Parole chiave: Presidente Cicogna Furio, Rettore Dell’Amore Giordano, CdA, Facoltà di lingue
Storia della Bocconi
1945-1968. Dalla liberazione al '68
Era il 2 luglio (1968) quando, «come fossero gravati da un grosso peso sulle spalle» (confessione fattami dal dott. Palazzina), i consiglieri presero posto nell’aula loro riservata[1].
Il presidente riepilogò i fatti succedutisi da qualche settimana in là e indugiò, in particolare, su quanto aveva già esposto nella seduta dal 25 aprile. Malgrado i ripetuti interventi, Rettore, preside e professori non riuscirono a convincere i rappresentanti degli studenti a mutare consiglio e atteggiamenti. L’assemblea degli assistenti e studenti della facoltà di Lingue votò per l’occupazione dell’Ateneo. Si succedettero infruttiferi incontri fra docenti e studenti. L’azione degli studenti aveva evidentemente lo scopo di impedire il regolare svolgimento degli esami della sessione estiva. A nulla valsero tutti i tentativi del presidente e del comitato tecnico per uscire dalla preoccupante situazione di stallo.
Assistenti della facoltà di Lingue e studenti non vollero recedere dalle loro richieste, nemmeno di fronte ai nuovi suggerimenti proposti dal presidente: disponibilità dell’Università «a costituire una Consulta composta da tutti i rappresentanti delle componenti accademiche per formulare […] una nuova strutturazione dell’ordinamento didattico della facoltà [di Lingue]»; rinvio dell’esame, da parte del Consiglio d’Amministrazione, dei provvedimenti proposti da assistenti e studenti; sospensione delle agitazioni da parte degli stessi; «assicurazione di non turbare il regolare svolgimento della sessione estiva degli esami, rispettando così i diritti e la libertà di tutti gli studenti». Ma furono parole al vento. Anche gli sforzi del successore di Carlo Bo, il prof. Raffaele De Cesare, non riuscirono a far breccia nell’ostinazione degli assistenti di Lingue, che «sedevano permanentemente in assemblea», ancorché non pochi di essi avessero «dichiarato di dissociare la loro responsabilità dall’assemblea».
Ad aggravare la situazione si aggiunse, imprevista, la denuncia alla magistratura, da parte di un gruppo di studenti e di famiglie, «contro l’occupazione dell’Università e contro la sospensione della sessione estiva degli esami decisa dall’assemblea degli assistenti e degli studenti». Si seppe immediatamente che la magistratura aveva ordinato alla polizia di intervenire per fare sgomberare l’Università dagli occupanti. Preoccupatissimi, il Rettore e il presidente Cicogna «interposero tutti i loro uffici affinché l’intervento [della magistratura] fosse dilazionato il più possibile, in attesa di poter comporre nel migliore dei modi la vertenza».
In ogni caso, per l’acuita tensione degli animi non si era potuto evitare che si moltiplicassero i tafferugli tra gli studenti occupanti e quelli che volevano sostenere gli esami, anche se si era ottenuta, in serrati colloqui tra i reggitori della Bocconi e l’ala oltranzista, la garanzia che si sarebbero permessi gli esami di laurea e si sarebbe organizzato un secondo appello speciale di esami per tutti gli studenti nel successivo settembre. Il presidente, nel concludere la sua accorata relazione, assicurava i consiglieri che avrebbe continuato a colloquiare, per telefono e per lettera, con i rappresentanti delle varie componenti universitarie, a condizione, tuttavia, che l’Università venisse liberata dagli occupanti e potesse riprendere la normale attività. Faina, Falck e Dubini, pur apprezzando la fermezza del presidente e del Rettore, non mancarono di usare durissime espressioni nei confronti dei «rivoltosi», i quali «di fatto avevano scavalcato l’organismo studentesco rappresentativo, fin qui ufficialmente operante in seno all’Università». Anzi, suscitando comprensibili preoccupazioni nel presidente, Dubini deplorò «che la massa degli studenti […] pur dimostrando di dissentire dalla cosiddetta assemblea, inoltrando denuncia all’autorità giudiziaria, fosse rimasta assente dall’attuale agitazione, rinunciando così ad uno dei suoi principali diritti: [quello] di impedire, cioè, che una minoranza imponesse la sua volontà ad una stragrande maggioranza».
