Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Verso nuove frontiere


Parole chiave: Rettore Gasparini Innocenzo, Presidente Spadolini Giovanni, Guatri Luigi

Il 27 ottobre 1975, alla scadenza del mandato di Gianguido Scalfi, il CdA, rifacendosi alla decisione assunta l’anno precedente, nominò quale nuovo rettore Innocenzo Gasparini, affiancandolo così a Giovanni Spadolini e a Luigi Guatri nella guida dell’istituzione milanese.

Studente della Bocconi dal 1940 al 1944, Gasparini aveva svolto la sua tesi con Giovanni Demaria, che lo aveva chiamato quale assistente nelle settimane successive alla discussione. Gasparini sarebbe cresciuto alla corte del primo rettore del dopoguerra e nel 1948 sarebbe stato il primo dei giovani bocconiani a essere inviato a perfezionarsi negli USA, grazie a una borsa Rockfeller. Quella esperienza ne avrebbe segnato indelebilmente il carattere, rendendolo capace «di vedere bene i limiti e i velleitarismi del provincialismo asfittico e ben consapevole della necessità, per il nostro Paese, di saldarsi pienamente all’Occidente, prima di tutto sul piano culturale»[1] e spingendolo, una volta divenuto rettore, a condurre la Bocconi a coltivare sempre più intensi rapporti internazionali, quasi a toglierle di dosso l’immagine di «Harvard dei Brambilla»[2] con la quale certa stampa, ancora all’inizio degli anni Ottanta, etichettava l’Università.

Chiamato in Bocconi nel 1965, dopo essere passato da Sassari, Padova e Venezia, nel 1966 sarebbe stato designato alla presidenza della facoltà di Economia. Carica che avrebbe tenuto praticamente sino alla sua nomina a rettore, ponendosi al centro del processo di rinnovamento della Bocconi, convinto  come lo erano gli altri due comprimari (Spadolini e Guatri)  che bisognasse «adeguare il vecchio e glorioso ateneo milanese alle esigenze di una società che cambia, ma con la coscienza fortissima dei valori antichi, dei valori irrinunciabili e vorrei dire indispensabili della libertà e dell’autonomia accademica»[3]. Fondamentali in quel periodo furono, come si è visto, il suo contributo alla realizzazione del DES, alla costituzione del dipartimento di Economia, alle «Letture Mattioli» che, nel ricordo del grande banchiere umanista, avrebbero portato in Bocconi il fior fiore della scienza economica mondiale e gli accordi siglati con istituzioni quali l’École Supérieure des Sciences Économiques et Commerciales (ESSEC), nel 1975, e la New York University-College of Business and Public Administration, nel 1977, ai quali sarebbero seguiti quelli con Graduate School of Economics di Città del Messico, Maison des Sciences de l’Homme di Parigi, Fondazione Getulio Vargas di Rio de Janeiro e Università Karl Marx di Budapest. Prodromi di un processo di internazionalizzazione che, nei decenni seguenti, avrebbe portato la Bocconi ad aprirsi a 275 scuole partner in oltre 54 Paesi.

Innocenzo Gasparini

«Accogliere prontamente ed in forme duttili i filoni nuovi di conoscenza»

Durante i primi anni dell’incarico di Gasparini, le agitazioni studentesche negli atenei italiani andarono scemando sin quasi a placarsi; sopravvivevano solo rumorose, ma isolate proteste di alcune frange extraparlamentari. Anche la minaccia del brigatismo rosso si era andata ridimensionando, dopo l’ondata di sdegno suscitato dall’uccisione di Aldo Moro e la dura reazione delle istituzioni democratiche, e la stessa Bocconi dopo due attentati, per fortuna andati a vuoto, contro la biblioteca (30 marzo 1976)[4] e il centro contabile (21 aprile 1976), sembrava aver ritrovato una duratura pace interna, idealmente siglata dall’organizzazione, nel marzo del 1977, di una conferenza di Ateneo, alla quale intervennero i rappresentanti di tutte le componenti universitarie sul tema Il ruolo della libera Università Bocconi nel sistema universitario italiano dove, per la prima volta il sindacato avrebbe presentato il suo punto di vista sui principali temi posti in discussione in quegli anni[5].

