Storia della Bocconi

1915-1945. Tra le due guerre

Negli anni della crisi economica mondiale e del consolidamento definitivo del regime


Parole chiave: Rapporti istituzionali, Finanza e bilanci, Fascismo, Gobbi Ulisse, Rettore Bolchini Ferruccio, Presidente Bocconi Ettore, Vice presidente Gentile Giovanni, Tumminelli Calogero

Il 15 aprile 1929 ebbe luogo una nuova adunanza del Consiglio direttivo. Si raggiunse il numero legale dei presenti nonostante le non poche assenze scusate (non intervennero i Consiglieri Sraffa, Rossi, Pirelli, Salmoiraghi e Fabbri, il nuovo rappresentante della Provincia)[1]. Come primo provvedimento il Consiglio, senza obiezione alcuna, e anzi scusandosi per il ritardo, provvedette alla conferma come Rettore di Ferruccio Bolchini.

Minuziosa fu, questa volta, l’analisi del consuntivo del 1927-28 pilotata come sempre dal Consigliere Delegato Tumminelli. Operata l’unificazione di alcune voci, quella «Spese Diverse» presentava, rispetto all’uscita preventivata, un aumento di L. 2.400 per il fatto – spiegava Tumminelli – che erano state rimborsate L. 5.000 al prof. Mortara per «spese straordinarie sostenute per corrispondere alle richieste di dati che dobbiamo al Ministero della Guerra, prestazione che grandemente onora il nostro Istituto di Economia e il prof. Mortara che lo dirige»[2]. Aumentate risultavano anche le spese per stipendi (l’assunzione di una signorina per l’Istituto di economia a L. 600 e l’aiuto dato al dr. Palazzina per sei mesi dalla dott.ssa Osimo)[3], per l’acqua potabile (la Bocconi aveva aperto una sala di scherma con doccia subito molto frequentata), per i versamenti di tre anni di arretrati dell’imposta di ricchezza mobile. Momentaneamente ridotte di L. 12.000 risultavano le spese per la Biblioteca. Mentre accresciute di circa 35.000 lire erano le uscite per onorari ai professori[4]. Diminuzione, invece, per L. 3.300 delle spese per viaggi e diarie dei docenti. Solo apparente il deficit di L. 6.000 per la pubblicazione degli «Annali di Economia»[5].

Purtroppo, per quanto atteneva alle rendite, s’era registrato un calo di circa L. 15.000 nelle tasse degli studenti e una diminuzione di L. 12.000 degli interessi attivi su titoli per la riduzione dei tassi. La conversione di titoli per L. 500.000 nel prestito del Littorio aveva, ovviamente, comportato la soppressione di un importo pari a L. 132.565,60 che appariva nel bilancio dell’anno precedente come «beneficio della conversione». Poche migliaia di lire figuravano come aumento di sopravvenienze attive: a questa voce, infatti, erano stati girati il fondo residuo del «Contributo dell’Istituto Nazionale di Crediti per la Cooperazione», di proprietà dell’Ateneo e il fondo raccolto con pubblica sottoscrizione per il monumento a Ferdinando Bocconi.

Alla luce di tutti questi chiarimenti Tumminelli concluse «mettendo in evidenza come, purtroppo, non ci siano entrate che consentano una grande elasticità e come, quindi, sia necessaria ogni cautela nelle spese non potendosi intaccare il patrimonio». Baccani espresse la speranza che anche il Comune di Milano desse un contributo e il Rettore si augurò che «si trovi il modo di stabilire sempre più stretti rapporti coi grandi industriali, sicché partecipino alla vita dell’Università e ne aiutino le iniziative». In ogni caso il Consiglio, unanime, approvò il consuntivo 1927-28 nelle risultanze di L. 1.084.119,25 all’attivo e di L. 1.069.118,25 al passivo, con un’eccedenza attiva di L. 15.001,30. La situazione patrimoniale al 31 ottobre 1928 era di L. 4.531.518,01.

Il Rettore si soffermò poi, a lungo, nel fornire informazioni ai consiglieri sui passi da lui espletati per introdurre nell’Università quelle modifiche formali rese necessarie per il passaggio dell’Ateneo dalle dipendenze del Ministero dell’Economia Nazionale alle dipendenze di quello della Pubblica Istruzione. Bolchini indugiò pure a fare notare l’opportunità che anche la Bocconi si dotasse d’un «Istituto di studi corporativi», argomento sul quale egli s’era già intrattenuto con i Ministri della Pubblica Istruzione e delle Corporazioni, e non nascondeva le difficoltà che sarebbero potute sorgere per il fatto che non tutti gli studenti bocconiani avevano una licenza liceale («requisito che invece si pretendeva pel conseguimento di diploma in tale ordine di studi [corporativi]»). Ma su siffatta questione si sarebbe discusso in una successiva seduta, così come sarebbe stata presa attentamente in considerazione la lettera ricevuta, già molti mesi prima, dal Ministro della P.I. e che conteneva «direttive circa l’ordinamento degli studenti nell’Università» (lettera che reputo conveniente di riprodurre testualmente in nota)[6].

Bolchini informò altresì il Consiglio che era giunta da Roma l’autorizzazione ad aprire un «Corso Magistrale in Ragioneria», «antica aspirazione della Bocconi che ingiustamente trovavasi… in condizioni d’inferiorità di fronte ad altri istituti superiori». Il Rettore riferì poi delle iniziative per riorganizzare l’Istituto di geografia economica e per dare alle stampe «pubblicazioni di carattere divulgativo» di cui si sentiva la necessità e il dott. Tumminelli fece sapere che la casa editrice Treves si era detta disposta ad assumersi, senz’alcun carico per l’Università, la stampa e la diffusione di siffatte pubblicazioni.

Quanto alle borse e agli esoneri dalle tasse, il Consiglio approvò le proposte rettorali: delle 5 borse disponibili, solo 4 furono assegnate, perché solo 4 degli 11 concorrenti avevano i requisiti per ottenerle.

La Bocconi non poteva sottrarsi alla istituzione dell’Opera Universitaria, imposta per tutti gli istituti di istruzione superiore con un decreto del 1923, e pertanto il Consiglio diede mandato al Presidente perché provvedesse in merito[7].

Per la prima volta il Consiglio direttivo fu posto di fronte alla necessità di «gestire» la presenza del fascismo all’interno dell’Università: ne fu reso edotto con queste parole di Bolchini poste a verbale. «Il Rettore informa circa una lettera del fiduciario del Gruppo Universitario Fascista in argomenti di ordine interno e informa circa le pratiche da esso personalmente svolte presso le superiori autorità gerarchiche fasciste (corsivo mio) allo scopo di illustrare quanto fatto dall’Università e di ravvisare i modi più opportuni per coordinare l’azione del G.U.F. in seno all’Università con pieno rispetto della potestà disciplinare dell’Università stessa su tutto quanto riguarda il proprio interno funzionamento». Non aveva visto male Sraffa quando aveva indicato in Bolchini colui che meglio avrebbe potuto assolvere le funzioni di Rettore, in quell’atmosfera sempre più densa di vapori autoritari.

Ad avviso del Rettore, consenzienti tutti i consiglieri, la Bocconi non avrebbe dovuto ignorare il Congresso Internazionale dell’Insegnamento Commerciale che, per la prima volta nel dopoguerra, si sarebbe tenuto ad Amsterdam nel settembre del veniente anno. Non si doveva dimenticare che la Bocconi era stata sede dell’VIII Congresso nel settembre del 1906[8]: due delegati, scelti dal Rettore, si sarebbero recati, dunque, in Olanda.

La riunione del Consiglio si concluse nel nome di Gino Zappa. Dapprima si provvide a nominare Zappa «Professore stabile di Computisteria e Ragioneria Generale e Applicata» a partire dal 1° febbraio dello stesso 1929, dal momento che era giunta da Roma l’approvazione del Ministro della P.I. in merito alla proposta nomina. Successivamente si invitò ufficialmente il prof. Zappa, e il Comitato che era stato ad hoc istituito, ad organizzare al più presto il «Corso di specializzazione in Magistero di Computisteria e Ragioneria», assumendo come modello di riferimento l’analogo corso che era stato aperto presso il R. Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Torino.

Nella seduta del 29 ottobre 1929, che si aprì con la conferma a Rettore di Ferruccio Bolchini, il Consiglio dovette misurarsi con la sempre più pressante interferenza del regime al potere nell’amministrazione dell’Ateneo. Non era forse un caso che dei quattro consiglieri, i quali avevano scusato la loro assenza, figurassero Sraffa e Bonfante, i cui sentimenti antifascisti non erano mai stati celati[9]. Una volta ancora fu Bolchini che delineò, cercando di smussarne gli spigoli, i contorni della situazione.

