata a studenti e ricercatori, la Bocconi ne avrebbe tratto grande prestigio anche in sede internazionale. E il Consiglio non perse tempo a ratificare, pure, la convenzione con la Olivetti Bull, di cui ho già riferito in precedenti pagine.

Il presidente non mancò di segnalare ai colleghi che, in applicazione dell’art. 2 della legge 21/7/61, su richiesta del Rettore, il ministero aveva autorizzato la Bocconi ad accettare l’iscrizione anche di diplomati degli istituti tecnici nella sezione Lingue e Letterature straniere. Cosicché alla nostra Università veniva esteso lo stesso trattamento sino allora riservato solo alle facoltà di Lingue di Ca’ Foscari (Venezia) e dell’Istituto di Studi orientali di Napoli. Nel prendere atto della comunicazione il Consiglio manifestò, come si può ben comprendere, la sua viva soddisfazione.

Era venuto il momento di pregare, ancora una volta, il consigliere delegato di riferire in merito alla situazione economica e finanziaria dell’Ateneo. Il dott. Croccolo accolse senza indugio l’invito e presentò, dunque, la sua relazione sui risultati ottenuti nell’a.a. 1960-61 in sede di bilancio consuntivo: ne faccio una sintesi in nota[7].

Il Rettore fece sapere che il prof. Nice aveva insistito nel volere rinunciare all’incarico per l’insegnamento di Geografia; e così pure il prof. Lorusso aveva rinunciato all’insegnamento di Tecnica commerciale dei prodotti agricoli. Si sarebbe affidato l’incarico di Geografia al prof. Cambi dell’Università Statale di Milano e quello di Tecnica commerciale dei prodotti agricoli al prof. Guatri. Accogliendo le proposte del Consiglio di facoltà, si deliberò di sostituire il corso complementare di Diritto internazionale con uno di Demografia da affidare al prof. Boldrini (sperando che accettasse) e di conferire al prof. Charles Haines, a partire dal 1961-62, il nuovo corso, per incarico, di Lingua e Letteratura angloamericana. Il Rettore, sulla base di quanto approvato dal Consiglio di facoltà di Lingue, distribuì poi l’elenco dei lettori e assistenti, che erano stati quasi tutti confermati. Pure confermati furono i direttori degli istituti e del «Giornale degli Economisti».

Su proposta del Rettore si sarebbe dovuta apportare una piccola variazione all’art. 45 del vigente statuto bocconiano per consentire che al Corso per la formazione dei quadri direttivi di azienda fossero ammessi anche i laureati in Chimica pura e Farmacia. Proposta naturalmente accolta.

Del pari fu approvato il testo definitivo della bozza di statuto per la Scuola di perfezionamento in Discipline statistiche, demografiche e attuariali. Il Rettore, rifacendosi a una comunicazione del ministero, precisò che la prima sezione del Consiglio superiore della Pubblica istruzione, pur essendo favorevole all’accoglimento della richiesta bocconiana in merito alla predetta Scuola di perfezionamento, aveva suggerito alcune modifiche al testo statutario, sulle quali il Consiglio di facoltà subito si dichiarò d’accordo. Il Consiglio di Amministrazione non ebbe a sollevare alcuna riserva e demandò alla presidenza il compito di svolgere «le conseguenti pratiche nei confronti del ministero». E la riunione consiliare si sciolse con generale soddisfazione.

Si sarebbe estinto, dunque, di lì a poco, il 1961. Mentre, a poco a poco, s’andava anche estinguendo la presidenza Gronchi, nel contesto d’una situazione politica effervescente, per non dire esacerbata. Già ci si prefigurava l’impostazione, sotto la guida della Democrazia cristiana, di un itinerario, o meglio di un reimpasto politico che avrebbe dovuto incarnare ed esprimere, soprattutto nel Centro-Nord del Paese, un nuovo «stile di vita». Accanto al progressivo ridursi dell’apporto del settore agricolo s’andava sempre più incisivamente delineando, nel quadro del cosiddetto «miracolo economico» (che non cessava di stupire, con una punta di invidia, in primis gli osservatori stranieri), la crescita, per certi versi prodigiosa, dell’attività industriale e del commercio estero: la prima balzata da un indice di 100 nel 1958 a quasi 150 alla fine del 1961; il secondo da una base di 100 nel 1957 a una quota di poco superiore a 181 al chiudersi del 1961. E non si poteva fare a meno di riconoscere che le straordinarie conquiste economiche di quegli anni (invero non abbinatesi, soddisfacentemente, a conquiste sociali) avevano avuto un loro discusso, ma innegabile demiurgo in quell’Enrico Mattei che, sulla iridescente scia del petrolio, aveva incantato e incatenato i supremi reggitori economici e politici nazionali (e, per certi versi, anche internazionali). Quell’Enrico Mattei che un forse irato destino già stava sospingendo verso il bordo dell’abisso.

Per il momento i tenaci amministratori bocconiani avevano un denso ordine del giorno da scorrere e da discutere. Era il 27 febbraio 1962, quando il Consiglio aprì le porte della sua sala. Salvo quattro, giustificati, tutti i consiglieri erano presenti.

Il presidente dedicò le sue prime parole di benvenuto e di augurio al dott. Giuseppe Pero, laureato della Bocconi e presidente della Olivetti, appena eletto consigliere, in sostituzione del defunto comm. Martegani, su designazione del presidente onorario, Donna Javotte Bocconi.

Si ripresentò il problema della chiesa «costruita su terreno dell’Università, ma interamente a spese di Donna Javotte Bocconi». Riveduti gli impegni vicendevolmente stipulati con la Curia, S. Ferdinando non sarebbe stata elevata a parrocchia, pur rimanendo a carico della Curia le spese di culto e di ordinaria amministrazione: l’Università avrebbe concorso per la somma annua di L. 2 milioni. L’edificio religioso era dato in cessione alla Curia per 30 anni: dopo tale periodo la Bocconi sarebbe rientrata nel pieno possesso e nella piena disponibilità dell’edificio e delle costruzioni annesse. Il Consiglio ratificò l’accordo.

