Parole chiave: Gestione finanziaria, Fascismo, Rettore Bolchini Ferruccio, Rettore Sraffa Angelo, Zappa Gino, Vice presidente Pirelli Giovanni Battista, Istituto di Economia Ettore Bocconi, Tumminelli Calogero
Storia della Bocconi
1915-1945. Tra le due guerre
Mentre nel Paese si stava completando l’instaurazione di un regime totalitario (l’opposizione dei partiti democratici andava vieppiù sfaldandosi)[1], il 25 ottobre 1924, assenti Mortara e Vanzetti, si ebbe finalmente a riconvocare il Consiglio direttivo bocconiano.
Per prima cosa furono prese in considerazione le proposte per il conferimento delle borse di studio. Ci fu la necessità di chiarire la posizione di qualche concorrente, ma alla fine tutti si trovarono d’accordo nell’assegnare le borse secondo i suggerimenti dati dalla commissione all’uopo preposta.
Di secondaria importanza le questioni relative agli incarichi di insegnamento per l’a.a. 1924-25. I professori furono tutti confermati nelle rispettive cattedre. Tuttavia al prof. Coletti rimase affidata la sola cattedra di «Demografia Statistica ed Economica», mentre quella di «Principi di Statistica» fu passata al prof. Giorgio Mortara, al quale venne pure riaffidata la condirezione dell’«Istituto di Economia» insieme al prof. Pacchioni al quale fu mantenuta la direzione degli insegnamenti di lingue straniere. Quanto ai corsi speciali si stabilì che il Rettore prendesse accordi con i docenti che avrebbero dovuto svolgere gli insegnamenti che ricordo in nota[2]. Sraffa avrebbe dovuto anche provvedere in merito al rinvio al quarto corso dell’insegnamento di «Politica Commerciale» e «Legislazione Doganale» limitando l’incarico del prof. Cabiati ad un corso di conferenze (non obbligatorio) e alla nomina degli assistenti.
Ma l’argomento sul quale più intensamente e attentamente si concentrarono i lavori del Consiglio direttivo fu l’adattamento dello statuto dell’Ateneo alle norme stabilite del «Decreto Corbino» del quale si è fatto cenno più sopra. Sraffa, avute ben presenti le opinioni espresse dai Consiglieri in precedenti incontri, comunicò di avere predisposto «uno schema di Statuto corredato da un piano finanziario da cui risulta la situazione patrimoniale dell’Istituto, la disponibilità di mezzi finanziari sufficienti per assicurare in modo continuativo il suo efficace funzionamento e la disponibilità di locali adeguati alle esigenze didattiche dell’Istituto». Distribuito a tutti i componenti del Consiglio, lo schema fu rapidamente commentato e in breve tempo approvato. Ne fu allegata copia integrale al verbale. Accompagnate dalla lettera al Ministro dell’Economia Nazionale (che teneva conto delle precise raccomandazioni avanzate dai membri del Consiglio), lettera di cui riporto il testo a piè di pagina[3], le norme statutarie dell’Ateneo, rielaborate in quella seduta di consiglio, non possono non essere riproposte, per consentire anche confronti con quelle precedenti e successive. Le richiamo analiticamente, dunque, in nota[4].
La lunga, importante seduta finalmente ebbe termine con una delibera che affidava al «comitato col Rettore l’incarico di decidere sulle eventuali modificazioni che il Ministero della Educazione Nazionale fosse per proporre allo schema di Statuto testé approvato e di soprassedere ancora per quest’anno all’abolizione della facoltà di accettare l’iscrizione di uditori per tutte le materie del primo corso convalidabili». Quanto alla Biblioteca, cui si guardava con occhio sempre vigile, e augurandosi che si andasse sempre più sviluppando, il Rettore fu invitato a trovare «una persona idonea che potesse permanentemente svolgere la funzione di Bibliotecario».
Erano invecchiati di un anno i consiglieri bocconiani quando nuovamente si riunirono (assenti scusati Rossi e Bonfante) il 27 ottobre 1925, in un clima di «fascistizzazione integrale»[5], per discutere un ordine del giorno, invero assai scarno, per non dire insipido.
Occorreva, innanzitutto, procedere alla nomina dei professori per il ’25-’26. Ne do la lista in nota[6], e si potrà notare come sulla scena bocconiana si presentarono, allora, alcuni docenti il cui nome merita di essere ricordato, quali ad esempio quelli di Santi Romano, del già esperimentato Ugo Caprara, di Teodoro D’Ippolito e di Raffaele Mattioli, il futuro Presidente della Banca Commerciale.
Il secondo punto all’ordine del giorno prevedeva l’assegnazione delle solite borse di studio (dodici in totale, su un insieme di ventiquattro concorrenti per quell’anno, ed una decina di esoneri dalle tasse scolastiche). Non indugio su questo problema che, ricorrente ogni anno, costringeva dapprima la commissione proponente e poi il consesso dei consiglieri ad un lavoro non lieve e, in fondo, poco gratificante[7].
Il Presidente, dopo essersi scusato per il ritardo con cui era presentato il bilancio consuntivo dell’a.a. 1923-24 (ritardo dovuto a cause banali) diede come al solito la parola al Tumminelli per le note illustrative in merito alle diverse voci. Il revisore dei conti pose in evidenza le cospicue spese sostenute per rendere sempre più consistente e aggiornato il patrimonio librario della biblioteca ed espresse un vivo ringraziamento alla Camera di Commercio e alla Cassa di Risparmio delle PP.LL., i cui generosi contributi spiegavano l’eccedenza attiva del conto economico. Un avanzo che, purtroppo, sarebbe ben presto svanito attese le uscite straordinarie che l’Università avrebbe contabilizzato di lì a breve tempo per le indilazionabili spese di manutenzione e di consolidamento del palazzo di via Statuto. Il Consiglio di Amministrazione, comunque, approvò, senza sollevare eccezioni, il bilancio che presentava un totale di spese di L. 684.258,09 e di entrate (rendite) di L. 781.935,25. Al 31 ottobre 1924 la situazione patrimoniale si riassumeva in L. 3.972.666,04. Non si fece cenno, in quella seduta del Consiglio, alla mancata presentazione di un bilancio preventivo per l’anno accademico che stava per prendere avvio. Viene forse da pensare che la gestione dell’Ateneo presentasse in quei poco felici frangenti della storia nazionale qualche difficoltà. Epperò le carte d’archivio, accuratamente spogliate, non danno in merito alcuna risposta significante. Tra l’altro, come sempre, in esse non mi è stato dato di rintracciare documenti analitici sui bilanci bocconiani. La riunione ebbe termine con la riconferma di Tumminelli e Foligno a revisori dei conti.
Passarono alcuni mesi prima che il Consiglio direttivo si riconvocasse. Presenti il Presidente Bocconi e i Consiglieri Riccardo Besana (ex deputato e da due anni rappresentante della Camera di Commercio di Milano), il Conte sen. Alessandro Casati (pur egli da due anni ai vertici bocconiani), l’avv. Ferdinando Salterio (ex deputato e anch’egli da due anni rappresentante della Provincia), l’appena nominato avv. Sangregorio e i già noti Pirelli, Sraffa, Foligno e Tumminelli; assenti-scusati, invece, Rossi, Bonfante, Vanzetti e Salmoiraghi, il Consiglio si riunì, dunque, il 3 luglio 1926.
Mentre il tallone fascista si faceva sempre più pesante e ormai si poteva dire che si erano completamente dissolte le speranze di rovesciare il regime (fallirono gli attentati a Mussolini che in quel turbolento 1926 si succedettero)[8], i responsabili della gestione bocconiana si misero serenamente al lavoro affrontando, per prima cosa, il controllo del bilancio consuntivo del 1924-25 che, come si ricorderà, non era stato presentato nel corso della precedente riunione. Tumminelli attirò subito l’attenzione dei Consiglieri sul forte aumento delle spese, causato, principalmente, dai lavori straordinari di manutenzione dello stabile universitario e dall’acquisto di nuove scaffalature per la biblioteca. D’altro canto si era avuto un aumento delle entrate per l’aumento delle tasse scolastiche, per la rinnovazione, a tassi più elevati, dei Buoni del Tesoro di proprietà dell’Ateneo e, infine, per il provvido incremento di 70 mila lire del contributo della Camera di Commercio milanese, alla quale naturalmente fu espresso un vivo ringraziamento. In sostanza, non solo si era riusciti ad evitare il temuto deficit, ma si era ottenuto un avanzo di L. 43.185,86. Tuttavia l’eccedenza sarebbe stata assorbita dai costi indilazionabili per rafforzare le strutture della sala centrale della biblioteca e dell’Aula Magna. In conclusione il Consiglio ritenne di dover senz’altro approvare il consuntivo sottopostogli che presentava un totale di spese di L. 862.445,79 e di entrate di L. 905.631,65. La situazione patrimoniale al 31-10-1925 risultava di L. 4.088.179,10.
Ringraziati e confermati nelle cariche i revisori dei conti (Tumminelli e Foligno), rivolta alla presidenza la preghiera di esaminare le richieste di borse di studio e di presentare alla susseguente riunione le proposte di conferimento, il Consiglio esaminò con particolare attenzione, alla fine approvandolo, il non semplice statuto della «Fondazione G.B. Foglia e M. Brumana», istituita per onorare la memoria di un valoroso caduto della Grande Guerra e la vittima di una imboscata d’avversari politici[9].
