Storia della Bocconi

1915-1945. Tra le due guerre

Nei vortici della Grande Guerra


Parole chiave: Presidente Bocconi Ettore, Rettore Bonfante Pietro, Rettore Sraffa Angelo, Finanza e bilanci, Vice presidente Vanzetti Carlo

Risollevata la testa, chinatasi per rendere omaggio alle lacrimate spoglie di Leopoldo Sabbatini, così inopinatamente scomparso[1], e per di più rimpiangendo la troppo breve esperienza compiuta come Rettore dall’Avv. Luigi Majno, improvvisamente spentosi il 9 gennaio 1915, sei mesi dopo l’inaspettata dipartita di Sabbatini[2]; epperò mirando con piglio ardito ad un futuro che, per l’eredità lasciata dall’indimenticabile primo Presidente e Rettore e dal suo successore, non poteva che prospettarsi luminoso, gli Amministratori dell’Ateneo, il 23 marzo 1915, indissero una seduta del Consiglio per prendere in considerazione problemi che non potevano rimanere insoluti.

Per la prima volta sedeva, a capo della tavola, il nuovo Presidente, Ettore Bocconi, il sereno e munifico figlio del «Fondatore» dell’Università. Al suo fianco aveva preso posto, non nascondendo l’emozione, il Rettore di recentissima nomina, il dinamico, benvoluto e già apprezzato prof. Pietro Bonfante[3], al quale il neo-Presidente non mancò di porgere un saluto e un augurio calorosi. Mancava, invece, pur se avrebbe dovuto esserci, l’avv. Carlo Alberto Sarteschi, da pochi giorni eletto rappresentante del Comune in seno al Consiglio bocconiano[4].

Dopo avere proposto la nomina del consigliere Carlo Vanzetti a vicepresidente dell’Università (carica, dunque, che per la prima volta veniva inserita nell’organigramma dell’Ateneo), nomina che trovò l’immediato e plaudente consenso dell’intero Consiglio e mosse a commozione e a dichiarata gratitudine l’anziano consigliere, Ettore Bocconi comunicò, con viva soddisfazione di tutti, che a Roma si era felicemente conclusa la questione fiscale innescata dalla tassazione del legato stabilito circa due anni prima a favore dell’Università dallo stesso Ettore e dal fratello Ferdinando. Il legato, come forse si ricorderà, consisteva nella somma di un milione di lire: di questa somma, i donatori precisavano, «… una metà abbia a devolversi alla Università e sia impiegata per l’incremento e il perfezionamento di essa; dell’altra metà, poi, abbia a versarsi alla Università solo l’interesse, ragguagliato al saggio del 3,50 per 100, al fine di aiutare giovani di valore, laureati in essa Università, i quali, per mancanza di mezzi, stentassero ad iniziare la loro carriera nell’attività dei commerci o dell’insegnamento». I due generosi fratelli fecero poi seguire la donazione del palazzo in cui la Bocconi aveva la propria sede[5].

Attesa la favorevole conclusione della pendenza fiscale, il Presidente ritenne opportuno che il Rettore riferisse sull’opportunità che il Consiglio di Amministrazione dell’Università, previo ritocco dello statuto, accogliesse al suo interno anche un rappresentante del governo nominato dal Ministro della Pubblica Istruzione. Non sto a rifare la lunga rievocazione delle vicende che avevano contrassegnato i primi sei anni di vita dell’Ateneo e avevano consigliato revisioni e aggiornamenti degli statuti originari. Sottolineo soltanto che, con diplomatica fermezza, Bonfante si propose di far notare che la disponibilità ad aprire il Consiglio ad un rappresentante del governo suggeriva, o meglio imponeva, che si tornasse su un tema già più volte trattato in anni precedenti: vale a dire il riconoscimento pieno della parità fra la Bocconi e le Scuole Superiori di Commercio statali in merito, specificamente, all’ammissione dei laureati bocconiani, previo concorso, «ad alcune carriere governative». Precisava Bonfante che «… la finalità precipua della nostra scuola rimane sempre quella statutaria di dare il più elevato fondamento scientifico alla vita economica e all’educazione commerciale»; ma riconosceva che «… un nucleo sia pur esiguo dei suoi laureati aspira alle carriere governative» e pertanto «… l’esclusione si risolve in una umiliazione ingiusta, in una diminuzione del prestigio della Università». Si augurava, quindi, che la benvenuta presenza di un rappresentante statale nel Consiglio di Amministrazione avrebbe dovuto rendere giustizia all’Ateneo con riguardo al problema prospettato. È appena il caso di aggiungere che le considerazioni del Rettore e la proposta di modificazione del sesto articolo dello statuto riscossero l’immediata approvazione dei consiglieri[6].

Il costante sviluppo dell’attività tra le pareti bocconiane non poteva che accrescere le esigenze dei fruitori e rendere necessario qualche provvedimento per aumentare le dotazioni, in mezzi e in uomini, della Scuola. Su proposta del Rettore, il Consiglio, in quella stessa riunione, non ebbe esitazioni ad approvare l’ampliamento e il riordinamento della Biblioteca, ad essa destinando un ambiente più spazioso al secondo piano del palazzo ed arricchendone l’arredamento. In pianta stabile fu passato un addetto alla Biblioteca, tale Umberto Platesteiner, considerate, evidentemente, le sue buone qualità. Si riconobbe altresì il valore professionale dell’aiuto di segreteria, Francesco Bellomo, al quale fu elevato a L. 200 lo stipendio mensile. In 100 lire fu stabilito il salario mensile di un inserviente provvisorio, assunto anch’esso in pianta stabile e mette conto che se ne tramandi il nome: Matteo Canale.

Ma, a palesare l’inesauribile tensione dei responsabili della Bocconi in ordine al miglioramento costante della qualità dei corsi, fu ribadito, sempre in quella seduta, l’incarico affidato al Rettore di rivedere e ricoordinare i vari insegnamenti impartiti, specialmente con riguardo al secondo biennio. In questa ottica il Consiglio si dichiarò d’accordo che Bonfante prendesse contatti col prof. Pasquale Jannacone dell’Università di Padova perché, se possibile, egli s’impegnasse, in veste di secondo titolare sulla cattedra di «Storia e Critica dei principali Istituti Economici», ad arricchire la preparazione degli studenti. Con questo intento sarebbe stata assegnata al prof. Francesco Coletti un’altra ora di insegnamento (già prevista, del resto, dal regolamento interno degli studi) per trattare in modo più ampio i temi di «Statistica economica». La riunione proseguì trovando tutti i consiglieri d’accordo nel non consentire l’iscrizione alla Bocconi ai licenziati di Istituti nautici, che erano ammessi, invece, al R. Politecnico di Milano e alle Scuole Superiori di Commercio. La seduta si chiuse dopo avere preso in esame problemi di secondaria importanza. Sarebbero passati oltre due mesi prima che il Consiglio si riconvocasse.

«… Forse – scriveva qualcuno – è venuto il momento perché abbiamo ad incamminarci verso quelle verdi, ignote foreste che celano i tesori di cui tanto avrebbe bisogno la nostra Patria»[7]. Si viveva, allora, in uno stato d’animo particolare. Da qualche mese, dal mese di agosto dell’anno precedente, la storia dell’umanità aveva imboccato un cammino di cui nessuno poteva prevedere la lunghezza ed immaginarne la meta finale. Il rombo dei cannoni dislocati e mimetizzati negli anfratti della linea Maginot si faceva sentire in ogni angolo del vecchio continente, suscitava emozioni, turbamenti di senso opposto, imprimeva accelerazioni ai moti della mente e del cuore. Il rombo superava anche le creste alpine e si diffondeva nei cieli del nostro Paese, provocando una pur contrastata ventata patriottica. La quale, soprattutto alle generazioni meno anziane, suggeriva pensieri e propositi nuovi, riconsiderazioni critiche, gesti inconsueti e talvolta inconsulti. Le angosce si sposavano alle speranze; il passato pareva, ai giovani più eccitati, un inerte piedistallo sul quale si sarebbe dovuto erigere una effigie rimodellata della Patria. Una parola, Patria, che entrava sempre più nell’uso corrente, che irrorava valutazioni, sentimenti e proponimenti.

In un clima che gli accadimenti rendevano sempre più ardente, in una atmosfera gonfia di attese e di aspirazioni, ancorché inespresse, in ore per certi versi quasi surreali (non si dimentichi che una settimana prima, il 24 maggio, l’esercito italiano aveva incrinato la placidità del Piave, come avrebbe poi cantato un patriottico aedo), il Rettore manifestò subito ai consiglieri il suo parere, e cioè che pure alla Bocconi si sarebbe dovuto aprire una sezione dell’Ufficio «organizzato a Bologna… per fornire notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare». E scendeva in particolari, invero interessanti, che riporto in nota[8]. È appena il caso di notare che il Consiglio, nel riconoscere «la serietà e la bellezza dell’idea», si trovò unanime nell’approvare la destinazione di un locale ad uso dell’Ufficio Notizie, naturalmente raccomandando che l’iniziativa non tornasse a nocumento della Scuola, il cui regolare funzionamento doveva essere «scopo e cura nostra precipua».

Continuando in chiave patriottica il Rettore volle illustrare un’altra iniziativa di cui s’era fatto promotore il sen. Antonio Scialoja e, cioè, la costituzione d’una «Unione Generale degli Insegnanti Italiani» per sostenere la guerra nazionale. Bonfante propose che la Bocconi, «ad accrescerne il lustro e le benemerenze», non avrebbe dovuto sottrarsi alla possibilità che le si offriva di costituire presso la propria sede la «Sezione lombarda dell’Unione degli Insegnanti», facendo della sua Aula Magna il luogo di appropriate conferenze. Il consigliere Giambattista Pirelli, nell’interpretare gli unanimi sentimenti degli altri membri del Consiglio, «trovò nobilissima l’idea e vi fece plauso». E il Vanzetti non volle perdere l’occasione per mettere in bella luce il Rettore, precisando che «… l’idea prima [in merito all’istituzione dell’«Unione dei Professori»] è stata, anziché dello Scialoja, del Bonfante che solo per modestia ne ha taciuto».