Nel complesso disegno riformista, avviato all’inizio degli anni Settanta, anche la docenza sarebbe stata ripensata, anticipando ancora una volta norme che sarebbero state in seguito inserite nel progetto di riforma universitaria nazionale. All’origine del dibattito la necessità di superare la figura del docente unico – ormai anacronistica – e a dotare l’Ateneo di un organico stabile e in grado di rispondere efficacemente alla necessità di mantenere alta la qualità dell’insegnamento[6], di definirne con chiarezza i rapporti economici legandoli alle mansioni effettivamente svolte e di dare ordine e razionalità alla pletora dei precari: incaricati, assistenti ordinari e volontari, ricercatori, borsisti, contrattisti, assegnisti e laureati addetti alle esercitazioni dei quali, sino a quel momento, la Bocconi si era servita.

Si trattava di un problema tutt’altro che semplice, data la mancanza di precise norme al proposito, la diversità delle situazioni esistenti e la disparità nei trattamenti retributivi, anche nell’ambito di una stessa categoria, e non da ultimo di un bilancio che non consentiva eccessivi sforamenti. In questa direzione c’era poi da fare i conti anche con una tradizione che risaliva addirittura alle origini e voleva un corpo docente precario, selezionato di volta in volta fra quanto di meglio esisteva sulla piazza. E la cosa era andata avanti per più di mezzo secolo facendo sì che gli stessi rettori fossero «precari» – tanto c’era Palazzina che costituiva l’ideale collante fra l’Università e il mondo esterno.

L’opzione primigenia aveva conosciuto una sola eccezione all’inizio degli anni Trenta, quando il CdA aveva deciso di dotarsi di un suo corpo docente stabile attivando quattro cattedre (poi ridotte a tre), delle quali una sola (quella di Giovanni Demaria) sarebbe rimasta in vita nel dopoguerra quando l’economista, nominato prorettore dalle autorità alleate, sarebbe in seguito divenuto il primo rettore dell’Italia repubblicana.

Giordano Dell’Amore fu chiamato nel 1950 – e sarebbero passati quattro anni prima della chiamata successiva, quella di Aurelio Zanco, sulla cattedra di lingua e letteratura inglese. Solo alla fine del decennio, tre anni dopo che una modifica dell’art. 2 dello statuto aveva aumentato il numero degli ordinari della facoltà di Economia e commercio da due a tre, anche Francesco Brambilla (1959) sarebbe finalmente entrato nel numero ristretto degli ordinari bocconiani.

La crescita del corpo docente andò accelerando negli anni Sessanta, con un incremento dei posti di ruolo da tre a nove e, con l’inizio del decennio successivo, da nove a quattordici[7]. Il tutto però sarebbe avvenuto senza un preciso disegno e la gran parte degli insegnamenti avrebbe continuato a essere impartita da varie figure con un ruolo non istituzionalmente definito. Solo la soluzione dei problemi di bilancio e l’avvio di un disegno programmatico a medio-lungo termine avrebbero consentito di delineare una strategia nelle chiamate decidendo il raddoppio delle cattedre di prima fascia[8], ponendo le basi per la creazione del ruolo degli associati (con 22 posti, da portare nel tempo a 45)[9] e la riduzione dei molti rapporti precari, «con docenti pagati poco, ma che fanno pochissimo», grazie all’introduzione del ruolo dei ricercatori che, dopo l’approvazione del DPR 382/1980 sulla riforma universitaria e grazie alla stabilizzazione di molti contrattisti e assegnisti, avrebbe rapidamente raggiunto il numero di 50.

Girolamo Palazzina, il rettore Gasparini e Francesco Brambilla

Anche la biblioteca, che dopo l’uscita di scena di Fausto Pagliari[10] era stata abbandonata un po’ a se stessa, avrebbe avuto urgente bisogno di essere riorganizzata secondo le moderne tecniche della biblioteconomia già in uso in altre università. Al nuovo rettore che gli chiedeva «suggerimenti e proposte circa i possibili miglioramenti da apportare ai vari servizi [...] con riferimento all’eventuale attuazione di un sistema di memorizzazione dei dati stessi, mediante l’impiego di un elaboratore elettronico», Franco Max, allora capo servizio-bibliotecario, rispondeva che ben altri erano in quel momento di problemi: la biblioteca ancora risultava divisa nelle due sezioni di economia e di lingue, nonostante la facoltà di Lingue fosse ormai scomparsa da tempo; il personale risultava ormai largamente insufficiente, posto che, dal 1970, ben sei impiegati andati in pensione non erano stati sostituiti e soprattutto mancava un direttore che fosse un bibliotecario, possibilmente scelto all’interno dell’organico e reso «autonomo nelle sue mansioni, direttive e responsabilità»[11]. Solo dopo aver risolto quei problemi, egli concludeva, sarebbe stato il caso di affrontare quelli dell’informatizzazione del sistema di classificazione in uso.