Terminata la discussione, preso atto dell’approvazione data da tutti i membri del Consiglio in merito all’operato del Rettore, a questi e a tutti i consiglieri il presidente espresse un sentito ringraziamento. Ma andò oltre: con voce incrinata dalla commozione, Cicogna volle soffermarsi sui tanti motivi per cui essere profondamente grati a tutto il personale dipendente, che con grave sacrificio, senza mai abbandonare l’Università, si era prodigato, di giorno, di notte e nei giorni festivi, perché fossero evitati incidenti, «impedendo che l’incomposto contegno degli studenti occupanti arrecasse ancor più gravi danni agli edifici e ai servizi». Anche il Rettore si unì a Cicogna nel ringraziare il personale tutto e l’intero Consiglio si trovò d’accordo nel proporre al presidente che il personale fosse congruamente compensato «per le ore di servizio prestate fuori orario». Cicogna, poi, reputò conveniente che fosse steso un comunicato per la stampa, limitandosi tuttavia a esprimere la solidarietà col Rettore. Il testo, assai breve, trovò l’immediata e unanime approvazione dei consiglieri.
Il presidente, infine, comunicò «che, in seguito alla proclamazione dello sciopero da parte degli assistenti, egli aveva disposto – come è norma costante – la sospensione degli assegni dovuti». La sospensione non avrebbe avuto luogo nei confronti di coloro che, continuando a prestare regolarmente servizio, «avevano dichiarato di dissociare la loro responsabilità da quella degli scioperanti».
Erano trascorse solo tre settimane (le agitazioni, le ribellioni studentesche continuavano a ripetersi nelle varie sedi universitarie: si erano un poco acquietate nel nostro Ateneo, ma la situazione rimaneva sempre critica) quando si reputò opportuno riconvocare il Consiglio di Amministrazione. Era il 23 luglio: sei consiglieri giustificarono la loro assenza[2].
Il presidente diede conto degli avvenimenti recenti, sia sulla occupazione degli studenti della facoltà di Lingue, sia sulla astensione dalle lezioni degli assistenti della stessa facoltà per solidarietà con gli studenti. In effetti l’occupazione era terminata il 15 luglio, grazie agli efficaci interventi del Rettore, meritevole di un caldo ringraziamento. La sessione d’esami sarebbe ripresa il 1° settembre. Il Rettore s’era impegnato a tenere in sospeso ogni provvedimento disciplinare e a interporre i suoi buoni uffici presso la magistratura. Ma Cicogna aggiunse queste significative e in un certo senso premonitrici parole: «Con ciò si è chiusa una spiacevole parentesi che ha turbato la normale attività dell’Università, ma che ha messo in luce le gravi difficoltà in cui l’Università italiana da tempo si dibatte e, per quanto riguarda più da vicino l’Università Bocconi, ha evidenziato le attuali carenze strutturali del corso di laurea in lingue, corso di laurea superaffollato e non più congeniale con i fini istituzionali dell’Università stessa».
Ciò detto, su invito del presidente, il Rettore Dell’Amore riscuotendo il massimo interesse dei presenti, lesse una lunga e puntuale relazione di cui qui riporto, testualmente, le parti più significative:
«A far tempo dal 1° luglio u.s. sono cadute le barriere doganali nell’ambito del Mercato Comune. Qualunque sia lo sbocco politico che potrà avere non può essere più rinviata l’istituzione di una Università specializzata che prepari le giovani generazioni ad affrontare i complessi problemi della Comunità.