Rientrati nell’animus administrandi, dopo la deviazione sentimentale, del resto comprensibile in quei patetici momenti, i componenti si trovarono d’accordo, su proposta del presidente e di Vanzetti, nel concedere «un modesto sussidio senza impegno, anno per anno» (L. 150 mensili), alla Signora Maria Cardelli, vedova di Leopoldo Sabbatini[9]. Ed è assai probabile, pur se il processo-verbale nulla dica in proposito, che i consiglieri, tenuto conto delle improvvise e impreviste esperienze vissute nei mesi precedenti, si fossero scambiati opinioni e suggerimenti in ordine alla opportunità di predisporre norme precise per la nomina del Rettore: una questione che, fino allora, non era mai stata affrontata.

Il problema fu posto esplicitamente all’ordine del giorno nella seduta del 15 novembre, giusto all’inizio del nuovo anno accademico. Forse per correttezza alla riunione non intervenne il Rettore Bonfante, e assenti giustificati furono pure Mangili e Salmoiraghi. Riporto in nota gli otto articoli del «Regolamento per la nomina del Rettore»[10], sul quale si dissero consenzienti, approvandolo dunque senza esitazioni e riserve, tutti gli amministratori. Si potrà notare come, fin da allora, si stabilì che l’ufficio di Rettore potesse essere esercitato da persona estranea al corpo dei docenti bocconiani. Con il passare del tempo cadde in disuso la scelta del Rettore in base ad una terna di Professori ad hoc designata[11].

Nel corso della «stessa seduta del 3 novembre si provvide a nominare il Rettore per l’a.a. 1915-16: Bonfante fu rieletto per acclamazione. Accettarono di assumere la carica di revisori dei conti i consiglieri on. Luigi Giuseppe Malliani (riconfermato dalla Cassa di Risparmio di Milano suo rappresentante in seno al Consiglio bocconiano) e il sen. ing. Angelo Salmoiraghi. Come ogni anno si dovette formare la commissione per l’esame dei titoli dei concorrenti alle borse di studio: la scelta, approvata, cadde sul Presidente Bocconi, sul Malliani e sul Sarteschi. Ci si compiacque che il comm. Pietro Soldini avesse istituito una borsa di L. 500 annue a favore di studenti italiani e ne avesse fatto istituire altre due dello stesso ammontare dal Cotonificio Cantoni.

Quanto ai programmi dei corsi di insegnamento, che ritengo opportuno ricordare in nota[12], il Consiglio intese precisare che l’on. Gaetano Mosca finché fosse stato impegnato come Sottosegretario alle Colonie sarebbe stato sostituito dal prof. Oreste Ranelletti, Rettore dell’Università di Pavia. Non meritano menzione le disposizioni concernenti l’eventuale riduzione di stipendio ai docenti di lingue estere, ove si fosse constatato che il numero degli iscritti «non consigliava un aumento del numero delle sezioni».

La riunione che si tenne pochi giorni dopo, il 6 novembre, è da considerarsi una mera appendice di quella precedente. Assente il Rettore (era a Roma), il Presidente e gli altri consiglieri presenti presero visione della relazione stesa da Malliani e Sarteschi in merito all’assegnazione delle borse di studio. Furono tutti concordi nell’approvare il conferimento delle 17 borse agli studenti proposti. Come già si era verificato in precedenti assegnazioni furono tenute in sospeso le domande presentate da due giovani provenienti dai «territori irredenti» i quali, proprio per questo fatto, erano nell’impossibilità di produrre alcuni documenti necessari per essere iscritti come studenti. Pertanto, i due aspiranti sarebbero stati accolti alla Bocconi come semplici uditori, in attesa di poterli accettare come allievi regolari.

Si dovette attendere il 12 febbraio dell’anno successivo (1916) per vedere riunito il Consiglio di Amministrazione. Risultavano assenti, ma scusati, i consiglieri Malliani, Salmoiraghi e Sarteschi. Il Rettore Bonfante «assisteva» alla seduta (era la prima volta che, nel verbale, si sottolineava la particolare posizione del Rettore). Tra i presenti figurava, per la prima volta, l’on. Rossi, l’atteso rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione. E, naturalmente, il Presidente Bocconi non volle rinunciare a pronunciare parole di simpatia e di ringraziamento al nuovo componente del Consiglio, del quale furono sottolineate «l’autorità e la cordialità» da sempre dimostrate nel dare un appoggio all’Università. Nella sua risposta l’on. Rossi pose in particolare rilievo i grandi meriti della Bocconi: «Istituto unico in Italia e di cui si sentiva veramente il bisogno».

I primi due punti dell’ordine del giorno prevedevano la presentazione e la discussione del bilancio consuntivo dell’a.a. 1914-15 e del bilancio preventivo dell’a.a. successivo. Ma la mancanza di Malliani, revisore dei conti, consigliò il rinvio dell’esame dei bilanci ad altra seduta.

Ci si indugiò, invece, a riesaminare il «Regolamento» dell’Università, sensibili agli avvertimenti che erano pervenuti dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A vero dire quest’organo, a voto unanime, il 6 novembre 1915 aveva dato una grande soddisfazione alla Bocconi, riconoscendo alla laurea da essa rilasciata «gli stessi effetti giuridici che la nostra legislazione attribuiva alla laurea commerciale rilasciata dalle R.R. Scuole Superiori di Commercio». Un riconoscimento che, come si ricorderà, la Bocconi aveva da sempre richiesto ed atteso. Ma l’organo romano aveva subordinato la sospirata concessione ad alcuni ritocchi che avrebbero dovuto essere apportati al «Regolamento» bocconiano perché, anche nella forma, si sancisse la parificazione con i regolamenti delle Scuole Superiori di Commercio.

Nel compiacersi per l’avvenuto riconoscimento, il Rettore non mancò di illustrare ai consiglieri le integrazioni e le varianti che avrebbero dovuto essere apportate al testo del «regolamento» bocconiano: modifiche, in effetti, di lieve portata, giacché la stesura originale del documento era stata effettuata tenendo ben conto delle norme stabilite dal Ministero della P.I. In ogni caso il Rettore fece dare lettura dell’art. 10 del regolamento, perché tutti si rendessero conto delle lievi modificazioni introdotte sulla scorta del parere espresso dal Consiglio Superiore: se ne veda il testo in nota[13]. Inoltre, il Rettore, in ottemperanza a quanto richiestogli sempre dal Consiglio Superiore, ai presenti chiese l’approvazione di una tabella nella quale erano raccolti, corso per corso, e con indicazioni delle ore settimanali, i vari insegnamenti tenuti presso l’Università (ne riassumo il contenuto in nota)[14].

Naturalmente la tabella fu approvata, ma non si mancò di sottolineare che: «… le materie fondamentali d’insegnamento corrispondono per la sostanza a quelle prescritte dalla Legge 20 marzo 1913, la quale nell’elevare le Scuole Superiori di Commercio ebbe presente l’ordinamento della nostra Università: non corrispondono sempre esattamente nei titoli, in quanto il nostro insegnamento è più ricco e così, ad esempio, il Diritto pubblico è scisso nella parte interna (Diritto costituzionale e amministrativo) ed esterna (Diritto internazionale) ecc., e i corsi speciali sono tutti al di fuori di quelli prescritti dall’art. 9 della Legge citata…». All’unanimità il Consiglio d’Amministrazione si trovò anche d’accordo nell’inserire qualche ritocco e qualche precisazione in tre altri articoli (il 12°, il 48° e il 49°) del «Regolamento interno» dell’Università ben sapendo che i mutamenti sarebbero stati apprezzati dal Consiglio Superiore della P. Istruzione[15].

Nel prosieguo della riunione si passò alla discussione del «Regolamento» che era stato in precedenza predisposto d’accordo con la Presidenza in relazione alla volontà testamentaria espressa dal compianto Ferdinando Bocconi e riguardante, come si ricorderà, i «prestiti sull’onore» che avrebbero dovuto aiutare i migliori laureati nella fase iniziale della professione[16]. Non si prese alcuna delibera in merito all’appellativo da dare alla benemerita iniziativa (avrebbe deciso il Rettore se chiamarla «Fondazione Ferdinando Bocconi per i prestiti sull’onore»). In ogni caso se ne approvò il minuzioso «Regolamento», del quale in nota riporto qualche passo significativo[17]. In chiusura della seduta del 12 febbraio 1916, su proposta del Presidente, s’istituiva la carica di vicesegretario dell’Ateneo[18].

Di particolare importanza fu la successiva adunanza stabilita per il 17 aprile 1916, alla quale peraltro non poterono partecipare il Presidente Bocconi e i consiglieri Rossi e Mangili. Al primo punto dell’ordine del giorno figurava la liquidazione delle competenze dovute e ancora richieste dallo scultore Secchi per il monumento in marmo del sen. Ferdinando Bocconi. Il vicepresidente Vanzetti volle riassumere le vicende dell’iniziativa volta ad onorare il «fondatore» dell’Università. Egli rammentò che il 6 febbraio 1908 il Consiglio direttivo si era trovato d’accordo nel lanciare una pubblica sottoscrizione perché del creatore dell’Università «sorgesse nella scuola un degno ricordo»[19]. Cinque anni più tardi il compianto Sabbatini, ricordando che l’iniziativa non era stata ancora attuata, dal momento che sarebbe stato auspicabile che coincidesse con il primo decennale dell’Università, propose con il consenso di tutti i consiglieri, che si formasse un comitato «in cui fossero rappresentate anche le principali Associazioni Commerciali e Industriali di Milano». Costituitosi nel luglio del 1913 il Comitato raccolse L. 3.789 (di fatto ne furono versate L. 3.004)[20]. Sabbatini non perse tempo e ordinò il monumento allo scultore Secchi. Purtroppo, faceva ancora notare Vanzetti, si andò incontro a vicende tali (lo sciopero generale, le elezioni politiche, le sottoscrizioni per i danneggiati del terremoto, la guerra di Libia e la scomparsa dello stesso Sabbatini) da ostacolare la propaganda per ottenere altri sussidi, nonostante che le iniziali adesioni fossero state indubbiamente «autorevoli e cordiali». Ora, in quel drammatico 1916 (si ripensi alle angoscianti vicissitudini militari), non era pensabile di rivolgere altri appelli alle Associazioni e d’altra parte non era nemmeno pensabile di differire ulteriormente il pagamento della statua che, a giudizio unanime, veniva riconosciuta «una riuscita opera d’arte». Sicché, ribadendo «come sia doveroso celebrare la memoria del sen. Bocconi che dotò la Città d’un Istituto che onora l’Italia e che gli stranieri ci invidiano», il Consiglio di Amministrazione «unanime delibera che l’Università provveda al pagamento integrale dello scultore e che la somma occorrente sia prelevata sull’avanzo di bilancio che si sa essersi verificato nell’esercizio 1914-15».

