Storia della Bocconi

1945-1968. Dalla liberazione al '68

Quando la Bocconi compì cinquant’anni


Parole chiave: Zappa Gino, Rettore Demaria Giovanni, Istituto di Ragioneria, Istituto di Economia Ettore Bocconi

La rinunzia alla sede di New York non significò la fine dei contatti con il mondo anglosassone. Sgombrato anzi il campo dall’idea di aprire un nuovo fronte sul mercato dell’istruzione superiore più ampio del pianeta, alla Bocconi divenne più facile istituire rapporti di scambio con le università americane, incrementando in tal maniera il numero dei laureati inviati a completare all’estero la loro preparazione; nell’attesa che l’Ateneo milanese si dotasse di un «pensionato internazionale» che potesse accogliere studenti e docenti stranieri desiderosi di arricchire in Italia la loro esperienza culturale e professionale, sul modello della cité universitaire che tanto aveva impressionato il Rettore nel corso di un suo viaggio a Parigi[1].

Nel frattempo si stava avvicinando il traguardo del primo mezzo secolo di vita dell’Università. Era tempo di bilanci e, in questa temperie, forse per la prima volta, si cominciava a prendere coscienza che gli equilibri interni erano andati modificandosi sensibilmente a favore di discipline che, nel suo progetto, Leopoldo Sabbatini aveva singolarmente trascurato, grazie all’opera silenziosa ma estremamente efficace di Gino Zappa[2]. L’anziano professore, che ormai da vent’anni insegnava a Ca’ Foscari, non aveva mai abbandonato la direzione dell’Istituto bocconiano di ricerche tecnico-commerciali e di ragioneria, dove il suo alto magistero aveva moltiplicato le generazioni di allievi.

Il suo approccio innovativo aveva fatto esplodere le tradizionali dottrine contabili di inizio secolo in una miriade di insegnamenti volti a indagare i diversi aspetti della vita aziendale. La specializzazione, tesa a conciliare rigore teorico e necessità pratiche, non aveva, tuttavia, fatto perdere di vista problemi e metodi comuni all’intera disciplina, facendo sì che i differenti percorsi di ricerca restassero inviluppati nella più ampia cornice dell’economia aziendale. Come Zappa aveva scritto tanti anni prima, nel suo linguaggio complesso e un po’ retorico: «Nella nostra scuola, pur essendo riconosciuta, essendo anzi posta in viva evidenza la varietà dell’economia aziendale, non se ne vuole spezzata l’unità, non si vuole risolverne i problemi caratteristici ignorando il complesso del quale svelano una sola parte: si vuole insomma ricollegare il divenire dell’economia aziendale con il processo dell’economia generale, si riconosce che ogni fenomeno amministrativo non sussiste che in relazione a fenomeni che trascendono l’ambito delle interne coordinazioni aziendali. Specialmente i nostri studi, che oggi hanno a precipuo oggetto la gestione d’impresa, attribuiscono evidenza ai mille legami che vincolano l’economia delle imprese al generale comportarsi dei mercati nei quali esse operano, dell’ambiente nel quale esse vivono».

Sotto la guida di Gino Zappa l’Istituto di Ragioneria si era rapidamente espanso sino a farsi fulcro e nucleo portante del rinnovamento, in Italia, delle discipline economico-aziendali e a divenire, in Bocconi, il contraltare dell’Istituto di Economia «Ettore Bocconi», dove pure non erano mancati i grandi innovatori; ma dove, forse, meno forti erano stati la leadership e il magistero. Ora, al momento in cui, per ragioni d’età, egli era costretto ad abbandonare ogni incarico, si presentava il delicato problema di scegliere un allievo degno di succedergli, consacrandone eventualmente l’investitura con una cattedra; grazie anche alla decisione assunta dal Consiglio d’Amministrazione, e a lungo osteggiata da Demaria[3], di accrescere di una unità l’organico dei professori ordinari, in modo da consentire il regolare funzionamento del Consiglio di facoltà.

