Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Rafforzare l’efficacia di didattica e ricerca


Parole chiave: Presidente Monti Mario, Vice presidente Guatri Luigi, Pavese Giovanni, Pavesi Bruno, MIUR, Rapporti istituzionali, Strutture organizzative, Fundraising, Rettore Provasoli Angelo

Il mondo in cambiamento

La mobilità internazionale. Gli eventi degli anni 2004/08 confermavano una tendenza evolutiva di lungo periodo che presentava tratti comuni nei sistemi universitari dei principali Paesi. In particolare, andava accrescendosi, in Italia e nel mondo, il numero di studenti iscritti alle università[1].

Aumentava la mobilità internazionale di studenti e docenti. Il numero degli studenti che frequentavano corsi in Paesi diversi dal proprio era infatti cresciuto del 60 per cento tra il 2000 e il 2005[2].

La Dichiarazione di Bologna (1999), con la quale 29 Stati europei condivisero l’obiettivo di favorire l’armonizzazione delle durate e degli obiettivi dei programmi formativi di educazione superiore, concorse ad accelerare il processo di internazionalizzazione. In precedenza il programma Erasmus, lanciato nel 1987 grazie al sostegno finanziario della mobilità intraeuropea per programmi di scambio di brevi durate, aveva dato un primo significativo impulso alle esperienze formative internazionali. 

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La competizione internazionale e nazionale. Anche a seguito dell’accresciuta mobilità, le principali università europee ed extraeuropee tendevano a operare sempre più in logica competitiva sia nel reclutamento degli studenti e dei ricercatori sia nella raccolta delle risorse finanziarie necessarie ai propri programmi di sviluppo.

A livello internazionale, non solo le università statunitensi ma anche quelle europee, e perfino talune cinesi e indiane, avevano in quel periodo rapidamente accresciuto lo spettro delle iniziative strategiche nella ricerca, nella formazione, nella comunicazione e anche nel fundraising. Nel contempo, alcune università, nuove per rilevanza nel panorama internazionale, conseguivano riconoscimenti di prestigio nei ranking mondiali.

Studenti e docenti, già propensi ad arricchire in nuovi contesti sociali e culturali la propria formazione, coadiuvati da politiche di comunicazione universitarie più efficaci, non trovavano difficoltà a raccogliere informazioni per identificare e selezionare le iniziative più appetibili. Cosicché diventava più frequente che giovani laureati aspirassero ad accedere a programmi scientifici e formativi di livello superiore o post-universitari in Paesi diversi dal proprio e che ricercatori valutassero le prospettive della loro carriera considerando le opportunità offerte da istituzioni scientifiche di prestigio ovunque situate.

In un ambiente più aperto e dinamico, la leadership culturale e scientifica di un’istituzione universitaria finiva inevitabilmente per misurarsi su terreni ben più ampi di quelli tradizionalmente sperimentati. Sicché, nel periodo considerato, comportamenti passivi o inerziali potevano minacciare non solo il progresso di un’istituzione scientifica ma anche il ruolo storicamente acquisito.

La credibilità scientifica e la capacità di interpretare le attese delle professioni e il progresso delle discipline dovevano sempre più traguardarsi anche in prospettiva internazionale.

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Nel più limitato orizzonte italiano vi erano, se pur con minore intensità, le medesime condizioni presenti nel contesto internazionale. In Italia, l’evoluzione del contesto normativo contribuiva al cambiamento di scenario. Per quanto i contorni regolamentari non fossero allora ancora pienamente definiti, era condiviso che la riforma approvata dal MIUR negli anni 2001/02 avrebbe potuto riflettersi sulla struttura dell’offerta formativa, sugli assetti della docenza, sui costi di gestione e sull’orientamento alla ricerca delle istituzioni universitarie; avrebbe cioè potuto influire su variabili che, tipicamente, incidono sui meccanismi competitivi.

La competitività del sistema universitario, peraltro, dipendeva, allora come oggi, oltre che dagli assetti che ne disciplinano il funzionamento, da tutti quei fattori, personali, economici e organizzativi, che incidono sulla qualità della formazione e della ricerca, sui meccanismi di accesso agli studi universitari da parte dei giovani più meritevoli e capaci, indipendentemente dal loro reddito e dal ceto sociale di appartenenza[3].

La Bocconi si trasforma. Il progetto

Gli orientamenti strategici[4]. L’accrescersi della mobilità internazionale di studenti e ricercatori e della competizione tra istituzioni universitarie veniva considerata dalla Bocconi una minaccia e anche un’opportunità.

Rafforzatasi la consapevolezza dei cambiamenti in atto, riteneva che solo un salto di qualità del progetto scientifico avrebbe potuto immetterla in un sentiero di crescita comparabile a quello delle migliori università europee, favorendo l’internazionalizzazione degli studenti e dei docenti e mitigando il rischio di diluizione della qualità delle risorse presenti.

L’Università avviò quindi un processo di revisione delle sue strategie che si concluse con la definizione e l’approvazione, nel 2005, di un nuovo piano pluriennale[5].