E non si perse tempo, infatti, per prendere in considerazione il bilancio consuntivo del 1914-15 e quello preventivo per il 1915-16. È a dire che, a differenza del passato, nei verbali dal Consiglio di Amministrazione, da allora in poi, non si esposero quasi più analiticamente i dati di bilancio: ci si limitò ad annotare i risultati sintetici degli esercizi[21].

Sulla base delle comunicazioni date dal revisore Weil, avallate dal collega on. Malliani, con riguardo al rendiconto per l’esercizio 1914-15 lo stato patrimoniale al 31 ottobre 1915 risultava pari a L. 1.222.129,02 e cioè a quasi il doppio di quello rilevato 12 mesi prima (L. 616.010,13). L’aumento di L. 474.500 era dovuto al legato del comm. Ferdinando Bocconi, al netto delle tasse di successione, e per le restanti L. 31.618,19 ad utili di gestione per l’esercizio 1914-15. Naturalmente questo residuo sarebbe stato subito utilizzato per il pagamento delle L. 15.000 dovute allo scultore Secchi.

Scendendo ad informazioni più particolari Weil segnalò che al 31 ottobre 1915 il bilancio consuntivo presentava tra le attività L. 9.000 consegnate al notaio dott. Fenini per provvedere alle spese relative all’atto di donazione all’Università del Palazzo di Largo Notari: ovviamente nell’esercizio susseguente tale cifra sarebbe stata posta tra le spese. Il revisore precisò, inoltre, che il Fondo Borse di Studio, di L. 37.403,09 era costituito da due addendi: dai residui di borse assegnate e non interamente godute o confermate e dagli interessi dei titoli di proprietà della Fondazione Bolgé e Castiglioni vincolati al servizio delle borse «perpetue» previste dalla Fondazione stessa[22].

Con indubbio compiacimento il presentatore dei bilanci faceva notare che, rispetto al preventivo, il consuntivo del 1914-15 evidenziava un aumento di 4.000 lire delle entrate (e cioè L. 191.794,26 rispetto a L. 187.596,65). A vero dire anche le spese segnavano un lieve aumento (L. 160.176,07 contro L. 159.280 preventivate), ma la differenza si spiegava tenendo conto delle uscite impreviste, date dalle dieci mensilità (L. 1.500) versate alla vedova Sabbatini e dalle onoranze funebri per l’on. Majno (L. 2444,20). Tutto sommato il consuntivo era da considerarsi più che soddisfacente, dal momento che si erano realizzate notevoli economie in diverse voci di spesa: poste, telegrafi, trasporti, viaggi, gratificazioni, mance e «uscite diverse».

Quanto al preventivo per l’esercizio 1915-16 le prospettive si presentavano meno rosee: il che era comprensibile tenuto conto della grave situazione in cui il Paese versava a causa di un conflitto che si preannunciava ben più lungo e tormentato di quanto si fosse pensato. L’Italia, in particolare, era in istato di acuta sofferenza. A fronte di un’entrata complessiva di 136.234 lire si prevedeva una uscita di 162.990 lire, con un disavanzo, dunque, di L. 26.756. Weil, preoccupato, osservava che ben difficilmente si sarebbe potuta raggiungere la cifra di L. 90 mila, pur messa a bilancio, per entrata di tasse. Invero era assai alto il numero degli studenti chiamati alle armi, e vi era da aspettarsi che questo numero salisse ulteriormente. Quanto alla cifra di L. 22.934 figurante tra le entrate il revisore chiariva che essa dipendeva dagli interessi sul legato di Ferdinando Bocconi[23]: interessi del 4% per i mesi di novembre e dicembre 1915 che sarebbero aumentati al 5% col gennaio 1916. E concludeva il revisore che «difficilmente potranno essere contenute nei limiti preventivati» le spese per illuminazione, riscaldamento, cancelleria, stampati, pubblicità e posta. Il Consiglio di Amministrazione, in ogni caso, nel ringraziare e riconfermare come revisore dei conti Weil e Malliani, approvava i bilanci e tutte le decisioni prese nel corso della seduta.

Passarono quasi sette mesi prima che, l’8 novembre 1916, il Consiglio si riconvocasse (assenti giustificati Vanzetti e Salmoiraghi). Il Presidente, Bocconi, informò i consiglieri, con compiacimento ma anche con rammarico, che il prof. Bonfante era stato chiamato dalla Facoltà di Scienze Giuridiche di Roma a ricoprire la cattedra di Storia del Diritto Romano. Il trasferimento di Bonfante, che alla Bocconi rivestiva anche la carica di Rettore, avrebbe certamente creato qualche immediato problema se, con signorilità e comprensione, il Bonfante stesso, dopo avere caldamente manifestato la sua ammirazione e la sua riconoscenza all’Università che lo aveva accolto e ospitato per non pochi anni, non avesse accettato la proposta, formulata dal Presidente e subito condivisa da tutti i membri del Consiglio, di esercitare anche per l’anno accademico 1916-1917 le funzioni di Rettore dell’Ateneo milanese. Superato, con felice prontezza, questo scoglio furono riconfermati, per l’entrante anno scolastico, i professori già in carica nei loro rispettivi insegnamenti[24]. Peraltro, tenuto conto delle non buone condizioni di salute del prof. Castelfranco, si decise di affidare l’incarico per l’insegnamento del terzo corso di francese al prof. Ronquet. Si discusse alquanto sulla istituzione di nuovi «corsi speciali» (dando per scontato che il corso di «Pratica bancaria» poteva ormai essere considerato un corso fondamentale), e si addivenne alla conclusione di introdurne altri tre, oltre a un quarto il cui tema sarebbe stato concordato dal Rettore[25].

Nel corso della seduta, senza che si procedesse (come si era soliti fare) a tenere conto dei giudizi di una commissione di professori ad hoc nominata, sulla base di prospetti già predisposti dalla segreteria, direttamente il Presidente, con l’approvazione di tutti i consiglieri, presentò la lista delle 18 borse disponibili ed assegnabili agli studenti più meritevoli (furono concesse 2 borse da mille lire, 3 da 500, 1 da 840 e 12 da 400 lire). Peraltro fu subito designata dal Consiglio la commissione (composta da Malliani e Sarteschi) che l’anno successivo avrebbe dovuto coadiuvare il Presidente nell’esaminare le domande dei concorrenti.

Mentre il Paese sembrava avere ritrovato equilibri e speranze, dopo le durissime esperienze belliche e politiche vissute nel corso del ’16, il vertice bocconiano tornava a riunirsi al chiudersi del febbraio 1917. Tutti i consiglieri erano presenti alla riunione del 26, apertasi con la comunicazione da parte del Presidente di tre non liete notizie: la chiamata alle armi del prof. Sanvisenti, donde l’assegnazione di una supplenza per l’insegnamento dello spagnolo al prof. Solera; la morte del prof. Friedmann, che avrebbe comportato l’affidamento di un incarico per l’insegnamento del tedesco al 2° e al 3° corso al prof. Nicolini; la scomparsa anche del prof. Marchi, che avrebbe reso necessaria la copertura della cattedra di «Geografia Economica». A tal proposito il Rettore non perse tempo nel riferire sui titoli dei due possibili candidati: il prof. Baratta, dell’Università di Pavia, e il prof. Ricchieri, dell’Accademia Scientifico-Letteraria di Milano. Alla luce delle considerazioni fatte dal Rettore il Consiglio d’Amministrazione si trovò concorde nell’offrire la cattedra al Ricchieri per l’a.a. 1916-17.

Si ritornò sul legato disposto da Ferdinando Bocconi con testamento olografo del 6 aprile 1913. Il vicepresidente Vanzetti riferì che, in quello stesso giorno, il Presidente, Ettore Bocconi, aveva versato al notaio Fenini la somma di L. 474.500, prima tranche del predetto legato del fratello, integrata da altre L. 27.040 per interessi dovuti sino al 20 febbraio dello stesso 1917. La cifra complessiva (L. 501.540) sarebbe stata versata sul c/c dell’Università aperto presso la Comit e fu presa la deliberazione di investire 300 mila lire, della somma versata, in cartelle del Prestito Nazionale 5% (L. 180 mila presso la stessa Comit e L. 130 mila presso il Credit).

L’irrevocabile decisione del prof. Molinari di rinunciare all’insegnamento presso la Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri pose al Consiglio di Amministrazione un problema d’urgente soluzione: come continuare a servirsi, per le esercitazioni degli studenti bocconiani, del Laboratorio di Chimica della predetta Società, secondo gli accordi a suo tempo presi[26]? Si rendeva dunque necessario che, al più presto, si allestisse un Laboratorio di Chimica nei sotterranei della Università. I consiglieri plaudirono alla proposta del Presidente.

La successiva riunione del Consiglio ebbe luogo parecchi mesi dopo, il 13 ottobre, in un clima di non dichiarata, ma certamente avvertita tristezza e contrassegnato da comprensibili, gravi preoccupazioni[27].

Si può ben immaginare con quale stato d’animo i consiglieri bocconiani si sedessero, quel 13 ottobre, al tavolo delle adunanze. Mentre incombeva l’assalto delle truppe austriache, rinforzate per l’occasione da reparti tedeschi, mentre tre province italiane stavano per essere occupate dal nemico, si doveva pure, facendo forza ai sentimenti, occuparsi delle faccende bocconiane.