La riunione successiva del Consiglio si tenne il 25 ottobre dello stesso 1926. Erano stati da poco nominati i nuovi rappresentanti della Camera di Commercio di Milano, l’ing. Gr. Uff. Carlo Tarlarini, l’avv. Gr. Uff. Ferruccio Bolchini e l’on. dr. Carlo Gnocchi. Ai tre nuovi membri venne rivolto un caloroso benvenuto, al quale gli eletti risposero con altrettanto fervide attestazioni di simpatia per l’Università.
L’arrivo dei nuovi delegati della Camera di Commercio aveva, naturalmente, comportato l’uscita dal Consiglio dei membri Vanzetti, Besana e Foligno. Occorreva, pertanto, sostituire il vicepresidente (che era Vanzetti), e la scelta cadde sul sen. Gio. Battista Pirelli. Si pensò pure di affidare ad un componente del Consiglio la funzione di Consigliere Delegato e il dr. Tumminelli riscosse il generale favore[10].
Nella sua relazione iniziale il Rettore informò i colleghi che, nella certezza di averne il consenso, «aveva firmato uno schema di convenzione col Ministero della Guerra per il quale il nostro Istituto di Economia fornirà dati greggi ed elaborati al Ministero stesso da pubblicarsi eventualmente su due periodici di cui il Ministero cura la pubblicazione», e l’Università si sarebbe impegnata a consentire la frequenza ai corsi di carattere economico-finanziario a tre funzionari civili o militari. La convenzione avrebbe dovuto durare 4 anni con decorrenza dal 1925-26 e il Ministero avrebbe contribuito alle spese con un assegno annuo di L. 10 mila. Il Rettore, preso atto della soddisfazione del Consiglio, volle far notare «la particolare importanza per la nostra scuola di questo atto del Governo Nazionale che fra tanti Istituti Superiori ha prescelto il nostro».
Del resto, continuò Sraffa, «la fama di cui gode l’Università Bocconi… è confermata dal fatto che malgrado la notoria severità che si applica negli esami continuano ad accorrere studenti da ogni parte d’Italia». Dopo aver una volta di più riconosciuto i benefici tratti dall’Ateneo per i generosi aiuti finanziari corrisposti dalla Cassa di Risparmio e dalla Camera di Commercio, il Rettore sottolineò una volta ancora che «l’Università si propone di seguire la linea di condotta per cui si mira alla qualità anziché alla quantità», ed era proprio per quel motivo che pure nel 1925-26 un forte numero di studenti non promossi al 2° biennio s’era trasferito in altri Istituti ove non vigeva il «catenaccio»[11].
Compiaciutosi per la fervida attività degli Istituti di Economia e di Ricerche tecnico-aziendali, Sraffa concluse la sua relazione con una considerazione che merita di essere ricordata. Egli richiamò l’attenzione dei Consiglieri sulla «circostanza che la nostra Scuola è l’unica che non sia obbligata ad avere un organico di personale insegnante, circostanza che, se ha facilitato la risoluzione del problema del finanziamento della Scuola costringendoci a scegliere per 2/3 gli insegnanti fra quelli di ruolo di Istituti Regi, ci crea particolari difficoltà che dalle notizie avute in questi giorni si temono accresciute per nuove restrizioni che pare debbano essere stabilite nel conferimento degli incarichi».
Confermato per il 1926-27 il Rettorato al prof. Sraffa, si rinnovarono, «in linea di massima», gli affidamenti di cattedre ai docenti già in funzione. Tuttavia, il Comitato ristretto di presidenza fu invitato a prendere in considerazione le singole posizioni dei professori «anche in relazione alle nuove norme ministeriali relative ai conferimenti degli incarichi e di provvedere alle sostituzioni eventuali, salvo ratifica da parte del Consiglio».
Fu il segretario dr. Palazzina che, questa volta, riferì sulle proposte di assegnazione delle borse di studio e degli esoneri dalle tasse scolastiche. Delle 14 borse messe a concorso 11 furono accordate, e 10 studenti beneficiarono degli esoneri. Non è il caso che mi dilunghi sulle proposte, sui casi particolari presentatisi e sulle discussioni che ne sortirono[12].
Prima di sciogliere la seduta il Presidente informò i consiglieri che i lavori di consolidamento dell’Aula Magna e della Biblioteca si erano conclusi con una spesa di solo 5 mila lire superiore a quella preventivata di L. 60 mila.
Pochi giorni dopo il Consiglio di amministrazione fu nuovamente convocato d’urgenza per affrontare una imprevista e dolorosa emergenza. La sera successiva alla precedente seduta, quella del 26 ottobre, il prof. Angelo Sraffa aveva rimesso al Presidente Ettore Bocconi le dimissioni da Rettore dell’Università. La sua lettera – che, pur impeccabilmente celandolo, era certamente dettata dallo stato d’animo di una persona tesa, depressa, esacerbata, non dalla situazione dell’Ateneo (che anzi veniva esaltata), ma probabilmente perché incapace di accettare i soprusi politici e morali che si moltiplicavano nel Paese e di cui forse la stessa Bocconi avrebbe potuto essere vittima – merita di essere qui riportata integralmente, a testimonianza dell’onestà, della nobiltà, della «diversità» di chi la firmava.
«Milano, 27 ottobre 1926
Ill.mo Signor Presidente del Consiglio Direttivo dell’Università Bocconi
Ringrazio Lei e, per Suo mezzo, il Consiglio che nell’ultima seduta del 26 corrente ha voluto, con voto unanime, confermarmi nell’Ufficio di Rettore, per l’anno accademico che si inizia.
Le lusinghiere espressioni con cui il voto è stato accompagnato e la fiducia che il Consiglio nuovamente mi dimostra costituiscono per me il più ambìto riconoscimento che io possa desiderare dopo sette anni di Rettorato.
Non mi fa velo l’affetto che ho per il nostro Istituto quando constato il cammino ascensionale che ha compiuto durante questi ultimi anni. L’alto valore dei docenti e la serietà e la disciplina degli allievi hanno portato il livello degli studi che si compiono alla Bocconi ad un’altezza che nulla ha da invidiare a quella raggiunta da altri Istituti Superiori dell’Italia e dell’Estero; la laurea della Bocconi rappresenta un giusto titolo di orgoglio per chi se l’è conquistata, e il suo valore è così altamente e universalmente apprezzato, che i capi dell’industria e del commercio danno una preferenza assoluta ai nostri laureati. La situazione patrimoniale, per la sempre più larga cerchia di simpatie di cui è circondata la Bocconi e per la munificenza di Enti e di privati, stimolati dall’esempio e dall’opera del Suo illustre Genitore, da Lei degnamente continuata, si è rafforzata ed arricchita. (Fra i maggiori contributi amo ricordare, perché particolarmente significativo, il cospicuo fondo con cui un armatore italiano di Londra, il Serena, ha voluto incoraggiare la nostra opera). L’accorrere degli studenti da tutte le parti d’Italia si è, in confronto all’anteguerra, più che raddoppiato, ed è in continuo crescente sviluppo la rigorosa selezione esercitata dagli esami: mi basti accennare che a tutt’oggi il numero dei nuovi iscritti al primo corso per l’anno 1926-27 supera quello di qualsiasi anno precedente; il numero e la qualità degli insegnamenti si è (sic!) continuamente accresciuto e migliorato; la biblioteca è stata trasformata per numero e quantità di volumi, così da essere oggi, indiscutibilmente, la migliore biblioteca specializzata negli studi economici e commerciali che vi sia in Italia; i laboratori annessi, recentemente istituiti, fervono di attività e da essi escono pubblicazioni che hanno ormai raggiunto fama mondiale; una mensa per gli studenti funziona nei locali dell’Università con generale soddisfazione ed è la prima istituzione del genere che sia sorta in Italia.
In complesso l’Università Bocconi ha raggiunto una posizione scientifica e morale che onora il nostro Paese.
L’essere stato associato in questo periodo di progresso, come capo dell’Istituto, alle sue fortune, è per me la migliore ricompensa della modesta opera mia alla Bocconi, alla quale ho dedicato in questi anni la miglior parte di me stesso.
E ciò mi conforterebbe a proseguire con rinnovato entusiasmo la mia attività rettorale nel nuovo anno accademico, se non avessi notato che negli ultimi mesi è venuta maturando nella nostra Università una situazione generale di disagio, a Lei ben nota, che mi fa pensare che, nell’interesse dell’istituto cui oggi come sempre m’ispiro, sia opportuno fare appello ad altra persona per la funzione di Rettore: il suo compito sarebbe agevolato, oltre che dall’autorevole appoggio Suo e del Consiglio, anche dalla sagace e devota collaborazione dell’attuale Direttore di Segreteria che è stata preziosa a me e ai Rettori che mi hanno preceduto.
Non credo di dover dare importanza a taluni appunti particolari che sono stati fatti, specialmente in riguardo alla scelta dei docenti: come Ella ben sa la maggior parte di essi presta la sua opera apprezzatissima ormai da oltre un decennio, e, quanto ai nuovi professori assunti, le mie proposte nei loro riguardi furono ispirate esclusivamente al criterio della loro posizione scientifica e capacità didattica. E su questo punto non vi può essere discussione.
