Storia della Bocconi

1915-1945. Tra le due guerre

L’associazione laureati per gli studenti


Parole chiave: ALUB

Per tutto il periodo di guerra «la Direzione della segreteria (cioè Girolamo Palazzina) si tenne in costante corrispondenza con gli studenti ed i laureati sotto le armi e, col concorso fervido ed affettuoso di studenti non soggetti ad obblighi militari, curò la pubblicazione e l’invio di uno speciale Bollettino di notizie che riuscì sempre particolarmente caro ai combattenti ed ebbe l’elogio dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Boselli»[1].

Il senso di appartenenza ad una libera e prestigiosa istituzione aveva stimolato un gran numero di bocconiani ad aderire all’Associazione Laureati dell’Università Bocconi fin dal momento in cui era sorta, nel 1907, su iniziativa dell’infaticabile Leopoldo Sabbatini[2]. La comune condizione di richiamati nella quale si trovarono fianco a fianco laureati e studenti bocconiani nei quattro anni della Grande Guerra approfondì il legame emotivo fra gli uni e gli altri e rafforzò la funzione di suggerimento e proposta dei primi nell’interesse dei secondi[3]. In una seduta del consiglio di amministrazione dell’Alub tenutasi nel gennaio del 1914, per la prima volta in maniera esplicita vennero discussi i suggerimenti avanzati dai laureati a proposito dello «svolgimento dei vari insegnamenti nell’Università»[4]. Essendo emerse in proposito due tendenze inconciliabili venne deciso di insediare una commissione incaricata «di esaminare gli argomenti in discussione, di compilare una relazione per poi presentarla alla presidenza»[5] della Bocconi.

Tutti e tre i commissari prescelti erano ragionieri laureati[6]. Alla fine di gennaio essi misero al corrente il consiglio dei risultati delle loro riflessioni e proposero di invitare il Presidente e Rettore dell’Università Sabbatini ad una prossima riunione del consiglio[7]. L’incontro ebbe luogo ai primi di maggio. Il Rettore sollecitò i consiglieri «ad esporre i loro eventuali desideri od apprezzamenti» dichiarandosi pronto a considerare quanto gli fosse sembrato «fondato ed utile»[8]. Al termine dell’esposizione, Sabbatini apprezzò «l’intento delle osservazioni fatte che ritenne, però, di carattere troppo generico»[9] ed invitò i suoi interlocutori a presentargli casi concreti e rimedi adeguati «confermando la sua intenzione di provvedere nel modo che sarà indicato più opportuno»[10]. Evidentemente il timore reverenziale che i laureati nutrivano verso l’inventore della Bocconi prevalse sulla incisività e precisione delle diagnosi e delle relative terapie suggerite.

La morte di Sabbatini, a nemmeno un mese di distanza da quell’incontro, non interruppe il dialogo cercato ed avviato fra i laureati e la loro Università. In luglio l’Alub aveva già ripreso contatto con il Consiglio Direttivo e, in agosto, col deputato socialista e avvocato Luigi Majno[11], in procinto di assumere il rettorato. Incontri fra le parti si tennero anche in ottobre e novembre, poi l’emergenza bellica prese il sopravvento su ogni altra preoccupazione e cura. Alla fine del 1917, dopo aver consultato un gran numero di soci, due gruppi di studio espressi dal consiglio d’amministrazione predisposero altrettanti documenti, inviati al Consiglio Direttivo della Bocconi nei primi giorni del ’18, con precise quanto concrete proposte di revisione dell’insegnamento delle lingue straniere e della Ragioneria.

Circa le lingue venne fatto osservare[12] che la maggior parte dei laureati «non aveva del francese (la prima lingua internazionale di allora) quella conoscenza perfetta o quasi che si potrebbe esigere ed ha cognizioni troppo scarse»[13], delle altre tre lingue scritte e parlate: inglese, tedesco e spagnolo. «Considerando le probabilità del dopoguerra, certamente la mancata conoscenza del tedesco è venuta a diminuire di gravità rispetto all’ignoranza dell’inglese (…) nell’avvenire è infatti più che probabile a) una minore importanza (…) delle relazioni commerciali coi paesi tedeschi; b) una minore difficoltà di corrispondere in altre lingue (italiano, francese, inglese) coi paesi ove prima il tedesco era la lingua più corrente del commercio estero (Russia ed in particolare Polonia, Paesi Balcanici e sud Brasile). Pertanto, mentre prima della guerra si sarebbe potuto esitare nell’assegnare al tedesco o all’inglese il primo posto dopo il francese, ora la scelta sembra non dubbia a favore dell’inglese, la cui conoscenza si può affermare, nel laureato in scienze economiche e commerciali, assolutamente indispensabile»[14].