Per prima cosa occorreva prendere atto che il prof. Bonfante, oramai trasferitosi anche di casa a Roma, non avrebbe potuto più ricoprire la carica di Rettore, anche se, come egli disse, era pronto «ad assicurare sotto altra forma alla Scuola la sua collaborazione». Fu senza indugio approvata la proposta avanzata dal Presidente che Bonfante fosse chiamato a fare parte del Consiglio di Amministrazione. Bonfante ne fu particolarmente touc e grato. Con rammarico si prese nota che il prof. Sraffa era spiacente di non potere accogliere l’invito a svolgere il suo corso nell’entrante anno accademico.

All’ordine del giorno figurava, poi, l’esame del bilancio consuntivo del 1915-16 e di quello preventivo per il 1916-17. I bilanci erano presentati in ritardo a causa, soprattutto, della partenza per il fronte del contabile dell’Università. Fu Weil, come sempre, a fornire i dati. In confronto ad un anno prima la situazione patrimoniale risultava migliore di quasi 200 mila lire (L. 1.469.533,99 contro 1.283.459,57). I titoli pubblici di proprietà dell’Ateneo rappresentavano, al valore nominale, un capitale di L. 634.362,50[28]. Quanto alla voce «Crediti diversi», di 62.765 lire, essa rappresentava, per oltre 50 mila lire, le tasse relative all’a.a. 1915-16 che non erano state versate da studenti in servizio militare. Si sarebbe potuto aprire un «fondo di riserva» ad hoc ma il Consiglio decise, dopo qualche discussione, di lasciare inalterata la cifra in bilancio, «tenendo però presente come per la maggior parte sia di dubbia realizzazione».

Venendo al conto rendite e spese, Weil faceva notare che l’attivo di L. 154.838,42 superava il passivo (L. 145.622,66) di L. 9.215,76, laddove si era invece preventivato un disavanzo di L. 29.217. Del che non si poteva che compiacersi. In merito al bilancio preventivo per il 1916-17 si prevedevano L. 126.133 all’entrata e L. 155.350 all’uscita. Weil aggiungeva che «la previsione dell’entrata di L. 60 mila per tasse scolastiche può considerarsi oramai come un consuntivo e sono completamente trascurate nel preventivo le tasse dovute dagli allievi iscritti d’ufficio pel 1916-17». Insomma lo stato di guerra non poteva non incidere, negativamente, com’era da aspettarsi, sui bilanci dell’Università. Fu rinnovato l’incarico ai revisori dei conti. Per la nomina del Rettore per il successivo anno accademico si rinviò il provvedimento ad altra riunione del Consiglio, che fu fissata per il 17 dello stesso ottobre.

Non sto a rammentare la lunga esposizione dei giudizi espressi dal Rettore per l’assegnazione delle borse di studio. Segnalo soltanto il caso di uno studente goriziano, certo Bradaschi, il cui curriculum di studi era stato giudicato dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione «sufficientemente adeguato con quello seguito nelle scuole italiane per ottenere il diploma di ragioniere». Pertanto al Bradaschi non solo fu concessa l’iscrizione alla Bocconi, ma gli fu riconosciuto, «anche in vista della sua qualità di goriziano», il diritto a godere di una borsa di studio di 400 lire[29].

Si tornò sulla questione del Laboratorio di Chimica e si convenne che non sarebbe stato opportuno iniziare i lavori nei sotterranei della Bocconi considerato «l’esiguo numero degli allievi di 3° e 4° anno» e considerato altresì il sensibile aumento dei prezzi della mano d’opera. Parve pertanto conveniente che si portassero a compimento al più presto i già intavolati pourparler con il Politecnico per ottenere che gli studenti bocconiani fossero autorizzati a frequentarne il Laboratorio di Chimica.

Si respinse la richiesta del prof. Piazza «diretta ad ottenere la stabilità della sua nomina», ma si accolse la sua domanda in merito ad un aumento dell’onorario: per l’anno accademico 1917-18 gli fu concesso un assegno ad personam di mille lire sullo stipendio annuale (lordo) di L. 4.600, conto tenuto della diligenza con cui egli aveva impartito il suo insegnamento di otto ore settimanali. In chiusura di riunione si confermarono nel loro insegnamento per l’anno 1917-18 i professori che ricordo in nota[30].

Quattro giorni dopo, il 17 ottobre, come era stato programmato si tenne la seduta del Consiglio «per disciplinare la nomina del Rettore» (uso le parole del verbale). In effetti, come sottolineò il Presidente, lo statuto dell’Università lasciava al Consiglio la più ampia libertà di scelta. Ma Ettore Bocconi reputò opportuno ricordare quanto avvenne dopo l’improvvisa scomparsa del Rettore on. Majno. In quella circostanza parve opportuno, considerate anche le incertezze manifestate da vari consiglieri, di «invitare il Collegio dei Professori a proporre una terna di colleghi», tra i quali il Consiglio avrebbe potuto scegliere il Rettore. Sennonché la nomina ebbe allora uno strascico spiacevole, determinando il risentimento di un consistente gruppo di docenti. Suggeriva, pertanto, il Presidente che il Rettore «derivasse la sua carica» direttamente ed esclusivamente dal Consiglio di Amministrazione, posto che lo statuto non muoveva obiezioni in proposito, e che fosse scelto al di fuori del corpo docente. Così facendo, precisava Bocconi, al Rettore sarebbe stata conferita «in confronto degli insegnanti una maggiore autorità e una maggiore libertà e indipendenza di atteggiamento», senza venire meno alle disposizioni statutarie. La proposta presidenziale suscitò interesse e qualche accalorata discussione tra i membri consiglieri (alcuni dei quali, a vero dire, erano già stati interpellati in anticipo da Bocconi) e alla fine fu approvata. Con tanto maggiore soddisfazione dal momento che il Presidente non indugiò a segnalare come possibile candidato al posto di Rettore il prof. Sraffa che, come ho più sopra segnalato, aveva rinunciato all’insegnamento per l’entrante anno accademico. A tutti i membri del Consiglio il «Prof. Avv. Angelo Sraffa, per l’altezza della mente e della dottrina, pel temperamento morale, per le immense aderenze che ha sia nel mondo scientifico che in quello commerciale e industriale» pareva «offrire le migliori garanzie per reggere con onore la carica di Rettore dell’Università che egli, del resto, conosce fin dal suo sorgere, essendo anzi stato uno degli amici più intimi del compianto Dr. Sabbatini». (II carisma del primo Presidente-Rettore della Bocconi non accennava ad indebolirsi!). Senza ricorrere, dunque, ad una preliminare designazione da parte del Collegio dei Professori, il Consiglio di Amministrazione, con voto unanime, nominò Sraffa Rettore della Bocconi per il ’17-’18[31].

Trascorse quasi un anno, si giunse cioè al 16 settembre 1918, prima che il Consiglio amministrativo si riconvocasse nuovamente. E si trattò di una seduta di grande importanza per l’avvenire dell’Università.

Aleggiava sul Paese l’angelo della speranza. Era pur vero che la guerra non cessava di distribuire strazi e lacrime. Ma ormai in una sempre più generalizzata coesione di propositi e di sentimenti (nonostante i laceranti contrasti che continuavano a contrassegnare le aule parlamentari e quelle partitiche), si aveva la sensazione che sul fronte italiano il conflitto stava per chiudersi. Gli ultimi rabbiosi attacchi delle truppe austro-ungariche e tedesche preludevano alla resa di Vittorio Veneto e alla gioia irrefrenabile che sarebbe esplosa, di lì a poche settimane, in tutto il Paese.

V’è da presumere che anche i componenti del Consiglio di Amministrazione bocconiano si siano seduti al tavolo più sollevati e distesi. E forse per questo fossero portati a rendersi conto che proprio la situazione generale e le prospettive di un futuro in apparenza contraddistinto da nuove opportunità in sede economica e sociale consigliassero una revisione dei criteri di conduzione e dei piani didattici e professionali che, fin dal suo sorgere, avevano caratterizzato la gestione dell’Ateneo. Per tutto questo la seduta del 16 settembre 1918 ebbe ad assumere un significato di particolare importanza, costituì un’altra svolta nel cursus historiae della Bocconi che merita di essere incisivamente segnalata.

Basti dire che il Presidente Bocconi ebbe ad aprire la riunione «illustrando le ragioni per cui appare opportuno provvedere ad un riordinamento dell’Università, tale che lasciando immutate le finalità precipue della Scuola tenga conto dell’esperienza di un quindicennio di vita e delle esigenze del momento presente» (corsivo mio: e si consideri che nell’aggettivo «presente» era di certo sottinteso l’aggettivo «futuro»). E si noti che, nel corso della discussione seguitane, l’on. Pirelli sostenne vivacemente l’idea che qualsiasi riforma intendesse operare il Consiglio avrebbe dovuto tenere ben in conto anche «le osservazioni che (si potranno) raccogliere facendo una indagine presso i laureati più degni e che già hanno conquistato una posizione cospicua nella vita dei commerci e delle industrie». Al termine di un lungo scambio di opinioni il Consiglio approvò all’unanimità l’«Ordine del giorno», che riporto integralmente in nota, e deliberò di «porre allo studio immediatamente la riforma… incaricando di tale studio una commissione di cinque membri»[32]. Tale commissione avrebbe dovuto adempiere al mandato con la massima sollecitudine in modo che le «proposte motivate», e formulate tenendo conto delle indagini espletate «presso gli antichi allievi della Scuola, già affermatisi con onore nel campo dell’industria e del commercio», venissero presentate entro la fine del mese di ottobre. A fare parte della commissione vennero chiamati il sen. Mortara (sul quale tutti i componenti del Consiglio si trovarono unanimemente d’accordo), il Rettore Sraffa e i consiglieri Bonfante, Pirelli e Vanzetti. La prima riunione della commissione avrebbe dovuto avere luogo a Roma il 21 settembre: come si vede non si voleva perdere tempo per condurre in porto un’operazione ritenuta indispensabile.