Ancora più critica sarebbe stata Anna Bacigalupo, succedutagli quale responsabile della biblioteca, che in una sua «riservata sull’andamento della biblioteca»[12] dava della stessa un quadro deprimente:

L’impressione generale è della più grande confusione e disorganizzazione. Il materiale, sebbene presenti lacune considerevoli e a volte inspiegabili, è relativamente ricco, ma la sua organizzazione ed il suo trattamento sono stati pessimi. Si sono trascurati i principi più elementari di una buona gestione bibliotecaria, ed è necessaria un’azione estremamente energica in tutte le direzioni per riparare i danni che si sono accumulati nel tempo.

E via un lungo elenco di cose da fare che partiva dal magazzino «in uno stato di disordine totale», con un fondo periodici la cui «situazione è veramente caotica», passando per un orario di apertura «peggio che inutile», con sale di lettura «estremamente rumorose e dal punto di vista bibliotecario assolutamente inutili» e a un servizio di informazione e di consulenza ai lettori praticamente inesistente, per arrivare a un ufficio acquisti fuori controllo e privo di qualsiasi piano di spesa e a un personale insufficiente e poco qualificato.

In seno al CdA la questione venne affrontata in diverse occasioni; ma, in quel momento, il rifiuto della Regione Lombardia di intervenire a favore dell’istituzione a salvaguardia della biblioteca di Lingue – ancora funzionante, ma ormai utilizzata solamente da studiosi e studenti esterni[13] – e soprattutto problemi ritenuti più urgenti, quali quelli legati alla necessità di reperire nuovi spazi per una popolazione studentesca in rapida crescita, fecero sì che il problema venisse parzialmente accantonato.

La biblioteca sarebbe stata dotata delle risorse necessarie per incrementare il proprio patrimonio librario e si sarebbe avviata una prima timida informatizzazione dello stesso; ma, di fatto, l’istituzione avrebbe continuato a lungo a lamentare una certa disorganizzazione, destinata a essere superata solo negli anni Novanta[14].

Mezzi economici e qualità, due filtri essenziali

Con l’inizio degli anni Ottanta la prima fase della «grande trasformazione», avviata nel decennio precedente, poteva dirsi compiuta. Come ricordava Innocenzo Gasparini in una delle sue prime giornate bocconiane riandando alla storia di quegli anni: l’equilibrio del bilancio era stato riconquistato e, nonostante la grave spirale inflazionistica, le difficoltà e i problemi del momento, era stato difeso e mantenuto. La contestazione aveva ormai perso ogni spinta, grazie anche alla rapida e coraggiosa serie di scelte operate, che avevano permesso la sostituzione del vecchio e ormai obsoleto corso di laurea in Economia e commercio con tre nuovi corsi, in grado di offrire al mercato una selezione di «economisti, aziendalisti, amministratori pubblici e privati ad alto livello culturale e professionale»; mentre le molteplici iniziative messe in campo dalla SDA (dai corsi di formazione monofunzionali volti a coprire bisogni di formazione di base a programmi brevi di formazione ad alto livello per imprenditori e manager – senza dimenticare il prestigioso master in direzione aziendale) incontravano un crescente successo presso imprese e istituzioni pubbliche e private[15]. In parallelo, il rapido incremento delle immatricolazioni, al quale si è or ora accennato, confermava quanto le novità fossero apprezzate dagli studenti e dalle loro famiglie. E, proprio per porre un freno alla crescita incontrollata delle iscrizioni, che minacciava di compromettere gli standard di qualità, uno fra gli ultimi provvedimenti del rettore fu l’introduzione del numero programmato[16].