Il Rettore, senza tergiversare, dopo aver rilevato che la fiducia accordatagli dal Consiglio riconfermandolo nella sua carica stava a «significare consenso sulle direttive da lui seguite», presentò ai colleghi tre proposte «che assumono nel loro insieme un’importanza speciale, poiché si connettono a un problema di ordine morale e politico in senso lato [corsivo mio, e anche quelli che seguiranno] (e cioè) il coordinamento che lo Stato esige fra tutti gli Istituti di educazione superiore e l’adeguamento ai criteri fissati dallo Stato per l’educazione stessa». Forse per attenuare il disagio degli astanti, Bolchini aggiunse che non esprimeva una sua personale opinione, ma si faceva «eco d’intendimenti ufficialmente comunicati, come l’opportunità di far posto ad alcune forze giovani, le quali possano trovarsi a maggior contatto coi giovani e dare il maggiore affidamento di armonia coll’ordine di pensiero o di azione degli studenti». Lo zoppicante italiano usato nel redigere questa parte del verbale (epperò da lui approvato) tradiva, probabilmente, l’imbarazzo del Rettore nel sottoporre ai Consiglieri le proposte che avrebbero dovuto essere approvate. In primis Bolchini suggerì, quindi, di «aggiungere all’attività dispiegata fin qui dal dott. Palazzina l’opera di un Vice Direttore della Segreteria che abbia, oltre a sostituire il Direttore della Segreteria in caso di impedimento od assenza, prevalentemente la funzione di seguire l’opera di avviamento spirituale, di educazione sportiva, di assistenza morale ai giovani, seguendoli da vicino, vivendo in mezzo ad essi e seguendoli anche nelle varie forme di attività culturali. Il Vice Direttore di Segreteria curerà poi particolarmente lo sviluppo della istituenda forma di attività culturale (in seno) all’Opera Universitaria». Non era azzardato supporre che «l’istituenda forma di attività culturale» presso l’Opera Universitaria avrebbe potuto essere più semplicemente definita «cultura fascista». Non per nulla, completando il suo primo suggerimento, Bolchini consigliò che «il nuovo funzionario sia nominato nella persona del dott. Andrea Ippolito, nostro laureato, Segretario politico del Gruppo Universitario Fascista di Milano». Si profilava, nelle quinte dello scenario bocconiano, un personaggio che, come mi confessò personalmente il buon dott. Palazzina, «avrebbe dato agli amministratori della Bocconi non poco filo da torcere».

In secondo luogo il Rettore propose al Consiglio l’istituzione di «un corso speciale autonomo, obbligatorio per gli studenti del anno, di “Diritto Corporativo”»[10]. L’insegnante su cui era caduta la scelta era il dott. Nino Orsi: «laureato in giurisprudenza con lode, che ha pubblicato un volume di studi in materia, che copre cariche politiche (leggi, ovviamente, fasciste) importanti, gode le simpatie dei giovani e potrà curare il legame con essi ed evitare conflitti sorti in passato per difetto di questo collegamento» (il riferimento allo scontro degli studenti con Sraffa sembrò trapelare).

In terzo luogo il Rettore sentì l’obbligo di segnalare «le istanze ripetute e altamente appoggiate» avanzate dal prof. C.E. Ferri libero docente di Economia Politica, incaricato di un corso presso l’Università di Pavia «classificato in terna nel concorso presso il R. Istituto Superiore di Scienze economiche e Commerciali di Catania per la cattedra di Economia Politica». Con indubbia abilità Bolchini aggirò l’ostacolo rappresentato da Gobbi. «Poiché – egli disse – non può sorger dubbio che quale professore stabile di Economia Politica debba nominarsi il prof. Ulisse Gobbi, che regge con altissimo plauso la cattedra dalla fondazione dell’Università» al prof. Ferri si sarebbe potuto affidare l’incarico di Storia delle Dottrine Economiche, «insegnamento che fu tenuto con altissimo onore dal compianto prof. Prato, al quale non era stato dato finora alcun successore»[11].

La discussione delle proposte del Rettore dovette essere vivace e impegnativa. Alla fine si giunse all’approvazione dei vari provvedimenti e mutamenti suggeriti (o forse sarebbe meglio dire imposti da Bolchini); ma, sebbene il processo verbale non ne faccia esplicita menzione, si ha l’impressione che alcuni consiglieri accettarono le «ristrutturazioni» proposte obtorto collo, al solo scopo di evitare che la Bocconi divenisse oggetto di soprusi più gravi. In nota aggiungo qualche precisazione in merito ai provvedimenti varati dal Consiglio bocconiano[12].

Superato, dunque, con fatica e probabilmente, per qualche membro, con avversione questo non piacevole capitolo dell’ordine del giorno, si provvide a nominare il secondo professore di ruolo, o come allora anche si diceva «professore stabile», dell’Università. Non sorsero problemi di sorta: con unanime, calda partecipazione tutti i componenti del Consiglio si trovarono d’accordo nel designare il prof. Ulisse Gobbi ad affiancare Gino Zappa nel posto di professore di ruolo. Rammentata la variazione apportata all’art. 7 dello Statuto dell’Ateneo, il Presidente, «nella certezza di interpretare il pensiero ed il desiderio dei Colleghi» propose di chiedere al competente Ministero il trasferimento di Gobbi «dalla cattedra di Economia Politica che attualmente occupa come professore statale nella R. Scuola di Ingegneria (Politecnico) di Milano alla stessa cattedra presso l’Università Bocconi»[13]. Plaudendo unanime, il Consiglio deliberò, dunque, per acclamazione, «di nominare il prof. Ulisse Gobbi professore di ruolo per la cattedra di Economia Politica dell’Università Bocconi con decorrenza dal 1° novembre 1929».

Il Comitato direttivo dispose poi la nomina di tutti i professori incaricati per l’anno accademico 1929-30[14]. Mette conto di segnalare l’avvento tra gli incaricati di un insegnante che, per anni, avrebbe dato lustro all’Ateneo: Valentino Dominedò. Gli fu affidato, nell’àmbito della cattedra di Politica Economica (4 anno), di cui rimaneva titolare il prof. Mario Alberti, l’insegnamento della «parte di Politica Economica e Legislazione Doganale che aveva svolto il compianto prof. Prato». Il dott. Dominedò era stato altresì nominato assistente all’Istituto di Economia al posto del dott. Breglia, vincitore d’una borsa di studio e perfezionamento istituita dalla Rockefeller Foundation da spendersi in America (credo che sia stata la prima volta che, da borsista rockefelleriano, un docente della Bocconi abbia attraversato l’Atlantico).

I vertici bocconiani continuarono la riunione affrontando questioni d’ordinaria amministrazione: ne accenno in nota[15]. Ma mi sembra di dovere fare menzione di tre altre delibere che venivano incontro ai desideri degli studenti fascisti. Il Consiglio accolse l’istanza del Guf «diretta ad ottenere la concessione gratuita in uso della mensa universitaria», sulla base delle condizioni «già stabilite nella convenzione per la mensa del Politecnico». Inoltre fu accolta l’istanza di accordare sempre al Guf l’uso gratuito della sala di scherma, «provvedendo ad una adatta pavimentazione della palestra» e offrendo una contribuzione di mille lire per le spese di organizzazione dei Campionati Universitari Sportivi da parte del Guf. Si approvò pure di versare alla Azienda Tramviaria la somma di lire 6 mila, perché fosse accordata «anche agli studenti dell’Università Bocconi la riduzione del 40% sugli abbonamenti tramviari pel 1930».

La seduta, finalmente, ebbe termine in chiave meno banale con l’annuncio del Rettore che «le lezioni del nuovo anno accademico si inizino il 12 novembre p.v. e che, come usano tutti gli altri istituti superiori, si proceda alla solenne inaugurazione dell’anno accademico invitando a tener la prolusione il prof. Ulisse Gobbi o, in caso di sua mancata accettazione, un altro insegnante di materia economica da designare dal Rettore».

Gli anni Trenta, che conobbero la diffusione nelle diverse contrade del pianeta di quella gravissima crisi economica, su cui si sarebbero a lungo soffermati gli studiosi per comprenderne le cause prossime e remote[16], vedeva il nostro Paese sostanzialmente imbalsamato nelle ingannevoli bardature apprestate dal «governo nazionale» che – non lo si dimentichi – fin dal 1926 aveva posto in atto una politica monetaria che, ispirata da una alienante manìa di grandezza, determinò a livello economico e politico gravi perturbazioni e scompensi. Sicché può ben dirsi che fin dal tanto discusso discorso mussoliniano del 16 agosto 1926, tenuto a Pesaro, fin dall’inizio, cioè, di quella «Battaglia della Lira», inaugurata con l’ancoramento della nostra moneta a «quota novanta» (nei confronti della sterlina), si crearono le premesse perché, in Italia, si anticipassero gli effetti della crisi che, a livello mondiale, vide il suo acme dal 1929 in poi[17].