Il Consiglio, rendendosi ben conto delle imprevedibili conseguenze che la prospettata riforma avrebbe potuto produrre nell’ambito bocconiano, con encomiabile sensibilità reputò opportuno informarne immediatamente il corpo docente con la lettera, firmata dal Presidente, che riporto in nota[33].

Non si erano ancora spenti gli echi dei festeggiamenti che avevano segnato la fine della guerra sul fronte italiano (ma quanti dolori dovevano ancora essere leniti), quando una nuova riunione del Consiglio direttivo fu convocata. Era il 17 novembre 1918: assenti e scusati Malliani e Rossi, i componenti del consesso furono subito informati dal Presidente che il sen. Mortara, esprimendo il suo alto compiacimento, aveva accettato di far parte del Consiglio. E il nuovo membro non esitò a sottolineare che la Bocconi non avrebbe dovuto perdere tempo nel «cooperare allo sviluppo e all’elevazione dell’economia nazionale».

Approvate le proposte in merito alla assegnazione delle 25 borse di studio per il quadriennio 1918-22, si pose mano all’esame e alla discussione dei bilanci, come sempre presentati dal revisore dei conti Weil[34]. Il rendiconto consuntivo presentava, al 31 ottobre 1917, un lieve miglioramento, per lo meno nominalmente, della situazione patrimoniale passata a L. 1.519.379,08 rispetto a L. 1.469.533,99 registrate dodici mesi prima[35]. Quanto alle rendite e spese il consuntivo del ’16-’17 palesava un’eccedenza attiva di L. 29.741,20 (L. 176.035 contro L. 146.294,32). Circa il preventivo per il 1917-18, purtroppo, ci si trovava di fronte ad una eccedenza passiva: a L. 166.250 ammontavano le passività e a L. 131.200 le attività. Ci si augurava che il disavanzo di L. 35.050 potesse essere coperto dal gettito delle tasse. In ogni caso i bilanci presentati trovarono l’approvazione di tutti i consiglieri.

L’ordine del giorno prevedeva poi un tema di fondamentale importanza: l’analisi delle proposte che la commissione per la riforma, di cui si è detto più addietro, aveva formulate e sulle quali il sen. Mortara ebbe a riferire. Attesa la rilevanza innovativa delle modificazioni statutarie introdotte mette conto che le elenchi senza omissioni. La riforma prevedeva dunque: a) l’istituzione di una giunta didattica presieduta dal Rettore; b) la nomina di un dirigente dell’insegnamento delle lingue straniere; c) la nomina di un direttore della biblioteca; d) l’abolizione della cattedra di «Storia e critica dei principali istituti economici»; e) l’abolizione dell’insegnamento del «Diritto internazionale» come cattedra autonoma; f) l’istituzione di una cattedra di «Introduzione allo studio della Merceologia e della Tecnologia» e di una cattedra di «Tecnologia industriale»; g) l’organizzazione di cicli di conferenze sui problemi più importanti della vita economica contemporanea, cicli di conferenze affidati per quest’anno ai professori Einaudi, Loria, Prato, Ricci e Cabiati; h) la nomina di un dirigente di tutti gli insegnamenti contabili; i) l’obbligatorietà anche per gli studenti ragionieri di frequentare il corso di contabilità; k) la riduzione, in via sperimentale, dell’obbligo di seguire i corsi di lingue straniere da tre a due[36]; l) l’abolizione delle esercitazioni pratiche del laboratorio di chimica; m) la pubblicità degli esami dati dal solo professore della materia alla presenza di almeno due studenti.

Ci si rende dunque conto dell’ammodernamento che i membri della commissione di riforma intendevano introdurre nella struttura didattica e nella preparazione professionale dei giovani bocconiani. Evidentemente un peso particolare era attribuito alla «cultura tecnologica», accostata in maniera evidente allo studio della merceologia. Sicché parrebbe contrastante l’abolizione delle esercitazioni di laboratorio di chimica, se già non sapessimo delle difficoltà che la Bocconi avrebbe incontrate, qualora avesse voluto dotarsi di un proprio laboratorio nei sotterranei del palazzo. Mentre appare normale che si pensasse di dare più spazio e incisività allo studio del «Diritto Internazionale», in un mondo che sarebbe uscito ristrutturato dalla fine ormai imminente della guerra, si resta più profondamente colpiti nel constatare quanta importanza assegnassero i riformatori alla integrazione dei normali insegnamenti con una serie di «cicli di conferenze» affidati ad esimi rappresentanti delle scienze giuridiche ed economiche. Pare di vedere anticipata, nei provvedimenti allora presi, quella dilatazione degli spazi pedagogici che da qualche quinquennio in qua, caratterizza oggidì il modus docendi adottato alla Bocconi.

Quanto agli esami risulta evidente che già allora si presentava difficile la composizione delle commissioni d’esame con la presenza di tre professori, e occorse ripiegare sulla soluzione di imporre la presenza di almeno due studenti per garantire la «pubblicità» della prova di accertamento della preparazione degli allievi. E v’è da pensare che il numero relativamente basso degli iscritti e degli esaminandi, rispetto a quello attuale, abbia creato qualche seria difficoltà al corpo docente e al personale della segreteria.

Altra questione di grande rilievo allora affrontata fu quella della nomina del Rettore. Abbandonata l’idea, come si detto, di affidare al Collegio dei Professori l’incarico di proporre una terna di nomi, i consiglieri furono d’accordo che si «tornasse semplicemente allo Statuto, il quale lasciava al Consiglio la più ampia facoltà nella nomina del Rettore». Mortara e Pirelli aggiunsero, e la loro proposta fu da tutti accolta, che «la nomina del Rettore fosse fatta per un triennio e che il Rettore fosse rieleggibile». Tutto ciò approvato, il Consiglio non indugiò nel nominare Rettore il prof. Angelo Sraffa pel triennio 1918-19, 1919-20 e 1920-21.

Si procedette poi alla nomina dei professori per l’anno accademico 1918-19, naturalmente tenendo conto della riorganizzazione del piano didattico: se ne troverà la lista a piè di pagina[37].

Con riguardo alle retribuzioni dei professori, esse furono confermate nella precedente misura anche per il 1918-19, al netto, tuttavia, della tassa di ricchezza mobile. Si fissarono gli stipendi per i nuovi docenti e responsabili di attività didattiche: L. 3 mila annue a Giovanni Rota, L. 5 mila a Luigi Gasca (sulla base di nove lezioni settimanali); stessa cifra a Filippo Ravizza e L. 3 mila a Giuseppe Bruni. Per i professori di lingue, che avrebbero dovuto essere ancora nominati, si stabilì un compenso di L. 15 per ogni lezione «effettiva». Le conferenze sarebbero state retribuite in ragione di L. 100 all’ora. Al prof. Luigi De Marchi, al quale si affidò anche la direzione della biblioteca, sarebbe stato corrisposto un onorario di L. 4 mila annue. Si deliberò, infine, che gli stipendi per i componenti del personale amministrativo e di servizio sarebbero rimasti inalterati.

Prima di chiudere la seduta il Consiglio ebbe a considerare le conseguenze che avrebbe potuto recare al regolare svolgimento della vita bocconiana la grave situazione sanitaria in cui il Paese si trovava[38]. Ai responsabili bocconiani parve senz’altro opportuno che, in vista del «rinvio degli studenti militari alle sedi universitarie», si rimandasse l’apertura dell’Ateneo al 7 gennaio 1919, che si abolissero le vacanze di carnevale, si riducessero al minimo quelle di Pasqua e anziché a metà giugno i corsi venissero chiusi alla fine di giugno. Col ritorno degli allievi militari il Consiglio ritenne altresì indispensabile che fossero lasciati liberi i locali che erano stati offerti a quei Comitati «i quali hanno ormai nobilmente esauriti i loro compiti».

Il 2 luglio 1919 il Consiglio si riconvocò, ma la riunione non ebbe luogo per mancanza del numero legale dei membri. In effetti il carico delle funzioni esercitate dai consiglieri e la loro residenza fuori Milano (si pensi solo ai non pochi di loro investiti di cariche parlamentari) non rendeva facili le adunanze dei vertici bocconiani. Di queste difficoltà si ebbe a dolere il Presidente Ettore Bocconi quando, finalmente, dopo circa dieci mesi fu possibile organizzare una riunione: era il 3 settembre, esattamente alle ore 14,30. A vero dire non si fecero trovare intorno al tavolo quattro componenti (Vanzetti, Mortara, Rossi e Malliani), ma il numero legale era stato raggiunto e i lavori poterono iniziarsi.

Rivolto innanzitutto un commosso pensiero al comm. Weil da poco deceduto, il revisore dei conti informò che aveva appena potuto approntare i bilanci. Pur con ritardo, sarebbero dunque stati subito presi in considerazione. Dall’esame del conto rendite e spese alla fine dell’esercizio 1917-18 si rilevò, con generale soddisfazione, un’eccedenza di L. 61.211,90 (entrate per L. 226.577,31; uscite per L. 156.365,41): soddisfazione tanto maggiore in quanto si era supposto, nelle previsioni dell’anno prima, che si sarebbe andati incontro ad un passivo di L. 35.050 (come del resto si è segnalato più sopra ). Ma soddisfazione tanto maggiore anche perché l’avanzo conseguiva ad economie realizzate sulle spese generali (e, cioè, L. 67.014,38 di fronte alle preventivate L. 83.750) ed al maggior gettito delle tasse studentesche (L. 152.400 contro L. 80 mila prudenzialmente preventivate). Come aveva deliberato anche nella precedente seduta, il Consiglio destinò l’eccedenza attiva al fondo di riserva per tasse scolastiche da richiedersi a studenti militari, di dubbia esigibilità. Il buon esito dell’esercizio appena chiuso indusse a pronosticare anche per il 1918-19 un avanzo di L. 47.200 (L. 256.000 all’entrata e L. 208.800 all’uscita). In merito alla situazione patrimoniale, essa risultava, al 31 ottobre 1918, pari a L. 1.602.486,55 (era stata di L. 1.519.379,08 al 31 ottobre 1917)[39]. La scomparsa di Weil consigliò di rinviare la nomina dei revisori dei conti.