Dello stesso Gasparini diede conto nel corso della sua ultima Giornata bocconiana (a.a. 1984/85) in questi termini:

Quest’anno un evento certamente di grosso rilievo è stata la decisione di programmare l’accesso degli studenti fissandone il numero massimo in 1.500 per il corso quadriennale e in 110 per il corso in Discipline economiche e sociali. Quindi in totale le matricole sono state 1.610, previo superamento delle prove di selezione. Debbo anche dire che questi dati non furono scelti casualmente in quanto corrispondono alla media degli iscritti dell’ultimo quinquennio e quindi, sostanzialmente, rispondono ad un dato oggettivo e ad una indicazione oggettiva di una capacità di crescita. Detto questo debbo però segnalare, direi con legittima soddisfazione, che contro i 2.360 iscritti dello scorso anno ben 2.422 giovani hanno chiesto di partecipare alle prove [...]. Di questo processo vorrei sottolineare due punti: il primo punto riguarda come si è giunti a questa decisione, attraverso un lungo iter che ha visto coinvolti, a diversi livelli, non solo il Consiglio di Amministrazione e il Consiglio di Facoltà, nell’ambito delle rispettive competenze, ma anche i Dipartimenti ed una serie di gruppi di lavoro ad hoc, che sono stati costituiti con la partecipazione di tutte le componenti della vita universitaria: studenti, ricercatori, professori associati, professori di ruolo, in modo da identificare dei criteri di scelta. I criteri di scelta erano, da un lato, la media dei voti dell’ultimo triennio della vita scolastica nella scuola superiore, dall’altro lato i risultati di sei prove di cultura generale. Sono lieto di anticipare i primi risultati di una indagine statistica che [...], calcolando le nove variabili interessate, vale a dire le tre medie, la media dei voti del terzultimo, del penultimo e dell’ultimo anno, la maturità, ed inoltre le prove dei sei test, uno verbale, gli altri spaziale, aritmetico, logico, di simulazione e di dipendenza logica, [hanno] sostanzialmente posto in evidenza la felice scelta dei criteri di selezione.

Il corpo docente, infine, come si è visto, si era notevolmente accresciuto, secondo precise logiche e orientamenti e – pur nel rispetto di quelli che Gasparini definiva i «due filtri estremamente duri»: quello della disponibilità dei mezzi economici e quello, ancor più duro, della soglia di qualità[17] – alla fine del suo rettorato l’Università poteva contare su 32 ordinari, 21 associati e 35 ricercatori[18].

Aperti rimanevano ancora diversi problemi: gli spazi, che ormai risultavano inadatti ad accogliere una popolazione studentesca sempre più numerosa e nella quale i non frequentanti si erano ormai ridotti a percentuali quasi insignificanti; il percorso di internazionalizzazione, che andava razionalizzato e istituzionalizzato, e il processo di reclutamento e di formazione dei futuri docenti e ricercatori, per i quali il DPR 382/1980 aveva da poco aperto la strada del dottorato di ricerca – che, more solito, la Bocconi era stata fra le prime ad attivare – ma che, nella versione del consorzio fra diverse università proposta dal ministero, risultava alquanto deludente, poco adatta agli standard richiesti dall’Ateneo milanese e quindi andava ripensata.

Gasparini era stanco. Per un decennio era stato alla guida della Bocconi e, grazie alla sua mitica capacità di mediare, aveva saputo sopire i conflitti e smussare le asperità; ma ciò gli era costato grande fatica e indubbio stress fisico e psichico[19]. Egli inoltre si rendeva ben conto che erano finiti i tempi nei quali un rettore poteva rimanere in carica per un tempo indefinito e desiderava tornare ai suoi amati studi; senza fare mistero che avrebbe inteso dedicare l’ultima parte della sua esistenza alla storia del pensiero economico, che da sempre lo attraeva ma che, fino a quel momento, non gli era stato possibile praticare. Una morte beffarda si sarebbe fatta giuoco delle sue speranze e delle sue illusioni, traendolo a sé, nel gennaio del 1985.

«Affetto e rispetto». Così, nel giorno del ricordo, Mario Monti rievocava il suo Maestro:

Questi due termini [...] rappresentano anche i cardini dell’atteggiamento di Gasparini verso i Suoi allievi. Chi ha lavorato sotto la Sua guida ha avuto continue occasioni per cogliere in Lui non solo qualità intellettuali, ma anche un profondo, eccezionale rispetto delle scelte individuali. Era il frutto, ritengo, della grande umanità – si potrebbe dire dell’umanesimo – cui Gasparini ha informato la Sua attività di studioso, di docente, di formatore di nuovi studiosi e docenti[20].