Se invece, come ritengo, la situazione suddetta trae origine da motivi di ordine diverso e più generale, con piena serenità di spirito e con quell’affetto che mi lega al nostro Istituto, prego Lei, illustre Presidente, ed a mezzo Suo il Consiglio, perché voglia considerare come mancante la mia accettazione alla carica che mi è stata ora riconfermata.
Con amicizia e devozione mi creda
Suo aff.mo
Angelo Sraffa»
La comunicazione da parte del Presidente della lettera di Sraffa produsse un «doloroso effetto» sui membri del Consiglio, come subito ebbe a dichiarare il Consigliere Sangregorio. E Sraffa reputò opportuno prendere immediatamente la parola per completare, oralmente, ciò che aveva esposto nella comunicazione a Ettore Bocconi. Ora, su questa «integrazione orale» del dimissionario Rettore, che sollevava un poco il velo sulle sfumate ragioni della rinuncia riferite nella lettera, mette conto di sostare pur brevemente.
Ribadito che era «spiacente di non poter tornare sulla sua decisione veramente ispirata all’interesse della Scuola», Sraffa soggiungeva «che fortunatamente… la Scuola» ne avrebbe potuto uscire mediante «una soluzione che risponde appieno alle necessità della situazione attuale». Dunque per Sraffa era necessario che la Bocconi trovasse un modo per venir fuori dall’impasse creata dallo status generale, un’impasse che lui antifascista (che lo fosse non era ignoto), irremovibile nei principi e nelle convinzioni, non sarebbe mai riuscito a superare. Non so con quali intimi moti sentimentali, ma mi pare con sapiente freddezza, il grande giurista conveniva che la «soluzione rispondente alle necessità» era «la nomina a Rettore dell’avv. Bolchini, il quale – come esige il nostro Regolamento nei riguardi del Rettore – è Professore di grado universitario; egli è il migliore e il più degno per prendere in questo momento le redini dell’Università».
«Per mandare avanti questo istituto nelle circostanze presenti – continuò lo stanco Rettore – è necessario avere la sicurezza di aiuti esterni indispensabili per mettere a posto gli studenti che devono nella Scuola fare soltanto gli studenti [corsivo mio]. L’amico Bolchini… rappresenta una persona che, per la sua maggiore vicinanza ad alte autorità politiche ed amministrative che si propongono di venirgli in aiuto per tenere a freno gli studenti e risolvere questioni della massima importanza per la Scuola, [corsivo mio] è in condizione di portarci un aiuto prezioso. Accettando egli rende un elevato servizio all’Università, oltre che aderire alle mie preghiere: egli ha resistito alcuni giorni alle pressioni mie, a cui si sono unite quelle del sen. Bocconi… lui solo poteva salvare la situazione [corsivo mio]. Egli certamente potrà mettere l’Università in una condizione di maggiore sicurezza di quella in cui io mi trovavo, provocando, occorrendo, più facilmente l’intervento delle gerarchie politiche[13] nei riguardi di studenti che credessero di infrangere la disciplina, evitando ad es. il ripetersi di fatti come quello per cui una squadra di allievi – senza preavvisare il Rettore – ha impedito a un funzionario della Biblioteca che fu per molti anni all’Umanitaria e che da due anni ci presta – senza svolgere assolutamente nessuna attività politica – la sua opera intelligentissima, di continuarcela, o quello per cui ancora prima che si sia manifestata una tendenza in proposito da parte del Governo vi siano studenti che impongano l’allontanamento di Professori che il Regio Governo finora ha mantenuto in carica nelle proprie Università, Professori che facevano parte del nostro corpo insegnante solo in quanto c’era il consenso dei Ministri da cui dipendevano [corsivo e sottolineatura miei]»[14]. Angelo Sraffa concludeva le sue dichiarazioni pregando il Consiglio di capire le motivazioni della sua rinuncia e ringraziava l’avv. Bolchini per il «senso di dovere civico» dimostrato nel dirsi disposto ad assumere le funzioni di Rettore.
Alle dichiarazioni di Sraffa fecero seguito quelle, assai più succinte, e soprattutto impostate sui rapporti di allievo a maestro, del nuovo Rettore designato proprio da colui che stava per lasciare l’incarico. Bolchini, nell’accettare formalmente la carica e nel ringraziare tutti i membri del comitato direttivo, volle precisare che: «1°) l’opera e il consiglio di Sraffa restano costanti nella Scuola, quasi un coefficiente della propria azione; 2°) accetta a titolo temporaneo; 3°) intende compiere queste funzioni, che non sono come erano per il prof. Sraffa una destinazione di attività personale in via definitiva, a titolo assolutamente onorifico, e che quindi lascerà a disposizione del Consiglio l’indennità che si corrisponde al Rettore». Una rinuncia, quest’ultima, che forse qualcuno giudicò alquanto enfatica e poco felice.
Tutti i membri del Consiglio presero successivamente la parola: per manifestare il loro vivo dispiacere per l’abbandono di Sraffa e la soddisfazione per l’accettazione di Bolchini. Traspariva più o meno in tutti gli interventi la preoccupazione di riportare alla normalità i rapporti fra il corpo insegnante e gli studenti. Valgano per tutti le parole del consigliere Tarlarini: «… la persona di Bolchini è quella che più si presta a fronteggiare la situazione» e si augurava che «egli possa presto ricondurre tra professori e studenti quella armonia che deve essere la base del normale andamento della Scuola». Ad onta delle espressioni gentili, sembrava trapelare nell’intervento del Consigliere Delegato Tumminelli qualche riserva sulla scelta di Bolchini. Di fatto Tumminelli, già studente di Sraffa, fece la più vibrante, direi commovente esaltazione delle virtù e dei meriti del Maestro: nessuno come lui, ex allievo, poteva «attestare la fede e la passione ardente con cui egli (Sraffa) ha perseguito il miglioramento costante dell’Università, al di fuori di ogni interesse personale, servendo così nel miglior modo il nostro Paese» [corsivo mio].
Ultimate le adesioni dei Consiglieri presenti, il Presidente Bocconi, «vista l’unanimità dei sentimenti del Consiglio», proclamò eletto alla carica di Rettore per l’a.a. 1926-27 l’avv. Ferruccio Bolchini. Tenuto poi conto che nel frattempo era giunta comunicazione che il Ministero dell’Economia Nazionale aveva nominato come suo rappresentante nel Consiglio l’on. ing. Angelo Salmoiraghi, Bocconi non frappose indugi a proporre la copertura del posto lasciato vacante con il Prof. Angelo Sraffa. La proposta fu, naturalmente, approvata con piena soddisfazione dal Consiglio. E così ebbe termine l’insolita, agitata adunanza del 4 novembre 1926. A otto anni da quella di Vittorio Veneto si poteva parlare di una vittoria anche in sede bocconiana? Non mi riesce di rispondere affermativamente.
L’esame e l’approvazione del consuntivo dell’a.a. 1925-26, evidentemente approntato in ritardo, costituì il primo punto all’ordine del giorno della seduta successiva, convocata il 24 ottobre 1927. Scusati per loro assenza i consiglieri Rossi, Bonfante e Sraffa, i presenti, tra i quali figuravano due nuovi nomi, Fabbri e Baccani[15], posero attenzione ai soliti chiarimenti dati dal Consigliere Delegato, dr. Tumminelli. Rispetto al precedente anno accademico le spese risultavano alquanto più elevate per via dei miglioramenti economici concessi al personale e a causa dell’aggravio dei carichi fiscali (per effetto dei ruoli suppletivi). Inoltre i lavori di consolidamento del Palazzo avevano avuto un imprevisto allungamento. Peraltro era motivo di conforto l’aumento anche delle entrate, dovuto ad un maggiore introito delle tasse scolastiche e degli interessi attivi (era aumentato l’impiego di somme in conti vincolati che rendevano maggiormente). In sostanza: a fronte di un totale di spese di L. 951.131,15 si erano contabilizzate entrate per L. 992.400,90 con un avanzo dunque di L. 42.269,75. Non si doveva dimenticare, in ogni caso, che l’eccedenza si era potuta verificare grazie ai soliti contributi della Camera di Commercio e della Cassa di Risparmio delle PP.LL. In effetti l’aumento di L. 15 mila degli incassi per tasse scolastiche, cespite principale delle entrate bocconiane, non doveva trarre in inganno. Era da prevedersi che «per effetto dell’accresciuto rigore negli esami di licenza delle scuole secondarie», l’anno a venire avrebbe probabilmente segnato una diminuzione delle iscrizioni alle Università[16]. Quanto alla situazione patrimoniale al 31 ottobre 1926 essa ammontava a L. 4.303.723,20 (i titoli di rendita di proprietà erano sempre valutati al nominale).
Affidata ai consiglieri Baccani e Gnocchi la funzione di revisori dei conti, il Consiglio si soffermò a lungo, come di consueto, a valutare i giudizi dell’apposita commissione per l’assegnazione delle borse di studio (10 su 15 concorrenti) e degli esoneri dalle tasse scolastiche: lavoro di routine senza alcun problema.
Più laboriosa fu la messa punto dei nuovi programmi di insegnamento per le diverse materie. Quantunque non se ne facesse esplicito riferimento, l’atteggiamento dei Consiglieri bocconiani che, fatte salve marginali discussioni e consigli, si adeguarono alle proposte avanzate dal confermato Rettore Ferruccio Bolchini, non poté non tenere conto delle mutate e sempre più consolidate condizioni in cui il Paese si era ormai venuto a trovare[17].