Al cortese, ma fermo, rifiuto di Ugo Caprara, la scelta di Furio Cicogna cadde su Giordano Dell’Amore, ordinario di Tecnica bancaria a Venezia. Dell’Amore, che da qualche tempo teneva l’incarico di quella disciplina in Bocconi, godeva di grande prestigio sia negli ambienti scientifici che in quelli economici italiani; ma la sua specializzazione e il suo impegno professionale lo rendevano inadatto ad assumere in toto l’eredità di Gino Zappa: occorreva designare anche un «economista aziendale puro» che, attraverso l’insegnamento della ragioneria, si facesse portatore del «verbo» e dell’eredità immateriale del Maestro, e concorresse così ad accrescere il patrimonio ideale di esperienze e di conoscenze accumulato dall’Istituto in quei lunghi anni. Sulla scelta di quest’ultimo Zappa chiese e ottenne il diritto di dire l’ultima parola in una lunga lettera inviata a Demaria:

«Illustre e caro Rettore, […]. Ti esprimo il mio dolore nel lasciare dopo trent’anni la cattedra già a me affidata alla Bocconi e la direzione del Laboratorio. Nella difficoltà grande di avere oggi professori di ragioneria degni di occupare una cattedra universitaria, credo mio dovere designare per la mia successione al secondo corso l’unico docente che per ingegno e per titoli mi sembra atto a coprire degnamente l’incarico senza allontanarsi dalle tendenze che forse sole possono rendere fruttuoso l’insegnamento delle nostre discipline. Per questo unico motivo faccio a Te, in via riservata la designazione del prof. Carlo Masini. L’assistente più indicato per svolgere esercitazioni efficaci all’eventuale corso di Masini è il dottor Guatri, il quale anche nelle sue ultime pubblicazioni ha dato prova di alto ingegno. Perdonami se con queste designazioni ho troppo osato»[4].

I tempi non erano probabilmente maturi perché l’operazione avvenisse in modo indolore; occorreva prima preparare il terreno. Era quindi importante che Gino Zappa conservasse, sia pure in via informale, l’incarico d’insegnamento e la direzione dell’Istituto. Ai pressanti inviti rivoltigli in questo senso dal Rettore egli non poté rispondere che positivamente; ma, ben presto, l’acuirsi della malattia che lo avrebbe condotto alla cecità lo persuase a prendere congedo da Milano e dalla Bocconi: «Io curerò ancora alcuni lavori in corso di Masini, Rossi e Guatri», scrisse annunciando le sue irrevocabili dimissioni. «La Biblioteca, nella sua prima serie, avrà una degna conclusione. Poi il Laboratorio e la Biblioteca passeranno ad altri e forse potranno seguire utilmente un nuovo indirizzo. La mia lunga fatica è ormai quasi compiuta»[5]. E a Palazzina, che gli diceva tutto il suo turbamento per la decisione assunta, e gli chiedeva di designare uno o più successori[6], Zappa rispose dando indicazioni che, di fatto, avrebbero ipotecato il futuro delle discipline aziendali in Bocconi:

«Illustre e caro dott. Palazzina, […]. Insegnamento di ragioneria: non ripeto quanto le ha riferito Masini. Se si vuole che il mio successore immediato sia un professore ordinario non vi è possibilità di scelta. Onida è l’unico che per intelligenza, sapere, rettitudine, anche professionale, potrebbe coprire la cattedra. Io voglio bene a Onida e Lei sa quanto mi rincrebbe separarmi da lui or sono forse più di vent’anni. Ma […] in vent’anni Onida non ha fatto un allievo: questa non è la sua specialità, poiché anche altri miei cari collaboratori non sanno perdere un po’ di tempo per i ragazzi che l’Università ci affida e non sanno suscitare negli allievi migliori l’amore per le discipline insegnate. Delle vicende dell’ultimo concorso è inutile che io le parli: debolezza e amor di quieto vivere. Io credo che in nessuna Università italiana sia svolto un corso di ragioneria così elevato come quello dettato da Masini, Rossi e Guatri (in ordine di anzianità). Essi spingono gli allievi allo studio e hanno scritto e scrivono opere, in parte di prossima pubblicazione e già da me conosciute, che certamente sono tra le migliori uscite in questi anni in Italia e fuori. Spero, malgrado le recenti esperienze, che in breve essi occupino, forse con altri dei nostri, cattedre universitarie. Se la Bocconi potesse avvincerli a sé, sarebbe opera utile per gli allievi e per gli studi. Posso aggiungere che in questo momento, date alcune troppo note aspirazioni, sarebbe bene queta non movere»[7].

L’inizio degli anni ’50 fu, dunque, portatore di importanti novità in una Bocconi che aveva saputo riaffermare il suo ruolo e il suo prestigio nel campo delle discipline economiche operando scelte innovative, mantenendo elevato il livello della docenza e della ricerca, praticando una durissima selezione fra gli studenti[8], facendo sì che solo pochissimi, i migliori, giungessero alla laurea e si giustificasse così il ruolo egemone riconosciutole fra le facoltà di Economia. Un ruolo che, ora, si intendeva celebrare approfittando di un importante anniversario: quello dei suoi primi cinquant’anni.