Gli orientamenti assunti con il piano richiedevano di modificare incisivamente gli assetti al fine di conseguire più efficacemente e, soprattutto tempestivamente, gli obiettivi prioritari desiderati, tra cui:

  • un significativo sviluppo della ricerca accademica in prospettiva internazionale;
  • l’orientamento dei programmi formativi in funzione delle nuove esigenze dei mercati professionali in Italia e nel mondo;
  • l’adeguamento della faculty in termini di composizione, dimensione e internazionalità;
  • il raggiungimento dell’equilibrio economico anche con il rafforzamento dei processi di fundraising.

 

La ricerca. La Bocconi, già internazionalmente riconosciuta come teaching university e, selettivamente, in taluni segmenti, come research university, si proponeva, con il piano, di imprimere un significativo sviluppo alla ricerca al fine di aprirsi al dibattito scientifico internazionale in tutte le principali aree disciplinari del suo portafoglio accademico. Dimensione, proporzionata alle risorse disponibili; qualità, apprezzata secondo standard internazionali, e produttività erano gli obiettivi assegnati dal piano al nuovo progetto di ricerca dell’Università.

In relazione a tali obiettivi il piano si proponeva di ampliare il reclutamento di risorse personali dedicate, sviluppare iniziative organizzative volte a rafforzare l’interazione tra ricercatori e, da ultimo, realizzare meccanismi di governance atti a identificare e premiare i contributi scientifici migliori.

I programmi formativi. Il piano richiedeva alla facoltà di riordinare i programmi didattici tenendo conto del nuovo quadro istituzionale sorto con la riforma del 2002 e dell’esigenza di posizionare l’Università sul mercato internazionale della formazione.

All’inizio del 2004 l’Università Bocconi aveva realizzato una prima revisione dei corsi, limitatamente al triennio di base. Si manifestava così l’opportunità di progettare la riforma dell’intera filiera formativa considerando anche le esigenze che si andavano delineando nei mercati professionali, nazionali e internazionali.

Il disegno dei contenuti e dei modelli didattici fu a lungo studiato comparando prodotti formativi nazionali e internazionali. Le ipotesi progettuali furono portate all’attenzione della facoltà nel corso di riunioni seminariali ampiamente partecipate. La conclusione che ne emerse fu ampiamente condivisa.

Il programma formativo prevedeva di attribuire ai trienni, tendenzialmente compatti, il compito di trasferire ai giovani le competenze metodologiche di base delle discipline dell’economia, della finanza e del management, e ai bienni, numerosi e focalizzati, il compito di trasferire conoscenze e competenze scientifiche, metodologiche e tecniche orientate a specifici e distinti profili professionali.

La soluzione adottata intendeva accrescere l’appetibilità anche internazionale dei progetti formativi della Bocconi, segnatamente nelle aree del management, dell’economia e della finanza. Per tal motivo prevedeva anche un incremento dei corsi di laurea in lingua inglese.

La riforma fu accompagnata da una revisione dei processi di orientamento, reclutamento e selezione degli studenti. L’Università aveva infatti ritenuto opportuno affiancare ai processi tradizionali, che erano modellati per veicolare i messaggi a un pubblico indifferenziato di potenziali candidati, un assetto diverso, principalmente orientato a sensibilizzare target mirati di candidati rispetto a specifici prodotti formativi.

Focalizzazione, anticipazione, tempestività, frequenza e delocalizzazione divenivano così i caratteri principali dei nuovi processi di orientamento e selezione dell’Università.

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La faculty. Una terza area di intervento riguardava la composizione e la dimensione della faculty. Il piano ne prevedeva la crescita. Il modello di sviluppo era declinato nel tempo in funzione della stima delle esigenze dei singoli dipartimenti, a loro volta segnalate dall’evoluzione dei programmi didattici e di ricerca.

Le proiezioni erano discusse con i direttori dei dipartimenti e verificate al centro nelle compatibilità economiche e finanziarie.

L’arricchimento delle competenze didattiche e di ricerca, la progressiva internazionalizzazione della faculty e una maggiore flessibilità delle strutture didattiche, specie nella fase iniziale di formazione, costituivano altrettanti vincoli del piano.

L’Università era conscia di quali fossero le difficoltà nel raggiungere significativi risultati nell’internazionalizzazione del corpo docente. Le preoccupazioni riguardavano anzitutto l’attrattività del Paese, essendo importante, ma non sufficiente, la credibilità scientifica dell’Ateneo; concernevano le remunerazioni, che dovevano apprestarsi in misure e modalità differenti da quelle previste dai modelli e livelli retributivi nazionali, a parità di competenze e anzianità; riguardavano la consapevolezza che il perseguimento di una reale internazionalizzazione richiedeva di reclutare dall’estero, in tempi ragionevoli, una massa critica di docenti e ricercatori di alto livello e fidelizzarli alla nuova realtà bocconiana; concernevano l’esigenza di supportare l’attività accademica e di ricerca con strutture organizzative provviste anche di personale tecnico-amministrativo con esperienza internazionale.

Sempre nell’area dell’internazionalizzazione, il piano considerava cruciale lo sviluppo di partnership con università presenti in network internazionali di eccellenza, la crescita di opportunità formative presso terze università di prestigio, l’interscambio e la cooperazione internazionale tra docenti e ricercatori nonché la partecipazione dei docenti dell’Università a progetti di ricerca di rilevanza e dimensione internazionali.