Si passarono in rassegna, dunque, i docenti e i programmi d’insegnamento delle differenti discipline: ne do conto in nota[18].
Quanto al corso di «Merceologia» la morte, assai compianta, del prof. Molinari, aveva creato una situazione difficile che costrinse il Consiglio a lunghe meditazioni, di cui si ha minuta traccia nel processo-verbale. Cercherò di riassumerle al massimo in nota[19]. E pure in nota segnalo gli intendimenti del Consiglio in merito ai «Corsi speciali» (opzionali) e a quelli di «Lingue straniere»[20].
Non facevano più parte del corpo di insegnanti bocconiano i proff. Cabiati, Luzzatto e Porri. Per ragioni politiche? Non sono in grado di dare una risposta. Con ritardo, se possibile, avrebbe ripreso l’insegnamento il prof. Einaudi: al ritorno da un viaggio in America il grande economista era rimasto vittima di un serio infortunio, di cui avrebbe patito le conseguenze vita natural durante.
Alle 3 pomeridiane del 19 maggio 1928 i consiglieri di amministrazione bocconiani si adunarono: furono scusati per l’assenza Bonfante, Rossi, Sraffa e Salmoiraghi. E si passò subito all’esame del consuntivo 1926-27. Sulle singole voci indugiò, come sempre, il Tumminelli, che non mancò di rilevare: a) l’incremento costante dei fondi della Biblioteca; b) la soddisfacente gestione degli «Annali di Economia», ormai affermatisi anche fuori dalle mura bocconiane, per prestigio scientifico e morale: il passivo di 3 mila lire, dipendente dalle spese di pubblicazione, era largamente compensato dai risparmi effettuati nell’acquisto di libri e di riviste da parte della biblioteca per via dei numerosi cambi instaurati con gli stessi «Annali»; c) la costituzione, finalmente, di un «Fondo di Previdenza per gli Impiegati» con un primo stanziamento di L. 100 mila.
Soddisfacente, nonostante i numerosi congedi di studenti che non avevano superato gli esami regolamentari, era stato l’aumento di oltre 90 mila lire del gettito delle tasse rispetto all’anno precedente (da L. 514.101,90 a L. 594.278,909). Non bisognava dimenticare, tuttavia, che l’incremento era da imputare in parte al fatto che nel 1926-27 gli allievi di tre corsi pagavano le tasse in base alle nuove e più alte tariffe fissate nel 1924-25. Tutto ciò non doveva incidere sul principio che la Bocconi avesse a tendere ad una sempre più rigida selezione degli iscritti. Per la prima volta figurava in bilancio il contributo del Ministero della Guerra (di cui più addietro si è detto), contributo che sarebbe stato erogato in premi alle migliori tesi di laurea concernenti gli approvvigionamenti dell’Italia in pace e in guerra. In relazione agli interessi sui titoli di proprietà Tumminelli precisava che della posta a bilancio di L. 210.185,30 la quota di L. 132.565,60 rappresentava il ricavo degli interessi anticipati «sulla conversione, in cartelle del prestito del Littorio, dei Buoni del Tesoro ordinari scaduti il 1° gennaio e il 19 marzo 1927 e sul capitale sottoscritto di L. 150 mila».
In conclusione: il consuntivo del 1926-27 fu approvato all’unanimità nelle risultanze di L. 1.187.159,65 per le entrate e di L. 1.160.087,24 per le uscite con una eccedenza attiva, quindi, di L. 27.072,41. La situazione patrimoniale al 31 ottobre 1927 risultava di L. 4.395.187,36.
Dopo aver riconfermato, su proposta del Consigliere Delegato Tumminelli, Baccani e Gnocchi come revisori dei conti, i responsabili della gestione bocconiana, sulla traccia di una relazione presentata dal Presidente, si soffermarono a lungo a considerare e a risolvere un problema di grande importanza che avrebbe, per decenni, cristallizzato la fisionomia dell’Ateneo.
«L’Università Bocconi – faceva notare il Presidente – si è retta fin qui ed ha conquistato altissimo prestigio mediante un corpo d’insegnanti quasi totalmente universitari assunti a titolo d’incarico (corsivo mio)». «Peraltro – continuava Bocconi – si è palesata la necessità di provvedere alla graduale formazione di un corpo accademico proprio, per modo che anche nella sua costituzione formale ed accademica l’Università Bocconi non venga a trovarsi in condizioni sostanzialmente diverse dalle altre Università». In breve: egli proponeva l’istituzione di tre posti di professori «stabili» fruenti del trattamento riservato ai docenti universitari di ruolo. Aggiungeva che la situazione del bilancio bocconiano era tale da consentire il maggiore onere calcolabile in L. 100 mila annue. Fu messo pertanto in votazione, e approvato dal Consiglio, un «ordine del giorno» che riporto testualmente in nota, considerata la sua importanza[21].
Per favorire uno scambio di idee la seduta fu sospesa per un’ora: riprese alla 16. Tutti i consiglieri si trovarono d’accordo nell’assegnare la prima «cattedra di ruolo» al prof. Gino Zappa, che interpellato in precedenza aveva già dato il suo assenso. Perciò a partire dal 16 ottobre 1927, lo Zappa, previa l’autorizzazione del competente Ministero, avrebbe occupato la cattedra di «Computisteria e Ragioneria generale e applicata», cattedra che attualmente deteneva presso il R. Istituto Superiore di Scienze economiche e commerciali di Venezia: a lui sarebbero stati riconosciuti tutti i diritti acquisiti ai fini anche del trattamento di pensione.
In merito alla seconda cattedra, senza l’intervento del Rettore, il Consiglio deliberò di chiedere al Ministro dell’Economia Nazionale, in applicazione della Legge 20 marzo 1913 n. 268, di chiamare Ferruccio Bolchini, Rettore dell’Università, sulla cattedra di «Diritto Commerciale, Industriale e Marittimo», naturalmente come professore di ruolo.
Quanto al terzo posto di professore di ruolo si decise di rinviare la designazione affidandola al Comitato interno del Consiglio stesso, designazione che avrebbe dovuto concernere «una delle materie economiche». Trattandosi del primo caso di assegnazione di un posto di ruolo ad un docente bocconiano reputo interessante esporre in nota lo schema di convenzione, steso dal Consiglio, da sottoporre alla firma di Zappa[22].
Gli ultimi argomenti all’ordine del giorno di quella memorabile seduta che, indubbiamente, avrebbe segnato una svolta della vita bocconiana, ebbero a concernere l’istituzione o la revisione statutaria di «Fondazioni» presso l’Università.
S’approvò, dapprima, lo statuto d’una nuova Fondazione, intitolata al Cav. Uff. Vittorio Ferri, eretta in memoria della compianta Signora Giuseppina Ferri, figlia di Vittorio, dal marito Signor Emilio Torri. Il fondatore aveva donato all’Ateneo cartelle del Consolidato Italiano 5% per un valore nominale complessivo di L. 125.000. La Fondazione si riprometteva di assegnare annualmente una borsa per corsi di perfezionamento all’estero ad uno studente di disagiate condizioni famigliari del 3° o 4° anno con almeno 24/30 di media nei voti d’esame. Il conferimento sarebbe stato effettuato da una giuria composta dal Rettore, da un Consigliere e dal Fondatore Emilio Torri.
Si passò poi a valutare i risultati della Fondazione «Massimo Notari» creata, come si ricorderà, nel 1923. Dopo avere riconosciuto «l’impulso che l’istituzione del premio ha dato agli studi di carattere geografico-economico da parte di valorosi nostri Allievi», il Consiglio direttivo si trovò unanimemente d’accordo di dare incarico al Presidente di svolgere le pratiche per l’erezione della Fondazione in Ente Morale.
Fu la volta, poi, dell’esame di un altro atto di munificenza compiuto in punto di morte da G. Pacifico Uggetti «pioniere del commercio di esportazione». Con testamento olografo del 10 gennaio 1928 costui istituiva la Bocconi legataria di 50.000 lire per una borsa di studio da assegnare, per un soggiorno all’estero, ad un meritevole studente del 3° o 4° anno, borsa da intestare alla Signora Rachele Faraoni in Uggetti. Preso atto con compiacimento del generoso gesto, il Consiglio acconsentì alla istituzione della «Fondazione Rachele Faraoni in Uggetti», approvandone lo statuto[23].
