Storia della Bocconi

1915-1945. Tra le due guerre

Introduzione


Parole chiave: Fascismo

Nel ricostruire la nascita e lo sviluppo della nostra «Libera Università» siamo giunti alla seconda tappa. È un percorso di grande interesse, e non solo dal punto di vista storico. Mai come in questo caso, infatti, l’approfondimento delle origini coincide con una rinnovata coscienza di cosa significhi essere parte di una istituzione. Attraverso gli avvenimenti e le persone che ci hanno preceduto, nel susseguirsi dei nomi e delle date, avvertiamo quella continuità di valori che consideriamo la vera ricchezza della Bocconi. È una realtà che ci supera e oltrepassa, ma proprio per questo capace di dare senso al nostro lavoro e al nostro impegno di oggi e di domani.

La Bocconi nascente, ancora immersa nel clima dorato dell’infanzia, l’abbiamo lasciata alle spalle. Con lei è venuta meno la guida rassicurante di Leopoldo Sabbatini, primo Presidente-Rettore. Insieme al fedele interprete dell’ispirazione originaria – spentosi improvvisamente nel 1914 – è venuta meno anche la confortevole atmosfera della Milano d’inizio secolo, nella quale la nostra Università aveva mosso i primi passi. Si è alla vigilia di un periodo di grandi tensioni sociali, politiche ed economiche che, iniziatosi con la Grande Guerra e le turbolenze che la seguirono, si chiuderà con il Fascismo e il trauma della Seconda Guerra Mondiale. L’Università Bocconi attraversa questo tunnel non senza ferite, in parte mutilata di alcuni tra i suoi uomini migliori, vivendo però nel contempo un momento di straordinaria maturazione e arricchimento sul piano istituzionale, culturale e morale.

Il periodo che va dal 1914 al 1945 – oggetto dell’excursus storico che qui presentiamo – fu contrassegnato dalla prima grande svolta nella vita dell’Università Bocconi. Già nel 1918, Rettore Angelo Sraffa, si cominciava a ravvisare la necessità di importanti cambiamenti negli ordinamenti didattici e nell’organizzazione dell’Ateneo. L’impostazione data sino ad allora all’insegnamento delle materie tecnico-amministrative e delle lingue straniere veniva giudicata riduttiva e non più adeguata al contesto economico. Ad altre materie era stato attribuito un peso relativo persino eccessivo. Il coordinamento tra gli insegnamenti stessi era insufficiente. Per i servizi chiave, come la biblioteca, si imponeva una gestione più professionale sottratta alla «distrazione dei docenti».

Nuovi organi per la direzione della didattica; abolizione di alcuni insegnamenti; istituzione di nuove materie; ingaggio di un direttore per la biblioteca: questi alcuni dei provvedimenti che nell’immediato dopoguerra accompagnarono la ripresa in Bocconi e contribuirono a ridisegnarne il volto.

La ricerca di una maggiore coerenza e qualità dell’ insegnamento si tradusse in un crescente sforzo di qualificazione del corpo docente dell’Ateneo. La chiamata, agli inizi degli anni Venti, di Gino Zappa alla cattedra di Ragioneria e di Gaetano Mosca a quella di Scienza della politica dette inizio a quello straordinario vivaio intellettuale che sarà la Bocconi degli anni successivi.

Intanto, la vocazione di istituzione formativa imponeva all’Università di giocare un ruolo culturale sempre più autonomo: un’esigenza avvertita sul piano dei rapporti con la società civile ma anche su quello prettamente scientifico. La possibilità di riferirsi a fonti di prima mano, la elaborazione di risultati originali erano strettamente legate alla capacità di convogliare il lavoro scientifico in un ambito organico. Nascevano così i primi istituti con il compito precipuo di promuovere e coordinare la ricerca: l’Istituto di economia e scienze sociali (più tardi divenuto Istituto di statistica, sotto la guida di Giorgio Mortara); l’Istituto di economia privata (poi Economia aziendale). Con gli anni Trenta, a questi primi se ne erano aggiunti già altri cinque, a sottolineare la formidabile vitalità con cui gli interessi scientifici avevano attecchito in Bocconi: Economia politica; Geografia economica; Diritto commerciale; Politica economica e finanziaria; Storia economica.

Con un precoce impulso all’internazionalizzazione, che la storia successiva dell’Ateneo avrebbe non solo confermato ma reso dominante, veniva costituita, fin dal 1922-23, una serie di scambi culturali con l’estero, in particolare con il mondo anglosassone. Il rapporto con la Serena Foundation e con la Italy-America Society proseguì fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, sfidando l’esterofobia del regime fascista.

La dittatura fascista prima e la guerra poi non riuscirono a soffocare le doti morali e l’anelito di libertà e indipendenza che avevano da sempre animato la Bocconi. Il confronto con un regime totalitario, che esigeva fedeltà giurata da parte dei docenti e pretendeva di ingerirsi nell’indirizzo delle istituzioni chiave della società italiana, mal si conciliava con una realtà come quella bocconiana, permeata di un profondo attaccamento alla libertà della docenza e gelosa della propria autonomia culturale e gestionale. Una situazione oggettivamente pesante in cui si dimostrarono decisivi, da un lato, il pragmatismo e la prudenza dei rettori succedutisi in quel periodo, da Ferruccio Bolchini a Ulisse Gobbi, da Gustavo Del Vecchio a Paolo Greco, e la presenza del filosofo del regime Giovanni Gentile nel consiglio di amministrazione, dall’altro la compattezza istituzionale e l’autentico disinteresse con cui ciascuno lavorò per la continuità e l’integrità dell’Ateneo.

Da quel ventennio per molti aspetti oscuro, la Bocconi usciva ferita, orfana di due tra i suoi più illustri docenti, Giorgio Mortara e Gustavo Del Vecchio, caduti vittime dei famigerati decreti del ’38. Non ne usciva tuttavia prostrata, ma per certi versi rafforzata. Nella nuova sede di via Sarfatti inaugurata nel ’40, si preparava a svolgere, con il vigore e la chiarezza di intenti di una definitiva maturità, la propria parte nella ricostruzione economica dell’Italia repubblicana.

 

Roberto Ruozi

Mario Monti

Rettore

Presidente

Milano, novembre 1997

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