Come è noto, l’idea della fondazione di un’Università europea a Firenze non ha potuto essere finora realizzata […] Comunque non sembra contestabile che le difficoltà da superare siano assai minori se si limita al campo esclusivamente economico, sul quale appare più urgente colmare una lacuna che si avverte sempre più e che costituisce una grave remora all’ulteriore sviluppo dell’unificazione del nostro continente. Tali difficoltà sembrano poi più agevolmente sormontabili se l’iniziativa faccia capo ad una istituzione libera […].
In Italia l’Università Bocconi è senza dubbio la più preparata a svolgere un compito del genere, per il grande prestigio di cui gode tanto sul piano interno quanto su quello internazionale, grazie alla rinomanza dei suoi docenti e alla ricchezza dei mezzi organizzativi e didattici di cui dispone, fra i quali va particolarmente annoverata una biblioteca che è di gran lunga la più ricca d’Italia in materie economiche. Si aggiunga che anche la sua particolare ubicazione nella più importante metropoli economica nazionale costituisce un fattore particolarmente favorevole rispetto agli altri Paesi del Mercato Comune. Il Rettore, pertanto, d’intesa col Presidente, propone al Consiglio di Amministrazione della Bocconi di istituire, nel più vasto quadro della Facoltà di Economia, un corso di laurea in Economia europea della durata di quattro anni […] Il corso si dividerà in due bienni: nel primo saranno impartiti taluni insegnamenti di base, comuni agli altri corsi di laurea organizzati nella medesima Facoltà […] mentre il secondo biennio sarà nettamente specializzato con insegnamenti giuridici, economici, sociali, monetari e finanziari [segue l’elenco delle materie fondamentali del secondo biennio] […] In tutti e quattro gli anni del corso verranno poi insegnate le quattro fondamentali lingue europee. Le materie di insegnamento saranno divise in due categorie: obbligatorie e opzionali, e avranno in parte durata semestrale al fine di ampliare le possibilità di scelta degli allievi.
Il corpo docente italiano verrà integrato da professori stranieri di chiara fama, che saranno invitati a tenere anche cicli di lezioni, e seminari di studio su specifici argomenti. Per lo svolgimento di tali seminari potranno essere utilizzati, con i necessari adattamenti, anche i palazzi monumentali che la compianta Donna Javotte Bocconi ha lasciato in eredità alla Associazione degli “Amici della Bocconi” […] Tenuto conto anche dei due immobili destinati al Pensionato, capaci di 370 posti, si può affermare che la Bocconi è in grado di realizzare l’iniziativa con tutti i mezzi indispensabili per garantirne il successo.
Parallelamente all’istituzione del corso di laurea in Economia europea, l’attuale Facoltà di Economia e Commercio verrà radicalmente trasformata con l’istituzione di altri sei corsi di laurea dedicati rispettivamente all’Economia aziendale, all’Economia sociale, all’Economia della pubblica amministrazione, all’Economia delle fonti di energia, all’Economia bancaria e alla Statistica. Tutti i sette corsi indicati avranno un biennio comune, con insegnamenti di base che costituiscono la premessa scientifica delle specializzazioni del successivo biennio.
Su questo tronco fondamentale poggerebbe, quindi, una articolazione universitaria che porrebbe l’Italia all’avanguardia nel campo degli studi economici e che dischiuderebbe le più larghe possibilità opzionali ai giovani che intendano specializzarsi in diversi campi.
La Facoltà muterebbe poi la denominazione attuale in Facoltà di Economia ed organizzerebbe naturalmente dei corsi di perfezionamento post-lauream per coloro che intendano dedicarsi all’insegnamento delle materie economiche, aziendali e sociali».
La relazione del prof. Dell’Amore innescò intense e approfondite discussioni. Sulle quali non si potrebbe fare a meno di indugiare, giacché in esse trovasi la chiave di volta delle successive vicende che contrassegnarono la più recente storia bocconiana, ma che ritengo implicite nella decisione del Consiglio che qui riporto.