Dopo questa acuta analisi di scenario, il documento proseguiva identificando le cause dell’insufficiente conoscenza delle lingue nelle basi scadenti offerte dalle scuole secondarie, nell’inadeguato insegnamento bocconiano, nella mancanza o insufficienza di tirocinio pratico[15]. Dopo aver ribadito l’urgenza di interventi strutturali ed incisivi[16], a proposito del secondo e del terzo punto gli estensori conclusero suggerendo proposte concrete quali: fissare l’obbligatorietà di francese ed inglese lasciando agli studenti la scelta della terza lingua fra tedesco e spagnolo; nominare almeno due insegnati per ogni lingua; aumentare di un’ora la settimana i corsi di tedesco; usare maggiore severità negli esami; incoraggiare «in ogni modo» il perfezionamento all’estero; abbandonare l’idea d’introdurre l’insegnamento di altre lingue. A proposito del penultimo punto, l’Alub si dichiarava disponibile e desiderosa di collaborare con l’Università[17].

Il testo si chiudeva con alcune notazioni delle quali si diceva responsabile il solo consiglio d’amministrazione «il quale è però sicuro d’interpretare pienamente l’aspirazione unanime dei Colleghi di vedere messo rimedio d’urgenza ad uno stato di cose che (a parte ogni altra considerazione) essendo facilmente notata dal pubblico, non sempre benevolo, con cui i Laureati sono a contatto, riesce di grave e crescente disdoro all’università ed ai Laureati stessi»[18].

La estesa e particolareggiata relazione riguardante gli insegnamenti di contabilità affrontava di petto un groviglio di questioni assai delicate i cui riflessi si spingevano all’esterno dell’Università, fino a toccare i conflitti, mai del tutto sopiti, fra ragionieri e dottori in scienze economiche e commerciali esercenti la libera professione[19]. In un breve preambolo si affermava che la preparazione contabile dei bocconiani era «assolutamente indispensabile»[20], non solo perché molti di loro cominciavano l’attività professionale come contabili presso le aziende private, ma soprattutto perché «la conoscenza della contabilità costituisce (…) uno dei fattori più utili della loro cultura, qualunque sia la posizione che essi occupino nella vita dei commerci, delle industrie e della libera professione»[21].

Secondo l’anonimo estensore, le informazioni raccolte presso gli studenti, il «forte numero di approvazioni a semplice sufficienza»[22] negli esami delle discipline contabili e la «mediocre (… o) cattiva prova pratica»[23] data presso varie aziende dai laureati agli inizi della loro carriera provavano, al di sopra di ogni possibile dubbio, che era «indispensabile ed urgente nell’interesse degli allievi e per il buon nome dell’Università un riordinamento completo delle discipline contabili, fatto con criteri severi e senza preoccupazione alcuna per le persone che eventualmente ne venissero colpite»[24].

Undici pagine fitte di avvertimenti e di suggerimenti disegnavano un riassetto globale ed organico degli insegnamenti e della didattica. Anzitutto conveniva affidare il corso di Contabilità generale ad un docente titolare di cattedra almeno negli Istituti tecnici e quello di Pratica bancaria e di Banco modello a persona preferibilmente pratica, laureata in Bocconi o in una Scuola superiore di Commercio, che fosse capo contabile presso una grande azienda bancaria, industriale, di assicurazioni, commerciale, di esportazione, ecc., e che tuttavia assicurasse la sua costante presenza. In secondo luogo, oltre all’obbligo di tenere regolarmente lezione, conveniva che i docenti assumessero l’impegno di preparare le esercitazioni facendosi assistere da collaboratori di loro fiducia, scelti col consenso del Rettore.

Le esercitazioni, considerate fondamentali sotto il profilo didattico, dovevano essere svolte sotto la direzione e la responsabilità del docente ed andare «di pari passo con gli insegnamenti teorici da lui impartiti»[25]. Anche gli esami dovevano essere improntati alla «massima rigorosità»[26]. A fine corso, gli allievi avrebbero dovuto depositare tutte le esercitazioni pratiche fatte nell’anno tenute con ordine e in forma decorosa. «Qualora taluno degli allievi affidasse ad altri la copiatura delle esercitazioni potrebbe, su proposta del professore e con decisione del Rettore, essere escluso dagli esami anche per entrambe le sessioni»[27]. Si suggeriva che la prova scritta d’esame consistesse di due parti: un tema di natura contabile ed una esercitazione. «La prova orale, più che un esame di cognizioni teoriche, dovrebbe ancora essere un esame pratico su quesiti di varia natura proposti dalla Commissione»[28]. Nel computo del voto, infine, si raccomandava di «tener conto di tutti i coefficienti sopra indicati, avvertendo che la sufficienza deve rappresentare una effettiva discreta conoscenza della materia, non una semplice e spesso molto confusa infarinatura di cognizioni apprese all’ultima ora ad uso esclusivo dell’esame che si deve sostenere»[29].