Il Rettore, piuttosto teso, comunicò che nella seduta del Consiglio di facoltà era stata deliberata la nomina a professore di ruolo sulla cattedra di Diritto commerciale del prof. Ariberto Mignoli, il quale nel concorso del novembre 1961 era risultato primo ternato per la cattedra di Diritto commerciale presso l’Università di Trieste. Dopo esauriente discussione la designazione di Mignoli era avviata a favorevole e unanime decisione. Ma il prof. Demaria improvvisamente propose di sospendere la decisione e di rinviarla a una successiva seduta del Consiglio. Unanime fu la reazione avversa di tutti i membri, tanto più che il rinvio non avrebbe consentito l’immediata chiamata di Mignoli per la scadenza dei termini (31 gennaio). Il Rettore reputò che l’inatteso gesto di Demaria avesse assunto «un significato ingiustificato, tale quindi da indurlo a presentare le sue dimissioni». Il presidente, «certo di interpretare il pensiero dei colleghi», respinse le dimissioni, subito imitato dai colleghi, i quali manifestarono una viva, generale e compiaciuta solidarietà al prof. Sapori il quale ringraziò, «vraiment touc», per la cordiale manifestazione di stima, da cui avrebbe «tratto nuovo incoraggiamento alla sua opera».

I dati provvisori degli studenti iscritti furono comunicati dal presidente per l’a.a. 1961-62: in totale 5.042, e cioè 150 in più rispetto all’anno precedente, 2.561 a Economia (43 in più) e 2.481 a Lingue (7 in più). Le matricole erano aumentate significativamente da 1.124 a 1.202 (78 unità in più): la laurea in Economia faceva aggio su quella in Lingue (624 contro 578). Il Consiglio si dichiarò molto soddisfatto.

La sistemazione della biblioteca nei locali del nuovo edificio, a detta di Cicogna, avrebbe consentito di ricavare 5 o 6 aule da 60-100 posti ciascuna, che avrebbero potuto essere utilizzate nell’anno 1962-63. Il presidente precisò che era stato completamente utilizzato il contributo di L. 75 milioni per acquisto di apparecchiature scientifiche e attrezzature didattiche concesso con legge 16/6/1960. Quanto al contributo di L. 190.500.000, assegnato sulla legge stralcio per gli a.a. 1959-61, 60.000.000 erano stati utilizzati per la costruzione del nuovo edificio della biblioteca e di istituti e 41.000.000 per le relative attrezzature didattiche e scientifiche: i restanti 89.500.000 sarebbero stati accreditati entro breve termine.

Con legge del 26/1/1962, informò il presidente, era stato modificato il trattamento economico dei professori di ruolo e degli assistenti, e anche lo stato giuridico dei professori incaricati. E con riguardo solo ai professori di ruolo, aggiungeva Cicogna, «per effetto di tale legge l’onere dell’Università […] sarebbe notevolmente aumentato (di circa L. 3.500.000, per raddoppio della indennità di ricerca scientifica e per la nuova progressione di carriera fino al coefficiente 1040, già grado II)». Anche agli impiegati amministrativi sarebbero stati riconosciuti miglioramenti: l’onere relativo si sarebbe aggirato per l’Ateneo sui 5 milioni annui. Il Consiglio approvò[8].

Fedele al solito copione, su invito del presidente prese poi la parola il consigliere delegato Alessandro Croccolo, per riferire sul bilancio consuntivo chiusosi il 31/10/61. Secondo la prassi consueta Croccolo distinse la situazione del bilancio in tre settori: la gestione universitaria, quella del pensionato e quella patrimoniale. Naturalmente si era tenuto conto delle entrate provenienti dai contributi statali (di cui si è già fatto cenno). Senza scendere in particolari (per quanto è dato di capire dal testo verbalizzato, probabilmente in parte scorretto), sembra di poter dire che la principale posta attiva della gestione patrimoniale era rappresentata, con oltre 63 milioni di lire, dai contributi di enti pubblici e privati, pari a poco più del 17% del totale delle entrate, escluso il pensionato: una cifra, diceva Croccolo, alquanto «modesta, ove si fosse tenuto conto che l’Università doveva provvedere a carico del proprio bilancio a tutte le spese d’esercizio compresi gli stipendi al personale docente e amministrativo». Comunque, la situazione patrimoniale dell’Università, secondo Croccolo, si manteneva equilibrata, tanto più se si teneva conto che «fra le attività era compresa la somma di L. 60 milioni pagata al Comune di Milano in conto dei 150 milioni dovuti per l’acquisto del nuovo terreno per l’ampliamento della sede universitaria». Il debito flottante dell’Ateneo risultava lievemente inferiore a quello registrato il precedente anno. Quanto alla gestione del pensionato si era chiusa con un saldo passivo di poco superiore ai 10 milioni, pur avendo sopportato notevoli ammortamenti per fabbricati e attrezzature. Soddisfatto delle precisazioni esposte da Croccolo il Consiglio approvò il consuntivo del ’60-61 «che chiudeva, all’attivo e passivo, con un importo di lire 1.724.898.463», rinnovando al dott. Croccolo i suoi elogi per i risultati economici e finanziari conseguiti.

Riprese allora la parola il presidente Cicogna per esporre al Consiglio, con minuziosa cura, il progetto di costruzione della nuova sede universitaria: troppo tempo richiederebbe una analitica esposizione, e perciò mi limito a darne una sintesi in nota[9].

