Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Parole chiave: Presidente Monti Mario, Rettore Ruozi Roberto, Guatri Luigi, Pavese Giovanni, ALUB, Dubini Emanuele

Il 1994 si rivela non meno complicato del 1989: finisce, in Italia, la prima repubblica, in un clima drammatico di tensione e violenza, stragi, processi, crisi economica e ideologica. Sono gli anni di Tangentopoli, dello scontro Stato-mafia, delle difficoltà finanziarie del Paese e delle famiglie, in un clima di sfiducia generale non certo mitigato dalle inusuali, drastiche decisioni adottate dall’uscente, in quel periodo poco amato, presidente del consiglio Giuliano Amato, di concerto con il governatore della Banca d’Italia[1].

Spariscono DC e PCI, i partiti storici dell’arco costituzionale, conquista spazio chi non ne aveva fatto parte per motivi diversi: il MSI da un lato e i neonati Lega e Forza Italia dall’altro. Le elezioni del 1994 così registrano un capovolgimento della composizione politica del Parlamento e, tra lo sconcerto della vecchia politica, la formazione di un nuovo governo che cerca nelle istituzioni culturali, tra cui la Bocconi, il sostegno di conoscenze e di competenze di cui è privo: Stefano Podestà diventa ministro dell’Università, Giuliano Urbani è ministro per la Funzione pubblica e gli Affari regionali.

È un riconoscimento del valore dell’Università attraverso i suoi docenti, ma non intacca lo storico principio dell’estraneità dei ruoli e della rigorosa separatezza tra carriera privata e mandato accademico, indipendentemente da ragionamenti su vincoli o meno di incompatibilità giuridica. D’altra parte, Spadolini è presidente della Bocconi da oltre quindici anni, avendo nel contempo ricoperto le cariche di ministro dei Beni culturali, della Difesa e dell’Istruzione, di presidente del Consiglio e di presidente del Senato, senza che la contemporaneità degli incarichi abbia in qualche modo condizionato scelte e responsabilità o configurato commistioni men che corrette.

La vita breve del primo governo Berlusconi, e il succedersi in tempi stretti di nuovi mutamenti politici e istituzionali, porta a un susseguirsi di ministri dell’Università che non sanno, o non possono, assicurare continuità di visione o incisività di azione: dopo Alessandro Fontana, Luigi Berlinguer e Umberto Colombo, ecco arrivare Stefano Podestà, Giorgio Salvini, Luigi Berlinguer due, Ortensio Zecchino, Fabio Mussi. Otto ministri in sei anni sono oggettivamente troppi per impostare, e attuare, una politica dell’educazione coerente e continuativa.

Le università cercano comunque, faticosamente, di tradurre in pratica le autonomie conquistate nel 1989: la legge 537/1993, pur lasciandone immutato il carattere di enti a finanza derivata, conferisce loro autonomia in rapporto alle risorse disponibili, modificando quindi il precedente modello basato sul ruolo chiave del ministero nella ripartizione e nel governo delle risorse. L’idea di fondo, che informa questa e le altre normative degli anni immediatamente successivi, è ben sintetizzata sia dai tanti statuti che qualificano le università come «comunità di persone che concorrono alla realizzazione dei fini istituzionali conferiti», sia dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 1017/1988)[2].

L’obiettivo è chiaro, ma la realtà è complicata: le risorse economiche destinate alle università, in competizione con le necessità di altre aree, sono in progressivo calo; la crisi demografica, coniugata con la mancanza di prospettive lavorative per i laureati, porta a un decremento significativo delle iscrizioni, a cui contribuisce, come scrive l’Istat nel suo rapporto annuale, «l’immagine non sempre positiva del sistema universitario nel suo complesso».

Il sistema di educazione superiore, «una delle molle che fanno funzionare i sempre più ampi processi necessari per raccogliere le sfide del mondo moderno», secondo l’Unesco, è in affanno, e non è una priorità in nessuno dei programmi dei governi che si succedono.