↑ 1
Nel corso del 1923 la figura di Mussolini e la sua azione politica, non soltanto a livello nazionale, fu invero esaltata dagli atteggiamenti e dai riconoscimenti di personalità estere, ad esempio dall’ambasciatore americano Child e dall’austero sovrano inglese, Giorgio V che, in visita ufficiale a Roma il 7 maggio 1923, non ebbe esitazioni nell’ammettere, complimentandosi con Mussolini, «la guida sapiente di un forte uomo di governo». Sentendosi sempre più forte Mussolini, ormai, non aveva più alcun ritegno a svilire l’opera delle altre forze politiche. Ad esempio nel febbraio del 23 disse chiaro, netto e tondo che avrebbe potuto fare a meno dei quattro rappresentanti del partito popolare inseriti nel governo e, nonostante che il gruppo dei parlamentari popolari constatasse in un ordine del giorno «l’opportunità che l’opera restauratrice del capo fosse sorretta da tutte le forze sane del paese e riaffermasse la fiducia già espressa nel votare la legge sui pieni poteri», il 26 aprile costrinse gli sturziani a dare le dimissioni. Si noti che il giorno successivo, il 27 aprile, il Consiglio dei Ministri approvava la riforma scolastica, la cosiddetta «riforma Gentile», che recepiva naturalmente le più interessate istanze del regime e, in particolare, accoglieva il principio di pareggiare a quelle pubbliche le scuole amministrate dalle autorità ecclesiastiche e consentiva, dunque, il riconoscimento dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Ma Mussolini, a questo punto, voleva stravincere e gli occorreva una riforma elettorale che gli garantisse una maggioranza parlamentare sicura, omogenea, fedele. Al lavoro si mise l’on. Acerbo che provvide a stendere uno schema di riforma che prevedeva un forte premio alla maggioranza relativa, anche col modesto «quorum» del 25 per cento. Il progetto di legge elettorale fu approvato in commissione (presente anche Giolitti) il 23 luglio. Con questo successo il governo fascista concludeva nel modo per esso più felice la scalata alla conquista dello Stato che, del resto, era già stata preannunciata dall’esito delle elezioni tenutesi il 6 aprile dello stesso 1924: i fascisti, che avevano condotto nel modo più scorretto e violento, la campagna elettorale, ottennero, su scala nazionale, il 64 per cento dei suffragi. Bisognava purtroppo riconoscere che la grande maggioranza degli italiani aveva ormai rinunciato ad opporsi ai soprusi dell’autoritarismo. Bastarono pochi giorni per averne la prova. Il 10 agosto l’on. Matteotti, socialista, che pochi giorni prima aveva coraggiosamente denunciato alla Camera i pericoli del fascismo, scomparve. La sua salma fu ritrovata il 26 dello stesso mese da un brigadiere dei carabinieri in licenza nella macchia della Quartarella a una ventina di chilometri da Roma. Parve, sul momento, che l’orrendo delitto politico avrebbe potuto provocare la caduta del governo fascista. Ciò non avvenne; anzi il caso Matteotti spinse probabilmente le forze fasciste verso il completo, irreversibile imprigionamento del paese nelle maglie di un credo, di una «mistica» che lo avrebbero portato, di lì ad un ventennio, ad una vergognosa disfatta. Il 3 gennaio 1925 era alle porte: alla Camera, in quell’«aula sorda e grigia», Mussolini avrebbe spavaldamente affermato «… se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere». In Italia la democrazia era morta; l’opposizione fu stroncata e si dissolse, si cominciò a far scempio delle libertà costituzionali.
↑ 2
Scienza Politica (Santi Romano), Patologia Economica (Gini), Legislazione politica operaia (on. Rigola), Legislazione del Lavoro (on. Olivetti), Statistica degli Affari (Mortara), Trasporti sotto l’aspetto economico (Tajani).
↑ 3
Milano, 28 ottobre 1924
Eccellenza,
l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, trovandosi nelle condizioni previste dall’art. 20 del R.D. 31 ottobre 1923 n. 2492, fa istanza a codesto on. Ministero, onde essere dichiarata, agli effetti dell’articolo stesso, Istituto Superiore libero di Scienze Economiche e Commerciali. A tal fine trasmette lo schema del proprio Statuto approvato da questo Consiglio Direttivo nella seduta del 25 corrente ed allega il piano finanziario.
A proposito di questo piano, che riflette soltanto le entrate e le spese accertate, è da aggiungere che l’Università è proprietaria del Palazzo costruito espressamente nel 1902 quale propria sede, palazzo che per l’ampiezza dei locali e per il completo suo arredamento risponde appieno alle esigenze del miglior funzionamento della Scuola e gli Istituti annessi (Biblioteca, Istituto di Economia, Istituto di ricerche tecnico-aziendali e di Ragioneria, Gabinetto di Geografia Economica) e che può essere valutato oltre due milioni.
L’Università possiede una Biblioteca specializzata di cultura economica e sociale, ricca di oltre 60.000 volumi e che rappresenta un valore che si può fare ascendere a un milione. Somma per la quale appunto è assicurata.
Sembra altresì opportuno far presente che questo Istituto ha da due anni provveduto all’impianto completo nei propri locali della Mensa Universitaria che funziona regolarmente a beneficio di oltre duecento studenti che non hanno la loro residenza abituale a Milano e che ivi consumano i pasti a prezzi modicissimi.
Indice della simpatia di cui gode l’Università Commerciale è il fatto che numerosi Enti e privati hanno istituito borse di varia entità a favore di giovani che intendono compiere questi studi, mentre altri Enti e privati hanno istituito premi per viaggi di istruzione all’estero pure a favore di studenti o premi per laureati, e così ad es. la Banca Francese Italiana per l’America del Sud ha stabilito un premio di L. 10.000 per la migliore tesi di laurea su tema riferentesi direttamente al commercio internazionale; mentre la Confederazione Generale dell’Industria ne ha istituito un altro di L. 10.000, premio che è stato intitolato alla gloriosa memoria del nostro Dr. Sotto Tenente Maurilio Bossi, medaglia d’oro, per la miglior dissertazione sul tema «Le correnti postbelliche della politica commerciale mondiale».
A far fede, infine, dell’attività scientifica di questo Istituto – sotto i cui auspici già da alcuni anni si pubblicano le «Prospettive Economiche» del prof. Giorgio Mortara che furono e sono sempre accolte col più largo favore – credo opportuno informare l’E.V. che col concorso generoso di alcuni Enti milanesi questa Università inizierà prossimamente la pubblicazione dei suoi «Annali di Economia», destinati a raccogliere studi originali dei maggiori economisti italiani.
L’Università Commerciale che ho l’onore di presiedere confida che l’E.V. vorrà accogliere benevolmente l’istanza e sin da ora Le porge le più sentite grazie.
Con ogni ossequio
dell’E.V. f.to il Presidente Ettore Bocconi
↑ 4
Statuto dell’Università Commerciale Luigi Bocconi.
Il governo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi è esercitato – sotto la vigilanza del Ministero dell’Economia Nazionale – da un Rettore e da un Consiglio Accademico [si tratta di un evidente errore: in luogo di Accademico leggasi di Amministrazione]
Consiglio di Amministrazione
Il Consiglio di Amministrazione si compone di non meno di 11 e di non più di 15 membri.
Ne fa parte di diritto l’erede del Fondatore o persona da esso designata, il Rettore, sinché dura in carica, e un rappresentante del Ministero dell’Economia Nazionale. Quattro dei componenti sono eletti, uno per ciascuno, dal Ministero della Pubblica Istruzione, dalla Provincia, dal Comune di Milano e dalla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde; tre dalla Camera di Commercio di Milano. Gli altri – da uno a cinque conforme alle deliberazioni del Consiglio – sono nominati dall’Erede del Fondatore o dalla persona da esso designata, avendo cura che uno dei Consiglieri sia sempre scelto fra i laureati dell’Università.
I Consiglieri durano in carica quattro anni e sono rieleggibili.
I membri del Consiglio eletti in surrogazione di altri restano in carica pel tempo per cui vi sarebbero restati i loro predecessori.
L’Ufficio di Presidenza è costituito dal Presidente, dal Vice Presidente e da un Consigliere Delegato, ed è eletto nel suo seno dal Consiglio: rimane in carica 4 anni e può essere confermato.
Il Consiglio elegge il Segretario anche fuori dal Consiglio stesso.
Il Consiglio può anche nominare nel suo seno un Comitato di 5 membri (costituito dall’ufficio di Presidenza e da due altri Consiglieri) per l’esame e la risoluzione della questioni ad esso delegate.
Il Consiglio amministra l’Istituto, nomina il Rettore e i Professori, nomina e revoca tutto il personale amministrativo, d’ordine e di servizio, delibera sui programmi dei singoli corsi (sentito il Consiglio Accademico), sull’esonero dalle tasse, sul conferimento di premi o borse di studio e di perfezionamento, propone all’approvazione del Ministero le eventuali modificazioni dello Statuto.
Rettore e Professori.
Il Rettore ha la direzione didattica e disciplinare dell’Università. È nominato fra i Professori di grado universitario, dura in carica per un anno ed è rieleggibile.
Le cattedre di materie fondamentali saranno almeno per due terzi affidate a Professori di R. Università e di R.R. Istituti Superiori d’istruzione riconosciuti dallo Stato.
Per gli insegnamenti che rimangono disponibili potrà essere provveduto con incaricati che abbiano i titoli e qualità fissate dal regolamento generale per l’istruzione superiore economica e commerciale.
Tutti i professori sono nominati per un anno e possono essere confermati annualmente fino a che non abbiano compiuto l’età di 75 anni.
Collegio dei Professori – Consiglio Accademico.
Gli Insegnanti formano un collegio che è presieduto dal Rettore e nominano un Consiglio Accademico di che è pure presieduto dal Rettore.
I componenti del Consiglio Accademico devono essere scelti avendo cura che siano rappresentati tutti i gruppi di materie insegnate nell’Università e cioè le economiche, le giuridiche, le tecniche, le lingue (per le quali la rappresentanza spetta di diritto al Direttore degli insegnamenti di lingue, ove ci sia).