Si provvide poi alla nomina dei professori per l’anno accademico 1919-20. Vennero confermati tutti i docenti dell’anno precedente: solo per i corsi speciali fu lasciata al Rettore la facoltà di prendere accordi definitivi. Riconosciuto che la direzione dell’insegnamento delle lingue straniere non aveva dato buoni risultati sotto la guida del prof. Ravizza, il Rettore propose che fosse affidata al prof. Giovanni Pacchioni, il quale «conosce magnificamente l’inglese e il tedesco e dirige a Torino una scuola di lingue da lui creata». Per tale incarico si stabilì che fosse corrisposto un onorario annuale di L. 3 mila e il Pacchioni avrebbe avuto la facoltà di designare il corpo insegnante.

Sempre il Rettore sottolineò che, a differenza di quanto avveniva nelle altre Università del Regno, alla Bocconi i professori non avevano mai percepito alcun compenso per gli esami, che ormai richiedevano impegno rilevante, atteso il crescente numero di studenti iscritti e frequentanti. In accordo con il Presidente il Rettore propose (e la proposta fu senz’altro accolta) che ai professori di materie scientifiche e tecniche fosse riconosciuta una «indennità-esami» di L. 500, «da pagarsi in due rate eguali dopo ogni sessione ordinaria».

L’aumento incessante dei costi[40] non poteva non indurre anche i responsabili dell’amministrazione bocconiana ad imitare quanto, già da tempo, avveniva nelle altre Università: che si istituissero, cioè, tre nuove tasse per gli studenti, una tassa di immatricolazione (da pagarsi una tantum), una tassa (annua) per gli esami e una tassa di diploma. Si deliberò, dunque, che con l’anno accademico 1919-20 gli studenti, al momento dell’immatricolazione, avrebbero pagato una tassa di L. 200 cui si sommava una tassa di iscrizione di L. 400, e per il sostenimento degli esami avrebbero sborsato L. 100 «a valere per le 2 sessioni d’esami»); la tassa di diploma sarebbe ammontata a L. 100.

Il Consiglio si trovò, successivamente, di fronte ad un quesito particolare, sottoposto, a nome anche di altri Istituti e Camere di Commercio, dall’Istituto di Studi Commerciali di Carrara. Il richiamo della Bocconi era evidentemente tale che ad essa aspiravano molti allievi che avevano ultimato gli studi secondari. Il regolamento bocconiano, varato nel 1916, limitava tassativamente l’iscrizione ai licenziati dai Licei e dagli Istituti Tecnici. Sarebbe stato altamente apprezzabile, a detta della scuola di Carrara, che l’iscrizione alla Bocconi fosse consentita anche ai giovani usciti dalle scuole che l’istituto carrarese rappresentava. Chiese la parola il dinamico sen. Pirelli per sottolineare che «gli Istituti di studi commerciali… sono scuole per coloro che non vogliono procedere ad alti studi superiori, scuole atte a creare personale per i piccoli impieghi di commercio: i licenziati hanno una preparazione pratica di contabilità forse maggiore dei ragionieri, ma mancano di quella cultura generale che è necessaria per intraprendere e compiere proficuamente corsi scientifici, quali sono quelli che si svolgono nella nostra Università». Le opinioni di Pirelli furono senz’altro condivise da tutti i consiglieri e la domanda della scuola di Carrara non fu presa in considerazione.

In assenza del Rettore e del Segretario il Consiglio direttivo deliberò, da ultimo, l’attribuzione al Rettore, a titolo di spese di rappresentanza, di un assegno di L. 5 mila annue. Conglobando negli stipendi l’indennità caro-viveri, furono infine fissate le retribuzioni per gli impiegati, dal Segretario ai fattorini: le indico in nota[41].


1

Cfr. Cattini M., Decleva E., De Maddalena A., Romani M., Storia di una libera Università, volume primo, L’Università Commerciale Luigi Bocconi dalle origini al 1914, Milano, 1992, passim.

2

L’avv. Luigi Majno era stato eletto Rettore della Bocconi pochi giorni dopo la subitanea morte di Sabbatini (6 giugno 1915). Quando anch’egli, a 62 anni, scese repentinamente nella tomba, intensa fu la commozione provata non solo dai suoi colleghi bocconiani e dai suoi amici del foro ambrosiano, ma dalla cittadinanza tutta. Per avere una idea delle sue superiori qualità di uomo, di professionista, di pubblico amministratore, di politico basterà leggere la toccante commemorazione che, anonimamente, fu pubblicata nell’Annuario della Bocconi per gli anni scolastici 1914-15 e 1915-16, pp. 5-8.

3

Bonfante era stato chiamato alla carica di Rettore all’indomani della scomparsa di Majno. Egli era anche prof. ordinario dell’Università di Pavia.

4

A quella importante seduta del Consiglio d’amministrazione, che in effetti segnava l’inizio di un nuovo capitolo della storia bocconiana, mancavano anche, giustificati, Malliani e Pirelli. Risultavano, pertanto, presenti, oltre ai due citati personaggi, i consiglieri Mangili, Salmoiraghi, Vanzetti, Weil, e naturalmente il segretario, l’ormai insostituibile Girolamo Palazzina.

5

Cfr. il primo volume di questa Storia della Università Bocconi, pp. 259-61.

6

Dopo una breve discussione Ettore Bocconi, con dinamicità tutta lombarda, non perse tempo nel proporre una variazione dell’articolo 6 dello statuto che avrebbe dovuto suonare in tal modo: «L’Università è retta da un Consiglio Direttivo di 11 membri. Ne fanno parte di diritto l’erede o successore del Fondatore o persona della Famiglia da esso designata. Cinque dei componenti sono eletti, uno per ciascuno, dal Ministero della Pubblica Istruzione, dalla Provincia, dal Comune, dalla Cassa di Risparmio di Lombardia (sic!), dalla Camera di Commercio di Milano; gli altri sono nominati dall’erede o successore del Fondatore o dalla persona della Famiglia da esso designata».

7

Con questo tono enfatico, drammaticamente romantico, scriveva nel gennaio del 1915 a mio padre un suo compagno liceale, al quale il destino avrebbe riservato, non molti mesi dopo, una «bella morte», mentre muoveva all’assalto sulle balze del Grappa.

8

Così recita testualmente il verbale: «… In ogni città sede di Comando di Corpo d’Armata dovrebbe costituirsi una Sezione, la quale dovrebbe provvedere ad organizzare Sottosezioni, Gruppi o Comitati nella Circoscrizione del Corpo d’Armata. Milano naturalmente dovrebbe essere sede di una delle Sezioni più importanti. L’organizzazione è prevalentemente femminile e a Milano ha già avuto luogo un convegno per far funzionare al più presto la Sezione. I promotori – presieduti dalla Baronessa Carla Lavelli Celesa di Vegliasco – si sono anzitutto preoccupati della ricerca dei locali per l’Ufficio e hanno ottenuto già di poter usufruire del ridotto della Scala; ma la sede più adatta è sembrata la nostra Università. Data la finalità patriottica e pietosa, finalità che si ispira a sentimenti di fraterna solidarietà, crede (il Rettore) che l’Università nostra farebbe opera bella prendendo l’iniziativa sotto la sua egida e concedendo i locali per l’Ufficio» (Verbali del Consiglio di Amministrazione-VDA-, seduta del 1° giugno 1915. In seguito non farò più citazione specifica dei verbali, essendo tutti facilmente reperibili nell’Archivio Bocconiano risalendo alla data di convocazione del Consiglio direttivo).

9

La vedova del dott. Sabbatini aveva percepito l’intero stipendio del defunto marito sino alla fine del 1914.

10

«Regolamento per la nomina del Rettore dell’Università Commerciale L. Bocconi: 1) Al Rettore è affidata a termini dell’art. 10 della Statuto le direzione didattica e disciplinare dell’Università. Egli interviene alle sedute del Consiglio e ha voto consultivo; 2) Il Consiglio nomina il Rettore scegliendolo fra i propri membri o fra i Professori dell’Università od anche fra persone estranee all’Università; 3) Per la nomina del Rettore, quando sia scelto fra i membri del Consiglio Direttivo o – direttamente o su designazione d’una tema – fra i professori dell’Università, basta la maggioranza dei votanti. Quando invece il Rettore sia scelto fra persone estranee all’Università la nomina per essere valida deve ottenere l’approvazione dei due terzi dei Consiglieri in carica; 4) Il Consiglio porrà anche richiedere al Collegio dei Professori la designazione di una terna di Professori dell’Università fra i quali scegliere il Rettore; 5) Il Rettore è nominato per un anno ed è rieleggibile di anno in anno per un periodo complessivamente non superiore a quattro anni consecutivi; 6) Il Rettore che sia stato confermato in carica per un quadriennio consecutivo riacquista la eleggibilità trascorso un anno dal giorno in cui ha lasciato il suo ufficio; 7) Il Rettore nel caso in cui sia anche membro del Consiglio direttivo conserva il diritto al voto deliberativo, salvo negli argomenti che riguardano la sua carica di Rettore; 8) Alla carica di Rettore è annesso l’onorario di L. cinquemila: nel caso in cui il Rettore abbia una cattedra nell’Università conserva anche l’onorario che gli compete come professore».

11

Furono stabilite le modalità seguenti, da seguirsi dal Collegio dei professori per la formazione della terna da cui estrarre il Rettore.

«A) La designazione della terna sarà fatta mediante votazione a scheda segreta di tre nomi per ciascun votante in maniera che anche i Professori eventualmente assenti possano parteciparvi.

B) La designazione della terna sarà valida qualunque sia il numero dei votanti.

C) I nomi dei Professori che costituiranno la terna verranno comunicati al Presidente del Consiglio Direttivo in ordine alfabetico, senza indicazione dei voti ottenuti, a cura della Commissione nominata dal Collegio dei Professori per lo scrutinio delle schede.