19961005_cd110_06_28_05

La Bocconi segue il suo corso, avanzando con fermezza nell’attuazione dei suoi programmi, ma facendosi contestualmente carico dei temi civili e sociali del Paese:

Non dobbiamo permettere che [...] i motivi di turbamento [che affliggono il Paese] abbiano il sopravvento: lo spazio di azione che l’Università Bocconi ha davanti a sé è enorme. L’attuale momento le affida il compito di contribuire a determinare un’Italia migliore in una comunità degli uomini più degna di questo nome[3].

Monti, giunto al quinto anno di rettorato, comincia a denunciare il peso dell’incarico e lancia messaggi sull’opportunità di un cambiamento: il 31 ottobre 1994 scade il suo mandato di rettore e ritiene di aver ultimato il percorso di cui si era assunto l’impegno.

L’attuazione del piano Bocconi 2000 è stata perseguita con un ampio coinvolgimento di tutte le componenti dell’Università tra cui, in primis, i quattro prorettori da lui scelti per coadiuvarlo: Vittorio Coda, Claudio Demattè, Roberto Ruozi, Carlo Secchi[4], affiancati da altrettanti comitati consultivi. L’impegno è stato gravoso, ma la «macchina» è in moto sulla via giusta.

Le vicende nazionali impattano, però, anche sulla Bocconi: Spadolini, presidente del Senato ininterrottamente dal 2 luglio 1987, il 14 aprile 1994 viene sostituito nella carica da Carlo Scognamiglio Pasini: è un colpo durissimo per questo personaggio che, per sapienza, visione e nobiltà di gestione del ruolo, si è sempre posto, ed è sempre stato considerato, al di sopra delle parti e delle contingenze politiche. Lo choc psicologico si affianca a una malattia rapida e implacabile: il 4 agosto 1994 lo «Spadolini istituzionale e monumentale, monumento vivente a se stesso, ma con quel piglio da ragazzo timido che lo ha sempre contraddistinto»[5] viene a mancare, lasciando la Bocconi orfana e sconcertata.

20141117_cd465_IPP108

Anche in questo caso, i «sondaggi» per la successione sono rapidi e sintetici: Monti sollecita Guatri ad assumere la presidenza. Guatri declina con fermezza e rilancia l’invito a Monti[6]. Monti accetta e Guatri presenta l’ipotesi al presidente dell’Istituto Javotte Bocconi – Associazione Amici della Bocconi, Emanuele Dubini, che dà una «incondizionata approvazione». Il 6 settembre, il CdA dell’Istituto designa all’unanimità alla presidenza della Bocconi Mario Monti, che diventa così il settimo presidente dell’Ateneo dopo Leopoldo Sabbatini, Luigi Majno, Ettore Bocconi, Javotte Bocconi Manca di Villahermosa, Furio Cicogna e Giovanni Spadolini. La tradizionale apertura del nuovo anno accademico, il 17 ottobre, vedrà la commemorazione ufficiale di Giovanni Spadolini da parte del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, del presidente del Senato Carlo Scognamiglio Pasini e del suo amico di sempre Luigi Guatri, nonché la relazione di Mario Monti, a conclusione e sintesi di cinque anni di rettorato.

La Bocconi che Monti lascia in eredità al suo successore è cambiata nei contenuti e nelle dimensioni. L’offerta formativa si è arricchita e articolata: sono cresciuti del 34 per cento gli iscritti al primo anno e del 15 per cento il numero complessivo degli studenti, il 90 per cento dei quali giunge alla laurea. I laureati sono aumentati del 26 per cento (da 1274 a 1606); il personale docente del 36 per cento, quello non docente del 33 per cento. Si sono ampliati gli spazi a disposizione degli studenti, le infrastrutture per il più efficiente funzionamento dell’Ateneo e anche «il rapporto della Bocconi con la società, in questi cinque anni difficili per il nostro Paese e la nostra città, è divenuto più intenso e articolato e ha costituito l’oggetto di particolare riflessione e iniziative»[7].

isearchiv_cd107_ise01_05_07

Tra le molte iniziative avviate in questa direzione, una può essere assunta a simbolo: il ciclo di incontri su «Le responsabilità politiche della classe dirigente dell’economia», che, inaugurato con Giovanni Agnelli, nel corso di due anni vede la testimonianza di personalità del mondo della politica e della cultura, sia italiane che straniere. Nell’incontro conclusivo, l’8 marzo 1993, viene annunciata la nascita del nuovo corso di laurea in Economia della pubblica amministrazione e delle istituzioni internazionali, finalizzato a «formare i giovani a una nuova cultura all’insegna della trasparenza e della funzionalità dell’amministrazione pubblica».