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Equilibrio economico e processi di fundraising. La Bocconi ha sempre considerato le condizioni di autonomia economica e di economicità della gestione come le maggiori garanzie di indipendenza per la piena libertà scientifica della sua comunità, secondo un ben inteso principio di laicità consistente nel rispetto delle idee della scienza e della cultura da qualunque parte provenissero.

La difesa nel tempo del principio di autonomia economica è stata innanzitutto rimessa dal piano alla responsabilità dell’amministrazione, sulla base di appropriati sistemi di controllo e di regole di governance stringenti. La consapevolezza dell’accrescersi e dell’estendersi delle iniziative ha tuttavia indotto l’Università ad attribuire maggiori responsabilità di iniziativa e controllo, sempre entro le linee di piano e nel rispetto dei vincoli di budget, alle strutture accademiche e, per esse, ai loro massimi esponenti. I quali, nel rispetto dei meccanismi di governance e controllo organizzativo, si assumevano la responsabilità di imprimere direzione, ritmo e contenuti al cambiamento scientifico e formativo.

La dimensione degli investimenti tecnologici, immobiliari e organizzativi programmati richiese, in analogia alle iniziative adottate dalle maggiori università estere, di costituire una struttura organizzativa finalizzata al fundraising. Il piano ne definì le linee di fondo e gli obiettivi lungo una prospettiva decennale.

Tutte le figure più importanti dell’Università, accademiche e non accademiche, e le organizzazioni degli alumni furono sensibilizzate all’obiettivo di fundraising.

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Politiche intraprese e iniziative assunte

La riforma della governance accademica. La revisione degli obiettivi e dei piani d’azione ha richiesto di riformulare la governance accademica e il modello organizzativo dell’Università.

Il crescente confronto competitivo e la complessità del cammino previsti dal piano avevano stimolato la ricerca di soluzioni organizzative e di governo idonee ad assicurare un più efficace orientamento dell’Università agli obiettivi, una migliore responsabilizzazione delle unità organizzative e delle persone e l’esercizio di un controllo in grado di cogliere dinamicamente il senso dei risultati conseguiti e di suggerire le azioni da intraprendere.

Nelle istituzioni universitarie, le soluzioni organizzative devono in principio consentire di coniugare responsabilità, efficienza e trasparenza delle decisioni – alla stregua dei migliori paradigmi aziendali – e partecipazione alle decisioni di tutte le principali componenti dell’istituzione, accademiche e non. Lo schema organizzativo che ne deriva tende a esprimere linee gerarchiche tendenzialmente appiattite. In uno schema organizzativo di tale natura diviene cruciale delineare sia i modi per giungere alla formazione del consenso sia il ruolo delle funzioni centrali di indirizzo, coinvolgimento e guida.

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Le analisi di benchmarking internazionale avevano portato a concludere che non esistevano modelli di governance generali o prevalenti. Le soluzioni di fatto adottate sembravano principalmente rispondere a esigenze e finalità specifiche e contingenti. Sembrava in particolare che le soluzioni volessero principalmente conferire enfasi ai punti di forza caratteristici di ciascuna università.

La riflessione che ne è seguita aveva suggerito di portare all’attenzione della facoltà un assetto che si proponesse di accentuare la delega di responsabilità decisionali a strutture accademiche decentrate e, nel contempo, di rafforzare le funzioni di indirizzo e controllo delle strutture accademiche di vertice.

Dunque, l’agenda del rettorato si orientò ad approfondire e poi a dibattere e condividere un assetto di governance in cui:

  • le aree accademiche decentrate potessero, in funzione degli obiettivi da perseguire, gestire in modo imprenditoriale e con relativa autonomia i segmenti di attività rientranti nelle rispettive responsabilità;
  • gli organi centrali, per contro, vedessero rafforzati i compiti di indirizzo, coordinamento e controllo al fine di raccordarne i contenuti e l’intensità alla complessità organizzativa da governare.

La struttura del modello organizzativo e di governance scaturito da questo processo di analisi e condivisione poggiava su due dimensioni chiave:

  • i segmenti di mercato ai quali l’Università intendeva rivolgersi con i propri programmi formativi e di ricerca, che nella prospettiva strategico-organizzativa prescelta configuravano concettualmente il sistema della domanda che si rivolgeva all’Università;
  • le risorse personali organizzate, detentrici delle competenze didattiche e di ricerca, da cui dipendeva la capacità dell’Università di adeguare nel continuo la propria proposta formativa e di ricerca all’offerta delle migliori istituzioni europee e mondiali e alla tendenza espressa dalla domanda. L’insieme delle risorse personali organizzate configurava, nella prospettiva concettuale strategico-organizzativa assunta, il sistema dell’offerta dell’Università.