Si tratta di considerazioni che non si possono non condividere, e lo vuole testimoniare chi, pur non essendo stato suo allievo in senso stretto, ha avuto l’opportunità di frequentarlo e di godere della sua simpatia e del suo rispetto.


1

Intervento di G. Spadolini in La Bocconi ricorda Innocenzo Gasparini, s.d. ma 1986, p. 18.

2

M. Fini, «La Harvard dei Brambilla», L’Europeo, aprile 1983.

3

Intervento di Giovanni Spadolini, cit., p. 18.

4

Vedi «Scoperta alla Bocconi una bomba incendiaria che avrebbe appiccato fuoco agli archivi», Corriere della Sera, 31 marzo 1977.

5

«Quale futuro per l’Università Bocconi». Documento del sindacato unitario docenti GGIL-CISL-UIL e del sindacato dipendenti UB-CISL dell’Università Bocconi, presentato alla conferenza di Ateneo del 14-15 marzo 1977 (ASUB. Archivio Resti).

6

In una realtà nella quale, dopo un decennio nel quale le iscrizioni avevano oscillato intorno alle 3000 unità, con l’a.a. 1976/77, avrebbero ripreso a crescere superando le 4000, per raggiungere le 10.000 alla fine del decennio successivo. Vedi M. Cattini, «Gli studenti e la loro università» (1945-2001), Storia di una libera università, vol. 3, p. 462.

7

Carlo Masini fu chiamato nel 1963, Innocenzo Gasparini e Mario Macazzan nel 1966, Emmy Rosenfeld nel 1967, Gianguido Scalfi e Luigi Guatri nel 1969; Adalberto Predetti, Giorgio Pivato, Ettore Lorusso e Aldo De Maddalena nel 1971, Roberto Ruozi nel 1973, Vittorio Coda nel 1978, Tancredi Bianchi e Mario Monti nel 1979.

8

CdA. Verbale del 30 ottobre 1978, p. 127. I chiamati su queste cattedre sarebbero stati: Alberto Bertoni, Carlo Filippini, Pier Gaetano Marchetti, Paolo Mottura, Cesare Pedrazzi, Sergio Pivato, Marzio Achille Romani e Andrea Rugiadini, nel 1981; Elio Borgonovi, Gualtiero Brugger, Michele Cifarelli, Claudio Demattè, Stefano Podestà, Fabrizio Onida, Angelo Provasoli, Carlo Secchi, Giuliano Urbani e Sergio Vaccà nel 1982.

9

«Proposta di istituzione del ruolo interno di professore associato: egli [Il presidente] ricorda che da tempo si è studiata nella nostra Università la possibilità di attuare una nuova figura di docente, del resto già adombrata nel progetto di Riforma universitaria: quella del docente associato, qualifica che tuttavia si deve conseguire non secondo le norme statali e cioè l’automatismo dell’ope legis, bensì attraverso la rigorosa selezione di un concorso. Per il professore associato è inoltre previsto un rapporto di tempo pieno o determinato, il quale, anche per il peso che si deve attribuire alla ricerca di base e a quella applicata, oltre che alla didattica, costituisce una caratteristica fondamentale della nuova figura di docente e un chiaro elemento distintivo rispetto all’incaricato delle università statali, che non partecipa in modo così pieno alla attività dell’università» (CdA. Verbale del 12 marzo 1979, p. 159).

10

Sulla figura e l’opera di questo straordinario personaggio, vedi L. Guatri, M.A. Romani, Fausto Pagliari, cit.

11

Franco Max a Enrico Resti in risposta di una rettorale del 19 gennaio 1976 e di una lettera del 1° aprile 1976 (Archivio Resti).

12

Anna Bacigalupo a Enrico Resti, 1978. Riservata sull’andamento della biblioteca.

13

12 marzo 1979. p. 175 «Il dr. Resti informa che la Regione Lombardia ha risposto negativamente alla richiesta di contributo avanzata dalla nostra Università per l’incremento del patrimonio librario, specialmente di interesse regionale, della nostra Biblioteca. Informa inoltre che costituisce sempre fonte di preoccupazione per le Autorità accademiche la sezione di Lingue e letterature straniere, che continua a funzionare con notevole dispendio di mezzi, a vantaggio di studenti e studiosi di altre università. Richieste di contributi rivolte al Comune e alla Regione per la Biblioteca non hanno avuto accoglimento e pertanto tutto l’onere relativo alla Biblioteca di Lingue è a carico dell’Università».