Alla presentazione, su invito di Mario Monti, interviene il contestatissimo presidente del consiglio Giuliano Amato, responsabile, di fronte all’opinione pubblica, di volere affossare la «pulizia» avviata da Tangentopoli, cercando una via istituzionale alla soluzione di un problema giuridico e politico[8]. La sua azione viene considerata quasi una «correità» e Amato, in un’aula gremita di studenti, ma anche giornalisti, sindacalisti, gente comune, viene accolto dalla più forte contestazione che la Bocconi ricordi. La situazione sembra ingovernabile, ma Spadolini richiama con grande fermezza e autorevolezza tutti i presenti al rispetto delle istituzioni, rievocando il dolore e la fatica che ne è costata la conquista. L’aula magna ammutolisce. Amato si presenta «sono un professore e vi parlerò come tale» e svolge il suo intervento in un clima di totale, rispettoso silenzio. I giornali evidenziano l’episodio e la Bocconi si conferma sede non neutrale di impegno civile.

FILROUGE_5

Mario Monti deve pensare alla nomina del suo successore, che dovrà entrare in carica il 1° novembre. A un economista deve succedere un aziendalista, i patti non scritti della Bocconi sono chiari, e nel sommovimento generale non c’è certo spazio per una loro rimessa in discussione. I sondaggi sanciscono l’indiscussa autorevolezza di Roberto Ruozi, ordinario di Economia degli intermediari finanziari, prorettore negli ultimi dieci anni e membro del consiglio di amministrazione.

Ruozi, che è stato, insieme a Claudio Demattè, uno degli allievi prediletti di Giordano Dell’Amore, ha affiancato alla didattica un’intensa attività di ricerca, oltre all’impegno nelle cosiddette «attività di servizio», quelle cioè mirate allo sviluppo e al funzionamento dell’Ateneo[9]. Conosce quindi a fondo l’Università e, nel contempo, guarda con attenzione al mondo esterno, svolgendo un’attività professionale che gli consente, secondo le tradizioni degli aziendalisti bocconiani, di coniugare teoria e pratica.

Su proposta di Monti – che lo presenta sottolineando che «la sua conoscenza dei problemi, degli obiettivi e dei programmi della nostra Università, nonché il suo antico e profondo legame con l’istituzione, garantiscono che il prof. Ruozi saprà condurre la Bocconi nel campo della didattica e della ricerca verso traguardi sempre più elevati, in coerenza con la missione e la tradizione della nostra Università» – il CdA, nella riunione del 24 ottobre 1994, lo nomina all’unanimità rettore per l’a.a. 1994/1995.

Il 1° novembre, Ruozi, nel suo ruolo di rettore, esordisce come membro di diritto in un consiglio di amministrazione di nuova nomina per il quadriennio 1994/98[10]. Alla segreteria del consiglio viene confermato Enrico Resti, storico direttore amministrativo dell’Università, in pensione dal 1° gennaio dello stesso anno[11]. E così inizia l’era Ruozi con un nuovo presidente, un consiglio di amministrazione in parte nuovo, un nuovo direttore amministrativo, Emanuele Dubini, e un impegno che si presenta gravoso e insieme entusiasmante. Il 24 ottobre 1994, nel discorso di accettazione il rettore afferma:

Sono perfettamente conscio che si tratta di un compito arduo, che esige una grande responsabilità e che presenta notevoli difficoltà, prima fra tutte quella di mettermi a confronto con i miei predecessori Guatri e Monti. Vi assicuro che lo svolgerò con la concretezza, la tenacia e la forza di volontà che credo di possedere. Siate infine certi che sarò un rettore leale, e che l’unico vero obiettivo del mio lavoro sarà il bene della nostra università.