Il modello approvato nel 2006 diede rilievo alle due dimensioni strategico-organizzative dianzi indicate (il sistema della domanda e il sistema dell’offerta) e intese presidiarle con il contributo di distinte unità, ciascuna governata da un proprio responsabile accademico. Le due dimensioni venivano chiamate a dar vita a un reciproco rapporto dialettico che, ricomposto con il contributo delle funzioni centrali di indirizzo e controllo, sarebbe stato destinato a guidare il processo di allocazione e gestione delle risorse nel rispetto degli obiettivi e dei vincoli di piano.

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Il sistema della domanda. Su questo primo versante la Bocconi ha attribuito a cinque scuole e ai centri di ricerca il compito di presidiare le relazioni con i propri mercati di sbocco[6]. In particolare, alle scuole è stata demandata la gestione delle iniziative sul fronte dell’alta formazione nei diversi ambiti e livelli in cui essa è svolta.

La costituzione delle scuole ha testimoniato il consolidamento di un’offerta formativa organizzata per livelli, in sintonia con gli accordi internazionali di Bologna e con la riforma universitaria.

A ogni scuola è stata assegnata la missione di presidiare e rispondere alle istanze di uno specifico segmento di «prodotto/mercato». Ogni segmento era infatti caratterizzato da proprie specificità con riguardo a domanda, selezione degli accessi, gestione del modello didattico, placement e internazionalizzazione.

Ciò valeva, mutatis mutandis, anche per l’organizzazione dei centri di ricerca.

Tale assetto si proponeva, tra l’altro, di garantire un adeguato grado di responsabilizzazione delle scuole e dei centri di ricerca rispetto a obiettivi condivisi, semplificando i processi di decisione e controllo del sistema e aumentando per tale via la capacità e la tempestività della risposta al mercato.

Il sistema dell’offerta. Sul versante opposto – quello dell’offerta – sono stati demandati ai dipartimenti i compiti di gestione del sistema delle competenze e delle risorse accademiche, nonché il presidio della qualità dell’attività di ricerca individuale[7].

La missione dei dipartimenti era, in principalità, quella di mettere a disposizione di scuole e centri di ricerca le competenze e le risorse necessarie per consentire loro di esercitare i compiti assegnati e rispondere alle sfide che si ponevano sui rispettivi fronti, in Italia e nel contesto internazionale in cui l’Università intendeva operare.

I dipartimenti sono stati configurati intorno ad aree disciplinari e competenze scientifiche relativamente omogenee o strettamente complementari, con ciò superando talune disarmonie presenti al tempo della previgente organizzazione accademica per istituti.

Con la costituzione dei dipartimenti, la Bocconi si allineava alle più diffuse prassi europee e internazionali. Venivano per tal modo facilitati il riconoscimento interuniversitario delle attività scientifiche e la collaborazione con le comunità internazionali organizzate per centri di competenza scientifica. Venivano altresì agevolati i processi di reclutamento dei docenti sul job market internazionale.

Le implicazioni del modello di governance a matrice. Il modello di governance prevedeva che l’interazione dialettica tra le unità organizzative operanti sulle due dimensioni della matrice organizzativa – le scuole e i dipartimenti – venisse coordinata e indirizzata dagli organi accademici centrali di indirizzo e controllo – anch’essi ridisegnati nella loro composizione e articolazione. In particolare, il presidio centrale del sistema di governance veniva assicurato dal rettore e dai prorettori[8].

Le decisioni accademiche, che esulavano dalla competenza esclusiva del rettore, venivano attribuite a un organo collegiale, il consiglio accademico, presieduto dal rettore e nel quale erano rappresentati tutti i massimi responsabili operativi del governo accademico: le direzioni delle scuole e dei dipartimenti[9].

Il consiglio di facoltà cessava di essere organo di gestione accademica e si trasformava nel collegio dei docenti che diveniva l’organo di discussione dei temi più rilevanti della vita accademica. In particolare, in tale sede, avveniva la comunicazione sistematica delle novità della vita universitaria, la proposta delle chiamate di ruolo, l’istituzione di nuovi prodotti formativi, la creazione di nuove strutture[10].

A completamento del quadro della governance del 2006 va segnalato il ruolo cruciale assunto da due organi collegiali istituiti per la gestione indipendente dei processi critici attinenti il reclutamento e la ricerca.

La valutazione dei docenti in sede di reclutamento o di avanzamento di carriera nei ruoli dell’Università, prima di essere rimessa agli organi deliberanti, fu delegata a uno speciale comitato presieduto dal prorettore alle risorse umane.

Il comitato, composto da docenti della facoltà e di altre università, italiane ed estere, scelti dal presidente, decideva nel merito secondo criteri definiti a priori che tenevano in considerazione la qualità della produzione scientifica dei candidati sulla base di standard internazionali. Il comitato, nella nuova governance, è divenuto il primo garante del rispetto dei requisiti scientifici e didattici previsti per il reclutamento e l’avanzamento di carriera.

Analogamente, la valutazione dell’attività di ricerca dei singoli docenti e delle unità organizzative a essa preposte, anche a fini premiali e di carriera, l’allocazione dei fondi e le politiche premiali erano rimessi, nel 2006, a un organo collegiale strutturato in termini simili e con le medesime responsabilità del comitato per il reclutamento.

