Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Nota del curatore


Parole chiave: Presidente Monti Mario

La sommaria rappresentazione su un diagramma ad assi cartesiani della lunga storia della Bocconi dà luogo a una spezzata connotata, sino alla fine degli anni Sessanta, da segmenti di lunghezza disuguale che segnalano l’alternanza di vivaci momenti di crescita a lunghe pause di assestamento. Così, alla genesi e al rapido affermarsi, all’inizio del XX secolo, della prima Università commerciale, frutto del mecenatismo di Ferdinando Bocconi e del genio di Leopoldo Sabbatini, segue un interludio compreso fra la scomparsa del suo primo presidente e la fine della Grande guerra, quando le scelte operate da Angelo Sraffa, chiamato a reggere l’università nell’autunno del 1917, ne modificano l’offerta formativa fino a mutarne la natura da economico-giuridica, quale era stata immaginata dai fondatori, in economico-giuridico-aziendale.

Il fascismo, che nel 1926 costringe Sraffa a lasciare il rettorato, apre un periodo di stasi interrotto, negli anni Trenta, dalle riforme introdotte dal vicepresidente Giovanni Gentile e dal rettore Gustavo Del Vecchio, che fanno degli Istituti (di economia, di ragioneria, di diritto comparato, di statistica, di storia economica ecc.) i centri dell’attività didattica e scientifica dell’Ateneo, affidando loro il compito di «operare una sintesi fra cultura e teoria economica in un disegno volto a rendere possibile, attraverso il contatto diretto degli insegnanti cogli allievi, il migliore rendimento degli studi per quella piccola minoranza di studenti, nella quale per legge naturale ogni istituto soltanto può attuare le sue più alte finalità creatrici di aristocrazie intellettuali», che in forme nuove sarebbero rimaste indispensabili anche in epoche successive, di ben maggiore accessibilità agli studi di fasce sempre più ampie della società.

La fine del decennio, segnata dalle leggi per la difesa della razza, e dal successivo conflitto mondiale, apre la strada a un lungo periodo di raccoglimento – parzialmente interrotto, nel primo dopoguerra, dall’avvio del nuovo corso di laurea in Lingue e letterature straniere – che si concluderà, alla fine degli anni Sessanta, su uno scenario nel quale l’inadeguatezza del modello didattico, considerato ormai obsoleto, l’incapacità delle entrate di far fronte al lievitare dei costi (del personale, dei servizi generali, delle attrezzature), oltre che la contestazione studentesca, sembrano mettere in forse l’esistenza stessa dell’Università. Questo sino al momento in cui il Consiglio d’amministrazione, presieduto da Furio Cicogna, e il corpo accademico, quasi completamente rinnovato con la chiamata di diversi giovani professori ordinari – molti dei quali formatisi in Bocconi – saprà dare una risposta pronta ed efficace alle sfide del ’68, conducendo l’istituzione su un nuovo sentiero dello sviluppo che, a distanza di mezzo secolo, non sembra mostrare segni di stanchezza

È su questi cinquant’anni che l’ultimo tomo della Storia di una libera università si sofferma, narrando la storia di quanti hanno affrontato e risolto una situazione che ab initio sembrava senza via di uscita, facendo dell’innovazione la componente fondamentale delle opzioni dell’Ateneo: di Giovanni Spadolini, di Innocenzo Gasparini e di Luigi Guatri in primis e dei molti altri che, in quegli anni difficili, hanno guidato l’Università fuori dalle secche della contestazione e della crisi finanziaria, ponendola al centro di un ambizioso progetto sintetizzato in quattro parole: ricerca e didattica, internazionalizzazione e infrastrutture. Progetto che Mario Monti – subentrato nel 1989 a Luigi Guatri come rettore e nel 1994 a Giovanni Spadolini come presidente – ha portato a compimento, assieme ai rettori che gli sono succeduti e con il supporto dei docenti e dello staff tecnico-amministrativo.