Ma il 1994 non è ancora finito. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, propone a Mario Monti la carica di commissario europeo. È una proposta a cui Monti non può dire di no, perché è l’occasione concreta di lavorare per quel sogno di Europa a cui da sempre dedica studio, attenzione e speranze.

Si porrà un problema di modalità di lavoro che, nella lontananza e nelle agende sempre più complicate, consentano la necessaria circolarità di informazioni e la consonanza dei vertici. La soluzione sarà la costituzione di un comitato di presidenza, che riunirà periodicamente presidente, rettore e consigliere delegato[12].

Ruozi si accinge al lavoro con velocità e fermezza, costituendo una squadra che rappresenterà, nei sei anni successivi, un’efficace leva per l’adempimento del mandato ricevuto dal CdA[13]. Oltre a didattica e ricerca, dà impulso particolare alle iniziative per i potenziali studenti, per gli studenti, per i neolaureati e per il mondo del lavoro, all’insegna di «l’economia non è tutto», con un’attenta cura alla sistematizzazione della conoscenza di quanto Bocconi fa, ed è in grado di fare[14].

Sulla base della ricerca sulla condizione giovanile annualmente commissionata a IARD dal 1992, la Bocconi istituzionalizza, prima università italiana, l’«orientamento» come impegno continuativo, rivolto ai potenziali studenti, ma anche a genitori e insegnanti, coinvolgendo docenti e dirigenti dell’Ateneo, psicologi e rappresentanti del mondo del lavoro. A questo, in linea con l’obiettivo di ampliare il bacino della Bocconi trasformandola sempre più in università nazionale e internazionale, si affianca una presenza continuativa sul territorio, sia in Italia sia nei Paesi della Comunità Europea. Come sottolinea Roberto Ruozi su Bocconi Notizie: «L’identità sempre più integrata sia culturalmente sia geograficamente in cui è venuta maturando in questi anni la Bocconi, può così trovare riscontro in un rapporto diretto con ogni quadrante della rete educativa nazionale».

Dunque, una Bocconi che si pone al servizio della società, che cerca il dialogo con tutte le sue componenti, mettendo a disposizione le sue capacità e i suoi privilegi. E i risultati ci sono: il numero dei preiscritti aumenta, nonostante il calo demografico e la generale disaffezione all’università, e ancor più aumenta da fuori Lombardia. In questo giocherà un ruolo importante la creazione del primo sito web, a cura del gruppo di lavoro Internet, incaricato di progettare e implementare www.bocconi.it[15], che verrà trasformato in comitato per la multimedialità: il punto di partenza per le molte future applicazioni nelle diverse aree dell’Ateneo, sia gestionali che didattiche, con una convinta spinta sul fronte dell’@learning.

Parallelamente si intensifica l’impegno per l’orientamento dei laureati al mondo del lavoro, con lo sviluppo e il potenziamento di nuovi strumenti e iniziative (l’ufficio laureati, creato all’interno di Bocconi Comunicazione nel 1988, da cui si svilupperanno i programmi placement, stage, orientamento professionale e internship). Programmi che si affiancano e interagiscono con il network Alumnet, che collega sei università europee e con i programmi «Partner per lo sviluppo» e «Advisor per Bocconi».

In parallelo, ALUB (Associazione Laureati Università Bocconi) viene chiamata a supportare il programma stage e lo sviluppo dei rapporti con le aziende, con iniziative in Italia e all’estero. Alla presidenza, il dinamico Enrico Gustarelli (1987/95) e il suo successore Mario Garraffo (1995/2006) riescono a coinvolgere una nutrita schiera di laureati Bocconi di successo, che rappresenteranno il nucleo di base dello sviluppo numerico e contenutistico dell’Associazione in funzione di una «comunità dei laureati» sempre più ampia e aperta a tutti i laureati Bocconi, indipendentemente dall’iscrizione formale all’Associazione.