La gestione delle risorse umane

Nel periodo considerato l’Università ha introdotto numerosi cambiamenti nella gestione delle risorse umane e in particolare nel reclutamento di docenti e ricercatori e nei sistemi di remunerazione e incentivazione.

Definita la strategia di sviluppo dell’organico accademico nei termini previsti dal piano ed entro i limiti degli obiettivi finanziari di budget, le opportunità di reclutamento si manifestavano sul job market internazionale della docenza e per il tramite di offerte e proposte personali e/o istituzionali.

Ai fini del reclutamento, la capacità di offrire condizioni economiche e normative competitive era cruciale.

La maggiore mobilità e la crescente competizione internazionale coinvolgevano peraltro anche i nostri migliori docenti e, in genere, quelli di elevato livello delle università italiane. Ciò imponeva di attribuire a chi aveva l’autorità di decidere margini di flessibilità nell’offerta non solo per rendere possibile l’assunzione di docenti e ricercatori di elevata qualificazione, ma anche per trattenere in Università i docenti più ambiti.

Ai fini della decisione di reclutamento la Bocconi aveva adottato, come riferito, un modello di comportamento in base al quale la decisione veniva assunta all’esito di una valutazione preliminare alla quale concorrevano, riuniti nell’apposito comitato, anche docenti esterni, non solo italiani, e nella quale il dipartimento proponente non aveva diritto di voto.

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L’adozione di un processo di valutazione adeguato e trasparente era considerato uno strumento indispensabile per assecondare il processo di crescita dell’Università nel contesto internazionale. Tale processo veniva replicato nelle decisioni in merito agli avanzamenti di carriera e nell’attribuzione degli incentivi.

Nel periodo considerato, il sistema retributivo e normativo è stato trasformato per comprendere meccanismi di accelerazione di carriera indipendenti dall’anzianità, ancorati alle performance scientifiche. Tale sezione del sistema retributivo includeva un meccanismo di incentivazioni monetarie e organizzative direttamente correlato alla qualità dei risultati di ricerca. Gli incentivi per la qualità della didattica erano cumulabili ai premi per la qualità della ricerca.

Nel medesimo periodo erano stati perfezionati anche sistemi di valutazione delle unità organizzative deputate alla ricerca.

Gli interventi di natura premiale sono stati impostati per assicurare tra l’altro equità di trattamento economico a docenti e ricercatori nazionali rispetto a docenti reclutati all’estero. La valutazione dei meriti è stata estesa nel tempo a tutto il personale docente sulla base di criteri definiti a priori, condivisi dalla facoltà, trasparenti e applicati in modo uniforme nei diversi momenti in cui si sviluppa il rapporto del docente con l’Università (reclutamento, promozione, premio di performance ecc.). La valutazione veniva riferita a ciascuna delle diverse aree in cui si esplicavano le attività del docente: ricerca, didattica e responsabilità istituzionali e gestionali.

I risultati conseguiti nel quadriennio

Meritano qualche cenno i risultati ottenuti nel corso della trasformazione intervenuta nel periodo 2004/08 nei principali ambiti accademici.

Ricerca. I risultati trovano innanzitutto riscontro nel numero e nella qualità delle pubblicazioni di diversa tipologia rilevate nel database della ricerca consultabile, costruito e gestito in collaborazione con il consorzio interuniversitario CINECA.

Numerosi sono inoltre i progetti di ricerca finanziati da imprese pubbliche e private, nazionali e internazionali. Otto progetti risultano finanziati dall’Unione Europea.

La produttività scientifica nel periodo considerato si accresce. I risultati spaziano nei campi delle scienze economiche, manageriali, statistiche, giuridiche, storiche e filosofiche.

Per alcune di queste aree disciplinari, specie nel settore giuridico, la comunità scientifica è prevalentemente nazionale. Gran parte delle discipline di interesse dell’Università, tuttavia, ha una comunità scientifica di riferimento prevalentemente internazionale. Ciò spiega come, anche per effetto degli incentivi posti in essere nel periodo, si sia modificata la composizione delle ricerche dell’Università, che ha visto a fine 2008 la prevalente presenza di lavori collocati in sedi internazionali.

Si consideri che, mentre nel 2005 le pubblicazioni scientifiche in sedi di prestigio internazionale rappresentavano un terzo del totale delle pubblicazioni, a fine 2007, esprimono il 65 per cento del numero complessivo. Sempre nel 2007 le opere scientifiche pubblicate in sedi internazionali di prestigio sono 203; nel 2005 erano state 157. Per quanto riguarda i finanziamenti esterni finalizzati alla ricerca, sempre nel 2007, ammontano a circa il 7 per cento delle entrate dell’Università. Significativi sono i risultati ottenuti attraverso l’assegnazione di fondi in modo competitivo a livello internazionale.

Offerta formativa. Nel 2006 prende avvio la riforma dell’offerta formativa delle lauree triennali e biennali. I corsi triennali dell’area economica vengono configurati in numero contenuto e secondo una struttura più compatta e flessibile rispetto al passato, per adattarsi alle attitudini e agli interessi formativi degli studenti più giovani. I corsi biennali sono invece numerosi e prevalentemente focalizzati per competenze e aree scientifiche anche di rilievo professionale.