D) Saranno da considerarsi nulle le schede non contenenti tre nomi di Professori dell’Università e quelle che pervenissero dopo l’inizio dello scrutinio.

E) Qualora non fosse possibile formare la terna col puro criterio della maggioranza per il fatto che alcuni dei designati avessero ottenuto parità di voti, entrerà a far parte della terna quello dei due o più aventi parità di voti che sia più anziano d’età».

12

Corsi ordinari

Ascoli Alfredo (anche ord. a Pavia), «Istituzioni di diritto privato»; Bonfante Pietro (idem), «Storia del commercio»; Buzzatti Giulio Cesare (idem), «Diritto internazionale», specialmente nei rapporti col commercio; Carruthers Alessandro, «Lingua Inglese»; Castelfranco Pompeo, «Lingua francese»; Coletti Francesco (anche ord. a Pavia, Membro del Consiglio Superiore di Statistica), «Principii di Statistica e Statistica demografica ed economica»; Einaudi Luigi (anche ord. a Torino), «Scienza delle finanze»; Flora Federico (anche ord. a Bologna), «Contabilità di Stato»; Friedmann Sigismondo (anche ord. Regia Accademia Scientifico-Letteraria di Milano), «Lingua tedesca»; Gobbi Ulisse, (anche straord. nel Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano), «Principii di economia politica»; Greco Eugenio, «Contabilità generale e applicata»; Maldifassi Giuseppe (anche Direttore del Museo Commerciale di Milano), «Merceologia mercantile»; Marchi Sallustio (anche emerito della R. Scuola Superiore di Commercio di Bari), «Geografia economica e commerciale»; Molinari Ettore, «Chimica, merceologia»; Moro Giovanni, «Banco modello»; Mosca Gaetano (anche ord. a Torino, Deputato al Parlamento, Membro del Consiglio Superiore della P.I.), «Diritto costituzionale ed amministrativo»; Nicolini Leone, «Lingua tedesca»; Padovani Pia, «Lingua inglese»; Piazza Saul, «Matematica finanziaria»; Rocco Alfredo (anche ord. a Padova), «Istituzioni di diritto commerciale»; Ronquet Giuseppe, «Lingua francese»; Sanvisenti Bernardo (anche lib. doc. nella Regia Accademia Scientifico-Letteraria di Milano), «Lingua spagnola»; Solera Antonio, «Lingua spagnola»; Sraffa Angelo (anche ord. a Torino), «Diritto commerciale e industriale»; Supino Camillo (anche ord. a Pavia e Membro del Consiglio Superiore della Marina Mercantile), «Storia e critica dei principali istituti economici»; Vandey Antonin, «Lingua francese»; Venegoni Daniele, «Banco modello»; Grignani Ambrogio, assistente, «Chimica e merceologia»; Poli Dino (anche vicedirettore del Museo Commerciale di Milano), assistente, «Merceologia mercantile».

Corsi speciali

Beneduce Alberto (anche Cons. Amm. dell’I.N.A.), «Principii e tecnica delle assicurazioni»; Bolaffio Leone (anche ord. a Bologna), «I Depositi Commerciali. Il Fallimento»; Catellani Enrico (anche ord. a Padova), «Storia dei Trattati: Origini storiche e diplomatiche dell’attuale conflitto internazionale»; D’Aroma Pasquale (anche 1° Agente delle Imposte), «Legislazione finanziaria: applicazione delle imposte dirette e delle imposte di fabbricazione»; De Dominicis Antonio (anche Intendente di Finanza), «Legislazione finanziaria: applicazione delle tasse sugli affari»; Greco Eugenio, «Pratica bancaria»; Poli Dino, «I trattati di commercio e le tariffe doganali»; Tajani Filippo (anche ord. nel R. Ist. Tecn. Sup. di Milano), «Ordinamento ferroviario Italiano. I valichi alpini»; Citella Ferdinando, aiuto, «Pratica bancaria».

13

«Gli insegnanti dell’Università Commerciale Bocconi sono nominati dal Consiglio Direttivo, il quale dovrà sceglierli tra i Professori Ufficiali delle R.R. Università, tra i professori delle scuole medie governative di 2° grado per gli insegnamenti che nelle Università non sono impartiti e tra l’alto personale della Pubblica Amministrazione per le materie di carattere tecnico».

«Fuori di questi casi il giudizio sui candidati sarà deferito ad una Commissione composta dal Rettore dell’Università e di quattro membri scelti dal Consiglio Direttivo tra le persone di riconosciuta competenza nella materia. Il Consiglio Direttivo nomina sopra la terna proposta dalla Commissione».

«Il Rettore mette in evidenza come con questa proposta, mentre si riconferma la nostra pratica costante, non si fa che ripetere il voto del Consiglio Superiore e fissare le norme del concorso per le materie che non è possibile affidare a Professori e funzionari pubblici, come ci viene richiesto nel voto stesso. Il Consiglio approva la schema d’articolo proposto».

14

Corsi di scienze economiche:

Princ. di Econ. Pol., 3 ore al 1° e 2° anno; Storia e critica princ. istit. econ., 3 ore 3° e 4° anno; Scien. finan. e Dir. fin. e cont. di stato, 2 ore e 3 ore 2° e 3° anno; Prin. statist. e Stat. metod. 2 ore 1° anno; Stat. demog. e econ. 3 ore 2° anno; Storia commer. 3 ore 3° anno; Geogr. econ. e commer. 3 ore 1° e 2° anno; Polit. commer. e legisl. dogan. 3 ore 3° anno; (Corsi tecnici) Matem. finan. 4 ore al 1° e 2° anno; Contab. gener. e applic. 4 ore 1° e 2° anno; Banco modello 5 ore 3° e 4° anno; Merceologia 4 e 3 ore 3° e 4° anno; Esercit. Laborat. 2 e 2 ore 3° e 4° anno. (Corsi di scienze giuridiche) Istit. Dir. priv. 3 ore 1° anno; Dir. Costit. e Ammin. 3 ore 1° anno; Dir. Commer. Industr. e Maritt. 3 e 2 ore 2° e 3° anno; Dir. intern. special. nei rapporti col comm. 3 ore 4° anno; (Corsi di lingue estere) Lingue franc., ingl., tedes., spagn. 9 ore 1°, 2° e 3° anno.

Corsi speciali, variabili d’anno in anno:

Storia delle colonie e diritto e politica coloniale. Storia dei trattati; Gli organi dello stato nei rapporti internazionali con particolare riguardo alle funzioni dei consoli; Istituzioni musulmane; Cambiali, depositi commerciali fallimento; Legislazione commerciale comparata; Ordinamento ferroviario; Pratica bancaria; Legislazione finanziaria, applicazione delle tasse sugli affari, Principi e tecnica delle assicurazioni; Scienza attuariale (teoria matematica delle assicurazioni); Ordinamento amministrativo e contabile delle aziende assicuratrici.

15

Si approvò l’aggiunta del seguente comma all’art. 12° (ex 11°): «Le domande di ammissione debbono essere corredate dagli attestati originali comprovanti gli studi fatti, dalle fede di nascita e dalla quietanza di pagamento della prima rata della tassa scolastica.

L’iscrizione sarà nulla agli effetti del diploma, se lo studente risulterà in precedenza iscritto ad altri Istituti di istruzione superiore».

Si introdussero anche le seguenti «Disposizioni Transitorie» con riguardo agli artt. 48 e 49: «Art 48. I Professori che nell’ultimo quinquennio abbiano insegnato nell’Università Commerciale L. Bocconi possono essere riconfermati, anche se non appartengono alle prime tre categorie enunciate all’art. 1»

«Art. 49. Le disposizioni dell’art. 12 c. 2 avrà applicazione per gli studenti che si iscriveranno nell’Università Commerciale L. Bocconi a datare dall’anno scolastico 1916-17».

16

Vedasi il primo volume di questa Storia della Bocconi a pp. 260 e passim.

17

«È stata istituita presso l’Università Commerciale L. Bocconi la (fondazione) “Ferdinando Bocconi” con un patrimonio di L. 474.500 e con lo scopo di agevolare mediante appoggio morale e prestiti sulla parola d’onore il primo avviamento – preferibilmente in un Paese estero o nelle Colonie – di giovani di provato valore laureati presso l’Università L. Bocconi che per le condizioni di famiglia, per mancanza di mezzi non potessero intraprendere la desiderata carriera. (Omissis artt. 3-6); «Art. 2 Coloro che ricevono il prestito si obbligano sul loro onore: 1° A tenersi in corrispondenza assidua con la Presidenza dell’Università Commerciale Luigi Bocconi e rispondere periodicamente a un questionario che verrà rimesso loro al momento della partenza; 2° A dar notizie alla Presidenza di ogni mutamento di residenza, di ogni nuovo collocamento e avanzamento nella propria posizione; 3° A rimborsare la fondazione del prestito, sia in una volta sola, sia ratealmente, eseguendo o iniziando il versamento dopo quattro anni dalla data della concessione o anche prima, se le condizioni economiche lo permettono, ed estinguendo in ogni caso il debito nel termine massimo di dieci anni. Art. 8. Le rate annuali del rimborso non dovranno di regola essere inferiori al settimo della somma prestata. Si può, tuttavia, richiedere al Consiglio di Amministrazione una riduzione per le prime, salvo a compensare con un aumento delle successive o delle ultime. Dopo quattro anni dalla concessione del prestito decorrerà sulle somme non restituite l’interesse del 4% a favore della fondazione (Omissis)».

18

La nuova carica fu affidata al sig. Francesco Bellomo, che aveva dato ottimi risultati come aiuto di segreteria. Gli fu assegnato un onorario di L. 3.000 all’anno «consolidando in tale cifra ogni forma di riconoscimento o gratificazione».

19

Vedasi il primo volume di questa Storia della Bocconi pp. 236-37.

20

V. idem, p. 261.

21

Tengo a precisare che ad onta delle scrupolose ricerche negli archivi bocconiani non mi è stato possibile recuperare i bilanci integrali.