Al termine, dunque, del rapporto presentato dal Rettore, e approvato all’unanimità, il Consiglio di Amministrazione bocconiano prese la seguente decisione:
«Il vasto programma enunciato [dal Rettore] impone alla Bocconi di concentrare tutti i propri mezzi organizzativi per il potenziamento della Facoltà predetta [di Economia]. Il Consiglio di Amministrazione, pertanto, decide di sospendere gradualmente i corsi della Facoltà di Lingue e Letterature straniere sino al loro esaurimento impegnandosi a garantire agli attuali iscritti la conclusione degli studi intrapresi […] In attesa del riconoscimento giuridico di questa decisione il Consiglio rende edotto sin da ora il superiore Ministero che a partire dal prossimo 10 agosto, per l’a.a. 1968-69, non saranno accolte domande di immatricolazione al primo corso della Facoltà di Lingue».
E, ad avvalorare la sua decisione, il Consiglio reputò opportuno scendere in chiarimenti «storici» che mi paiono assai pertinenti e, in effetti, erano attesi dalla comunità studentesca e dalle famiglie degli allievi. E ciò di là dall’interesse che essi possono ancora rivestire sul piano squisitamente culturale: quello milanese in particolare.
«Da quando venne istituita, nell’anno accademico 1946-47, tale Facoltà [di Lingue] ha avuto incessanti sviluppi, i quali hanno ormai raggiunto limiti patologici. Basti ricordare che negli ultimi 5 anni il numero degli studenti iscritti è raddoppiato e si avvicina alle 5.000 unità. Da questa pletorica espansione sono derivate difficoltà che la Bocconi ha tuttavia affrontate senza lesinare i mezzi necessari. Fra queste difficoltà va particolarmente rilevata la scarsa disponibilità di docenti disposti ad insegnare a tempo pieno in una Facoltà superaffollata. I numerosi inviti e tentativi fatti per accaparrare docenti di ruolo hanno sempre trovato resistenze e rifiuti, motivati dal fatto che presso le consorelle università governative il minor numero di studenti consentiva un insegnamento più efficace, meno impegnativo e dispersivo. Altrettanto dicasi per il personale assistente qualificato, per un insegnamento particolarmente arduo quale quello di una Facoltà di Lingue. In mancanza di un ruolo organico, del resto non previsto sino a poco tempo fa dallo statuto, molti assistenti hanno dovuto prestare la loro attività parzialmente presso l’Università, subordinandola all’insegnamento presso le scuole medie statali.
Il Consiglio di Amministrazione ritiene che la propria decisione, oltre che legittima, è opportuna dal punto di vista dell’interesse generale, perché numerosissime Facoltà italiane rilasciano lauree in Lingue e Letterature straniere, e agli iscritti a tali Facoltà non è possibile assicurare un adeguato collocamento, mentre per altre Facoltà i laureati sono insufficienti rispetto ai bisogni attuali e prevedibili per il prossimo futuro. È quindi consigliabile non favorire ulteriormente lo sviluppo di questi studi, data anche la grave carenza di docenti. Comunque la Bocconi è lieta di aver reso un servizio allo Stato, mantenendo a proprie spese la Facoltà per oltre un ventennio, ma ritiene che nell’interesse collettivo sia ora opportuno che essa concentri i propri sforzi ed i propri mezzi finanziari su una iniziativa più rispondente alle esigenze del mondo economico e alla tradizionale vocazione dell’Ateneo.
Ciò premesso, il Consiglio con voto unanime delibera:
1) A decorrere dall’anno accademico 1968-1969 il corso di Lingue e Letterature straniere è soppresso. Tale soppressione avverrà gradualmente per salvaguardare i diritti degli studenti attualmente iscritti e conseguentemente: A) nell’anno accademico 1968-69 cesserà di funzionare il primo anno di corso e non saranno, pertanto, accolte domande di immatricolazione; B) a partire dall’anno accademico 1969-70 cesseranno di funzionare rispettivamente, con gradualità annuale, il II, poi il III ed, infine, il IV anno di corso, cosicché dal termine dell’anno accademico 1971-72 il corso di laurea in Lingue e Letterature straniere risulterà definitivamente soppresso; C) per gli studenti fuori corso, che dopo il cessato funzionamento dell’intero corso di studi risultassero ancora iscritti, verranno disposti speciali appelli di esami di profitto e di laurea fino al loro esaurimento.