Agli studenti viene rivolto costantemente l’invito ad allargare i propri interessi oltre le singole materie di esame, a guardare il mondo attraverso l’arte, la musica, lo sport, i dibattiti e le testimonianze di personaggi di mondi diversissimi dall’economia, per una formazione personale che coinvolga aspetti umani, etici e relazionali. A questo obiettivo rispondono sia il ciclo «Oltre la norma» (che si svilupperà negli anni a venire come «Sapere a tutto campo» e, successivamente, «Campus life») sia il ciclo «Il dovere di rispondere», un insieme di 24 incontri sul tema dell’etica, declinata sulle realtà più diverse, dal quotidiano all’astratto, dal personale al sociale.

BGAME

Mario Monti, nonostante l’impegno a Bruxelles, non manca nessuno degli appuntamenti dell’Ateneo: interviene alle Giornate CLAPI, con i primi laureati del corso di laurea magistrale in Economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali, partecipa agli incontri sull’etica, propone una lettura europea di problemi che interessano l’Italia e ancor più la caratterizzeranno negli anni a venire. Come quello degli immigrati: in Italia sono ormai 2,5 milioni, vissuti con pregiudizi e paura, in condizioni spesso di sfruttamento. Nessun partito politico a sostenerli, se non la Chiesa, cui si aggiungono volontari e persone illuminate che cominciano a parlare di «risorsa». E su questo Monti, all’inaugurazione dell’a.a. 1997/98, ammonisce la comunità bocconiana:

Oltre all’integrazione in Europa e nel mondo, che richiede una rigida e dura cultura per attrezzarsi a competere, c’è anche la sfida dell’integrazione all’interno del Paese, che richiede la cultura più temperata della tolleranza: la difficoltà che ha il sistema formativo scolastico e universitario italiano di dare una risposta adeguata al bisogno di cultura del Paese rischia di aggravarsi con il progressivo inserimento di nuove componenti della popolazione. Infatti, mentre l’Italia guarda al mondo, la mobilità sempre maggiore di interi popoli porta una parte del mondo in Italia: dalla sponda sud del Mediterraneo, dai Paesi balcanici, dall’Europa centro-orientale, dall’Africa.

Ma, soprattutto, Monti affianca e sostiene il rettore nella preoccupazione per la situazione del sistema universitario – di cui Ruozi denuncia «il palese contrasto tra la riduzione dei fondi pubblici messi a disposizione e il moltiplicarsi delle sedi di facoltà e corsi, in un momento in cui, per la prima volta nel secondo dopoguerra, il sistema stesso è entrato in una fase recessiva» – nonché per le scelte legislative in arrivo: la legge 210/1998, che riconosce agli atenei una parziale autonomia nel reclutamento del personale docente e il DM 509/1999, varie volte modificato in seguito, che sancisce l’autonomia didattica, stabilendo che l’ordinamento degli studi debba essere determinato da ciascun ateneo, sia pure sulla base di criteri generali stabiliti dal centro.

Come strumento necessario per la progressiva attuazione dei principi di autonomia introdotti dalla nuova legge, il ministero sollecita la revisione degli statuti di tutte le università, con particolare riferimento alle statali. Su questa linea, si allineano anche le università «libere», compresa la Bocconi, il cui consiglio di amministrazione, nella riunione del 29 maggio 1998, approva la revisione dello statuto con l’obiettivo di dare organicità e sistematicità alla gestione dell’Ateneo. Tra le modifiche, in particolare, l’ampliamento a due anni (rinnovabili) della carica rettorale.

In base alle modifiche apportate, il 16 ottobre 1998 Ruozi viene confermato rettore per il biennio successivo e, in contemporanea, il 1° novembre 1998, entra in carica, per il quadriennio 1998/2002, il rinnovato consiglio di amministrazione, con l’ingresso di Fondazione Cariplo e Regione Lombardia[16].