Il Consiglio Accademico coadiuva il Rettore nell’esercizio delle funzioni a lui demandate, coordina i programmi dell’insegnamento da sottoporsi al Consiglio d’Amministrazione, dà pareri su tutte le questioni sulle quali il Consiglio d’Amministrazione lo interpelli e può anche presentare di sua iniziativa proposte nell’interesse degli studi.
Personale amministrativo. D’ordine e di servizio.
Un Direttore di Segreteria; 1 Segretario; 1 applicato di segreteria, ai quai si provvederà mediante assicurazione secondo un piano da stabilirsi con uno speciale regolamento.
Il personale di servizio sarà, a cura dell’Istituto, iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza (ramo assicurazione operai) per tutto il tempo in cui resterà in servizio.
Ammissione degli allievi e tasse scolastiche.
L’Università Bocconi rilascia la laurea di Dottore in Scienze Economiche e Commerciali.
Sono ammessi come studenti i giovani che abbiano conseguito il diploma di maturità da R. Liceo o diploma di abilitazione da R. Istituto Tecnico o di licenza da R. Istituto di Studi Commerciali.
Sono ammessi del pari i giovani, italiani o stranieri, che abbiano compiuto all’estero un corso di studi secondari che sia titolo sufficiente per l’ammissione a scuole di grado universitario nello Stato nel quale lo hanno compiuto.
Sono pure ammessi i licenziati da una scuola italiana all’estero che si ritengono capaci di seguire con profitto gli studi agli istituti superiori d’istruzione commerciale.
Il giudizio di equipollenza è riservato al Consiglio d’Amministrazione.
Gli studenti devono pagare: 1° Tassa d’immatricolazione L. 300; 2° tassa d’iscrizione annuale L. 800; 3° tassa annuale per gli esami speciali L. 150; 4° soprattassa per l’esame di laurea L. 75; 5° tassa di diploma L. 300.
La tassa d’iscrizione, la tassa per gli esami speciali e la soprattassa per gli esami valgono per il solo anno accademico per cui sono state pagate.
Gli uditori per singole materie devono pagare una tassa di L. 200 per materia, ed una tassa d’esame di L. 150.
Gli uditori per tutte le materie del corso devono pagare una tassa d’iscrizione di L. 1200 e una tassa d’esame di L. 150.
Diritti di Segreteria:
Per ogni certificato, copia o estratto di atti e registri di cui si faccia domanda alla Segreteria si devono pagare all’Università L. 3, oltre al costo della carta bollata e della corrispondente marca. Per rilascio di Lauree L. 3,50.
Norme disciplinari del personale dell’Istituto.
Esse saranno stabilite nel Regolamento.
↑ 5
Dopo la dispotica sterzata del 3 gennaio 1925, il regime fascista – approfittando di una opposizione sfiduciata, «perché era un fenomeno emotivo senza una solida struttura politica, con scarso coraggio e soprattutto perché il popolo italiano era diviso in una minoranza legata per interessi al fascismo, un’altra minoranza generosa ma senza chiare prospettive politiche ed una grande maggioranza rassegnata alla dittatura» (tale la lucida diagnosi di P. Rossi, op. cit., vol. IV, p. 150) – andò esplicando la sua aggressività in tutte le direzioni. Non è il caso di ricordare il moltiplicarsi delle intimidazioni, delle diffide, delle bastonature (ne seppe qualcosa Giovanni Amendola, aggredito a Montecatini, da squadristi capeggiati da Carlo Scorza). Basti ricordare che dal 12 febbraio di quell’anno la segreteria del partito fascista era stata assunta da Roberto Farinacci, già socialista rivoluzionario, violento rappresentante dell’ala più estremista del fascismo. L’Aventino che aveva raccolto i resti della opposizione si andava via via sgretolando. La seduta del Consiglio d’Amministrazione bocconiano avveniva alla vigilia di quel novembre che avrebbe visto la soppressione di fatto della libertà di stampa (soppresse la «Rivoluzione Liberale» e la «Giustizia», riformata con indirizzo filofascista la «Stampa», acquistate dagli industriali fratelli Crespi le quote di proprietà di Albertini, anche il «Corriere della Sera» si accodava chiaramente al carro fascista); quel novembre che avrebbe visto l’emanazione delle prime «leggi di regime» (ricordo solo la legge 2029 che praticamente aboliva il diritto di associazione). Tutto procedeva lungo i binari che, immancabilmente, avrebbero portato all’uscita, di lì a un mese, il 24 dicembre, della legge sulle prerogative sul capo del governo: collocato sullo stesso piano del re, al duce sarebbero stati conferiti poteri illimitati. Il De Profundis per la democrazia italiana era stato, di fatto, già intonato.
↑ 6
Bianchi A. (Merceologia); Bolaffio L. (Diritto commerciale, industriale e marittimo); Bonfante P. (Storia del commercio); Cabiati A. (Politica Commerciale e Legislazione Doganale); Coletti F. (Statistica demografica ed economica); De Marchi L. (Geografia economica e commerciale); Einaudi L. (Scienza delle finanze); De Magistris L.F. (Geografia dell’Africa); Filipic A. (Lingua serbo-croata); Frescura B. (Geografia economica e commerciale); Gini C. (Patologia economica); Gobbi U. (Principi di economia politica); Greco E. (Tecnica bancaria); Hazon M. (Lingua inglese); La Lumia I. (Istituzioni di diritto privato); Longo C. (Diritto internazionale); Molinari E. (Chimica merceologica); Mortara G. (Principi di statistica e statistica degli affari); Nicolini L. (Lingua tedesca); Olivetti G. (Legislazione del lavoro); Pacchioni G. (Direzione insegnamento lingue); Piazza S. (Matematica finanziaria); Pozzi V. (Contabilità di Stato e Finanza locale); Prato G. (Storia delle dottrine economiche); Ranelletti O. (Istituzioni di diritto pubblico); Rigola R. (Politica e legislazione operaia); Santi R. (Scienza politica); Sanvisenti B. (Lingua spagnola); Tajani F. (Tecnologia industriale); Vandey A. (Lingua francese); Zappa G. (Titolare della cattedra di Ragioneria Generale con l’aiuto di Bettini e Zippel e l’incarico di presiedere agli insegnamenti di tecnica mercantile con l’aiuto di Caprara e quelli di Tecnica amministrativa delle imprese industriali con l’aiuto di D’Ippolito). Inoltre al dr. Mattioli R. era affidato l’incarico delle esercitazioni di Economia politica e al dr. Zorzi R. quello di coadiuvare il prof. Nicolini. Il dr. Tagliacarne era confermato assistente all’Istituto di Economia.
↑ 7
In ogni caso chi volesse avere un quadro delle borse e degli assegnatari delle medesime non avrà che da scorrere gli Annuari della Bocconi dei diversi anni accademici. Esso vi è puntualmente esposto.
↑ 8
Ricordo soltanto che già alla fine di novembre del 25 un attentato a Mussolini, organizzato dall’ex deputato Tito Zaniboni con il generale Luigi Capello (l’ex comandante della seconda armata) e da Domizio Torrigiani, gran maestro della massoneria, andò a vuoto grazie ad un confidente della polizia. I cospiratori furono arrestati prima che lo Zaniboni riuscisse a sparare al duce da una finestra dell’albergo Dragoni situato davanti al balcone d’angolo di Palazzo Chigi dal quale Mussolini era solito affacciarsi. Zaniboni, Capello e un contumace (tale Angelo Arzulla) furono condannati a trent’anni di reclusione (imputati minori ebbero pene varianti tra i sette e i dodici anni). Il Torrigiani sarebbe stato inviato al confino quando, qualche mese dopo, fu istituito.
Il 7 aprile del 26, all’uscita dal Campidoglio, il duce fu lievemente ferito da un colpo di rivoltella sparato da un’anziana signora inglese, certa Violet Gibson, che se la cavò con l’espulsione da Regno, risultando essere già stata ospite di un asilo di mentecatti.
Sei mesi più tardi, il 4 settembre, un giovane anarchico di Carrara, già riparato in Francia e rientrato con la precisa intenzione di uccidere Mussolini, a Porta Pia, al passaggio della macchina che aveva a bordo il duce, lanciò una bomba a mano che ferì leggermente alcuni passanti. Il Lucetti, con due presunti complici, si vide condannato a trent’anni di carcere.
Non ci fu processo perché il giovanissimo attentatore, Anteo Zamboni, fu letteralmente fatto a pezzi sul posto, nell’attentato subito dal duce il 31 ottobre successivo a Bologna: la pallottola si limitò a lacerare sul petto il vestito del capo del fascismo. Forse qualcuno, al cospetto di tanto sfacciata fortuna, cominciò a pensare a quella frase che successivamente fu pronunciata: «Mussolini, l’uomo della Provvidenza».
Non sto a ricordare le tante e più o meno violente reazioni dei militanti fascisti dopo siffatti, falliti attentati. Alfredo Rocco, passato dalla presidenza della Camera al Ministero della Giustizia, forse pensò di non aver commesso un ignominiosa azione proponendo il disegno di legge che istituiva il «Tribunale speciale per la difesa dello Stato» e ripristinava la pena di morte (abolita in Italia dal 1889).
Certo tutto concorse a indurre gli avversari del regime a entrare sempre più in clandestinità. Dal 1926 al 1928 si moltiplicarono gli espatri degli antifascisti, soprattutto verso la Francia. E questo spiega il succedersi degli attacchi della stampa fascista nei confronti del Paese transalpino.