2) Il comitato tecnico della Facoltà di Lingue e Letterature straniere è invitato a riprendere in esame le proposte già formulate per il conferimento degli incarichi di insegnamento per l’anno accademico 1968-69 in conseguenza della soppressione del primo anno di corso. Così dicasi per quanto si riferisce alle proposte per la nomina o conferma degli assistenti e dei lettori.
3) Di provvedere nei modi di legge alle indispensabili e consequenziali modifiche di Statuto, il cui nuovo testo verrà sottoposto al più presto alla approvazione del Consiglio.
4) Su proposta del Presidente e del Rettore, il Consiglio, infine, delibera di invitare tutti i titolari di insegnamento a non presentare proposte di nomina di assistenti o di lettori, a qualsiasi titolo, di laureati che già prestino servizio con le stesse qualifiche similari presso università governative e ciò per evidenti ragioni di incompatibilità. Vengono, inoltre, invitati i titolari di cattedra e i direttori di istituto a non proporre nomine o conferme a posti di assistente di coloro che risulteranno dipendenti dallo Stato o da enti pubblici e privati, o che svolgano attività professionale tale da non consentire loro di dedicarsi a tempo pieno alle funzioni loro affidate dall’Università. Altrettanto dicasi per quegli assistenti che hanno dato prova di una sufficiente attività scientifica tale da giustificare la loro posizione».
* * *
A questo punto svuoto il calamaio e depongo la penna. Non posso non tener conto, dato il numero delle mie primavere, dei consigli di Cicerone, di Seneca e di Isidoro da Siviglia, e, quindi, devolvo a un amico il còmpito di completare la ricostruzione della storia bocconiana nell’ultima fase, poco più che venticinquennale, che ha preceduto e, ormai, sta per concludere il primo centenario della nostra amata Università.
Dopo avere tratto nuovo vigore e inesausti entusiasmi dalle dolorose vicende vissute nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, ricca di prestigio, ma pur sempre culla di sane ambizioni, la nostra casa bocconiana ha voluto dimostrare, per oltre un ventennio, di sapere addirittura superare, con straordinario impegno e innovatrici esperimentazioni, i confini scientifici e pedagogici che le erano stati additati, ab initio, dai suoi indimenticabili fondatori e, poi, ridisegnati dai suoi successivi ispiratori.
Prendi ancora più il largo, cara Bocconi!
↑ 1
Assente, come al solito, l’on. Pella, intervennero pure il dottor Borletti e i consiglieri Corridori, De Micheli, Ferrari e Zonchello. Il sindaco, Ferrari, prima della seduta aveva fatto recapitare a Cicogna una lettera di cui fu data subito lettura. Dopo essersi lamentato del fatto che l’amministrazione comunale non avesse rinnovato il suo mandato di consigliere rappresentante del Comune scaduto da 2 anni, Ferrari concludeva il suo scritto manifestando la sua «solidarietà piena e senza riserva» a tutti gli amministratori bocconiani e in particolare al «prof. Giordano Dell’Amore, Rettore della Università, della quale ha sempre seguito con soddisfazione e con ammirazione i progressi e le fortune, augurandosi che la serenità torni al più presto nelle aule della Bocconi».
↑ 2
Scusarono il mancato intervento alla riunione questi sei consiglieri: on. Pella, Dubini, Faina, Falck, Monza e Zonchello.
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Prefazione
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Il ritorno alla normalità: gli anni del rettorato di Giovanni Demaria (1945-1952)
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Il lungo rettorato di Armando Sapori (1952-1967)
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Gli anni difficili: il rettorato di Giordano Dell’Amore
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Ridestare un quarto di secolo di storia bocconiana (1945-1968)
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Gli studenti e la loro Università (1945-2001)