Il terminus a quo della vicenda è posto alla fine degli anni Sessanta, quando il sistema universitario in generale – e quello bocconiano in particolare – vengono messi a dura prova dai profondi cambiamenti che attraversano l’intera società. Il terminus ad quem si colloca invece all’inizio del 2020, quando la pandemia provocata dal Covid 19 ha mutato completamente gli scenari di riferimento e indotto l’Ateneo a scelte in precedenza impensabili, ponendo in discussione l’intero processo formativo e costringendo i docenti, il personale tecnico e amministrativo e gli studenti a mettersi in gioco per immaginare nuove procedure e nuovi modi di trasmissione e di recepimento del sapere e facendo della sfida un vero e proprio banco di prova per testare – e adattarsi – a forme di didattica sulle quali, come emerge dal saggio di Riccardo Taranto e Gianmario Verona che chiude queste pagine, sino a quel momento si era solo cominciato a riflettere.

Rispetto ai tre precedenti, questo quarto volume presenta alcune novità importanti. La prima è legata agli autori (rettori, amministratori, docenti), molti dei quali sono gli stessi che hanno dedicato intelligenza, competenza ed energie per raggiungere traguardi impensabili mezzo secolo fa. A ognuno è stato chiesto di narrare la sua esperienza. Ne è risultata una storia che è una sommatoria di storie: diverse e parallele.

Nella fase di progettazione si è discusso a lungo intorno ai rischi che si sarebbero corsi chiedendo ai protagonisti di questo mezzo secolo di raccontare e di raccontarsi, per di più operando su una storia ancora in fieri e nella quale il fuoco delle passioni brucia ancora; ma, alla fine, si è deciso che il gioco valeva la candela e che la consapevole rinunzia a pretese di omogeneità, sarebbe andata a favore di una trattazione corale che, proprio dalle differenze di opinioni, di stili e di approcci, avrebbe saputo offrire una lettura stimolante e non univoca, pur nella sostanziale correttezza dell’informazione e della documentazione di base.

Altro elemento che vale la pena di sottolineare è che le tematiche risultano notevolmente più ricche rispetto a quelle dei precedenti volumi; se non altro per il fatto che, alla Bocconi, grazie alle scelte operate in questo mezzo secolo, le aree disciplinari riflesse nell’offerta formativa si sono notevolmente ampliate e, nei corsi di laurea di recente istituzione, l’economia si coniuga sempre più con le altre scienze, sociali e non.

Un corposo apparato iconografico e soprattutto l’appoggio a un'area web, che raccoglie, oltre ai primi tre volumi di Storia di una libera università, una parte del materiale documentario e che è destinata a essere continuamente alimentata – arricchiscono e completano il racconto che, in questo modo, ben sembra adeguarsi a quella che oggi si è soliti pensare come una società dell’immagine.

La costruzione di questo volume non è stata semplice; ma alla fine gli ostacoli sono stati superati grazie alla collaborazione leale e appassionata di Mirka Daniela Giacoletto Papas (nel corso del volume, per brevità, verrà omesso il nome Daniela, come è abitualmente conosciuta) e di Silvia Colombo, senza le quali il curatore ben difficilmente avrebbe potuto districarsi nel complesso labirinto degli eventi che interessarono la comunità bocconiana nel mezzo secolo in questione. Alla gratitudine che a loro è dovuta, non si può non aggiungere quella che va a Paola Conversano, impareggiabile curatrice editoriale, a Roberto Gamba, silenzioso ma prezioso e insostituibile deus ex machina di tutta l’impresa, a Lorenzo Peccati, guida sicura fra gli arcana dell’Ateneo, a Marisa Santarsiero, amica carissima e indimenticabile direttrice della biblioteca, e a quanti ci hanno aiutato nella ricerca archivistica e iconografica. Senza dimenticare gli autori, che hanno giocato sino a fondo il loro ruolo, accettando senza problemi e con grande spirito collaborativo, le osservazioni e le critiche che il curatore, spesso con grande imbarazzo, ha di tempo in tempo loro mosso.

L’entente cordiale fra Luigi Guatri e Mario Monti è stata sicuramente uno degli elementi che hanno connotato questo mezzo secolo di storia della Bocconi, permettendo all’Ateneo di rinnovarsi senza perdere di vista i valori che Leopoldo Sabbatini aveva posto alla base del suo mirabile progetto. A loro, che sono stati sono stati fra i principali artefici di questa rivoluzione nella tradizione, questo volume è dedicato.

 

Marzio A. Romani

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