La nuova offerta triennale intende perseguire:

  • con il contributo di un percorso comune ai tre principali corsi di laurea, una solida conoscenza metodologica di base, coerente con le esigenze di complessità, varietà e variabilità della realtà economica e sociale;
  • una rinnovata attenzione al coordinamento dei contenuti dei diversi insegnamenti, che giova in termini di ragionata profondità di ciascuno;
  • l’enfasi dell’apprendimento della lingua straniera, con l’inserimento di insegnamenti obbligatori in lingua inglese anche nel percorso in lingua italiana;
  • un’ampia diffusione tra gli studenti di esperienze formative presso università della rete internazionale della Bocconi;
  • l’introduzione dello stage quale fondamentale momento di avvicinamento al mondo del lavoro, divenuto attività curriculare a partire dal 2008;
  • una cura particolare del modello didattico e del processo di valutazione delle performance dei docenti;
  • la riduzione del numero programmato di studenti per classe. Analoga riduzione avviene nelle classi delle lauree specialistiche;
  • un’accentuazione dei processi di selezione all’ingresso e nel durante, con l’istituzione di un vincolo all’accesso al secondo anno di corso in funzione del numero dei crediti conseguiti entro il primo anno;
  • l’adozione, per i corsi di ogni livello, di una distribuzione di riferimento dei voti di profitto che riduce sensibilmente le votazioni più elevate. 

Un corso di laurea triennale, il BIEMF, caratterizzato da indirizzi alternativi in Economics, Management e Finance, viene impartito unicamente in lingua inglese.

I corsi di laurea specialistica sono attivati per la prima volta nel 2004/05. Nel quadriennio va aumentando sensibilmente l’offerta. Nel 2007/08, dei dieci bienni presenti dell’area economica tre sono esclusivamente offerti in lingua inglese e altri tre impartiti sia in italiano sia in inglese. Nel 2004 un solo biennio era offerto in lingua inglese (Management).

Nel periodo considerato, il numero dei preiscritti si accresce e nel 2007/08 diventa circa 2,2 volte superiore ai posti disponibili.

Nel 2007/08 il numero totale degli immatricolati stranieri dei corsi triennali rappresenta il 10 per cento del totale, di cui circa il 55 per cento proveniente dai Paesi UE, il 45 per cento da Paesi extra UE con un 10 per cento attribuibile ai soli Paesi asiatici.

Nel 2007/08 il numero degli stranieri rappresenta l’11,5 per cento del totale degli immatricolati dei corsi biennali. Si consideri che la percentuale degli stranieri immatricolati, nel 2004/05, era dell’1,5 per cento.

Anche la SDA Bocconi avvia nel quadriennio un incisivo processo di cambiamento che porta a un progressivo incremento della sua esposizione internazionale e allo sviluppo di un’offerta formativa executive, focalizzata su iniziative di alta visibilità. In particolare, i programmi di formazione MBA e Master, a fine 2008, sono 20, di cui per la metà rivolti al mercato internazionale; i programmi Executive Master 10, raddoppiati rispetto al 2007 – tre sono destinati al mercato internazionale.

Secondo il ranking FT, l’Executive Master a fine 2008 era collocato al 15° posto al mondo e al 5° in Europa. Nel giro di quattro anni la scuola scala 18 posizioni nel mondo e 8 in Europa.

Faculty. Nel quadriennio, l’Università imposta, con il sostegno dell’amministrazione, una politica di reclutamento mirato in funzione delle indicazioni per i diversi dipartimenti previste dal piano, delle evidenze segnalate dall’offerta formativa, dai programmi di ricerca e dalle opportunità che emergevano nel mercato internazionale della docenza.

Il raffronto tra l’organico del 2004 e quello del 2008 segnala un incremento netto di 53 docenti, pari a circa il 20 per cento dell’organico presente al 1° novembre 2004. Scomponendo i flussi, si osserva:

  • un incremento di 26 unità nel numero dei professori di prima e seconda fascia,
  • un aumento di 36 unità negli assistant professor, prevalentemente reclutati sul job market internazionale;
  • un decremento di 25 unità nel numero dei ricercatori di ruolo ministeriale.

La figura dell’assistant professor va nel tempo a sostituire quella del «ricercatore» dei ruoli ministeriali in coerenza con la strategia di internazionalizzazione adottata. L’assistant professor, diversamente dal ricercatore, si rapportava all’Università con un contratto sessennale che prevedeva specifici obiettivi di produttività scientifica e di qualità didattica, soggetti a misurazione e controllo. Al raggiungimento degli obiettivi e a conclusione del contratto, l’assistant professor valutato positivamente nel merito poteva accedere alla figura di associate professor.

Nel corso del quadriennio l’Università ha anche avviato per la prima volta il reclutamento di docenti esteri di maggiore seniority e alta qualificazione internazionale.

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Processo di internazionalizzazione. L’obiettivo dell’internazionalizzazione era al fondo di tutti i processi di trasformazione del quadriennio. Era, per così dire, pervasivo. Tutti i progressi che via via venivano realizzati nelle diverse aree di attività o funzioni dell’Università erano misurati e giudicati anche nella prospettiva dell’accrescimento del ruolo e della presenza della Bocconi nel mondo.