Mentre, dunque, v’erano molti e più che fondati motivi per essere perplessi e pensierosi, i componenti del Consiglio d’Amministrazione bocconiano si riunirono nel pomeriggio del 30 gennaio 1930[18].

Per prima cosa fu affrontato il problema della fondazione di un autonomo Istituto di Geografia Economica. Fondazione che era stata caldeggiata dal già ricordato «sansepolcrista» prof. Luigi Filippo De Magistris e da diverse associazioni, in primo luogo dal Touring Club Italiano, e per il quale aveva preso favorevole posizione il X Congresso Geografico Italiano dopo le dichiarazioni ivi espresse dal Rettore bocconiano prof. Bolchini. Chi volesse conoscere in dettaglio i numerosi scopi, la variegata composizione ed i criteri amministrativi con cui gestire il nuovo Istituto potrà scorrere, in proposito, le pagine contenute negli Annuari dell’Ateneo a partire da quello relativo all’a.a. 1929-30[19].

Ma, se è vero il proverbio che «l’appetito vien mangiando», gli amministratori bocconiani si trovarono subito alle prese con un’altra richiesta, presentata e sostenuta dal Rettore. «Per iniziativa della Confederazione Nazionale Fascista dei Trasporti Terresti e della Navigazione Interna – disse Bolchini – (è) sorta l’idea di costituire presso l’Università Bocconi, e sotto il suo controllo didattico e disciplinare, un Istituto Superiore della Comunicazioni». Con il consenso di massima del Presidente Bocconi, il Rettore aveva già portato avanti «le pratiche» sul progetto con il presidente della Confederazione on. Corrado Marchi dal quale era pervenuta la lettera che qui riporto in nota[20]. Il Consiglio approvò la costituzione dell’Istituto e designò a rappresentare l’Università, a fianco del Presidente e del Rettore, i membri Tarlarini e Baccani. Devo aggiungere, peraltro, che dell’attività di questo Istituto non ho trovato traccia negli archivi bocconiani.

Presso la Bocconi era già in funzione, inoltre, una Scuola per dirigenti sindacali. Il Rettore, infatti, comunicò ai membri del Consiglio che «l’Ispettorato regionale della Confederazione dei Sindacati fascisti professionisti e artisti e il Comitato esecutivo del locale Centro di Cultura e propaganda corporativa, accogliendo l’invito del Ministero delle corporazioni, hanno istituito in Milano una Scuola per dirigenti sindacali a cui l’Università Bocconi è stata lieta di offrire ospitalità nella propria sede». Bolchini ricordò che questa iniziativa era stata prevenuta dall’Università, quando nel 1927-28 (come, del resto, è stato rammentato anche qui più addietro) era stato affidato al dott. Baccani un corso di Legislazione Sindacale e, successivamente, l’Ateneo aveva predisposto il programma di un Istituto autonomo di studi corporativi che aveva già avuto l’adesione di massima di S.E. Bottai, ma che non fu poi attivato per via di alcune obbiezioni mosse dal Ministero della P.I. Il Rettore, con non celato compiacimento, aggiunse che la nuova Scuola era stata solennemente inaugurata nel precedente mese di dicembre e funzionava regolarmente con larga partecipazione di studenti (gli iscritti erano 415 e la frequenza era di 200-240 allievi).

Ma a provare l’incessante azione sviluppata dalle associazioni fasciste per mettere piede nell’Università fu sintomatico quanto si verificò in merito all’apertura d’un corso speciale in Istituzioni Coloniali. Bolchini ne fu il cauto… pronubo. Così egli, infatti, informò i colleghi del Consiglio: «… dopo l’ultima seduta… si è presentata l’opportunità di istituire un corso speciale di Istituzioni Coloniali senza nessun aggravio per il bilancio dell’Università. Con lettera del 16.11. us. il Presidente della Soc. M.S. Reduci d’Africa, Avv. Amleto De Marchi, metteva infatti a disposizione della nostra Presidenza a tale scopo la somma di L. 6.000, e poiché c’era sottomano la persona adatta a tale insegnamento, il dott. Vittorio Alhadeff, laureato con lode nella R. Università – che conosce a fondo gli ordinamenti coloniali – d’accordo col Presidente gli affidava la cattedra il 19 novembre us. Successivamente e precisamente in data 29 novembre us., il Segretario Politico del Guf, anche a nome del Segretario Federale, proponeva che alla Cattedra di Diritto Coloniale fosse chiamato l’Avv. Alberto Vallini. Egli pertanto chiariva come il conferimento dell’incarico fosse già avvenuto». Ai consiglieri, rimasti silenziosi, non rimase che ratificare l’operato del Rettore[21].

Molto accurata fu la revisione del consuntivo del 1928-29 compiuta dal Consigliere Delegato Tumminelli: riassumo in nota[22].

Dopo l’esame di tutte le poste il consuntivo fu approvato in queste cifre globali: all’Attivo L. 1.146.311,30; al Passivo L. 1.120.088,69; eccedenza attiva di L. 26.222,65, dopo aver passato L. 10.000 al Fondo di previdenza per i professori ed impiegati. La situazione patrimoniale al 31 ottobre 1929 risultava di L. 4.763.671,26.

Con riguardo ai proventi per il 1929-30 il Tumminelli manifestava fondate preoccupazioni. Diverse erano le ragioni, delle quali faccio cenno in nota[23], per cui v’era da temere una diminuzione delle entrate e un aumento delle spese. Insomma il bilancio si sarebbe trovato in affanno, se la Cassa di Risparmio non fosse ancora una volta venuta in aiuto (e per questo contributo promise di interessarsi il consigliere dott. Segre) e, finalmente, se non fossero intervenuti a concedere sovvenzioni il Comune e la Provincia, che pure avrebbero voluto riconoscere la alte benemerenze cittadine e nazionali della Bocconi. Alla Presidenza fu dunque affidato il compito di intervenire opportunamente presso le autorità municipali e provinciali. Il dott. Baccani assicurò che si sarebbe adoperato presso il Podestà per ottenere gli auspicati aiuti.

Il consigliere delegato fu autorizzato ad investire le disponibilità liquide al più alto interesse possibile e, a suo avviso, di là dai versamenti in conti vincolati, reputò che fosse conveniente l’acquisto di cartelle fondiarie della Cassa di Risparmio.

Sarebbe stato opportuno procedere ad una revisione del trattamento economico del personale dell’Università. Anche per questa operazione fu delegato il dott. Tumminelli.

Confermati in Baccani e Gnocchi i revisori dei conti, il Rettore passò a fornire notizie su diverse questioni, dalla solenne inaugurazione dell’anno accademico, la prima che fosse tenuta alla Bocconi[24], alla visita di studenti argentini, alla stampa dei corsi di lezioni dei proff. Longo e Ranelletti, all’assegnazione del premio Notari.

In conclusione di seduta il Presidente espose una minuziosa relazione in merito alle borse di studio assegnate agli studenti più meritevoli e maggiormente bisognosi di assistenza.

Con l’assenza giustificata di tre Consiglieri (il sen. Casati, l’on. Rossi e il dott. Fabbri) il 30 ottobre 1930, alle ore 16, si svolse una nuova seduta del Consiglio d’amministrazione[25].

Tornati agli affari bocconiani i presenti si trovarono, per prima cosa, a deliberare sull’assegnazione di otto borse di studio per il periodo 1930-1934 e per la concessione degli esoneri dalle tasse[26].

Si procedette quindi a quanto stabiliva il secondo punto dell’ordine del giorno: un’operazione indubbiamente delicata, la «nomina del nuovo Rettore». A dire il vero la dichiarazione del Rettore uscente rese più facile e rapido il compito dei Consiglieri. Ferruccio Bolchini si alzò per esprimere «ai colleghi del Consiglio il proprio grato animo per essere stato posto in grado di adempiere per un quadriennio a quello che egli riteneva fra le più alte funzioni nella vita quale Rettore dell’Università». Aggiungeva, poi, che egli aveva «svolto tale compito al fine di conciliare l’alta posizione scientifica dell’Università colle esigenze pratiche di un corso di studi professionali». Non mancava di sottolineare che si era «ispirato alle direttive delle Superiori Autorità dello Stato» per quanto atteneva all’educazione sportiva e civile dei giovani e per quanto concerneva il rigore didattico e disciplinare ed era «lieto di porgere il più amichevole saluto all’illustre scienziato e benemerito cittadino su cui vanno a convergere i voti unanimi del Consiglio quale nuovo Rettore».

Bolchini si meritò i ringraziamenti e i riconoscimenti, venato qualcuno da una buona dose di retorica che, forse, voleva mascherare una punta d’ironia, da parte del Presidente e di quasi tutti i membri del Consiglio. Sicché non si perse tempo nel votare per acclamazione, come nuovo Rettore, il prof. Ulisse Gobbi, «stabile di Economia Politica che aveva fatto parte del Corpo Insegnante dalla fondazione dell’Università».

