Storia della Bocconi
1945-1968. Dalla liberazione al '68
Dal 1934, Gerolamo Palazzina, il segretario generale dell’Università, aveva interrotto l’antica, aurea usanza di pubblicare sugli annuari bocconiani quadri statistici che mostravano le regioni di provenienza delle matricole perché ormai tre studenti su quattro erano originari dell’area Nord-ovest e, per di più, la grande maggioranza di loro era nativa della Lombardia e, in particolare, della provincia di Milano[1].
Non così nei primi anni del Novecento, quando la nuova Università commerciale concepita da Ferdinando Bocconi e realizzata da Leopoldo Sabbatini attirava studenti da ogni regione italiana e dall’estero, riuscendo a essere effettivamente nazionale e internazionale[2], secondo l’intenzione dichiarata dai fondatori.
Tabella 5 Provenienza geografica (%) degli studenti iscritti a Economia e Commercio, 1902-1969[3]
Anni |
Nord-ovest[4] |
(Milano) |
Nord-est[5] |
Centro-Sud evoluto[6] |
Centro-Sud arretrato[7] |
Estero |
1902-14 |
37,5 |
|
16,8 |
20,8 |
19,1 |
5,8 |
1929-33 |
72,0 |
|
10,0 |
7,9 |
3,9 |
5,9 |
1946-57 |
76,6 |
(35,9) |
10,1 |
5,9 |
5,0 |
2,4 |
1958-69 |
73,4 |
(39,5) |
10,3 |
5,2 |
7,4 |
3,7 |
Tornata la normalità, dopo la fine della Grande Guerra, fin dai primi anni Venti calarono le immatricolazioni di studenti originari delle regioni del Centro-Sud evolute sotto il profilo economico[8]. Fu, però, soprattutto con i primi anni Trenta che la geografia delle provenienze studentesche subì una riorganizzazione sostanziale a vantaggio delle regioni del triangolo industriale, che guadagnarono addirittura 30 punti percentuali, sottraendoli a tutte le altre, mentre il peso degli stranieri restava sorprendentemente immutato[9]. Fra i fattori del netto ridimensionamento delle frequenze di studenti nati lontano da Milano, dalla Lombardia, dal Piemonte e dalla Liguria[10], primeggia l’apertura di due facoltà economiche nel Nord-est: dal 1919 fu rilanciata quella di Trieste, città diventata italiana, aperta fin dal 1877 nell’impero austro-ungarico, e fu inaugurata quella di Bologna nel 1929[11]. Infine, nell’Italia centrale, dal 1926 cominciò a funzionare la facoltà economica di Firenze, gemmata dalla «Cesare Alfieri»[12].
Sull’arco cronologico di poco meno di un quarantennio durante il quale l’Italia da regno diventò repubblica, da Paese autarchico abbracciò il liberoscambismo entro i confini della Comunità europea, da economia relativamente arretrata divenne una media potenza industriale, per non dire della forma politica democratico-parlamentare e del suffragio universale, gli studenti della Bocconi, osservati sulla base della mera provenienza geografica, non mostrano apprezzabili cambiamenti.
Stabile o addirittura in crescita risulta la quota percentuale dei nati nelle città del triangolo industriale, con particolare riguardo ai giovani di Milano e della sua provincia. La metropoli lombarda, punta di diamante dell’economia industriale e del terziario avanzato italiano di allora, protagonista di una combinazione di sviluppo demografico ed economico senza eguali nella penisola[13], nel ventitreennio 1946-69 alimentava per più di un terzo le schiere di matricole dell’Università commerciale. Attestate attorno al 10%, le provenienze dal Nord-est appaiono le più stabili. Calarono invece gli iscritti provenienti dal Centro-Sud evoluto e dall’estero; crebbero, per contro, gli studenti originari delle regioni economicamente più arretrate del Mezzogiorno[14].
Un’analoga indagine, condotta per campione[15] sui giovani iscrittisi dal 1946 al 1969 alla facoltà di Lingue, ha offerto risultati in parte diversi e altrettanto istruttivi. Prima di commentarli conviene però rammentare che, all’epoca, una laurea di poco diversa per piano di studi era rilasciata anche da Ca’ Foscari a Venezia, dalla quale, come si è già notato, la Bocconi durante la guerra era stata autorizzata a organizzare paralleli corsi d’insegnamento ed esami. La facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bari, che pure inaugurò i suoi corsi nell’autunno del 1946[16], e quella dell’Università di Pisa[17] attivarono corsi di laurea analoghi.