Il rafforzamento del posizionamento internazionale della Bocconi nel corso del quadriennio ha avuto pertanto riflessi su tutte le dimensioni, accademiche e amministrative, lungo le quali si è sviluppata la sua azione.

Si è già riferito degli effetti sui settori della ricerca, della faculty e dell’offerta formativa. La complessità del processo di internazionalizzazione si percepisce tuttavia meglio se si considera, appunto, la sua pervasività e si tiene conto degli effetti prodotti sul grado di appetibilità dell’Università nei riguardi degli studenti e del sistema delle imprese, istituzioni e professioni.

La Bocconi, per effetto dell’azione iniziata verso la fine degli anni Novanta, di molto intensificata nei quattro anni qui considerati, si conferma, a fine 2008, nei suoi settori disciplinari, in un’indubbia posizione di leadership, non solo in Italia ma anche in Europa. In particolare, riguardo agli aspetti che seguono.

  • Ampiezza, livello qualitativo e varietà delle iniziative internazionali sviluppate e proposte agli studenti. L’Università, a fine 2008, è presente sul mercato internazionale con programmi a tutti i livelli, per la maggior parte realizzati nel corso dell’ultimo quadriennio: dal BIEMF per l’undergraduate (a fine 2008, Bachelor in International Economics, Management and Finance) ai numerosi Master of Science offerti dalla Graduate School, ai programmi di dottorato offerti dalla scuola di PhD.
  • Radicamento e presenza nei più importanti mercati emergenti. Vengono sviluppati accordi di double degree con le più prestigiose università in Brasile, India, Cina, Russia. Essi costituivano la punta di una rete di rapporti  presidiati in taluni casi da desk locali, come a Shanghai e a Mumbai  che ogni anno consentivano agli studenti Bocconi di effettuare esperienze di studio, di breve e lunga durata, e di internship in questi Paesi. A titolo di esempio, 260 bocconiani sono stati in Cina nel 2008, mentre circa 120 hanno studiato o lavorato in India.
  • Intensità e qualità dei rapporti con imprese e istituzioni di tutto il mondo. Rapporti che si traducevano in importanti e immediate opportunità di inserimento professionale per i laureati Bocconi. L’edizione 2007 del ranking internazionale delle università, predisposto da Times Higher Education, collocava Bocconi al nono posto nella graduatoria fondata sui giudizi degli employer.
  • Ruolo ricoperto nei principali network internazionali nelle discipline economico-finanziarie. La Bocconi appariva costantemente tra le istituzioni più attive ed efficienti. Nel 2008, nell’ambito dell’annuale ranking stilato all’interno del CEMS, la comunità che raccoglie 17 tra le migliori scuole di management europee  la Bocconi risulta l’ateneo migliore per didattica e servizi offerti, mentre in seno al network PIM  l’alleanza che raccoglie 52 delle più prestigiose business school del mondo  Bocconi risulta l’università più attiva sul fronte della mobilità studentesca, sia in uscita che in entrata.
  • Elevato standing accademico delle scuole partner. Fin dagli anni Settanta la Bocconi sviluppa accordi di partnership internazionale, rivolgendosi a istituzioni leader nel mondo per la qualità e l’eccellenza accademica. Ma nel quadriennio 2004/08 sigla accordi con alcune delle migliori università che ancora non figuravano nel suo network internazionale. Tra queste, Columbia, Cornell, Harvard, Indian School of Business, London Business School, Purdue, Tsinghua, University of Virginia. Università che accoglievano i migliori studenti Bocconi per un semestre, mentre i loro studenti seguivano i corsi Bocconi a Milano.

Va inoltre segnalato che nel quadriennio 2004/08 vengono molto accresciute e organizzativamente rafforzate le opportunità internazionali offerte agli studenti Bocconi attraverso programmi internazionali – scambi, double degree, CEMS, Themis, International Internships, Campus Abroad – che contribuivano, peraltro, a sviluppare nell’Università un ambiente internazionale, attirando studenti da tutto il mondo.

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I dati evidenziano chiaramente la natura dei progressi compiuti:

  • il numero complessivo di studenti dell’Università che partecipa ogni anno a un programma internazionale passa da 1386 nel 2004 a 2328 nel 2008, con un incremento del 68 per cento;
  • i programmi di double degree, limitati a uno solo nel 2004/05, sono 14 a fine 2008 e riguardano sia prestigiose istituzioni europee, quali HEC e Sciences Po in Francia, ESADE in Spagna, Rotterdam School of Management nei Paesi Bassi, Copenhagen Business School in Danimarca, Université de Genève in Svizzera, Université Catholique de Louvain in Belgio, sia importanti istituzioni di Paesi emergenti. La Bocconi, a fine 2008 è ormai presente in tutti i Paesi cosiddetti BRIC: in Brasile con Fundacao Getullio Vargas; in Russia con MGIMO; in India con Indian Institute of Management e in Cina con la partner Fudan School of Management;
  • il numero di studenti stranieri che ogni anno accede in Bocconi per trascorrere un semestre o un intero anno accademico di studio quasi si triplica, crescendo da 452 nel 2004 a 1275 nel 2008: è una chiara dimostrazione dell’interesse che i programmi formativi della Bocconi, di carattere più internazionale, suscitano nei confronti degli studenti di tutto il mondo.