Venendo alla nomina dei professori per l’a.a. 1930-31, si diede mandato al presidente Bocconi, su proposta di Baccani e Sraffa, di provvedere in merito. Il Presidente si disse d’accordo, ma volle subito informare il Consiglio «che S.E. l’on. Prof. Alfredo Rocco che per molti anni ha onorato del suo insegnamento la nostra Università, ha accettato di tenere un corso di lezioni di Diritto Corporativo». Bocconi ricordò poi che con la successiva seduta i consiglieri sarebbero scaduti per compiuto quadriennio. In base all’art. 4 dello Statuto si sarebbe dovuto deliberarne il numero per il successivo quadriennio: i membri si trovarono subito d’accordo nell’elevarli a quindici.

Il Consiglio prese successivamente in considerazione una questione già sollevata dal precedente Federale di Milano, avv. Cottini, e rinnovata, il luglio precedente, dal nuovo Segretario Federale, cav. Brusa, al Rettore Bolchini che aveva preso tempo: la Bocconi avrebbe dovuto «girare a beneficio dell’erigenda ‘Casa dello Studente’ il gettito dell’opera Universitaria». Nel frattempo, tuttavia, il 1° agosto la Direzione Generale dell’Istruzione Superiore, con apposita circolare, ribadiva che i laureati degli Istituti Superiori di Scienze Economiche e Commerciali non erano tenuti al pagamento di alcuna tassa a favore dell’Opera Universitaria e, pertanto, consigliava che si attendessero «le opportune disposizioni di legge». Il Consiglio bocconiano non diede quindi seguito alle sollecitazioni del Federale Brusa, dispose che si versassero in un conto a risparmio presso il Credito Italiano le 68 mila lire versate, invero indebitamente, dai laureati per l’Opera Universitaria, e fece anche sapere, un poco maliziosamente, al cav. Brusa che «l’Università Cattolica ha completamente devoluto il gettito dell’Opera Universitaria all’associazione fra gli ex allievi e non all’erigenda Casa dello Studente». Soddisfatti, a questo punto, i consiglieri bocconiani sciolsero la riunione.

Non trascorse molto tempo perché i vertici della Bocconi si riconvocassero. Era l’ultimo giorno di gennaio del 1931 quando la seduta del Consiglio venne indetta e avrebbe dovuto consacrare la partecipazione ai lavori di tre nuovi membri dai nomi altisonanti e dalle funzioni eminenti. Purtroppo non si presentarono, scusandosi per l’assenza, il Duca Marcello Visconti di Modrone, da poco tempo Podestà di Milano, e dal Comune designato come suo delegato in seno al Consiglio bocconiano, e il Ministro S.E. Alfredo Rocco, dal Consiglio stesso nominato, insieme ad altri tre noti e vecchi componenti (il sen. Pirelli, il prof. Sraffa e il dott. Tumminelli).

Ma a dare lustro e significato del tutto particolari all’adunanza sarebbe stata sufficiente la presenza di S.E. il sen. Giovanni Gentile, designato a rappresentare il Ministero della Educazione Nazionale (tale la nuova denominazione conferita al Dicastero della Istruzione Pubblica). E Ettore Bocconi, nel dare il saluto a tutti i membri del nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Università, riservò a Gentile espressioni di gratitudine particolarmente calorose, cui fece seguire una sintetica ma oltremodo significativa descrizione dell’Ateneo che tanto gli era caro anche come sacrum depositum di incancellabili, struggenti ricordi. Ho voluto riportare in nota, parola per parola, il discorso di Ettore Bocconi, anche per rendere pubblica una delle invero scarse testimonianze lasciateci sulla Università dal generoso figlio del generoso Fondatore della Scuola[27].

Si può ben immaginare con quale calore Giovanni Gentile rispose, ringraziando, al saluto del Presidente, si disse assai compiaciuto della relazione di Bocconi sull’attività dell’Ateneo dichiarando «di aver sempre sinceramente ammirato l’ordinamento dell’Università Commerciale che costituisce un’altissima benemerenza della Famiglia Bocconi verso il Paese e che integra, nel modo migliore, l’azione dello Stato nel campo dell’alta cultura».

Si addivenne poi, su proposta di Segre, alla nomina dell’Ufficio di Presidenza e del Segretario. Subito riconfermato in quest’ultimo incarico il dott. Girolamo Palazzina, a Presidente fu ovviamente rieletto Ettore Bocconi affiancato dal dott. Tumminelli come Consigliere Delegato e, decisione molto importante, tenuto conto del desiderio del sen. Pirelli di lasciare la carica per via degli anni che non erano pochi e per le non buone condizioni di salute, a Vicepresidente fu unanimemente designato il senatore Giovanni Gentile. Fu una deliberazione che avrebbe garantito alla Bocconi un positivo svolgimento della sua storia a venire.

Quanto al Comitato Esecutivo esso fu costituito dai membri dell’Ufficio di Presidenza (Bocconi, Gentile e Tumminelli), dal Rettore Gobbi e dal Consigliere Beniamino Donzelli. Revisori dei conti furono nominati, per la prima volta, lo stesso Donzelli e il dott. Segre.

Il Vicepresidente Gentile non indugiò a farsi parte attiva del Consiglio bocconiano proponendo e facendo subito approvare alcune modificazioni degli articoli 1, 2, 4, 7, 8, 10 dello Statuto dell’Università (approvato con R.D. dell’8/3/1925 n. 547), tenuto conto delle variazioni intervenute nel nome e nelle funzioni di diversi enti a cui lo Statuto faceva riferimento e in considerazione del fatto che sarebbe stato opportuno armonizzare le norme statutarie interne con quelle degli Istituti Superiori di Scienze Economiche e Commerciali che erano ormai passati alle dipendenze del Ministero dell’Economia Nazionale. Mentre accenno in nota ai cambiamenti più significativi (troppo lungo sarebbe riportare testualmente le tante deliberazioni decise dal Consiglio) mi limito qui, nel testo, a ricordare solo il provvedimento forse più importante allora preso: quello di elevare a 19 il numero dei componenti del Consiglio di Amministrazione[28].

Nel proseguimento della seduta i Consiglieri presero dapprima in considerazione, plaudendo e ringraziando, il conferimento da parte del dott. Alessandro Croccolo, a nome pure di un gruppo di laureati amici del compianto dott. Ferdinando Citella, di cartelle del consolidato 5% per un valore di L. 25.000, affinché con gli interessi del capitale si assegnasse ogni anno una borsa di studio, al Citella intitolata, al figlio di un laureato bocconiano. Circa questa borsa il Consiglio esaminò i sette articoli del relativo, minuzioso statuto approvandoli e autorizzando il Presidente ad accettare la somma e a svolgere le opportune pratiche presso il Ministero per il necessario riconoscimento.

Il Presidente comunicò ai colleghi che, valendosi del mandato conferitogli nella precedente seduta, egli aveva riconfermato nei rispettivi insegnamenti tutti i professori, assistenti e aiuti dell’Università[29]. Precisò, tuttavia, che il prof. Ferri avrebbe preso per il veniente anno il posto del prof. Bonfante, impossibilitato a tenere il corso. Del pari essendo S.E. Rocco impedito a impartire il corso di Diritto Corporativo il suo assistente avv. Nino Orsi lo avrebbe sostituito adottando il programma già svolto nel 1929-30. Invece il prof. Redenti sarebbe stato disposto ad unificare nel suo corso anche le lezioni di Diritto Industriale e Marittimo. L’insegnamento di Merceologia sarebbe stato ripristinato nel 3° e 4° anno. La Storia economica, che era stata resa biennale per non perdere la collaborazione del prof. Bonfante, sarebbe invece stata insegnata ai soli allievi del 3° anno. Il prof. Tajani avrebbe insegnato per un’ora settimanale Tecnologia Industriale destinando la seconda ora ad Economia dei Trasporti.

Evidentemente su suggerimento di Gentile, Bocconi fece sapere che la Presidenza avrebbe reputato assai opportuno che nel corso dell’anno fosse invitato a tenere un corso di Storia Politica S.E. il prof. Gioacchino Volpe, Segretario Generale dell’Accademia d’Italia. I Consiglieri accolsero con vivo piacere il suggerimento[30].