22

Debbo osservare che, a quanto mi consta, della Fondazione Bolgé e Castiglioni non vi è traccia nei verbali del Consiglio d’amministrazione (cfr. il primo volume di questa Storia della Bocconi).

23

Come si noterà Weil non parla di Fondazione, ma usa il termine generico «legato».

24

Se ne potrà leggere la lista sull’Annuario bocconiano del 1916-17 e qui, più sopra, a nota 12.

25

I tre nuovi Corsi Speciali istituiti furono: «Ordinamento ferroviario», affidato al prof. Filippo Tajani (3° e 4° corso); «Gli organi dello Stato con particolare riguardo alle funzioni dei Consoli», assegnato al prof. Oreste Ranelletti (3° e 4° corso per un totale di 40-45 lezioni); «Storia delle Colonie, Diritto e Politica Coloniale», svolto del prof. C. Catellani (per un totale di 25 lezioni).

26

Cfr. il primo volume di questa Storia della Bocconi a pp. 186, 188.

27

A dire il vero la morte dell’Imperatore austriaco Francesco Giuseppe, le caute, segrete proposte di pace avanzate dal principe Sisto di Borbone-Parma, col consenso del cugino, il nuovo imperatore Carlo, avrebbero dovuto, in teoria, concorrere con le migliorate condizioni economiche, sociali e psicologiche del Paese a suscitare ragionevoli speranze sull’esito del conflitto. Sennonché, a partire dalla primavera di quell’infausto 1917, si innescò una serie di eventi che, nel generare timori e sgomento, fece ripiombare la Nazione in uno stato di prostrazione. Basterà rievocare qualcuno di codesti accadimenti. Il fiume di sangue e le gravi perdite di uomini e di mezzi provocate dalle velleitarie operazioni militari condotte in primavera e all’inizio dell’estate sull’Isonzo e sull’altopiano di Asiago; il rifiuto di prendere in considerazione le proposte di pace austriache; l’abdicazione dello Zar e l’inizio dei perturbamenti rivoluzionari, preludio di un’imminente defezione della Russia e giustificate prospettive di violente reazioni delle correnti neutralistiche nel nostro Paese; le perplessità e le inquietudini generate dall’intervento nel conflitto degli Stati Uniti; l’irritazione e le polemiche provocate dalle insistenti, incaute dichiarazioni del Pontefice (inaccettabile risultava la cruda definizione della guerra come «inutile strage»); i toni sempre più aspri che invelenivano i rapporti tra le forze politiche entro e fuori le aule parlamentari; i tragici, sanguinosi episodi di Torino nell’assolato agosto di quella «infame estate» che aveva visto scatenarsi, con scarsi risultati e molte vittime, l’undicesima battaglia sull’Isonzo; tutto contribuiva, insomma, a rabbuiare gli animi, a tendere sino allo spasimo i nervi della Nazione. E mentre dal fronte giungevano senza posa treni di feriti e annunci di morte s’aveva l’impressione che la «rotta» fosse alle porte. Le porte si spalancarono a Caporetto il 25 ottobre e solo a prezzo di enormi perdite si richiusero, in qualche modo, il 31 dello stesso mese.

28

Se il Consiglio avesse creduto opportuno valutarli alla quotazione corrente la cifra in bilancio sarebbe stata di L. 533.867,50. Weil consigliò, e tutti i membri furono d’accordo, che sarebbe bastato «fare annotazione sul bilancio che i valori esposti erano quelli nominali».

29

Si precisava: «La prima (borsa) di quelle che si rendano vacanti per rinuncia di un vincitore od altrimenti una da prelevarsi sul fondo borse».

30

Professori confermati: Ascoli, Bonfante, Buzzatti, Carruthers, Coletti, Einaudi, Flora, Gobbi Greco, Maldifassi, Moro, Mosca, Nicolini, Padovani, Piazza, Ricchieri, Rovero, Ronquert (1° corso), Sanvisenti (colla supplenza però di Solera, finché fosse rimasto sotto le armi), Solera, Supino, Vandey (2° corso francese), Venegoni e gli assistenti Grignani e Poli. Si deliberò inoltre di soprassedere alla nomina del docente per il 3° corso di francese in attesa di sapere se vi sarebbero stati allievi e di soprassedere altresì alla sostituzione del prof. Sraffa.

31

In chiusura di riunione il Consiglio approvò l’aumento a L. 7000 annuali dello stipendio del segretario dr. Palazzina, a L. 3.600 di quello del vicesegretario Bellomo e pure a L. 3.600 di quello del cav. Buccione (il contabile). Si accrebbe pure l’indennità di caro vita da L. 500 a L. 1.000 annue per Palazzina; da L. 360 a L. 720 per Bellomo e Buccione.

32

Ordine del giorno approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’Università Bocconi il 16 settembre 1918. «Il Consiglio Direttivo considerando che l’esperimento di oltre quindici anni del piano di studi adottato nella Università Commerciale Luigi Bocconi addita e consiglia lo studio di opportune riforme, necessarie per adattare più efficacemente l’opera didattica dell’Istituto e la preparazione scientifico-tecnica dei giovani ai fini che l’Università Commerciale si propone, secondo la mente del Fondatore ed il programma che emerge dalle forme statutarie; considerando che la guerra in corso ha rivelato orizzonti, indirizzi nuovi per l’utile e fecondo sviluppo delle attività nazionali nei campi del commercio e dell’industria, specialmente per quanto riguarda i rapporti internazionali, onde si manifesta urgente ed indispensabile che gli istituti di cultura superiore, aventi l’indole e gli scopi dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, si mostrino sensibili alla nuova condizione di cose e provvedano con pronta sagacia a quelle modificazioni e riforme di funzionamento e di programmi che essa consiglia e richiede».

33

Lettera inviata dal Consiglio di Amministrazione ad ognuno dei professori bocconiani:

Milano, 17 settembre 1918

Ill.mo Sig. Professore,

Reputo doveroso di comunicare alla S.V.Ill.ma che il Consiglio Direttivo della Università Commerciale Luigi Bocconi nella seduta di ieri ha votato ad unanimità la seguente deliberazione.

Il riguardo dovuto agli illustri scienziati ed agli uomini egregi che fino ad ora hanno onorato il Corpo insegnante di questa Università, mi suggerisce di prevenirli della eventualità di modificazioni organiche le quali potranno essere attuate fino dal principio dell’anno scolastico prossimo, ovvero anche gradatamente, qualora le condizioni eccezionali dell’ora che volge lo dimostrino più conveniente.

Qualunque sia il concreto effetto delle riforme poste allo studio, mi è obbligo graditissimo esprimere la mia grande riconoscenza a tutti coloro che con l’alta opera della mente e la diligenza assidua nell’insegnamento hanno contribuito a dare lustro e rinomanza alla fondazione ideata dal compianto mio Padre, e alla quale tutto il mio affetto e le mie cure si applicano costantemente.

Con la massima stima

Il Presidente

34

In effetti la presentazione dei bilanci avrebbe dovuto essere effettuata già da qualche tempo. Ma come, del resto, era già successo, le difficoltà di riunire il Consiglio e la prestazione del servizio militare da parte del contabile avevano inevitabilmente provocato il ritardo.

35

Si precisò, come sempre, che i titoli pubblici erano valutati al valore nominale; e si aggiunse che il valore attribuito al palazzo dell’Università era di L. 150.000.

36

Evidentemente, per un banale errore di scrittura, nel verbale si parla di «riduzione da due a tre».

37

Insegnanti per l’anno accademico 1918-19:

Ascoli (Istituz. di diritto civile e processuale); Ranelletti (Istituz. di diritto pubblico); Rocco e Bolaffio (Istituz. di diritto comm.le e diritto comm.le, industr. e marittimo); Einaudi (Scienza delle finanze e diritto finanz.); Cabiati (Politica comm.le e legisl. doganale); Bonfante (Storia del commercio); Bruni (Introd. allo studio della Merceol. e tecnologia); Molinari (Merceologia, per la parte chimica); Bianchi, Colombo e Pontecorvo (rispettivamente per la merceol. dei generi alimentari, seta e fibre tessili); Frescura e De Marchi (Geografia Comm.le) Rota (per la direzione degli insegnamenti contabili da affidare a Gasca, Greco e Venegoni); Tajani (Tecnologia industr.le), Mosca (Scienza politica, corso speciale); Piazza (Matematica finanz.); Coletti (Principii di Statistica e Demografia e Statist. Economica); Gobbi (Principii di economia polir.); Ravizza (direzione dell’insegnamento delle lingue straniere, per il quale insegnamento si delibera una spesa di L. 30 mila a L. 32 mila). Vedasi anche l’Annuario della Bocconi per l’anno 1918-19.

38

Già da qualche mese imperversava una terribile forma epidemica che sembrava portata dai reduci dai campi di battaglia. Credo che non sia stata ancor oggi del tutto chiarita, in sede scientifica, la natura della «spagnola» che tanti lutti arrecò in moltissime famiglie italiane (ed anche in altre Nazioni europee): sembrò, allora, che si rinnovassero le falcidie e le angosce del «morbo» che per secoli, fino al Settecento, aveva infierito fra le genti del Vecchio Continente. Fortunatamente la letale affezione andò gradatamente scemando fino a scomparire nel giro di alcuni mesi; ma in quel novembre del 1919 essa appariva ancora preoccupante: in particolare induceva alla massima cautela.

39

More solito i titoli pubblici erano stati valutati al nominale; invariato era stato il valore attribuito al palazzo dell’università.

40

Stando ai dati dell’ISTAT il costo della vita, dal 1913 al 1921 crebbe del 417% circa.

41

Stipendi annui al personale amministrativo e di servizio per il 1919-20:

Segretario Dott. Palazzina L. 12.000; Vicesegretario Bellomo, L. 6.000; Cav. Buccione L. 6.000; Edilio Ercolessi L. 4.200, Roberta Lottici L. 2.400; Angelo Mandelli (fuochista con funzioni di custode-bidello) L. 3.000; inserviente Angelo Marchesini L. 2.700; fattorini Gerolamo Giovanella e Francesco Santambrogio L. 1.200 ciascuno.

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