  

In conclusione

L’Università Bocconi tra il 2004/08, periodo nel quale si sono accentuati i processi di globalizzazione e competizione, anche scientifica, su scala mondiale, cerca di cogliere le opportunità che appaiono coerenti con la sua tradizione culturale, le sue competenze e la sua vocazione internazionale.

Predispone tempestivamente le condizioni organizzative, personali e finanziarie che ritiene opportune per affrontare la sfida, in Italia e all’estero, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la sua leadership scientifica e porre le basi per ulteriori, successivi e più rilevanti risultati nel dominio delle proprie competenze scientifiche.

Osservando il track record del quadriennio è possibile forse concludere che i risultati premiano le scelte assunte e l’impegno profuso.

Quanto raggiunto si deve alla grande dedizione, senza risparmio, e all’alta professionalità delle persone e delle unità organizzative dell’accademia e dell’amministrazione, a ogni livello. È troppo lungo l’elenco di coloro che sono stati determinanti nel periodo considerato e non può pertanto essere riportato in queste note.

Mi limito a indicare quanti nel quadriennio hanno fatto squadra coesa intorno al rettorato. Innanzitutto Mario Monti, illuminato ispiratore, e Luigi Guatri, anima e mente del piano di trasformazione unitamente al compianto Antonio Borges. Accanto a loro, Giovanni Pavese, che ha accompagnato la prima fase del lungo cammino. Ancora e principalmente, l’amministratore delegato Bruno Pavesi, che ha lavorato fianco a fianco alla squadra rettorale e accademica con tutti i dirigenti e collaboratori delle diverse funzioni dell’Università.

Da ultimo, mi sia consentito richiamare l’impareggiabile squadra rettorale costituita da Marco Agliati, Roberto Artoni, Andrea Beltratti, Guido Corbetta, Alberto Grando, Gianni Judica, Piergaetano Marchetti, Fulvio Ortu, Lorenzo Peccati, Andrea Sironi e Salvio Vicari.

In alto i cuori.

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1

I dati OCSE segnalavano nel 2005 il manifestarsi di una vera e propria «massificazione» dell’istruzione universitaria che negli ultimi vent’anni aveva visto raddoppiare la percentuale di adulti con un’educazione superiore.

2

OCSE, Indicators, Education at a glance, 2007.

3

Per citarne alcuni: il sistema di finanziamento delle università (fondi pubblici e criteri di allocazione dei medesimi, l’accesso ai fondi privati, tasse e contributi d’iscrizione ecc.), i costi a carico degli studenti, le borse di studio per i più meritevoli; il sistema di selezione degli studenti; il sistema di formazione, selezione, promozione e incentivazione dei docenti.

4

Le fonti del presente scritto sono costituite dai documenti rettorali dell’epoca e dalle prolusioni del rettore in occasione dell’apertura degli anni accademici 2005/06 e 2008/09.

5

Vedi in proposito Giovanni Gavetti, Anna Canato, Università Bocconi: Transformation in the New Millennium, Harvard Business School, July 2008.

6

Si tratta di cinque scuole: Scuola Universitaria (Undergraduate School); Scuola Superiore Universitaria (Graduate School); Scuola di Giurisprudenza (Law School); Scuola di Dottorato (PhD School); SDA Bocconi School of Management. La SDA rispondeva al rettore. Essa tuttavia godeva di una relativa maggiore autonomia amministrativa rispetto alle altre scuole.

7

I dipartimenti sostituivano i previgenti istituti, diversi in numero e in parte tra loro sovrapposti, in termini di competenze. I sette dipartimenti erano: Accounting, Economia, Finanza, Marketing, Management e tecnologia, Scienze delle decisioni, Scienze sociali e politiche, Scienze giuridiche.

8

Nel periodo considerato erano in carica cinque prorettori cui erano state attribuite le seguenti competenze: internazionalizzazione, assetto istituzionale, attività di ricerca e gestione delle risorse umane, fundraising e rapporti con l’ambiente economico; coordinamento dell’attività di rettorato.

9

Al consiglio accademico era stato attribuito, d’intesa con il rettore e nell’ambito delle competenze da questi conferite, lo svolgimento delle funzioni di indirizzo strategico, di coordinamento e controllo del settore accademico. Il consiglio accademico si proponeva di operare in coerenza con le finalità e gli indirizzi definiti dal CdA. Alle sedute del consiglio accademico partecipava il consigliere delegato. Limitatamente alle materie di preminente interesse degli studenti, intervenivano, con diritto di parola e di proposta, loro rappresentanti.

10

Il collegio dei docenti si componeva: del rettore, che lo presiedeva; dei professori e ricercatori di ruolo; dei full, associate e assistant professor; di una rappresentanza dei lecturer. Limitatamente alle materie di preminente interesse degli studenti, intervenivano rappresentanti degli studenti dei corsi di laurea di primo e di secondo livello e del dottorato di ricerca.

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