Prima che la seduta si concludesse il Rettore, per il tramite di Cicogna, informò i colleghi che, nel giugno del 1961, era stata inoltrata alla presidenza del Consiglio dei ministri «regolare istanza per ottenere il riconoscimento dello stemma della Università Bocconi che viene riportato nel sigillo e nel timbro dei documenti ufficiali». Lo stemma, come sarà noto a molti, raffigura «un libro antico rilegato al cui centro è inserito un altro libro antico rilegato posto obliquamente, sopra il quale figura un elmo di Mercurio alato. Il grosso volume è circondato da una corona di alloro. I disegni dello stemma sono racchiusi dalla iscrizione in caratteri lapidari: “Università Commerciale Luigi Bocconi – Milano”, disposta in maniera circolare». La presidenza del Consiglio aveva richiesto, a corredo dell’istanza, una delibera del Consiglio di Amministrazione che, ovviamente, fu accordata seduta stante. Così il nostro Ateneo rimase in attesa del riconoscimento ufficiale del suo emblema; il che sarebbe avvenuto di lì a poco. E i consiglieri sciamarono lieti verso casa.

Ma, a vero dire, la soddisfazione che traspirava dai volti e dall’atteggiamento dei consiglieri bocconiani mascherava, probabilmente, intime preoccupazioni. Giacché nel Paese, a onta dell’ininterrotto buon andamento della situazione economica, si avvertivano a livello politico e sociale degli scricchiolii, degli sbandamenti che non preannunciavano alcunché di buono. Mentre il mandato presidenziale di Gronchi si avvicinava, sempre più appannato, alla sua conclusione, una discrasia ognora più accentuata si manifestava all’interno del composito apparato democristiano. Una frazione, invero non molto consistente, era favorevole alla riconferma del presidente della Repubblica per un altro settennato, forte dell’appoggio politico e finanziario di Enrico Mattei. L’on. Aldo Moro con i suoi adepti puntava, invece, sulla candidatura di Antonio Segni, come risultò da una riunione dei gruppi parlamentari tenutasi il 30 aprile 1962. Le votazioni ebbero inizio il 2 maggio. Dopo un complicato succedersi di ballottaggi al nono tentativo (in effetti nono-bis), con i determinanti voti dei monarchici e dei missini, finalmente il 6 maggio Segni riuscì eletto. E per qualche mese la temperatura politica del Paese parve raffreddarsi. Gli avvenimenti che si succedevano di là dai cancelli del Vaticano erano tali, del resto, da attirare molto l’attenzione degli italiani e degli stranieri. Giovanni XXIII si apprestava, infatti, ad aprire il Concilio Vaticano II: l’inaugurazione avrebbe avuto luogo il successivo 11 ottobre.

La vita bocconiana procedeva regolarmente, vedendo impegnata (in ambienti sempre più adeguatamente attrezzati) sul fronte dello studio, in primo luogo, ma anche su quello politico-culturale e su quello latu sensu sociale, la sempre più folta popolazione studentesca, ben indirizzata intellettualmente e didatticamente dal vieppiù rafforzato corpo docente e dall’abbastanza adeguato numero dei collaboratori amministrativi.

Il 22 maggio 1962, assente giustificato il vicepresidente on. Pella, il Consiglio di Amministrazione si convocò per provvedere a una pratica urgente: il trasferimento di un professore di ruolo sulla cattedra di Diritto commerciale del corso di laurea in Economia. Il provvedimento era già stato unanimemente proposto dal Consiglio di facoltà nella riunione tenutasi il 10 maggio precedente. La proposta fu immediatamente approvata e il consigliere delegato, in pieno accordo col Rettore, fu invitato a svolgere senza indugio i passi necessari presso il ministero della Pubblica istruzione. Si trattò di una riunione brevissima che subito si sciolse.

Il 9 luglio i consiglieri si ritrovarono, per esaminare e discutere un ordine del giorno denso e articolato. Alla presenza di Donna Javotte Bocconi, e con l’assistenza del dott. Carlo Baccarini, si riunì la maggior parte dei membri del Consiglio: impossibilitati a presenziare furono Pella, Bontadini, Cardarelli, Corridori e Pero.

Si procedette subito alla chiamata dall’Università di Trieste del prof. Ariberto Mignoli sulla cattedra di Diritto commerciale, a decorrere dall’a.a. 1962-63: l’avviso di vacanza era apparso sulla G.U. del 6 giugno ’62. Il Consiglio diede immediata approvazione invitando il dott. Croccolo a provvedere per le ulteriori incombenze di legge. Con l’arrivo di Mignoli, peraltro, tutte e sei le cattedre destinate a professori di ruolo del corso di laurea in Economia risultavano coperte. Sicché il presidente Cicogna, in sintonia con il Rettore, delucidate alcune irrilevanti questioni sollevate dal prof. Dell’Amore, non indugiò un istante nell’invitare il Consiglio a richiedere al competente ministero la modifica del 1° comma dell’art. 7 dello statuto nei seguenti termini: «Il ruolo organico dei professori di materie fondamentali è costituito di 10 posti, di cui tre per il corso di laurea in lingue e letterature».

Cicogna, lieto, informò i colleghi che anche nel decorso anno accademico si era registrato un discreto aumento del numero degli iscritti all’Ateneo: 159 a Economia e 20 a Lingue. In totale, il corso di laurea in Economia aveva 2.598 iscritti; quello di laurea in Lingue 2.545: insomma 5.143 in tutto, contro i 4.964 dell’anno precedente.

Certamente non celando la sua intima soddisfazione, il presidente volle che nel verbale si ricordasse quanto sicuramente era noto a tutti i consiglieri: il 30 maggio u.s., ricorrenza di S. Ferdinando, era stato inaugurato dal Card. Giovanni Battista Montini, fresco Arcivescovo di Milano, il sacro edificio che Donna Javotte Bocconi, in memoria del fondatore della Bocconi, aveva voluto donare all’Ateneo. E furono, dunque, rinnovati da tutti i componenti del Consiglio i più calorosi, vibranti ringraziamenti alla così munifica e sensibile ultima «affine» della progenie bocconiana.