Il Rettore tornò sulla questione già toccata, come si rammenterà, nella precedente seduta e relativa alla costituzione dell’Opera Universitaria e della Cassa scolastica. Gobbi ricordò le disposizioni contenute nel R.D. n. 1175 del 1930 e accettò «l’incarico di predisporre i relativi regolamenti tenuto presente il chiarimento dato da S.E. Gentile per cui il 10% delle tasse di cui parla l’articolo rappresenta il limite massimo, il limite che non può essere superato nell’assegnazione alla Cassa scolastica, cosicché verificandosi eccessiva anche l’assegnazione del 10% alla Cassa scolastica l’eccedenza può tornare nel bilancio dell’Università». Che fosse ben chiara, nel testo del processo verbale della seduta, la formulazione di codesta ipotesi proprio non direi. Ma fu ben chiara la posizione assunta dai consiglieri di fronte alla già menzionata, tambureggiante richiesta del Federale Erminio Brusa a proposito del contributo che anche l’Opera Universitaria bocconiana avrebbe dovuto dare all’erigenda Casa dello Studente. Il Consiglio ribadì che i fondi di cui poteva disporre l’Opera Universitaria erano «così limitati da consentire solo in piccola parte… un’assistenza diretta per gli studenti» e, pertanto, fino a che non «vi saranno avanzi» nessuna elargizione alla Casa dello Studente sarebbe stata deliberata.

L’adunanza si chiuse dopo che il Rettore ebbe a segnalare la necessità di dare alla biblioteca, le cui esigenze andavano via via crescendo, più ampi spazi. E, per la prima volta, si pose sul tappeto il problema di un cambiamento di sede dell’Ateneo, lasciando al Presidente il compito, certamente non facile, di studiarne la soluzione.


1

Verrebbe da chiedersi quale fosse l’atmosfera che aleggiava nella sala del Consiglio bocconiano in quella primavera che poteva ben dirsi «fascista», Considerato l’esito delle elezioni (anzi del plebiscito come aveva anticipato, tracotante, Mussolini): con una percentuale di votanti pari al 90%, i «sì», per il regime, furono più di otto milioni e mezzo, i «no» poco più di 136 mila; considerato che il giorno di Natale del 1928 era stata pubblicata la legge sul Gran Consiglio del Fascismo (al Sovrano non rimaneva, ormai, che dedicarsi alla numismatica); considerato che l’11 febbraio di quell’anno, il ’29, erano stati sottoscritti da Mussolini e dal cardinale Gasparri i «Patti Lateranensi», che intendevano riconciliare il Papato e lo Stato italiano (i Patti lateranensi, non si dimentichi, avevano una intitolazione ben precisa: «Trattato fra la Santa Sede e l’Italia, convenzione finanziaria, concordato, in nome della Santissima Trinità»); e non insisto nel richiamare i tanti altri accadimenti e motivi che avevano predisposto e stavano a dimostrare il consolidamento nel Paese di una dittatura, che si poteva permettere la più stolida retorica riscuotendo applausi, non è fuori luogo pensare che, anche in sede bocconiana, bisognava fare buon viso a cattivo giuoco.

2

Si noti peraltro che questo aumento di spesa non gravava, in effetti, sulle casse bocconiane, giacché il Ministero aveva incrementato di un pari ammontare il suo contributo all’Ateneo.

3

V’è da credere che l’assunzione a termine della Osimo sia stato anche un atto di generosità della Bocconi nei confronti di una vittima dei soprusi fascisti.

4

L. 8.000 per la nuova cattedra di «Istituzioni Commerciali Germaniche», compensata però dal contributo del «Comitato per l’incremento dei rapporti culturali itala-germanici»; L. 5.500 per una integrazione allo stipendio del prof. Cambi al fine di assicurarsene la collaborazione inducendolo a rinunciare ad altro incarico; integrazione della retribuzione al dott. Breglia dell’Istituto d’Economia che l’anno precedente era stato pagato per un solo semestre; L. 6.000 per la nomina di un altro assistente al predetto istituto (non se ne faceva il nome); infine L. 6.200 al dr. Baffoni per la suddivisione in due sezioni del corso di Ragioneria.

5

Come si è già precisato più addietro gli «Annali» consentivano scambi con libri e riviste che entravano in biblioteca, riducendone le spese.

6

Ministero della P.I.: Protocollo n. 6633. Roma, 26 novembre 1928 – anno VII.

Oggetto: Proposte di provvedimenti per l’Università Bocconi.

Ho attentamente esaminato il memoriale inviatomi dalla S.V. relativo a provvedimenti per codesta Università sui quali Le comunico quanto appresso:

Fermi restando i titoli di studio di ammissione che non possono essere diversi da quelli stabiliti dalle vigenti disposizioni per i Regi Istituti di Scienze Economiche e Commerciali, a seguito dell’avvenuto riconoscimento di codesta Università come Istituto Superiore Libero di Scienze Economiche e Commerciali, ritengo che possano essere di giovamento agli studi le norme che si intendono stabilire relative al numero massimo degli studenti da ammettersi all’Università, in relazione alle esigenze di una buona didattica, facendo una opportuna selezione delle iscrizioni in base a criteri ben determinati dal merito e delle particolari attitudini a seguire i corsi dell’Università stessa.

Trovo poi molto opportuno che siano disposte delle norme intese a rendere più proficui gli studi, come quelle dalla S.V. segnalatemi, circa l’ammissione al 2° biennio degli studenti soltanto che abbiano superato tutti gli esami del 1° biennio, come pure ritengo utile che vengano dettate delle disposizioni sulle modalità e garanzie per la scelta e la preparazione della dissertazione di laurea sotto il diretto controllo degli insegnanti.

Per l’insegnamento delle lingue i cui esami, però, debbono essere quelli stabiliti per Regi Istituti di Scienze Economiche e Commerciali, approvo tutte quelle provvidenze intese a rendere veramente efficace lo studio di esse, indispensabile per la complessa attività del commercio e della professione che i giovani si preparano ad esercitare.

In particolare sono convinto della necessità che nello studio delle lingue gli studenti siano sottoposti a larghi e continui controlli da parte degli insegnanti e siano perciò divisi a piccoli gruppi, vengano ordinati corsi speciali di lingue in materie tecniche e scientifiche, possano gli studenti servirsi di speciali archivi, ai quali Ella accenna, di documenti tipici, giuridici e commerciali, in lingue estere.

All’insegnamento delle lingue fatto in codesta Università potranno, poi, essere ammessi studenti di altri Istituti Superiori di Milano, previo accordo con gli Istituti medesimi.

Non ho difficoltà a presentare di nuovo al Consiglio Superiore la proposta di istituzione presso codesta Università di un corso magistrale in Ragioneria; occorre però che venga presentata una nuova domanda documentata.

Mi compiaccio dell’idea di istituire insegnamenti superiori in scienze corporative e sindacali; per questo occorre studiare, d’accordo col Ministero delle Corporazioni, i criteri e le norme per la istituzione di tale insegnamento.

Il Ministro

(firmato) Belluzzo.

7

Il decreto istitutivo delle Opere Universitarie fu emesso il 30 settembre 1923: l’articolo 56 stabiliva che «… l’Opera Universitaria (ha) il fine di promuovere ed attuare l’assistenza scolastica nelle varie sue forme». Le spese per codesta forma assistenziale, che sarebbe tornata opportuna per ovvie ragioni al regime fascista, furono poste a carico di coloro che avevano o avrebbero conseguito un diploma di laurea, con decreto del 18 ottobre 1928, n. 2478 che recitava testualmente: «… I cittadini italiani che hanno conseguito una laurea o un diploma in una Università o Istituto Superiore del Regno, presso i quali è istituita l’Opera Universitaria… e che sono iscritti negli albi degli esercenti una professione o presso i sindacati commerciali o industriali o hanno impiego comunque retribuito alle dipendenze di società commerciali o industriali devono presentare apposita denuncia entro tre mesi dalla pubblicazione del presente decreto alla Università o Istituto Superiore presso il quale hanno conseguito il titolo accademico».

8

Cfr. il primo volume di questa Storia della Bocconi, pp. 227-28.

9

Gli altri due membri assenti erano gli avvocati Fabbri e Sangregorio.

10

Bolchini ricordò che tre anni prima aveva introdotto un corso siffatto affidandolo al Dr. Baccani, che però successivamente rinunciò all’incarico. Pertanto il corso fu ripartito fra le cattedre di Economia Politica e di Istituzioni di Diritto Pubblico. In seguito (e già lo abbiamo ricordato più addietro) si approvò su invito del Ministero delle Corporazioni un vero e proprio Istituto di Studi Corporativi, che però non poté funzionare perché il Ministero della P.I. pretendeva che gli studenti iscritti avessero un diploma di maturità liceale.

11

Il prof. Giuseppe Prato era venuto a mancare nel 1928.

12

Deliberata l’assunzione dell’Ippolito come vicedirettore della segreteria, fu dato incarico al Presidente e all’on. Gnocchi di fissarne il trattamento economico.