Titoli di ammissione comuni a tutte le sedi erano: il «diploma di maturità classica, di maturità scientifica, di abilitazione magistrale o licenza della Scuola civica “Regina Margherita” di Genova, ora “Grazia Deledda”, o della Scuola civica “Alessandro Manzoni” di Milano o dell’Istituto di cultura e lingue “Marcelline” di Milano»[18]. Il corso bocconiano si distingueva dal piano di studi nazionale per due aspetti qualificanti. Anzitutto, ammetteva anche l’iscrizione di quegli studenti licenziatisi presso «Istituti tecnici commerciali, industriali, agrari, nautici e per geometri» che superavano «un esame scritto e orale di ammissione in Lingua e Letteratura italiana e in Lingua e Letteratura latina»[19].
Tabella 6 Piano degli insegnamenti della facoltà di Lingue e Letterature straniere[20]
Insegnamenti fondamentali |
Insegnamenti complementari |
Lingua e Letteratura italiana (biennale) |
Storia della filosofia |
Lingua e Letteratura latina (biennale) |
Filosofia |
Lingua e Letteratura francese |
Pedagogia |
Lingua e Letteratura tedesca |
Lingua e Letteratura russa |
Lingua e Letteratura inglese |
Lingua e Letteratura portoghese |
Lingua e Letteratura spagnola |
Lingua e Letteratura araba |
Filologia romanza |
Lingua e Letteratura cinese |
Filologia germanica |
Lingua e Letteratura serbo-croata |
Storia (biennale) |
|
Geografia |
|
Cultura economica |
|
Cultura giuridica |
|
Secondariamente, in aggiunta alle discipline previste dallo statuto ministeriale, il piano di studi milanese includeva due corsi obbligatori supplementari: uno di Cultura giuridica e l’altro di Cultura economica[21]. In tal modo, da un lato si qualificava e caratterizzava il corso, dall’altro, se ne aggravava il carico didattico con due esami altrove mancanti. Non v’è dubbio che, localizzato fra Venezia e Pisa, il nuovo corso bocconiano esercitasse un’attrazione territorialmente assai più vasta di quella dell’ormai classico corso di Economia e Commercio.
Tabella 7 Provenienza geografica (%) degli studenti iscritti a Lingue e Letterature straniere, 1946-1969
Anni |
Nord-ovest[22] |
(Milano) |
Nord-est[23] |
Centro-Sud evoluto[24] |
Centro-Sud arretrato[25] |
Estero |
1946-57 |
62,8 |
(25,3) |
26,3 |
5,5 |
3,6 |
1,8 |
1958-69 |
68,4 |
(22,2) |
17,5 |
5,9 |
5,8 |
2,4 |
Le percentuali relative alle aree geografiche di provenienza degli studenti e delle studentesse di Lingue denotano una distribuzione assai meno sperequata rispetto a quella dei loro coetanei di Economia. Le differenze più appariscenti riguardano anzitutto il peso dei milanesi e il calo delle loro presenze nel corso degli anni Sessanta, in netta controtendenza rispetto agli iscritti al corso di Economia e a vantaggio dei giovani lombardi, liguri e piemontesi, cresciuti dell’8,7% fra 1958 e ’69. Ancor più degna di nota è la quota di studenti provenienti dalle regioni del Nord-est, l’area tradizionalmente presidiata da Ca’ Foscari, che assommò più di un quarto degli iscritti sino al ’57 e sulla quale, in seguito, s’inserì un corso di laurea analogo aperto nella città di Verona.
Dopo aver verificato da quali regioni della penisola e delle isole provenivano i giovani che approdavano a Milano per intraprendere un curricolo di studi quanto mai impegnativo e selettivo, è ora il caso di identificare un secondo elemento non meno caratterizzante dell’identità degli studenti bocconiani: il genere di cultura scolastica del quale erano portatori. Con un processo di campionamento analogo a quello adottato per accertare i luoghi di nascita delle matricole bocconiane, si sono raccolte informazioni relative alle scuole superiori frequentate per gli anni durante i quali, a partire dall’autunno del 1946, fu possibile iscriversi indifferentemente al corso di laurea in Economia oppure a quello in Lingue.