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In attesa che la commissione edilizia si pronunciasse definitivamente sul progetto per la costruzione del fabbricato sul terreno acquistato dal Comune, Cicogna annunciò che si era reputato opportuno dar inizio ai lavori di scavo, che sarebbero stati ultimati entro il mese di luglio. La spesa per la costruzione dell’edificio si sarebbe aggirata sui 700 milioni di lire, arredamento escluso. Purtroppo si erano verificati degli incagli nelle trattative per la concessione del mutuo con la Cassa di Risparmio, ma si sperava di condurre in porto l’operazione nei successivi mesi di settembre-ottobre. La presidenza era dell’avviso che, non appena pervenuta l’imminente approvazione del progetto, si desse inizio alla costruzione del «rustico»[10]. Il Consiglio di Amministrazione, manco a dire, approvò senza indugio le proposte presidenziali.

Le quali si spostarono sull’acquisto di un altro terreno per il raddoppio del pensionato. Secondo Cicogna le trattative col Comune «per l’acquisto di un nuovo appezzamento di terreno contiguo a quello su cui sorge l’attuale pensionato» erano bene avviate. L’area di circa 4.500 mq sarebbe venuta a costare sui 125 milioni «pagabili in cinque annualità senza interessi». Il piano finanziario avrebbe fatto molto assegnamento sui contributi di enti cittadini (erano buoni segnali gli aumenti dei contributi annui da 6 a 12 milioni e da 12 a 25 milioni deliberati per il 1961-62 rispettivamente dalla Camera di Commercio e dalla Cassa di Risparmio. Si attendevano risposte da parte del Comune e della amministrazione provinciale). Purtroppo bisognava prendere atto, come sottolineava il presidente, che l’approvazione della nuova legge stralcio sulla scuola stabiliva che le Università libere (di fatto la Bocconi e la Cattolica) restassero escluse dal «riparto degli stanziamenti per le opere edilizie compresi i pensionati, nonché per le dotazioni scientifiche e, in genere, per l’assistenza universitaria». In sostanza la Bocconi, in quanto Università libera, avrebbe potuto concorrere alla ripartizione del contributo ordinario solo nel caso di miglioramenti nel trattamento dei professori e del personale amministrativo, sempre che detti miglioramenti fossero «consentiti da parte dello Stato». Pur riconoscendo che l’esclusione delle università libere non sembrava nemmeno giuridicamente fondata, il presidente rilevava che «allo stato dei fatti la situazione era pregiudicata, così che non era possibile svolgere altra azione, se non quella di ottenere il massimo consentito nel riparto del contributo ordinario». Non per nulla il dott. Baccarini si era recato a Roma, ove era riuscito a ottenere che il contributo ordinario assegnato alla Bocconi, per il corrente 1961-62, fosse portato a L. 30 milioni e che forse sarebbe stato aumentato nei tre anni successivi, periodo in cui «sarebbe rimasta in vigore la nuova legge stralcio di recente approvata dal Parlamento».

Una volta ancora, il consigliere delegato diede prova della sua limpida visione dei problemi economici in cui era impegnato il nostro Ateneo. A suo parere anche la gestione economica dell’anno in corso (1961-62) avrebbe dato risultati suppergiù simili a quelli degli anni precedenti. Una sostanziale invarianza che, in gran parte, dipendeva dai consistenti aumenti dei già ricordati contributi di diversi enti ambrosiani (Camera di Commercio e Cassa di Risparmio in primo luogo). Se, dunque, non vi era da inquietarsi pensando al presente, v’era però da preoccuparsi per il futuro anche immediato. Quando alla fine di ottobre, come si era usi fare, ci si sarebbe soffermati sul bilancio preventivo per il 1962-63 non si sarebbe potuto fare a meno di considerare i sicuri, forti incrementi delle retribuzioni dei professori incaricati, degli assistenti e dei lettori. Senza parlare delle difficoltà che si sarebbero incontrate «per affrontare nei limiti di circa 300 milioni le prime spese per la costruzione del fabbricato destinato all’ampliamento della sede universitaria».

Il Rettore, su invito del presidente, diede analitiche informazioni sulla situazione degli incarichi di insegnamento, a Economia e a Lingue, per l’a.a. 1962-63. Non mi dilungo a ricordare le conferme, pressoché totali, degli incarichi già assegnati nel precedente anno. Rammento solo che, in base alle richieste formulate dai Consigli di facoltà, Sapori segnalò che il Consiglio di facoltà di Economia aveva «riconosciuto la opportunità di rafforzare gli insegnamenti nel settore giuridico, essenziali per la formazione dei dottori commercialisti, donde la sua proposta di ripristinare il corso complementare di diritto amministrativo conferendolo al Prof. Biscaretti di Ruffia dell’Università di Pavia già supplente dell’On. Tosato sulla cattedra di istituzioni di diritto pubblico»[11].

Con l’approvazione di tutte le proposte presentate il Consiglio di facoltà chiuse i suoi lavori. Si sarebbe convocato dopo tre mesi, il 2 ottobre (1962), il Comitato esecutivo. E il destino avrebbe riservato al Paese tutto emozioni di segno opposto, epperò profondamente incidenti sul futuro della Nazione.