Atteso che il prof. Ranelletti, a cui si era pensato per il corso di Diritto Corporativo, si sarebbe invece assunto l’insegnamento del Diritto Pubblico, «da svolgersi per gli allievi del corso di specializzazione pel Magistero di Computisteria e di Ragioneria» che stava per iniziarsi, si decise di conferire, ma solo per l’a.a. 1928-29, l’incarico per l’insegnamento del Diritto Corporativo al dott. Orsi. Si deliberò pure che questo corso «speciale» di Diritto Corporativo fosse reso obbligatorio per tutti gli studenti del 4° anno, «tranne per coloro che si iscrivessero ai corsi di specializzazione pel Magistero di Computisteria ai quali sarà consigliato di frequentarlo come corso libero».

Quanto al corso di Storia delle Dottrine Economiche si stabilì che per il 1928-29 l’incarico fosse dato al prof. Ferri. Il corso sarebbe stato offerto in opzione agli studenti del 3° anno come corso speciale (in alternativa, quindi, al corso di Economia dell’Agricoltura, ecc.). Il Rettore avrebbe dovuto stabilire le norme specifiche per codesta opzione.

13

Sarebbe rimasto inalterato il trattamento economico goduto da Gobbi al Politecnico e gli sarebbero stati riconosciuti «tutti i diritti acquisiti ai fini anche del trattamento di pensione».

14

Se ne potrà leggere l’elenco riportato, come sempre, nell’Annuario della Bocconi dell’a.a. 1929-30.

15

Si conferì alla presidenza il compito di provvedere alla solita assegnazione delle borse e degli esoneri dalle tasse; su proposta di Baccani e Gnocchi si decise di sospendere per l’anno entrante l’insegnamento della lingua serbo-croata (insegnamento che sarebbe stato ripristinato, solo se un notevole numero di allievi lo avesse richiesto); su proposta di Tumminelli si ristabilì, per gli studenti, l’obbligo originario di studiare tre lingue straniere (francese per tutti e due altre lingue obbligatorie da scegliere tra inglese, tedesco e spagnolo); si deliberò, su mozione di Tumminelli appoggiata da Casati e Baccani, di porre a concorso, in aggiunta ad altre tre per l’Inghilterra, la Francia e la Germania, una borsa di perfezionamento per la Spagna; si ribadì il proposito di organizzare, sono gli auspici della Fondazione Serena, le conversazioni serali (che avevano ottenuto vivo successo), avvalendosi non solo «del nostro personale insegnante, ma anche di estranei (a titolo gratuito o anche dietro retribuzione)»; si stabilì che si riprendesse la pubblicazione dell’Annuario «rimasta interrotta nel 1925».

16

La bibliografia sulla Grande Crisi del 1929-35 richiederebbe pagine e pagine per essere ricordata. Anche oggidì essa continua ad attirare l’attenzione di economisti, storici, sociologi, politologi, e in generale di studiosi di discipline sociali nella più larga accezione del termine, sicché sarebbe impresa irrealizzabile volerne tentare qui anche una abbreviata esposizione.

17

Sull’esagerata, cocciuta politica monetaria del regime, del «governo nazionale» come allora si diceva, che avrebbe profondamente alterato gli assetti economici e sociali del Paese, disponiamo di una ricca letteratura: se ne potrà avere un’eloquente attestazione, per fare una sola citazione, nel buon saggio a cura di P. Ciocca e G. Toniolo (a cura), L’economia italiana nel periodo fascista, Bologna, 1976, p. 449. Ma si veda anche G. Toniolo, L’economia italiana tra il 1919 e il 1939. Breve sintesi macroeconomica, sta in Banca e industria fra le due guerre, vol. I, L’economia e il pensiero economico, Bologna 1981, pp. 15-35.

18

Molti furono gli assenti scusati (Pirelli, Sraffa, Bonfante, Rossi, Casati e Fabbri); ma il numero legale fu faticosamente raggiunto.

19

Vorrei solo far notare come nel Comitato direttivo dell’Istituto figurassero i rappresentanti di importanti associazioni fasciste: il presidente della Confederazione Generale dell’Industria; il vicepresidente del Consiglio Provinciale dell’Economia di Milano; il presidente della sezione milanese dell’Istituto Coloniale Fascista; il rappresentante della Camera di Commercio Italo-Coloniale; il presidente dell’Ufficio Nazionale Fascista dell’Esportazione.

20

Confederazione Nazionale Fascista dei Trasporti terrestri e della Navigazione Interna

Il Presidente

Roma 16 novembre 1929 – VIII°

Via Francesco Crispi, 10

Illustre Professore,

Compio innanzi tutto il gradito dovere di ringraziarLa vivamente per tutto l’interessamento e per la valida collaborazione che Ella ha voluto portare nella fase preparatoria dell’Istituto Superiore della Comunicazioni, promosso da questa Confederazione sicuro che l’uno e l’altra continueranno per l’avvenire e saranno sommamente utili all’iniziativa.

Circa le modalità pratiche di attuazione ritengo che esse possano venire così definite nelle loro linee essenziali. L’Università Bocconi ha il controllo didattico e disciplinare attraverso la partecipazione di quattro suoi rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione dell’Istituto fra i quali il Presidente del Consiglio di Amministrazione, il Rettore dell’Università e due altri a designarsi. La direzione dei corsi resta affidata al Prof. Ing. Tajani, la cui competenza specifica universalmente riconosciuta dà piena garanzia dell’organicità e dello sviluppo dell’Istituto.

Tutte le spese inerenti ai corsi (insegnanti, stampa, cancelleria, ecc.) sono a carico della Confederazione insieme ai particolari compensi che saranno deliberati alla fine del Corso per quei funzionari dell’Università che avranno svolto opera amministrativa per i fini dell’Istituto.

L’Università provvederà invece alle spese inerenti all’ospitalità concessa (locali, luce, ecc.).

Le compiego frattanto lo schema del programma dei corsi e resto in attesa di Sue cortesi comunicazioni. L’occasione mi è gradita per porgerLe i sensi della mia alta considerazione e i miei cordiali saluti fascisti.

Dev.mo Suo

firmato On. Corrado Marchi.

Non riporto l’elencazione di tutti i membri previsti per il Consiglio dell’Istituto. Quanto ai programmi di studio mi limito a ricordare che erano contemplati 4 corsi generali e per il momento 3 corsi speciali. Ammessi al corso, con tassa di L. 300 e frequenza obbligatoria dei corsi che si sarebbero tenuti tutti i giorni feriali dalle ore 18 alle 19, erano gli studenti dell’ultimo anno delle facoltà di ingegneria, giurisprudenza, e scienze economiche e commerciali.

21

A questo punto dell’ordine del giorno, il Rettore – segnalato che il nostro Console Generale di Calcutta avrebbe gradito favorire l’invio in Italia, ed in ispecie a Milano, di studenti indiani – propose, ed il Consiglio approvò, che presso la segreteria dell’Università si istituisse un ufficio di assistenza per gli studenti stranieri, il quale «integrasse l’opera assistenziale che il G.U.F. svolge a favore degli studenti. Sarebbe stato opportuno accordarsi con altri enti locali».

22

Tumminelli fece notare che, rispetto al consuntivo dell’anno precedente, la maggior spesa di L. 6.000 al capitolo Spese Diverse era dovuta a compensi speciali per prestazioni ai docenti Biraghi, Nicolini e Revel; la diminuzione di L. 6.000 alla voce Stipendi Impiegati era dovuta al fatto che la signorina d.ssa Osimo, assunta come si ricorderà sei mesi prima come aiuto del dott. Palazzina, si era sposata e aveva lasciato il lavoro senza essere sostituita; la riduzione di L. 5.000 delle Imposte diverse conseguiva al calo del tasso da L. 2,29 a 2,09 dell’imposta complementare (applicata su L. 443.000). Aumentate erano le spese per Illuminazione (L. 600), per maggior consumo nei locali sotterranei, e per Posta, telegrafo, telefono, per la maggior richiesta di certificati bollati (L. 2.500 in parte compensati dalle Sopravvenienze attive). Le nuove divise per il personale avevano comportato un aumento di L. 3.620 alla voce Vestiario. L’acquisto di un mobile di mogano per la biblioteca donata dagli Eredi Cernuschi e di un armadio in rovere per conservare gli Annali di Economia aveva comportato una spesa assegnata alla voce Mobili di L. 6.000. E pure a L. 6.000 era ammontato il costo per il nuovo impianto di caloriferi della biblioteca e dell’ufficio del bibliotecario e per riparazioni varie attribuite al capitolo Macchinario. Un risparmio di L. 7.000 si era avuto invece nelle spese per la biblioteca grazie ai fondi lasciati dal prof. Ansbacher e da S.E. il prof. Alberti. L’inopinata invasione di scarafaggi e la conseguente disinfestazione nei locali della Mensa aveva aumentato di L. 600 la voce Igiene. Molto sensibile era stato l’aumento del capitolo Onorari ai Professori: L. 55.000, principalmente a motivo del ritoccato stipendio a Zappa (L. 40.000) ed all’assunzione del prof. Piero Onida (L. 12.000). La morte del maestro Garbagnati aveva ridotto il numero delle lezioni di scherma con un diminuzione di L. 8.000 degli introiti.