Figura 3 Diplomi delle superiori degli studenti della facoltà di Lingue e Letterature straniere, 1946-1969
Fra gli studenti di entrambi i corsi prevalevano, su tutti gli altri, due tipici curricoli scolastici: quello delle scuole magistrali a Lingue e quello degli istituti tecnici commerciali a Economia e Commercio. All’atto dell’immatricolazione al corso di laurea in Lingue e Letterature straniere, per tutto il periodo in cui la facoltà accettò iscrizioni (1946-1969), più della metà degli studenti esibì il diploma rilasciato da un istituto magistrale[26]. Solo dal 1964 in avanti la quota di maestre e maestri scese dal 70 a poco più del 30%, mentre guadagnavano peso diplomi rilasciati da istituti tecnici superiori e dai licei linguistici. Gli studenti e le studentesse provenienti dai licei classici e scientifici, presi insieme, a Lingue avevano rappresentato circa la metà degli iscritti fra il 1949 e il 1956; dopo di che, la loro presenza andò gradualmente e irreversibilmente declinando, fino a quasi scomparire sul finire degli anni Sessanta.
Figura 4 Percentuali dei diplomi di maturità degli iscritti alla facoltà di Economia e Commercio, 1946-1969
Nel corso di laurea in Economia e Commercio le sei differenti provenienze scolastiche italiane mantennero pesi pressoché stabili lungo tutto il periodo considerato. Solo i geometri fecero eccezione, divenendo sempre più rari dalla metà degli anni Sessanta. Come s’è già notato, a Economia ebbero costantemente la parte del leone i ragionieri, che dai primi anni Cinquanta non smisero di accrescere il loro peso sull’intera popolazione universitaria, arrivando a superare stabilmente il 50% a partire dal 1955-56. Infine, è interessante osservare la stabile e consistente presenza di maturi dei due licei, oscillante fra il 20 e il 30%, né sembra trascurabile quella dei periti industriali, che dopo la liberalizzazione degli accessi si sarebbero preferibilmente indirizzati alla facoltà d’Ingegneria.
In conclusione, il corso di laurea in Economia e Commercio non solo proponeva la gamma disciplinarmente più vasta e varia di insegnamenti – Economia politica, Scienza delle finanze, Storia, Diritto, Matematica generale e finanziaria, Statistica, Ragioneria e Tecniche, Geografia e Merceologia – ma reclutava anche giovani provenienti da tutte le scuole superiori allora esistenti in Italia attribuendo loro una comune cultura nella quale approfondimenti e specializzazioni s’innestavano opportunamente su solidi quanto variati fondamenti multidisciplinari.
↑ 1
M. Cattini, Gli studenti e la loro università, cit., II, pp. 565-7.
↑ 2
Il 6% degli iscritti fra il 1902 e il 1914 veniva dall’estero, cfr. M. Cattini, Gli studenti e la loro università, cit., II, p. 566.
↑ 3
I dati relativi agli anni 1929-33 provengono da Ibidem, Tab. 4.4., p. 580. Gli altri dati provengono dall’elaborazione delle informazioni desunte, per campionamento, dai registri delle immatricolazioni, conservati presso la Segreteria Studenti dell’Università Bocconi.
↑ 4
Comprende Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia.
↑ 5
Ne fanno parte Tremino-Alto Adige, Triveneto ed Emilia-Romagna.
↑ 6
Nel Centro-Sud evoluto rientrano le regioni: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania e Puglia.
↑ 7
Nel Centro-Sud arretrato sono comprese: Abruzzo e Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
↑ 8
Ibidem.
↑ 9
Ibidem.
↑ 10
«A differenza, però, di quanto era capitato fino alla vigilia della guerra europea, gli apporti di piemontesi e di liguri si erano ridotti al lumicino concorrendo rispettivamente col 4,5 e col 2,7% di iscritti alla percentuale complessiva del 72%, vale a dire offrendo esattamente la decima parte degli allievi originari del Nord-Ovest». Cfr. M. Cattini, Gli studenti, cit., II, p. 567.