14

Vedi «La Biblioteca», p. 682.

15

Vedi «SDA, la formazione post-esperienza» da p. 553.

16

Università commerciale Luigi Bocconi, Annuario. Anni accademici 1982/83 - 1983/84 - 1984/85, pp. 41-42).

17

«È chiaro che un corpo universitario può e deve essere accresciuto, ma le esigenze di qualità fanno sì che, come nell’ordine di natura gli alberi non crescono in una sola notte, un corpo universitario per espandersi richiede una necessaria sedimentazione e selezione affinché il processo sia di crescita di qualità, di vocazione, di talenti, di lunga preparazione culturale e scientifica». Ivi, p. 26.

18

Il decennio avrebbe conosciuto anche la proliferazione di istituti e centri di ricerca che avevano raggiunto una notevole consistenza. Come ricordava, a proposito di ricerca, il rettore nella sua ultima Giornata bocconiana: «[...] è continuata quella tendenza, felicemente emersa nei precedenti anni, all’espansione sia dell’attività scientifica pura, che resta evidentemente il fondamento di ogni attività universitaria, sia di quell’intenso volume di ricerca applicata che è esercitata in un larghissimo nucleo di Istituti. Si va da Istituti per area sui problemi dell’America Latina, dell’Estremo Oriente, sui problemi del lavoro, al CERGAS che fa ricerche molto interessanti in tema di riforma sanitaria, al CREA, al CRORA sui problemi organizzativi aziendali, dall’Istituto di Economia delle Fonti di Energia che si è largamente affermato non solo in Italia ma anche all’estero». Ivi, pp. 35 ss.

19

«[...] il prof. Innocenzo Gasparini ha manifestato il proposito di rinunciare ad una eventuale conferma della carica di Rettore dell’Ateneo, a causa dei numerosi impegni che lo assillano e, soprattutto, per ragioni di salute. La sua decisione è motivata ed irrevocabile e pertanto i Consiglieri, sia pure con vivo rammarico, ne prendono atto. Il Presidente esprime perciò al prof. Gasparini, anche a nome del Consiglio di Amministrazione, del corpo accademico e degli studenti, il ringraziamento più fervido per l’opera benemerita da lui svolta nei nove anni del suo rettorato, anni che sono coincisi con la ripresa dopo la contestazione. In tali anni la Bocconi ha posto in evidenza un maggior fervore di attività scientifiche e didattiche. Nuove discipline hanno arricchito la vasta gamma di insegnamenti nei corsi di laurea, sono sorti nuovi Centri di ricerca, si e avviata l’organizzazione dipartimentale; soprattutto si è istituito il corso di laurea in Discipline economiche e sociali. Durante il rettorato del prof. Gasparini si è attuata anche l’istituzione del ruolo interno dei Professori associati, che ha preceduto quella ufficiale avvenuta nel 1980 presso le Università governative. Accanto al ruolo degli Associati è stato istituito pure il ruolo dei Ricercatori. Data importante del novennio di rettorato è stato lo sviluppo degli scambi internazionali, che ha portato l’Università a contatto con le maggiori istituzioni similari universitarie straniere. Infine, è stato aumentato in maniera sensibile il numero dei docenti, per far fronte alle molteplici esigenze dell’insegnamento, in conseguenza dell’aumentato numero degli studenti. Sono stati anni questi nei quali la nostra Università ha data prova di ampia autonomia, non solo sul piano scientifico e didattico, ma anche amministrativo, raggiungendo il pareggio del bilancio grazie all’adeguamento delle tasse scolastiche e all’aumento dei contributi degli enti e dei privati. È stata poi condotta in porto la difficile operazione del numero programmato e delle prove di selezione. Per tali iniziative, che hanno inciso profondamente nella vita dell’Ateneo, il prof. Gasparini merita la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza» (CdA. Verbale del 24 novembre 1984, pp. 89-90).

20

M. Monti, La Bocconi ricorda Innocenzo Gasparini, Milano, Egea, s.d., p. 48.

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