Continuava a dilatarsi, in termini di risorse e di soddisfazioni, il divario fra il mondo della fabbrica e delle iniziative commerciali e finanziarie e quello delle ognora più sofferenti popolazioni rurali, specialmente nel Centro-Sud della Penisola. Basti ricordare, in termini meramente e crudamente statistici, che la produzione manifatturiera in soli cinque anni, dal ’58 al ’62, si accrebbe di quasi il 60 per cento, il volume del commercio estero, nello stesso periodo, aumentò di quasi il 100 per cento, i salari industriali negli stessi anni subirono aggiustamenti successivi nella misura globale di poco meno del 100 per cento, mentre si assisteva alla diaspora delle genti agricole meridionali verso le province settentrionali (liguri, piemontesi, lombarde e venete, in prevalenza), e al progressivo, doloroso abbandono dei centri rurali (dei «villaggi modello», creati dalla riforma agraria tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, oltre il 90 per cento risultava abbandonato). Sarebbe bastato fermare lo sguardo sul nastro di autovetture che, sempre più numerose, percorrevano la via via dilatata rete autostradale, per avere un’idea dell’impressionante miglioramento delle condizioni economiche della popolazione italiana: le patenti di guida, che nel 1958 non raggiungevano il numero di 360.000, nel 1962 spuntavano, con un certo orgoglio, dal portafoglio di 1 milione e 250.000 italiani. Gli osservatori stranieri non nascondevano la loro meraviglia. Ma, appunto, il palese arricchimento di un buon numero di cittadini rendeva ancor più penoso, e preoccupante, il disagio di coloro che nella «terra» non più trovavano, non più sapevano trovare «le risposte di una provvida madre», come fu scritto con amarezza.

E ben se ne preoccupava anche il «papa buono», Giovanni XXIII, che, una decina di giorni dopo la convocazione del Consiglio bocconiano, l’11 ottobre 1962 avrebbe salutato a Roma, in San Pietro, i 2.500 cardinali e vescovi che, per oltre due anni, si sarebbero misurati con le ardue questioni proposte nel Concilio Vaticano II.

Ma erano trascorsi solo diciotto giorni quando, il 27 di quell’indimenticabile ottobre, il mondo politico e gli assetti economici, non solo italiani ma internazionali, furono sconvolti da un accadimento del tutto imprevisto: la tragica scomparsa di Enrico Mattei, nei resti fumanti del piccolo aereo che, proveniente da Catania, era in procinto di atterrare all’aeroporto milanese di Linate. Mai si seppe, con certezza, come e per qual ragione la sciagura fosse avvenuta. Solo si dovette convenire che le conseguenze della perdita d’un personaggio così dinamico, intraprendente e sorprendente, oggetto nel contempo di ferree amicizie e di odi implacabili, sarebbero state profondamente avvertite. E particolarmente nel nostro Paese ove, con fatica e preoccupazioni, già ci si preparava ad affrontare le elezioni politiche che si prevedeva sarebbero cadute il 28 aprile del successivo anno.

Brevissima fu la seduta del Comitato esecutivo bocconiano (unico assente giustificato l’on. Pella) tenutasi, come ho anticipato, il 2 ottobre. Si deliberò soltanto la chiamata, ritenuta urgente, del trasferimento sulla cattedra di Diritto commerciale, con decorrenza dal 1° novembre 1962, del prof. Ariberto Mignoli, per il quale era finalmente giunto dal ministero il prescritto nulla osta. L’approvazione fu unanime e immediata.

Assenti Donna Javotte, il Rettore (indisposto), l’on. Pella e i consiglieri Radice Fossati e Marzotto, il Consiglio si riunì circa un mese dopo: il 29 ottobre. Vi partecipava per la prima volta, come consigliere, il presidente della Olivetti, dott. Pero, cordialmente salutato a nome di tutti dal presidente Cicogna. Al quale, però, spettò il triste compito di commemorare la recente scomparsa del prof. Francesco Flora, alto esponente della cultura italiana che, come autorevole membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione, aveva intensamente contribuito a far nascere la sezione di Lingue e Letterature straniere nel nostro Ateneo e fin dall’inizio ne era stato il prestigioso docente di Lingua e Letteratura italiana[12].

In base alle norme statutarie il presidente rammentò che il Consiglio sarebbe scaduto alla fine dell’anno accademico 1962 e i vari enti pubblici avrebbero dovuto designare i nuovi rappresentanti per il quadriennio 1962-1966. Peraltro, comunicò Cicogna «con dispiacere e irritazione nel contempo», come mi disse poi il dott. Palazzina, «il prof. Ferrari (sindaco di Milano e consigliere), il quale ci ha sempre dato la più cordiale ed efficace collaborazione, ha presentato al Comune le sue dimissioni per la mancata approvazione dell’aumento del contributo alla nostra Università che egli aveva caldamente raccomandata». V’era da pensare, quindi, che il prof. Ferrari non si sarebbe fatto rieleggere.

Sempre il presidente fece sapere che, sistemato provvisoriamente il magazzino dei libri nel seminterrato, si erano resi liberi i locali del primo piano della sede, con disponibilità di 5 nuove aule per complessivi 360 posti. Il Comune, finalmente, aveva approvato il progetto di costruzione del nuovo fabbricato per l’ampliamento della sede universitaria: erano già stati ultimati i lavori di scavo. Si sarebbe subito provveduto alla gara di appalto: si prevedeva una spesa di circa 800 milioni, più il costo dell’arredamento. Non si erano ancora ultimate le trattative col Comune per l’acquisto del terreno destinato al raddoppio del pensionato. Ma si sperava di arrivare presto in porto «nei limiti delle intese preliminari, e cioè di L. 125 milioni, pagabili in 5 annualità, per un’area di 4.500 mq». Il ministero aveva accordato un contributo ordinario di 30 milioni e, in aggiunta, altri 2 milioni, per attrezzature didattiche[13].

Ma il presidente Cicogna continuò a informare i colleghi ricordando che col 1° novembre p.v. si sarebbe dovuto apportare un rilevante aumento delle retribuzioni a tutto il corpo docente, comprendendovi anche il trattamento per il nuovo professore di ruolo e per i nuovi incaricati dei corsi complementari. Il maggior onere per l’Università sarebbe stato del 25%. I consiglieri Dubini e Zonchello proposero, allora, che anche agli assistenti volontari fosse assicurato un pur modesto premio di operosità dal momento essi costituivano «una sorta di vivaio di giovani da tenere vincolati all’Università».