Per dare il giusto peso all’avvenimento, su suggerimento di Alessandro Croccolo, si decise, fra l’altro, di predisporre «una specie di Storia dell’Università rifacendosi al Programma del compianto primo Presidente e Rettore, il dr. Sabbatini e illustrandone lo svolgimento e i successivi ampliamenti che essa ha avuto»[9], affidandone la redazione a Tullio Bagiotti, un giovane economista con particolare sensibilità storica.

A Demaria, che nella prefazione della Storia ricordava «la consapevole maturità» di una istituzione che aveva fondato il suo successo «nell’unità assoluta di vita e scuola» così come il suo ideatore aveva prospettato, non sarebbe stata data l’opportunità di continuare il percorso rettorale o di concluderlo allo scadere dei cinquant’anni: una serie di tensioni e di incomprensioni nate ai vertici dell’Università avvelenò talmente i rapporti fra le parti da indurre il Consiglio d’Amministrazione alla scelta di un nuovo Rettore.

Sui veri motivi del contrasto i documenti ufficiali sono molto reticenti; da una parte si accenna a «notevoli disparità di vedute fra lui [Demaria] ed alcuni componenti del comitato di presidenza in merito ai poteri spettanti ai vari organi dell’Università»[10]; dall’altra si rilevano dissidi fra l’unico docente di ruolo e il C.d.A. in ordine alla distribuzione delle propine d’esame; e il tutto si chiude con un laconico resoconto del presidente che, riassunti brevemente i termini del contenzioso, fa presente la «opportunità – in relazione allo sviluppo di tali rapporti – di proporre al Consiglio la nomina […] di un nuovo Rettore in sostituzione del prof. Demaria»[11]. Difficile, e forse del tutto insensato, attribuire torti e ragioni all’uno o agli altri; certo è che Giovanni Demaria abbandonò la carica col cuore gonfio di risentimento e di amarezza. Un’amarezza che traspare e trabocca nella lettera con la quale egli prese congedo dal direttore della segreteria e da quanti lo avevano affiancato nei difficili sette anni nei quali era stato a capo della Bocconi:

«Caro Dott. Palazzina, avendo consegnato i miei poteri al nuovo Rettore, comune chiaroveggente amico, non mi rimane che pensare per un momento, insieme, a quanto insieme compimmo di nobile, di utile e di bello per la nostra Università nella dura fatica di questi due lustri, e ringraziarla per la sua collaborazione. Durante il mio rettorato ho goduto grandi soddisfazioni, ho anche raccolto da esso gioie e dolori. Ma sono lieto anche di aver servito la nostra amicizia quanto meglio ho potuto. Se mi diparto ora da Lei come collaboratore diretto traggo conforto al pensiero che i vincoli sperimentati non si disperderanno. Voglia, la prego, ricordarmi a tutti gli impiegati e dipendenti della Bocconi, e specie al prof. Pagliari, per la bontà del loro animo e per l’aiuto offertomi durante il mio governo e porgere loro il mio personale saluto per essi e per le loro famiglie, così come con eguale spirito formulo per Lei gli stessi saluti e lo stesso grazie, nell’intima aspirazione di farle cosa gradita. Mi voglia credere per il Suo aff.mo Giovanni Demaria»[12].


1

Nel ’51, in occasione di un suo viaggio nella capitale francese, Demaria così scriveva a Palazzina (ASUB. Busta H. Treno Parigi-Le Havre 31 agosto 1951): «Caro dr. Palazzina, […] Ho visitato ieri la cité Universitaire e sono stato ospite della Maison de Cuba, una delle tante Maisons della Cité, belle ville, stile gotico, con grandi giardini alberati, belle stanze per studenti, pochissimo personale. Quando riusciremo noi pure a fare il nostro pensionato internazionale? Bisognerà parlarne a nostri amici, la signora Bocconi in primis, i dottori Croccolo e Cicogna ai quali non sfuggirebbe l’importanza dell’iniziativa se anche per un giorno solo soggiornassero in una di queste Maisons, e all’on. Miglioli che, quale Alto Commissario, potrebbe forse mettere a disposizione nostra un completo ambulatorio (raggi X, gabinetto dentistico, analisi sanitarie, le principali)».

2

Per queste osservazioni Cfr. M.A. Romani, Un sogno Milanese: la formazione del capitale umano e il ruolo della Bocconi, in «Nuova Antologia», luglio-settembre 1998, n. 2207, pp. 186-216.