↑ 9
Non sto a ricordare le numerose e abbastanza complicate clausole dello statuto. Rammento solamente che la Fondazione fu istituita con strumento notarile del 19 dicembre 1925 dal laureato bocconiano dr. Antonio Foglia per onorare, ripeto, la memoria del fratello ing. Giovanni Battista, capitano del 1° Genio Zappatori «caduto sul Piave, la fronte rivolta al nemico» il 21 giugno 1918, decorato di medaglia d’argento e per ricordare un suo giovane amico concittadino rimasto vittima di un atto di violenza politica. In estrema sintesi: il dr. Foglia rimise al Rettore Sraffa L. 100 mila effettive investite in titoli del debito pubblico Prestito Nazionale 4.50%, emissione del 1° gennaio 1915 per L. 125 mila di capitale nominale ammortizzabile in 25 anni (cioè entro il 1940). Posto che il prestito sarebbe stato rimborsato in L. 125 mila effettive nel ’40, il reddito annuo della Fondazione sarebbe stato di oltre L. 7.000. Ora, dettava precisamente lo statuto, «per raggiungere tale cifra [L. 7 .000 sarebbe stato il premio-borsa pagato annualmente a uno o diviso fra due studenti meritevoli a giudizio insindacabile del Consiglio direttivo bocconiano] è necessario che il Comitato della Fondazione integri la rendita proveniente dalle cedole semestrali col ricavo annuale di una vendita parziale di titoli sino ad esaurimento per il 1940 della L. 25 mila nominali in più state consegnate dal Dr. Foglia. A tale scopo L. 100 mila nominali di detti titoli saranno intestati alla Fondazione sino al loro rimborso alla pari nel 1940 e le rimanenti L. 25 mila nominali di detti titoli saranno conservate al portatore e disponibili nelle mani del Rettore dell’Università Commerciale Bocconi».
↑ 10
Si procedette, come risulta dal punto 2 dell’ordine del giorno, anche alla ricomposizione del Comitato ristretto del Consiglio che risultò formato dal Presidente Bocconi, dal vicepresidente Pirelli, dal dr. Tummineli, dall’on. Gnocchi e, naturalmente, dal Rettore Sraffa. Tumminelli fece notare l’incompatibilità della sua nuova funzione di Consigliere Delegato con quella di revisore dei conti e, seduta stante, il Consiglio nominò revisori dei conti l’on. Salterio e l’ing. Targetti.
↑ 11
Erano parecchi i giovani che superati gli esami in un altro Istituto cercavano di reiscriversi alla Bocconi per frequentare il 4° anno ed ivi laurearsi.
↑ 12
Come ho già ricordato in una precedente nota chi volesse avere più dettagliate informazioni in proposito può, del resto, far capo agli Annuari dell’Università che regolarmente segnalano i vari tipi di borse e i nomi dei vincitori.
↑ 13
Io leggerei «gerarchie fasciste».
↑ 14
Il funzionario della biblioteca verso il quale si rivolsero le violenze degli studenti era il direttore della biblioteca stessa chiamato alla carica, come ho già anticipato più addietro, due anni prima. Il prof. Fausto Pagliari, cremonese, socialista turatiano convinto, era persona di eccezionale cultura, di doti mnemoniche inconsuete, di una intensità di lavoro straordinaria, di una squisita capacità nel gestire i rapporti con chiunque avesse avuto bisogno dei suoi consigli; lo aiutava l’uso di un gergo che era una sapiente miscelatura di italiano, dialetto milanese e dialetto cremonese. Ho avuto la fortuna, e ne ringrazio il destino, di lavorare al suo fianco per parecchio tempo tra il 1947 e il 1948.
I professori oggetto di aggressioni e prepotenze da parte di quella «squadra di studenti» (potremmo definirli «squadristi»), a cui alludeva Sraffa, furono Einaudi, Cabiati, Luzzatto e Porri. Anche la Bocconi, insomma, non poteva non essere lambita dagli isterismi fascisti.
↑ 15
Essi erano rispettivamente i rappresentanti di enti locali.
↑ 16
Il consigliere sen. Casati si compiaceva che gli abbonamenti agli Annali di Economia pubblicati dall’Ateneo dessero un rilevante introito in denaro che si aggiungeva ai vantaggi recati dallo scambio della pubblicazione con riviste italiane e straniere.
↑ 17
Il governo fascista, con indubbia abilità diplomatica, era riuscito a riscuotere simpatie e addirittura ammirazione da parte delle più importanti Nazioni: basterebbero a provarlo le apologetiche dichiarazioni fatte a Roma nel gennaio del 1927 da Winston Churchill e, sostanzialmente, avallate dal governo di Londra. Forte di questi espliciti o impliciti consensi anche stranieri Mussolini non mancò di alzare sempre più la voce e le pretese, assistendo con arrogante e minacciosa presunzione agli espatri clandestini dei rappresentanti delle correnti antifasciste. Dal 1926 al 1929, si ricorse anche ad imprese di grande audacia. Basti ricordare l’evasione compiuta dal confino di Lipari, dopo due tentativi falliti, da Rosselli, Lussu e Nitti il 27 luglio 1929 con un potente motoscafo pilotato da quell’Italo Oxilia, che già era riuscito a trasferire clandestinamente Filippo Turati da Savona alla Corsica. La Francia divenne la base più importante del fuoruscitismo antifascista ed ivi i sicari del regime maggiormente e più crudelmente operarono. Si pensi solo alla uccisione del fratelli Rosselli a Bagnoles-sur-Orne il 9 giugno 1937. In esilio morirono nel 1932 Filippo Turati e l’anno successivo Claudio Treves. Ripensando al tragico fenomeno del fuoruscitismo antifascista il pensiero corre ad una osservazione di Voltaire. «On a prétendu dans plusieurs pays qu’il n’était pas permis à un citoyen de sortir de la contrée ou le hasard l’a fait naitre; le sens de celte loi est visiblement: ce pays est si mauvais et si mal gouverné que nous défendons à chaque individu d’en sortir, de peur que tout le monde n’en sorte» (citata anche da P. Rossi, op. cit., p. 173). Il deflusso degli avversari del regime verso l’estero fu continuo e in certi momenti massiccio. Ma non si giunse mai ad organizzare un movimento che riuscisse a disgregare, in Italia, il regime dittatoriale che vi era stato instaurato. Ed anche i responsabili dell’amministrazione bocconiana, pur mai compiendo azioni che facessero pensare ad una chiara adesione all’autoritarismo imperante, si videro costretti dalle circostanze, per salvaguardare la sopravvivenza dell’Ateneo, a prendere qualche provvedimento che mascherasse l’insanabile divergenza con la politica governativa e consentisse il mantenimento di quella «libertà» di pensiero e di azione che era elemento consustanziale della Istituzione voluta da Ferdinando Bocconi.
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Riconfermata la presenza di Gobbi sulla cattedra biennale di «Economia politica» furono previste esercitazioni al 1° e al 2° corso da affidarsi agli assistenti Breglia (assistente pure all’Istituto di Economia) e a Lucini, fresco laureato bocconiano. Alla cattedra di «Statistica e demografia», ancora conferita al binomio Mortara-Caletti sarebbe stata aggiunta un’ora ad opzione per gli studenti del 3° e 4° anno (Coletti). Con la scomparsa del compianto prof. Frescura le 6 ore di lezione di «Geografia economica» avrebbero dovuto passare a De Magistris, già però gravato dalle esercitazioni settimanali (rese obbligatorie per chi volesse discutere tesi e tesine in questa materia): sarebbe stato auspicabile dare un aiuto a De Magistris (e si pensava al giovane laureato Colò, vincitore anche del premio Notari). Nulla di cambiato per «Scienza delle Finanze, Diritto finanziario e Contabilità di Stato», con Borgatta aiutato dal Dell’Olio. Altrettanto per le «Istituzioni di diritto privato» affidate al Longo che, tuttavia, avrebbe dovuto considerare anche qualche aspetto di «Diritto internazionale privato» e di «Diritto processuale civile». Nel corso di «Istituzioni di diritto pubblico», ancora conferito a Ranelletti, avrebbe dovuto essere inclusa anche la parte speciale di «Diritto amministrativo», da abolirsi come corso autonomo, così da ridurre il carico per gli studenti del 3° e 4° anno, e sarebbe stato consigliabile offrire agli allievi qualche elemento di «Diritto sindacale». Complicata appariva la situazione per «Diritto commerciale, industriale e marittimo» che, per la rinuncia di Sraffa, mancava anche per l’anno a venire di un titolare. Ancora provvisoriamente il Bolaffio avrebbe dovuto svolgere corsi al 3° e 4° anno lezioni sui «Titoli di credito» e sul «Fallimento», e al 2° anno, coordinate a quelle del Longo, si sarebbero dovuto tenere lezioni di «Diritto commerciale» e di «Diritto Industriale e Marittimo»: quest’ultimo da affidare ancora all’avv. Clemente Persico, se Bolaffio avesse accettato l’insegnamento del 2° corso. A Longo sarebbe ancora spettato il corso di «Diritto internazionale»; ma una modifica avrebbe dovuto essere introdotta quando gli attuali allievi del 1° corso fossero giunti al 4° anno, avendo essi già frequentato un corso di «Diritto Internazionale privato» nell’àmbito di quello di «Istituzioni di diritto privato». Per «Matematica finanziaria», lasciando immutato l’insegnamento di Piazza sulla base di 4 ore settimanali nel 2° anno, il corso del 1° anno avrebbe dovuto essere ridotto a 3 ore, stralciando la parte sui cambi che più opportunamente avrebbe dovuto trovare la sua sede nel corso di «Computisteria». Nel corso di «Ragioneria generale e applicata» su proposta di Zappa sarebbe stato opportuno introdurre due ore di esercitazioni per gli allievi non provenienti dagli istituti tecnici (di ragioneria): se ne sarebbe potuto interessare il Borroni che aveva già dato eccellenti prove come didatta. Avrebbe dovuto rimanere al Caprara il corso generale di «Tecnica mercantile», mentre alle 2 ore di esercitazioni, organizzate sistematicamente, avrebbero pensato Polano, Bettini e Zippel. Sotto la direzione di Zappa, oltre alle 3 ore del corso generale, D’Ippolito avrebbe dovuto svolgere esercitazioni settimanali (2 ore); in un gruppo di lezioni si sarebbero dovuto illustrare i caratteri del mercato dei cotoni e dei grani. Le 3 ore settimanali di «Applicazioni di ragioneria professionale» sarebbero state ancora assegnate a E. Greco e a Colli. Al solo Bettini avrebbero dovuto essere conferite le due ore di «Principi di tecnica bancaria», mentre Zippel avrebbe trattato delle operazioni di lunga scadenza e dei cambi. Invariato l’insegnamento della «Storia del commercio» svolto dal Bonfante. Sarebbe rimasto incardinato su tre perni il corso di «Politica economica»: la «Politica doganale» a Prato, il quale avrebbe dovuto riservare qualche lezione anche alla «Politica commerciale» con particolare riguardo al mercato cotoniero e granario: a S.E. Alberti, già invitato l’anno precedente, sarebbe stato riconfermato l’insegnamento della «Politica monetaria».