Quanto alle iscrizioni per il successivo anno, il presidente asserì che, pur non essendo possibile fare previsioni esatte, v’era fondatamente da supporre che esse sarebbero state lievemente superiori rispetto a quelle del 1961-62: sia per il corso di laurea in Economia, sia per quello in Lingue e Letterature straniere.

Esaurite le comunicazioni il presidente passò alla nomina del Rettore per l’a.a. 1962-63 e propose ancora una volta il prof. Sapori, che da un decennio ormai svolgeva, con la massima soddisfazione di tutti i bocconiani, quella delicata funzione.

E si passò una volta di più ad ascoltare il consigliere delegato dott. Croccolo che, con la solita bravura, illustrò la situazione economica e finanziaria dell’Ateneo, sottolineando, per prima cosa, che si erano verificati consistenti incrementi dei contributi da parte degli enti sia pubblici che privati. Il che aveva, di fatto, neutralizzato la notevole lievitazione delle spese. Precisò che i 192.500.000 milioni ricevuti dal ministero in virtù della legge stralcio erano stati accantonati in un conto speciale presso un istituto di credito, e confermò che le spese per la costruzione della chiesa di S. Ferdinando (200 milioni) erano state completamente coperte con i fondi messi a disposizione da Donna Javotte Bocconi.

Passando al preventivo per l’a.a. 1962-63, Croccolo sottolineò che il bilancio preventivo chiudeva in pareggio: il saldo passivo della gestione del pensionato (L. 16 milioni) era compensato con quello attivo della gestione patrimoniale. Il bilancio, dopo breve discussione, fu letto e approvato seduta stante.

Riprese brevemente la parola il presidente per informare che il Credito Fondiario della Cassa di Risparmio aveva accolto la richiesta della Bocconi di un mutuo di L. 600 milioni in cartelle ammortizzabili entro 25 anni. Per le necessarie formalità e i relativi provvedimenti, se ne sarebbe parlato in una riunione del Comitato esecutivo che sarebbe stato convocato di lì a pochi giorni.

Si passò successivamente a considerare la situazione degli incarichi. Su conforme parere del Consiglio di facoltà fu conferito l’incarico d’insegnamento di Istituzioni di diritto privato al prof. Adriano Vanzetti, confermato quello di Diritto internazionale al prof. Pietro Ziccardi e alla prof.ssa Giovanna Cantoni Foà, in sostituzione del prof. Sergio Rossi, rinunciatario, quello del 1° e 2° anno di Lingua inglese nel corso di laurea di Lingue e Letterature straniere. Quanto ai direttori dei vari istituti e del «Giornale degli Economisti» si confermarono i nomi del precedente anno accademico. Furono altresì accolte e confermate «in via di massima» le proposte del Consiglio di facoltà in merito ai lettori e assistenti che prestavano la loro opera nei seminari di Economia e Lingue. Prese in considerazione pratiche varie, che non mette conto di ricordare, il Consiglio si sciolse. E, come ho ricordato appena sopra, si stabilì che qualche giorno dopo si sarebbe riunito il Comitato esecutivo della presidenza.


1

Presenti il presidente Cicogna, il Rettore, il consigliere delegato Croccolo, il consigliere Zonchello e il segretario Palazzina (scusato l’on. Pella, assente) il Comitato considerò la comunicazione del Consiglio superiore della P. I. con la quale si autorizzava la modifica della denominazione dell’insegnamento «Letteratura nordamericana» in quella richiesta di «Letteratura angloamericana». Per la variante Cicogna e Croccolo l’avrebbero trasmessa al ministero della P. I.

2

Dall’intervento del Rettore, prof. Sapori, alla riunione consiliare del 1° luglio 1960.

«Vorrei insistere sulla necessità di assicurare somme sufficienti per il funzionamento dell’Università, che richiede spese sempre maggiori in futuro, spese che non si possono attingere di volta in volta all’aumento delle tasse scolastiche. A me pare risultare – a me prima che ad altri, perché i contatti più diretti gli studenti li hanno con me – che fra gli studenti cresce il malumore del quale bisogna tenere conto perché la massa, con l’aumento anno per anno delle matricole, va cambiando l’atteggiamento nei confronti dell’Università […] Fino ad ora i nostri allievi si facevano vanto dell’indipendenza della Bocconi ed una prova era l’autonomia del Circolo [Bocconiano]. Oggi una corrente sempre più forte tende a portare la rappresentanza bocconiana nell’U.N.U.R.I., organizzazione con sfondo politico e demagogico […] Non dobbiamo sottovalutare la parte che sin qui hanno avuto gli studenti nelle fortune della Bocconi, in virtù dei contatti di assoluta solidarietà con le Autorità Accademiche e con il Consiglio di Amministrazione […] Basta pensare al comportamento dei nostri studenti paragonandolo a quello dei giovani di tutte le altre Università. Da noi non uno sciopero, non una chiassata in occasione dell’anno accademico. Una vera caratterizzazione rilevata dalle Autorità e dagli stessi Presidenti Einaudi e Gronchi. Le cose stanno per cambiare; e uno spunto al cambiamento si prende proprio dall’ormai annuale aumento dei contributi. Fino ad ora la Bocconi ha dato più di tutte le altre Università ai suoi allievi, pur mantenendo le tasse più basse o al livello di quelle statali. È difficile far accettare ora un diverso punto di vista e tanto più, ripeto, perché le leve del vecchio spirito bocconiano vanno esaurendosi e le nuove respirano l’aria della scuola gratuita e magari stipendiata […] Con questo non dico che si debba ritirare l’aumento stabilito. Dico però che se la Bocconi giova ai suoi allievi, ai quali apre più delle altre [università] un buon avvenire, giova anche all’apparato economico di Milano e del Paese, al quale fornisce elementi meglio preparati. Se così è, bisogna trovare da Enti e da Imprese, contributi costanti, ben superiori alla cifra dei 40 milioni che attualmente raccogliamo. Ritengo che si debba raggiungere la cifra di 100/120 milioni, rinunziando nel contempo alla umiliazione dei versamenti di cifre irrisorie talora inferiori a quelle di una sola tassa scolastica. Il nostro Palazzina ha fatto miracoli sin qui per raccattare anche le briciole. Ma ormai non sono quei due o tre milioni raccattati da cento rivoli che deve ricercare la Bocconi, divenuta una veramente grande Università, avviata a dimensioni ancora maggiori».