Nella seconda parte, gli estensori della relazione proponevano un piano di riorganizzazione dei corsi consistente nell’introduzione di un esame orale e scritto a metà del biennio di Ragioneria, nell’iterazione di Pratica bancaria nel quarto anno in parallelo con i due corsi di Banco Modello del terzo e quarto anno, nella divisione in gruppi degli allievi delle esercitazioni, in modo da simulare il funzionamento dell’amministrazione di una grande impresa, con scambio dei ruoli nelle principali branche amministrative. Lo sdoppiamento dei gruppi di esercitazioni, qualora gli allievi fossero troppo numerosi, e la fornitura da parte dell’Università di tutto il materiale indispensabile come registri, moduli, schedari, ecc., completavano il quadro[30].

Le ultime cinque pagine dell’accurata relazione si soffermavano sull’esigenza di coordinamento fra i vari insegnamenti contabili ed altre discipline come Matematica finanziaria, Economia politica e Diritto commerciale «onde evitare ripetizioni non solo inutili, ma dannose»[31]. A maggior ragione conveniva coordinare i «vari insegnamenti contabili fra loro e più particolarmente fra la Contabilità generale da una parte, il Banco modello e la Pratica bancaria dall’altra»[32]. Gli ultimi due, infatti, come ideale continuazione del primo, che doveva essere propedeutico, andavano svolti come corsi di completamento. Per realizzare il non facile intento, gli autori del rapporto arrivarono «a tracciare a grandissime linee uno schema di programma quale ci suggerisce l’esperienza di laureati che hanno vissuto da tempo in aziende diverse con mansioni diverse, avvertendo peraltro che tale schema muove dal principio di ottenere (…) un miglior coordinamento degli insegnamenti con una radicale modificazione di essi»[33].

L’impianto prefigurato nella relazione è riassumibile in una tabella:

 

Tabella 5 Progetto dei corsi di Contabilità predisposto dall’Alub[34] (1918).

Anni

Insegnamenti

Contabilità generale I°, 4 ore sett. comprensive delle esercitazioni

II°

Contabilità generale II°, 4 ore sett. comprensive delle esercitazioni

III°

Pratica bancaria, 3 ore settimanali

Banco modello, 4 ore settimanali comprensive delle esercitazioni

IV°

Pratica bancaria, 2 ore settimanali

Banco modello, 3 ore settimanali comprensive delle esercitazioni

 

A cominciare dall’anno accademico 1920-21, cioè sei anni dopo i primi desiderata indirizzati alla presidenza e al rettorato[35], si ebbero gli effetti concreti delle critiche e dei suggerimenti dell’associazione dei laureati bocconiani. Le innovazioni riguardano tanto le lingue quanto le discipline tecniche.

Gli esami di lingue vennero equiparati a quelli delle materie scientifiche e tecniche, sicché scattò l’obbligo di sostenerli per ottenere la promozione anno per anno[36]. In tal modo si aggravò il peso del fatidico «catenaccio» ed aumentò il numero dei ripetenti. Per favorire la pratica delle lingue da parte degli studenti vennero istituite sette borse di studio estive residenziali[37], da attribuire a quegli allievi del 3° e 4° anno che avevano felicemente superato tutte le prove d’esame e che avevano riportato eccellenti votazioni per l’appunto nelle lingue.

Il comparto disciplinare di Ragioneria e delle Tecniche venne interamente riordinato andando ben oltre le raccomandazioni dell’Alub accolte solo con riguardo alla Ragioneria generale ed applicata, il cui insegnamento venne affidato a Gino Zappa[38]. Per il resto, il Consiglio Direttivo introdusse un insegnamento di Tecnica mercantile al secondo anno, un corso di Tecnica bancaria al terzo (affidato al discusso Greco, ch’era solo ragioniere) e uno di Tecnica amministrativa delle imprese industriali al quarto (titolari i professori Zappa e Bettini)[39].


1

ASUB. b. 22/3, 2°, Relazioni al Ministero, Relazione su studenti iscritti e laureati dal 1870 ad oggi, del 7 marzo 1940.

2

M. Cattini, Gli studenti, etc., cit., p. 349 e sgg. Nel 1915 gli iscritti erano 270, pari al 73% dei laureati, nel 1920 erano 385, pari al 70,3%, cfr. i Bollettini n. 8 e n. 11.