Con riguardo alle Rendite, forte era stato l’incremento (L. 49.000) per il sensibile aumento degli allievi e per l’incremento delle tasse di laurea e di diploma. Invece la Mensa Universitaria aveva reso meno (L. 5.000) per la sospensione dell’esercizio durante il mese di maggio del ’29 e a causa dell’insolvenza del concessionario. Il prelevamento di un milione di lire dai conti vincolati, per acquistare L. 1.100.000 di titoli della Cassa Nazionale depositi e prestiti al 5% aveva generato da un lato una riduzione di L. 15.000 e dall’altro un incremento di L. 52.000 degli interessi attivi. Infine l’Università aveva beneficiato della generosità della Cassa di Risparmio che aveva approvato l’elargizione di L. 25.000 a favore dell’Ateneo.

23

Era da prevedersi un minor gettito delle tasse per l’abbandono di 25/30 studenti; la concessione gratuita della mensa, se approvata, avrebbe voluto dire rinunciare ad un reddito di circa L. 10.000; le spese per la sistemazione della sala di scherma sarebbero ascese a circa L. 8.000; a L. 6.000 sarebbe ammontato il contributo all’Azienda Tramviaria per la concessione di tariffe privilegiate agli allievi; il previsto vicedirettore della segreteria avrebbe comportato un onere di L. 24.000; notevole sarebbe stato l’accrescimento delle spese per gli onorari ai professori (L. 42.000 a Gobbi per la sua nomina a «professore stabile», ritocchi di L. 6.000, 4.000 e 3.000 rispettivamente ai proff. Pacchioni, Orsi e Traccomaglia); i corsi di Zappa, Marcantonio, Redenti e Ranelletti per il Magistero di computisteria e ragioneria avrebbero determinato, unitamente al trasloco di Zappa da Venezia a Milano, una maggior spesa di L. 30.000 a cui si sarebbero dovute sommare L. 12.000 per i contributi di ricchezza mobile sui nuovi stipendi; c’era da sperare che la spesa di stampa dell’Annuario potesse essere contenuta in L. 10.000. Insomma il fabbisogno per fronteggiare i nuovi oneri, essendo impossibile «pensare a riduzioni molto sensibili di altre spese già contenute in limiti rigorosi», doveva valutarsi di circa L. 150.000 (alcune spese non erano state calcolate, epperò erano già state sostenute come quelle per la solenne inaugurazione dell’anno accademico).

24

Era stato lo stesso Rettore, nel precedente novembre, a stilare e leggere il discorso inaugurale. Dopo avere esposto e commentato le varie attività pedagogiche e culturali sviluppatesi nel corso dell’anno concluso e augurandosi che anche per il futuro si rinnovassero i successi ottenuti dell’Università, Bolchini non mancò, alla fine del suo discorso, di cedere alla tentazione di elevare un retorico plauso al regime. «… Da voi, o giovani, l’Università Bocconi non vuole il numero; vuole la qualità; richiede tenace sforzo di volontà, senza di che le naturali doti dell’ingegno a ben poco valgono; vi chiede attività ordinata e disciplinato spirito di iniziativa… Così comandano i documenti mirabili che nella tragica universale visione di implacate lotte sociali il Genio del Duce e l’Italia Fascista offrirono al mondo per una meta non mai sperata di collaborazione e di solidarietà sociale… Per la difesa, per la grandezza d’Italia contro i mali interni, contro le straniere insidie, sia ciascuno di voi, anche in ogni atto della vita civile, soldato della Patria!».

Chi volesse leggere per intero il discorso inaugurale pronunciato da Bolchini risalga all’Annuario della Bocconi per l’a.a. 1929-1930.

25

L’umore dei partecipanti era, nel complesso, sereno. Dopo il plebiscitario risultato della consultazione popolare della primavera dell’anno precedente si era ormai convinti che gli italiani, nella loro stragrande maggioranza, avevano accettato, politicamente e ideologicamente, il regime insediatosi ai vertici del governo e saldamente ramificatosi nelle periferiche istituzioni dello Stato. Il fascio era un simbolo che non poteva più essere cancellato dalle case, dalle carrozze ferroviarie che correvano anche sui binari stranieri, dalle carte burocratiche, dalle carte d’identità, dai passaporti concessi con le dovute cautele. Un simbolo che voleva e doveva ricordare, nelle varie circostanze della quotidiana esistenza, la «fatidica» presenza di un «ordine nuovo» che avrebbe mutato in meglio il divenire della civiltà, il corso della storia. Per disposizioni burocratiche, per mettersi al riparo da temuti interventi e per garantirsi un quieto domani, ma anche per una non occultata adesione agli «uomini novelli» (avrebbe detto, con dolente sarcasmo, l’Alighieri) un sempre più alto numero di tessere di iscrizione al P.N.P. (Partito Nazionale Fascista) erano custodite nei portafogli dei cittadini e la loro presenza era attestata dalle «cimici» tricolori inserite nell’occhiello sul risvolto delle giacche.

Baluginava certamente, sulla giacca di qualche consigliere bocconiano, il distintivo del P.N.F. e non è da escludersi che, in attesa dell’inizio della seduta, i più alti rappresentanti dell’amministrazione bocconiana, nella maggioranza, abbiano commentato con benevoli e, da parte di qualcuno, con ammirati accenti, i nuovi codici penale e di procedura penale pochi giorni prima presentati al Sovrano dal guardasigilli Arturo Rocco il quale, nel porgere al Re, il 19 ottobre di quell’anno, i testi dei due nuovi codici aveva, tra l’altro, sottolineato: «… È ben noto alla Maestà Vostra [già si profilava la sostituzione del «Lei» col «Voi»] che il regime politico instaurato in Italia col Vostro alto consenso, dopo la guerra vittoriosa, non fu un semplice mutamento di governo, ma una sostanziale e profonda trasformazione dello Stato. Tale trasformazione attinge la sua giustificazione storica a tutto un sistema di filosofia sociale, politica e giuridica che può ben dirsi la filosofia propria del Fascismo… la riforma dei due codici… costituisce uno dei fasti più cospicui e memorandi del Vostro Regno glorioso ed una delle più alte e imponenti affermazioni del genio giuridico nazionale».

In realtà pochissime furono le voci che si levarono adversus i nuovi codici che trovarono invece moltissimi, plaudenti estimatori tra i magistrati, gli avvocati, uomini di cultura, docenti universitari. Del resto, in buona parte, i due codici continuano tuttora a rimanere in vigore.

26

Coll’a.a. 1929-30 i beneficiari di borse di studio non sono più menzionati sull’Annuario della Bocconi. Pertanto ne ricordo qui i nomi: Araldo Rozza, Antonio Folli, Attilio Othles, Gaetano Cortesi, Remo Ponzanelli, Gian Carlo Elli, Anna Savoia. Otto furono gli studenti ai quali venne concesso l’esonero dalle tasse perché meritevoli e appartenenti a famiglie bisognose d’assistenza.

Su proposta del Consigliere delegato Tumminelli il Consiglio approvò pure che, in futuro, si sarebbero prese in considerazione per le borse di studio anche le richieste degli allievi provenienti dalle scuole secondarie (Licei e Istituti Tecnici o Commerciali) che all’esame di stato avessero conseguito una media di 7/10. E sempre su suggerimento di Tumminelli si deliberò di concedere gli esoneri dalle tasse anche agli studenti, che ne avessero diritto secondo le norme regolamentari, iscritti al 2°, 3° e 4° anno.

27

Ecco dunque nella loro interezza le dichiarazioni di Ettore Bocconi. «… Il Ministero dell’Educazione nazionale ha nominato suo rappresentante pel quadriennio 1931-34 S.E. il Senatore Giovanni Gentile, il Ministero delle Corporazioni ha confermato il Senatore Angelo Salmoiraghi, il Comune di Milano ha nominato il Podestà Duca Marcello Visconti di Modrone, la Provincia ha confermato suo rappresentante il Preside Avv. Seleno Fabbri, il Consiglio Provinciale dell’Economia ha nominato l’ing. Carlo Tarlarini, l’On. Beniamino Donzelli e l’Ing. Emilio Falck, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde ha confermato il Dott. Marcello Segre. Da parte sua, in base alla facoltà riconosciuta dall’art. 4 dello Statuto e alla deliberazione del Consiglio, (esso) ha nominato propri rappresentanti S.E. il Prof. Alfredo Rocco, il Sen. Ing. Giovanni Battista Pirelli, il Prof. Angelo Sraffa e il Dr. Calogero Tumminelli.