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Si approvò, su proposta già avanzata nella seduta del 7 maggio u.s. dal prof. Brambilla, e di nuovo appoggiata dal Rettore, la istituzione di corsi di laurea in Scienze statistiche e demografiche e Scienze statistiche e attuariali. Il Consiglio approvò e diede incarico alla presidenza di inoltrare la relativa domanda al ministero. Il presidente informò che era stato definito l’acquisto del terreno comunale di cui si era più volte parlato per la costruzione della chiesa e il trasferimento di istituti, biblioteca ecc. Si stava ancora definendo col Comune la cessione di un’area per il raddoppio del pensionato. Esclusi i terreni, il programma di espansione dell’Università sarebbe venuto a costare circa un miliardo e mezzo. Il Consiglio diede mandato al presidente per predisporre proposte concrete. Così come per la revisione del trattamento economico dei docenti e degli impiegati. Il consigliere Dubini espresse il suo plauso per la magnifica relazione del Rettore al Congresso di Ischia.

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II prof. Brambilla aveva avanzato richiesta per un calcolatore elettronico, indispensabile per lavori di ricerca all’Istituto e l’addestramento degli allievi. L’unità di calcolo M. 22 della Olivetti Bull sarebbe stata la più idonea a soddisfare le esigenze scientifiche e didattiche, anche per i facili collegamenti con le altre apparecchiature dell’Istituto. Il costo, ridotto per la Bocconi, sarebbe stato di circa L. 12 milioni e 600 mila. Il Consiglio diede il suo beneplacito: il contratto d’acquisto sarebbe stato perfezionato dal dott. Baccarini. Per il perfezionamento dello studio delle lingue straniere la facoltà proponeva l’installazione di un impianto di traduzione, col sistema via-radio. Per le particolari esigenze sarebbe stato augurabile disporre dell’impianto progettato dalla Siemens: il costo per la Bocconi sarebbe stato di circa L. 8 milioni e 600 mila. Il Consiglio approvò conferendo al dott. Baccarini lo svolgimento delle pratiche. Il presidente fece presente la necessità di sostituire le vecchie scaffalature lignee della biblioteca con altre metalliche per uno sviluppo lineare di circa 7.000 metri. Stabilito che la ditta Antonio Parma di Saronno avrebbe dato le migliori garanzie il Consiglio approvò la scelta e conferì ancora al dott. Baccarini l’incarico di condurre le trattative con la ditta e il ministero. Il prof. Dell’Amore come direttore dell’Istituto di Economia aziendale e dell’annesso Centro elettro-contabile aveva proposto l’acquisto di 16 macchine contabili Audit di diversi modelli prodotte dalla Olivetti, che a parità di prestazioni erano le meno costose tra quelle esistenti sul mercato. Il prezzo della fornitura sarebbe stato di L. 14 milioni e 350 mila circa. Per il contratto e le pratiche ministeriali fu designato, ancora una volta, Baccarini.

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Distinguendo le tre gestioni (Università, pensionato e patrimonio) Croccolo sottolineava che la prima aveva chiuso con un saldo passivo di poco più di L. 5 milioni e 55 mila; la seconda con un saldo passivo di quasi L. 10 milioni e 350 mila; la terza con un saldo attivo di quasi L. 15 milioni e 900 mila. Il conto economico tornava in pareggio (L. 31 milioni e 800 mila). Sulla gestione universitaria avevano gravato i 15 milioni per ammortamento della sede e i 21 milioni e 700 mila per acquisto di mobili e attrezzature. Sulla gestione del pensionato avevano gravato l’ammortamento dello stabile e delle attrezzature per 25 milioni e per poco meno di 11 milioni e 900 mila quello per interessi su mutui, contro un contributo dell’Opera Universitaria di 6 milioni e mezzo. Non è il caso che ricordi le singole voci della situazione patrimoniale. È sufficiente aver presente il sintetico giudizio di Croccolo: «Nel complesso la situazione patrimoniale dell’Università si mantiene equilibrata essendosi, fra l’altro, provveduto all’aggiornamento dei fondi di quiescenza dei professori di ruolo e dei fondi di previdenza per gli impiegati amministrativi». Seguì una calma discussione con alcuni membri del Consiglio il quale, congratulandosi con il consigliere delegato, approvò il rendiconto economico che chiudeva all’attivo e al passivo con un importo di L. 1.539.542.631.

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1) Con la ditta Olivetti per la fornitura di 16 macchine contabili «Audit» (Istituto Economia aziendale), L. 14.344.000; 2) con la Olivetti-Bull, per un calcolatore elettronico (Istituto di Statistica), per L. 12.633.337; 3) con la Parma Antonio, per scaffalature metalliche (biblioteca), per L. 15.913.117; 4) con la Siemens, per un impianto di traduzione via radio (esercitazioni studenti sezione Lingue), L. 8.578.500.