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Si pensò di riorganizzare l’insegnamento in modo da dare o richiamare ai giovani le nozioni fondamentali di Chimica. In ogni caso, «come già fece il prof. Maldifassi (che sostituì Molinari durante la sua malattia), l’insegnamento della Merceologia dovrebbe essere spezzato in corsi monografici. Ne diedero un valido esempio anche i dott. Colombo e Pontecorvo trattando, rispettivamente, della seta e delle fibre tessili. Sarebbe augurabile che nel veniente anno si trattasse, in modo approfondito, dei cotoni e dei grani. Assai opportuni potrebbero essere dei cicli di conferenze di carattere tecnologico da affidare agli esponenti principali del mondo industriale cotoniero (il Consiglio pensava al Tarlarini, allo Jucker, all’Olase) e del settore granario (il Pozzani)». Codesti cicli di conferenze avrebbero dovuto essere preceduti da lezioni introduttive di Tecnologia industriale da affidare al Tajani, che avrebbe dovuto essere altresì il coordinatore dei vari cicli. Inoltre, prendendo ad esempio i Musei merceologici di Roma e Genova, anche alla Bocconi, avvalendosi del prof. Bianchi si sarebbe dovuto attrezzare un Museo merceologico «di cui c’è ora soltanto un embrione». Il Bianchi avrebbe dovuto organizzare visite a stabilimenti industriali «altro mezzo per intensificare i rapporti fra la nostra Scuola e l’Industria».
↑ 20
A Tajani sarebbe stato nuovamente assegnato il corso speciale su «I Trasporti sotto l’aspetto economico». Tajani avrebbe poi avuto gli incarichi segnalati nella nota precedente. Per la «Politica coloniale con particolare riguardo all’Impero britannico», corso a carico della Serena Foundation, l’insegnamento sarebbe stato conferito ancora al prof. Romano, il quale avrebbe, tuttavia, dovuto dedicare qualche attenzione anche all’«ordinamento della proprietà in Libia che ha attualmente un interesse particolare». Al Coletti sarebbe stato assegnato un nuovo corso sull’«Economia dell’Agricoltura», «che darebbe l’occasione di venire a conoscere i caratteri agrari delle diverse regioni italiane». La «Storia delle dottrine economiche» era un corso obbligatorio, tuttavia non impartito nei RR. Istituti di Scienze economiche. Per quanto nel verbale non se ne parli non è da escludere che l’abrogazione da corso obbligatorio e il trasferimento a corso speciale fosse da ricondurre ad un intervento ministeriale. Il Consiglio bocconiano, nel riconoscere che il corso è tenuto «magnificamente dal prof. Prato e torna a decoro della nostra Università», si rifiutò di sopprimerlo e ne giustificò il passaggio tra quelli speciali richiamandosi alla «opportunità di alleggerire l’onere di lezioni gravante sui nostri studenti». Nel concludere le discussioni sui corsi speciali il Consiglio propose «per gli studenti del 1° corso la istituzione di un corso libero (senza obbligo di esame) che potrebbe intitolarsi ‘Filosofia dell’organizzazione’». E si manifestò la speranza che fosse introdotto un insegnamento libero di ‘Stilistica Commerciale’ (sic).
Quanto alle lingue estere si stabilì l’obbligatorietà assoluta del francese: a scelta l’inglese o il tedesco. Rimasero facoltativi lo spagnolo e il serbo-croato. Si stabilì pure che fosse continuato «l’esperimento felicemente iniziato lo scorso anno di conversazioni serali di francese – inglese – tedesco da svolgersi da parte degli industriali, commercianti e banchieri che già ci hanno dato la loro collaborazione e di iniziare anche corsi, pure serali, di avviamento alla conversazione che potrebbero opportunamente affidarsi ai proff. Hazon, Nicolini e Revel». Infine, tenuto conto della diseguale preparazione che veniva data agli studenti provenienti dalle scuole secondarie, il Consiglio prima di porre termine ai lavori propose che si istituisse «una specie di corso preparatorio per i giovani che si rivelino incapaci di seguire subito proficuamente il corso ordinario di 1° anno».
↑ 21
«Il Consiglio Direttivo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi (visto l’art. 39 del testo unico approvato con R.D. 28 agosto 1924, n. 1618 sull’ordinamento degli Istituti Superiori Liberi di Scienze Economiche e Commerciali; e visto l’art. 7 dello Statuto dell’Università Bocconi, approvato con R.D. 8 marzo 1925, n. 547) ai fini di costituire un corpo accademico proprio, visto che il Bilancio consente l’assunzione dei relativi oneri, delibera la istituzione di tre posti di professori di ruolo per ciascuno dei quali viene assegnato il trattamento economico dei Professori delle R.R. Università.
A tale effetto il Consiglio delibera che nel Bilancio del prossimo anno sia iscritto lo stanziamento globale di L. 100.000, salvo rettifica a seguito delle nomine che saranno effettuate e dà mandato al Comitato di determinare e compiere ogni ulteriore atto per l’esecuzione della presente deliberazione anche, ove occorra, un’accettazione delle aggiunte o modifiche richieste dalla Superiori Autorità.
Il presente ordine del giorno viene approvato all’unanimità».
↑ 22
«Il Prof. Gino Zappa viene nominato col nuovo anno accademico 1928-29 professore stabile di “Computisteria e Ragioneria Generale e Applicata” alle stesse condizioni dal medesimo godute nell’attuale suo ufficio di Professore statale nel R. Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Venezia.
Agli effetti del trattamento di pensione, a’ sensi delle vigenti leggi, si riconosce la decorrenza a partire dal 15 novembre 1906, data di inizio dell’insegnamento del prof. Zappa, quale incaricato alla Scuola Superiore di Commercio di Genova.
Inoltre le stesso prof. Zappa, per tutta la durata dell’insegnamento, viene assunto quale Direttore dell’Istituto di Ricerche Economiche – Commerciali e di Ragioneria con l’annuo stipendio di L. 70.000.
Si dà atto che tale stipendio è convenuto anche a titolo di integrazione dello stipendio riconosciuto al prof. Zappa pel titolo precedente, e pertanto continuerà a decorrere a favore di lui e a formare base per computo della pensione, anche nel caso in cui l’Istituto di Ricerche Economiche-Commerciali e di Ragioneria venga a cessare o il prof. Zappa venga dispensato dal prestarvi opera.
A fronte di tale speciale trattamento che l’Università Bocconi è lieta di attribuire al prof. Zappa pel suo alto merito scientifico e didattico, il prof. Zappa si obbliga a prestare l’opera propria oltre che nel corso del 2° anno anche in un altro corso annuale speciale sempre rientrante nell’orbita del suo normale insegnamento (come ad esempio un corso per la sezione di magistero o altro analogo insegnamento nella stessa Università Bocconi o speciale sezione di studi istituenda presso la medesima).
Si dà pure atto che il suindicato trattamento economico al prof. Zappa rimane fermo anche nel caso in cui l’Università non intenda valersi della facoltà come sopra attribuitale del 2° insegnamento».
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Così come per le altre fondazioni testé ricordate il lettore potrà trovarne lo statuto in allegato al processo-verbale della riunione del Consiglio Direttivo.
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Prefazione
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Milano città universitaria
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«Bocconi über Alles!»: l'organizzazione della didattica e la ricerca (1914-1945)
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L'aula e l'ufficio: il consiglio direttivo dell'Università Bocconi al lavoro (1915-1945)
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Gli studenti e la loro università nei trent'anni da una guerra all'altra (1915-1944)
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Appendice