↑ 11
Ibidem, p. 565.
↑ 12
Ibidem.
↑ 13
Gli abitanti della provincia crebbero da 1,9 milioni, nel 1931, fino a 3,9 (+105%) nel 1971. Negli stessi anni, quelli del comune di Milano passarono da 992.000 a 1.732.000, con un incremento del 74,6%; cfr. C. Maccheroni, P. Sala, F. Billari, La popolazione, in Storia di Milano, XVIII*, Il Novecento, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Milano 1996. Tab. 4, p. 362.
↑ 14
Andamento analogo presentano le serie storiche della popolazione residente a Milano distinta per luogo di nascita. Gli originari del Sud, che erano il 5,4% nel 1931, divennero il 12% nel 1961 e il 17% nel ’71; cfr. C. Maccheroni, P. Sala, F. Billari, La popolazione, cit., Tab. 5, p. 364.
↑ 15
Dai libri matricolari del corso di laurea sono stati estratti casualmente cento casi per ogni anno accademico, dal 1946 al ’69.
↑ 16
A. Di Vittorio, Cultura e Mezzogiorno. La facoltà di Economia e Commercio di Bari (1886-1986), Bari 1987, pp. 111-20. Il corso di laurea barese divenne facoltà autonoma dall’anno accademico 1970-71.
↑ 17
Legislazione Universitaria, Roma 1955, p. 175.
↑ 18
Ibidem.
↑ 19
ASUB. B. 7/2 bis. Consiglio di facoltà dell’Università commerciale Luigi Bocconi. Seduta del 16 settembre 1946.
↑ 20
Ibidem. Alla seduta, oltre a Demaria e a Palazzina, parteciparono M. Hazon, B. Revel, M. Rotondi, P. Greco, G. Pivato, U. Borroni, T. Zerbi, E. Lorusso, U. Caprara, G. Ricci, R. Franceschelli, L. Lenti, F. Brambilla, V. Dominedò.
↑ 21
Ai corsi istituzionali si affiancarono spesso dei corsi liberi di lezioni e di esercitazioni, che gli studenti potevano scegliere di frequentare gratuitamente e che non comportavano «obbligo di esami», come quello di Tecnica commerciale e bancaria annunciato per l’anno accademico 1948-49 che avrebbe tenuto Ugo Caprara, coadiuvato dagli assistenti prof. Danieli e dottor Bonfioli. Palazzina richiamava «l’attenzione degli studenti sulla opportunità di iscriversi al Corso che fornirà loro nozioni fondamentali sulla organizzazione della vita economica del nostro tempo, sulla tecnica degli affari di commercio, di banca e di borsa, nozioni che potranno facilitare il loro accesso ad impieghi presso uffici, aziende ed enti in generale che abitualmente intrattengono rapporti col mondo commerciale e finanziario internazionale»; cfr. ASUB. Copialettere di Lingue. Novembre 1948.
↑ 22
Comprende Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia.
↑ 23
Ne fanno parte Trentino-Alto Adige, Triveneto ed Emilia-Romagna.
↑ 24
Nel Centro-Sud evoluto rientrano le regioni: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania e Puglia.
↑ 25
Nel Centro-Sud arretrato sono comprese: Abruzzo e Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
↑ 26
In una delle prime riunioni del Consiglio di facoltà di Lingue, «il Rettore raccomanda la serietà degli insegnamenti, che debbono essere regolari e metodici; e fa presente che, per costante tradizione della Bocconi, si deve pretendere la frequenza assoluta, da controllare con frequenti appelli e firme: chi non avrà la frequenza sarà escluso dalla 1° sessione o addirittura, in caso più grave, perderà l’anno. Revel fa presente che molte delle alunne saranno maestre che insegnano e che pertanto poco potranno frequentare. Il Rettore però insiste sulla frequenza». Cfr. ASUB. B. 7/2 bis. 15 novembre 1946.
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Prefazione
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Il ritorno alla normalità: gli anni del rettorato di Giovanni Demaria (1945-1952)
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Il lungo rettorato di Armando Sapori (1952-1967)
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Gli anni difficili: il rettorato di Giordano Dell’Amore
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Ridestare un quarto di secolo di storia bocconiana (1945-1968)
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Gli studenti e la loro Università (1945-2001)