3

Furio Cicogna informò della cosa Girolamo Palazzina nei termini seguenti: «Caro Palazzina, […] prof. Dell’Amore: Nella riunione che c’è stata alla Bocconi mentre Lei era in Danimarca il prof. De Maria [sic] si è battuto a fondo per differire la decisione della nomina dell’emarginato a prof. ordinario subordinandola ad ogni modo ad un concorso, trovando abbastanza consenziente su ciò il senatore Casati, per cui non è stato possibile giungere ad una decisione. Perché in definitiva si era pensato ad una alternativa fra il Dell’Amore ed il Prof. Caprara, sono stato incaricato dalla presidente di conferire col Caprara stesso per sondarlo, ciò che farò in uno dei prossimi giorni. Se il Prof. Caprara per sue ragioni personali preferirà continuare a Torino l’unico papabile sarebbe Dell’Amore. Naturalmente col Caprara cercherò di fare per il meglio» (ASUB. Busta D. Milano 7 settembre 1950). Anche Demaria scrisse al direttore della segreteria di quanto era accaduto: «Per Dell’Amore non s’è deciso nulla finora. Si dovrebbe riunire un nuovo consiglio per esaminare se si debba fare la chiamata o piuttosto (tesi che io vedrei più con favore) bandire un concorso ad evitare di turbare evidenti interessi di altri diretti papabili» (ASUB. Busta H. Giovanni Demaria a Girolamo Palazzina. 10 settembre 1950).

4

ASUB. Personale. Posizione Zappa. Gino Zappa a Giovanni Demaria. Valdobbiadene 21 agosto 1950. A questa lettera Demaria così rispose: «Cintano (Torino) 27 agosto 1950. Carissimo Zappa, alla tua del 21 corrente mi affretto ad assicurarti tutta la nostra simpatia e riconoscenza per l’opera altamente meritoria da te prestata in tanti anni alla Bocconi. Non voglio dirti di più perché la presente è personale e non ufficiale e perché questo non è ancora tempo di onoranze pensando noi tutti di averti ancora per gli anni avvenire nostro collega in piena attività di servizio. Così a primo sguardo ritengo la tua carica di direttore dell’Istituto possa conservarsi e conservarsi sostanzialmente immutata l’impostazione dei corsi, pur ricorrendo per la parte formale ai nominativi da te suggeriti» (ASUB. Busta H).

5

ASUB. Personale. Posizione Zappa. Gino Zappa a Girolamo Palazzina. Venezia 26 febbraio 1951.

6

«Milano 4 marzo 1951. Mio carissimo prof. Zappa, ho ricevuto la sua lettera che mi ha profondamente turbato perché non potrò mai rassegnarmi all’idea che Ella ci privi della sua incomparabile affettuosa collaborazione. Né Le ho scritto perché volevo attendere il ritorno del nostro Rettore da Roma. Al pari di me egli è rimasto addolorato per l’inaspettata Sua comunicazione e al pari di me vivamente spera che, almeno per questo anno, Ella non vorrà dare corso al proposito che ci ha manifestato […]. Per l’anno venturo Ella dovrebbe almeno conservare il prestigio della Sua direzione dell’Istituto: non è possibile trovare chi degnamente La sostituisca. Quanto alla Sua sostituzione dall’insegnamento (se proprio dovremo considerare definitiva la Sua rinuncia, il che non vorremmo) il Rettore gradirebbe conoscere il Suo pensiero al riguardo. Egli penserebbe al Suo fedele discepolo Onida […]» (ASUB. Busta I. Girolamo Palazzina a Gino Zappa).

7

Cfr. M.A. Romani (ed.), Una rivoluzione permanente. Mezzo secolo di sperimentazione sulla didattica (1898-1950), Milano 1998, p. 61.

8

L’articolo Le matricole meditino su questi due specchietti, apparso sul «Corriere d’informazione», 3-4 novembre 1951, sottolineava la serietà e la severità degli studi condotti nell’Università milanese ricordando come solo poco più di 500 studenti, su un totale di circa 2.000 iscritti, avessero raggiunto l’agognato traguardo della laurea.

9

Verbali del C.d.A. Seduta del 14 gennaio 1952. L’opera in questione avrebbe visto la luce il 10 dicembre di quello stesso anno (Cfr. T. Bagiotti, Storia della Università Bocconi 1902-1952, Milano 1952).

10

Verbali del C.d.F. Seduta del 24 giugno 1952.

11

Verbali del Cd.A. Seduta del 26 ottobre 1952. Per una versione dei fatti in questione dal punto di vista del C.d.A. cfr. infra A. De Maddalena, pp. 176 e s.

12

ASUB. Busta H. Giovanni Demaria a Girolamo Palazzina. Milano 5 novembre 1952.

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