Il Senatore Bocconi rivolge quindi ai Colleghi queste parole: «Prima che il Consiglio nominato pel quadriennio 1931-34 inizi i suoi lavori mi è caro rivolgere il più deferente e cordiale saluto ai colleghi ed amici egregi di cui ci è stata confermata la preziosa collaborazione ed alle nuove eminenti personalità che si accingono a portare il concorso del loro pensiero e delle loro esperienze.

In particolare esprimo la mia viva soddisfazione – e penso di avere con me esprimendola l’animo di tutti i colleghi – per avere S.E. Alfredo Rocco, che già per molti anni diede lustro alla nostra Università reggendo la cattedra di Diritto Commerciale, consentito di far parte di questo Consiglio.

Non meno fervido è il compiacimento per l’onore che Giovanni Gentile ci ha fatto accettando di partecipare direttamente al nostro lavoro: non è da oggi che egli ha attestato la sua profonda simpatia per questa Università ed io sono lieto di potermi valere di questa occasione per manifestarGliene la più schiena gratitudine. Al Ministero dell’Educazione Nazionale, che designando una tale illustrazione della Scienza Italiana a rappresentarlo ha dato a questo libero Istituto la prova più alta e lusinghiera di benevolenza, va il mio omaggio riconoscente».

A questo punto Bocconi non resistette, prendendo lo spunto dalla nomina del Podestà di Milano a consigliere bocconiano, all’impulso di esaltare i grandi meriti della «sua» Università. «Altro motivo di intima gioia per me e per l’Istituto a cui si collegano i più cari ricordi della mia famiglia è l’avere il Podestà di Milano assunto personalmente la rappresentanza del Comune. Egli non poteva darci una prova più ambita di simpatia e di fiducia.

Sorto sotto gli auspici del Ministero della Pubblica Istruzione, colla finalità di una preparazione scientifica alla vita dei traffici, il nostro Istituto crede di avere rigidamente tenuto fede al programma, conferendo agli studenti commerciali dignità universitaria, la prevalenza e l’ampiezza di sviluppo date alle materie economiche, la ricchezza dei corsi speciali complementari, la cura avuta nella costituzione del Corpo Insegnante, e qui m’è gradito attestare la mia riconoscenza cordiale al nostro Rettore che dalla fondazione ci ha onorato del suo alto insegnamento, sono tutti elementi che comprovano l’indirizzo e i metodi della nostra Università, indirizzo che necessariamente ha trovato il suo svolgimento colla creazione dell’Istituto di Economia Politica e dell’Istituto di Ricerche tecnico-commerciali che esplica la propria attività nel campo della economia aziendale. Mi limito a ricordare che il primo esercita nel campo scientifico un’azione sistematica per mezzo delle sue pubblicazioni periodiche gli “Annali di Economia”, la “Bibliografia di Economia Italiana”, le “Prospettive Economiche”, mentre il secondo ha dimostrato la sua intensa attività scientifica con pubblicazioni del suo Direttore Prof. Zappa, del Prof. Caprara e con quelle in corso di stampa dei Dottori Onida, Marcantonio, d’Ippolito e Caprara: questi ultimi due nostri laureati, risultato pur questo che sembra degno d’un particolare rilievo.

La solida preparazione scientifica dei nostri allievi si rivela anche nella scelta e nella trattazione delle tesi di laurea e ricordo con orgoglio come un nostro dottore ha meritato un premio di L. 10.000 da noi consacrato alla memoria della nostra Medaglia d’Oro Maurilio Bossi, mentre lo scorso anno un altro nostro dottore il primo dei premi posti a concorso dall’Istituto Centrale di Statistica per le migliori tesi di argomento statistico svolto nell’anno da laureati di tutte le università italiane. I frequentatori degli Istituti annessi all’Università trovano nella nostra Biblioteca, che tra quelle italiane specializzate nelle scienze economiche credo possa ritenersi la prima per importanza, il più ricco e fresco materiale d’indagine: mi limito a far presente che possiede oltre 78.000 volumi e una importante raccolta di pubblicazioni periodiche (862 di cui 404 italiane e 458 straniere). Lo spirito scientifico a cui s’informano gli insegnamenti non ha però mai fatto dimenticare le esigenze della vita pratica: assidue cure sono state quindi rivolte anche ai corsi tecnici professionali ed alle lingue straniere.

In piena armonia colle direttive del Governo Nazionale la nostra Università non ha mancato di stimolare la educazione sportiva degli allievi, creando in sede – prima fra gli Istituti cittadini – una palestra ginnastica e una grande salone di scherma, e si è anche preoccupata costantemente della assistenza agli studenti: così, fra l’altro, fin dal 1922 organizzava nei propri locali, precedendo anche in questa iniziativa gli altri Istituti Superiori, una Mensa Universitaria.

Ho creduto non inopportuno ricordare rapidamente le varie forme di attività di questa nostra amatissima Università per concludere, senza falsa modestia, che appare meritato il giudizio che ne diedero colui che stava per diventare il Duce d’Italia e Alfredo Rocco: “Istituto il quale, nella sua salda compagine e nella sua ascensione di forza e di credito, in Italia e all’estero, rappresenta una cospicua parte dell’attività culturale cittadina e italiana”.

Questo elogio costituisce un grandissimo onore pel nostro Consiglio, ma gli crea anche una grandissima responsabilità: far sì che la nostra Scuola se ne dimostri sempre degna.

I rigidi criteri di selezione degli allievi, che qui vengono costantemente applicati, e nei quali abbiamo trovati consenzienti il Consiglio Provinciale dell’Economia e la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, sono garanzia del proposito fermo di fare dei nostri studenti una schiera disciplinata di giovani eletti che sappiano portare un fresco contributo all’espansione economica dell’Italia rinnovata nel mondo.

Pel conseguimento di questa altissima meta l’Università sa di potersi valere della cordiale e illuminata collaborazione dei Colleghi illustri, ai quali tutti esprimo fin da ora il sentimento della più sincera gratitudine».

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Si precisava che il Consiglio (art. 1) si sarebbe dovuto comporre: «dall’erede del Fondatore, o da persona designata da lui o dai suoi eredi, che ne fa parte di diritto e ne è il Presidente; dal Rettore che ne fa parte di diritto fin che dura in carica; da un rappresentante del Ministero dell’Educazione Nazionale che ne fa parte di diritto; da uno della Provincia di Milano; da uno del Comune di Milano; da uno della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde; da tre rappresentanti del Consiglio Provinciale dell’Economia di Milano (come si vede scompariva la Camera di Commercio); da nove membri nominati dal Fondatore o dalla persona designata da lui o dai suoi eredi, avendo cura che almeno due siano scelti tra i laureati dell’Università».

In relazione a queste nuove indicazioni e a quanto ho già precisato nel testo in ordine all’Ufficio di Presidenza e al Comitato Esecutivo si proponevano le correzioni da apportare all’art. 6. Così come erano indicate le modificazioni necessarie per adeguare il testo dell’art. 7 al nuovo trattamento di quiescenza per i professori di ruolo di cui all’art. 3 del RD. 3/6/1924 n° 986.

Dal momento che si ipotizzava l’istituzione di un nuovo Consiglio Accademico l’art. 8 dello Statuto avrebbe dovuto così suonare: «Il Consiglio Accademico si compone di sette membri. Ne fanno parte di diritto il Rettore che lo presiede ed i professori di ruolo (si ricordi che all’epoca i professori di ruolo bocconiani detti anche «stabili» erano solo due). Gli altri componenti sono scelti ogni anno dal Consiglio di Amministrazione tra i professori incaricati in modo che siano rappresentati tutti i gruppi di materie insegnate nell’Università, e cioè le economiche, le giuridiche, le tecniche, le lingue (per le quali la rappresentanza spetta di diritto al Direttore degli insegnamenti di lingue ove esista)».

Quanto al 2° e 3° comma dell’art. 10 che concernevano il trattamento di quiescenza per il personale amministrativo avrebbero dovuto essere così modificati: «(per il suddetto trattamento) sarà provveduto mediante un fondo di previdenza completato da un’assicurazione sulla vita secondo uno speciale regolamento. Il personale con uno stipendio o salario non superiore a L. 800 mensili sarà, a cura dell’Università, inscritto alla Cassa Nazionale per la Assicurazioni Sociali».

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Non ne stendo l’elenco. Come sempre, chi volesse averne cognizione, potrà scorrere le pagine dell’Annuario bocconiano.

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Giustificando il rifiuto con il sovraccarico degli insegnamenti per gli studenti il Consiglio respinse, invece, l’offerta dell’avv. Alhadeff di tenere, a titolo puramente onorario, posto che era venuto a mancare l’elargizione di L 6.000 di un «incognito donatore», il corso speciale di Istituzioni Coloniali che, come si ricorderà, era stato introdotto il precedente anno accademico.

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