3

Nella sezione Cronaca dell’Associazione dell’ottavo Bollettino dell’ALUB uscito nel gennaio 1915, il Presidente Poli scriveva (p. 60): «All’attuale Presidente (dell’Università) e Rettore avemmo cura di fare presenti alcuni desiderata ed alcune osservazioni manifestate dalla generalità dei Laureati riguardanti un maggior sperabile sviluppo di alcuni corsi di insegnamento ed alcune altre questioni pure attinenti all’Università, per le quali si giustifica l’interessamento dei Laureati con l’esperienza da essi fatta della più o meno perfetta rispondenza della loro preparazione scolastica a talune necessità della vita, anche in rapporto a nuovi rami di attività che si potrebbero convenientemente sfruttare, e con la naturale aspirazione verso il raggiungimento di una ideale perfezione, la quale darà sempre maggior lustro all’Istituto a cui ci legano tanti vincoli di interesse e di affetto. I voti espressi all’Università dal consiglio dell’associazione ebbero – siamo lieti di poterlo attestare – chiaro affidamento di essere presi in considerazione e di essere fatti oggetto di conveniente studio». Gli anni difficili e duri della guerra si sarebbero incaricati di insabbiare ogni istanza innovativa.

4

Cfr. Bollettino dell’ALUB, n. 8, p. 66.

5

Ibidem, p. 67.

6

Si trattava di G. Pignotti, laureatosi nel 1906, procuratore capo contabile della Società Vinicola Italiana Florio & C., di E. Segre, laureatosi nel 1910, segretario del Touring Club Italiano e della Soc. Italiana di Aviazione di Milano e di C. Tumminelli, laureatosi nel 1910, titolare e gerente della Casa Editrice d’arte Bestetti e Tumminelli di Milano, cfr. Bollettino n. 8, pp. 33, 37 e 39.

7

Ibidem, p. 67.

8

Ibidem, p. 69.

9

Ibidem, p. 70.

10

Ibidem.

11

Ibidem, p. 72.

12

Estensore della relazione fu Mario Luzzatto, laureatosi nel 1912, all’epoca procuratore direttore di vendita del reparto pneumatici e gomme piene della Pirelli e segretario dell’Associazione italiana Industriali gomma, conduttori elettrici ed affini con sede in Milano, cfr. Bollettino ALUB n. 10, p. 31.

13

ASUB. b. 79/2, Circa l’insegnamento delle lingue nell’UCLB, 4 gennaio 1918, p. 2.

14

Ibidem, pp. 2-3.

15

Ibidem, pp. 3-5.

16

Ibidem, in proposito, un passaggio merita di essere ripreso per la sua schietta pertinenza: «Con tutta la deferenza dovuta a chi ha retto e regge l’Università, non si può però non notare che il grave male di cui qui si tratta è riconosciuto e concordemente lamentato da molti anni, mentre poco appare si sia fatto per rimediarvi. L’Università apparve, in contrapposto, facile a cedere ad illusioni e mode poco serie del momento, come quando pensò ad istituire l’insegnamento dell’Arabo. Non vorremmo si credesse di dovere istituire ora quello del russo, del serbo e dell’albanese, o come qualche avventato consiglia, quello delle “lingue orientali”! Conviene mantenersi sul terreno del positivo e dello stretto necessario, ma in questo agire con zelante ed avveduta energia», cfr. p. 5.

17

Ibidem, le proposte vennero articolate in sette punti. Il terzo, dedicato alla scelta degli insegnanti suggeriva di operare «senza preconcetti di metodo (badare a non cadere nelle illusioni di metodi sedicenti “pratici”), ma con riguardo ai risultati praticamente ottenuti. Non si dia troppa importanza, in tale scelta, neppure alla nazionalità dell’insegnante né ai suoi titoli accademici», cfr. p. 6.

18

Ibidem, p. 7.

19

M. Cattini, Gli studenti, etc., cit., pp. 354-59.

20

ASUB. b. 79/2, Relazione contabilità (anonima, ma ALUB), gennaio 1918, p. 1.

21

Ibidem.

22

Ibidem, p. 2.

23

Ibidem.

24

Ibidem.

25

Ibidem, p. 4.

26

Ibidem.

27

Ibidem, pp. 4-5.

28

Ibidem, p. 5.

29

Ibidem.

30

Ibidem, p. 7.

31

Ibidem, p. 9.

32

Ibidem.

33

Ibidem.

34

Ibidem, pp. 9-13.

35

Cfr. supra, la nota 97.

36

Cfr. Bollettino ALUB n. 11, p. 74.

37

Ibidem, p. 77, v’erano due borse di lire 4.000 per i paesi di lingua inglese, due di lire 3.000 per quelli di lingua francese e tre di lire 2.000 per i paesi di lingua tedesca.

38

Aderendo all’invito della relazione dell’ALUB, il corso biennale di Ragioneria generale ed applicata venne spartito fra Zappa e Bettini, colleghi di ruolo nell’Istituto Superiore di Commercio di Genova, per le esercitazioni si avvalsero della collaborazione dei due laureandi Ugo Caprara ed Emilio Chiesa, cfr. Bollettino ALUB n. 11, p. 72.

39

Ibidem.

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