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Croccolo assicurava il Consiglio che i risultati finali non si sarebbero discostati in maniera apprezzabile da quelli dell’anno precedente. Però gli aumenti delle rimunerazioni dei docenti e degli amministrativi avrebbero assorbito il maggior introito delle tasse (circa 40 milioni). I contributi di enti e privati alla Bocconi si sarebbero aggirati sui 55-60 milioni: una cifra molto modesta, a suo dire, in relazione all’importanza assunta dalla Bocconi «non soltanto nel campo degli studi ma anche come ente culturale della città di Milano». Quindi ribadiva la necessità di condurre una azione promozionale sempre più intensa e agguerrita; e occorreva «seguire criteri di particolare prudenza nello sviluppo delle spese» e dei programmi di espansione dell’Ateneo solo parzialmente coperti dai contributi dello Stato. Con riguardo alla situazione finanziaria si era fatto fronte a tutte le spese senza ricorrere al credito. Passando alla presentazione del bilancio preventivo per il 1961-62 Croccolo, una volta ancora, ricordò che le «cifre esposte partivano da due presupposti»: a) che le iscrizioni si mantenessero a un livello suppergiù eguale a quello dell’anno precedente; b) che i contributi egualmente non accusassero una diminuzione rispetto all’anno decorso. Aggiungeva che, approssimativamente, gli incassi erano rappresentati dai proventi delle tasse nella misura di 5/6 e a titolo di contributi nella misura di 1/6. Anche se considerato nelle tipiche tre gestioni (Università, pensionato e patrimonio) il preventivo non risultava granché diverso da quello del precedente a.a. E chiudeva in pareggio: saldi passivi di L. 10 milioni e L. 15 milioni, rispettivamente, per la gestione universitaria e per quella del pensionato, compensati (bilanciati) dal saldo attivo della gestione patrimoniale, di L. 25 milioni. Il Consiglio ringraziò il dott. Croccolo e approvò i bilanci.

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Per finire il presidente comunicò che «il progetto di accentrare presso la Bocconi la biblioteca di Luigi Einaudi non avrebbe potuto aver luogo in quanto ormai è stato deciso che detta biblioteca entri a far parte di un Centro studi presso la Banca d’Italia in Roma».

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l progetto dell’edificio, redatto per incarico della presidenza dall’arch. prof. Giovanni Muzio, avrebbe voluto «assicurare all’Università una attività funzionale per un lungo periodo di tempo anche tenuto conto di un ulteriore aumento della popolazione studentesca». L’edificio si sarebbe articolato su 3 punti: a) biblioteca, da aprirsi forse anche al pubblico, con magazzino per circa 400 mila volumi, sale di lettura e consultazione per 380 posti, sale di studio specializzate, locali per servizi; b) istituti scientifici e seminari, per Economia e Lingue; c) una grande sala di riunioni di circa 600 posti, con servizi annessi, per convegni e congressi. Il costo prevedibile di L. 700 milioni circa, per una cubatura di mc 38.900, sarebbe stato coperto con un contributo del ministero della P. I. di L. 60 milioni in base alla legge 5/3/61 n. 158, con ulteriori finanziamenti dello stesso ministero e con un mutuo, in corso di stipulazione con la Cassa di Risparmio delle PP. LL.

Il Consiglio pienamente d’accordo approvò, per il presunto costo complessivo di L. 700 milioni, il progetto sottopostogli da Cicogna, nominò, quale tecnico di fiducia dell’Università, l’ing. Giuseppe Mariani e diede mandato al presidente e al consigliere delegato, «disgiuntamente fra loro», per compiere tutte le operazioni riguardanti l’esecuzione del progetto.

Cicogna colse l’occasione per informare che erano tuttora in corso le pratiche, appoggiate dal sindaco Ferrari, consigliere bocconiano, per l’ampliamento del pensionato. Alla luce di quanto successivamente verificatosi le informazioni date dal presidente sembravano tuttavia, per il momento, eccessivamente ottimistiche. Più concrete parvero le istanze all’on. Pella perché intervenisse presso il ministero per appoggiare le richieste di contributi a favore del nostro Ateneo.

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Per la costruzione del rustico si prevedeva una spesa di 300-350 milioni che avrebbe potuto essere fronteggiata «con le disponibilità correnti della Bocconi […] e con i 190 milioni assegnati dal ministero sul piano stralcio scuola per l’anno accademico 1960-61 e che sono interamente accantonati in un conto speciale».

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Insistendo Tosato nella rinuncia all’insegnamento del Diritto pubblico, il Consiglio di facoltà aveva proposto la nomina del prof. Amorth, e quella del prof. Stendardi per un corso complementare di Diritto processuale civile da svolgersi l’anno successivo.

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Francesco Flora fu professore titolare e di ruolo alla Bocconi fino a quando non venne chiamato a occupare la cattedra di Italiano all’Università di Bologna. Ma non volle staccarsi dal nostro Ateneo: vi rimase fino alla morte, in veste di incaricato di Lingua e Letteratura italiana.

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Continuando nel suo dire il presidente Cicogna informò che, come precisato nella G. U. dell’8 agosto, la legge stralcio che avrebbe avuto valore per il triennio ’63-65 «purtroppo confermava l’ingiusta esclusione delle Università libere dal riparto degli stanziamenti per le opere edilizie compresi i pensionati […] Veniva per contro confermata per le Università libere l’assegnazione di un contributo sul capitolo “contributi ordinari”, nonché sul fondo per attrezzature didattiche e scientifiche». E il dott. Baccarini, di ritorno da Roma, confermò che «la Bocconi sarebbe stata compresa nel riparto dei fondi stabilito dalla legge». In ogni caso, e se ne poteva comprendere l’interesse, «la nuova legge stralcio recava un’importante modificazione all’art. 55 del T. U. nel senso che, ai fini dell’esenzione da imposte e tasse dello Stato e degli Enti locali, anche le Università libere venivano equiparate, a ogni effetto, alle Amministrazioni dello Stato a decorrere dall’esercizio ’58/’59».

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