In questo quinto mandato, Roberto Ruozi potrà contare sulla nuova figura professionale del direttore generale, Giovanni Pavese, entrato in carica il 1° ottobre 1997, dopo il pensionamento, il 31 luglio dello stesso anno, del direttore amministrativo Umberto Dubini, succeduto a Enrico Resti.

La squadra rettorale intensifica l’impegno: viene definita la riforma universitaria cosiddetta del 3+2 e una nuova proposta formativa basata sullo sviluppo del corpo docente (ordinari, associati e ricercatori) nell’ordine del 30 per cento per i successivi cinque anni accademici.

Il comitato esecutivo approva il piano, sottolineando che riflette parametri rilevanti, tra cui

[...] il principio di fondo di accogliere le nuove competenze disciplinari, rese necessarie dalla nuova offerta formativa, salvaguardando sostanzialmente quei tradizionali equilibri con i quali esse, operando in spirito di integrazione, hanno reso possibile lo sviluppo armonioso della nostra Università.

In parallelo, prosegue l’attività per lo sviluppo immobiliare dell’Ateneo[17], viene ampliata la struttura amministrativa con l’assunzione di nuovi dirigenti per aree specifiche e viene potenziata altresì la casa editrice dell’Università[18].

È in quei mesi che arriva a compimento il proposito del consigliere delegato Luigi Guatri «di essere sollevato dalla carica [...] che richiede oggi un’operatività a tempo pieno, per la crescente complessità operativa e gestionale della Bocconi». Il presidente, prendendone atto con rammarico, sottolinea che «il valore del rapporto che ha legato Luigi Guatri alla Bocconi è immenso e merita di essere continuato, in forma nuova, per il tempo più a lungo possibile»; precisa che il professore «potrebbe svolgere un ruolo particolarmente incisivo sul piano strategico» e comunica «di aver riflettuto sull’ipotesi che il Consiglio si avvalga della posizione, oggi non coperta, di Vice-presidente». È una proposta che il consiglio approva all’unanimità deliberando contestualmente la nomina a consigliere delegato di Giovanni Pavese che, sottolinea Monti, «nei due anni e mezzo da quando è entrato in Bocconi ha pienamente corrisposto alle aspettative che avevano indotto il Consiglio di amministrazione prima a creare la carica di direttore generale e di affidarla poi al dottor Pavese».

Si avvicina la conclusione del mandato Ruozi, sullo sfondo di un’Italia travagliata dal punto di vista politico, istituzionale ed economico: al primo governo della seconda repubblica, quello di Silvio Berlusconi, sono succeduti i governi Dini, Prodi e D’Alema. Berlusconi e Andreotti hanno affrontato, e superato, pur tra contestazioni e forte impatto mediatico, diverse prove giudiziarie. Nasce, e muore nel giro di pochi mesi, la commissione parlamentare per le riforme costituzionali, la cosiddetta Bicamerale, tentativo idealmente coraggioso di cambiamento del sistema, che naufraga nell’eccesso di mediazioni. Esplode il problema degli immigrati e il dibattito sulla liceità del «blocco navale» ordinato dal governo per arginarli. Si prepara il passaggio all’euro, la moneta unica che vede impegnato Mario Monti, confermato da Prodi commissario europeo, questa volta alla concorrenza.

E l’ingresso nel nuovo millennio è segnato dal Giubileo, con la proclamazione del 2000 come Anno Santo: anche l’Ateneo partecipa[19], e il corpo docente, con il presidente Monti e il rettore Ruozi, viene ricevuto in udienza privata dal Papa Wojtyla. Un buon viatico per la Bocconi del terzo millennio.

19991123_cd102_01_19_15


1

Manovra finanziaria fino a 100.000 miliardi di lire e prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti presenti presso le banche italiane.

2

R. Finocchi, L. Fiorentini, A. Mari (a cura di), Gli Statuti delle Università, Milano, Giuffrè, 2000.

3

Mario Monti, auguri natalizi all’Università, 1993.

4

Claudio Demattè lascerà l’incarico di prorettore perché nominato presidente Rai nel 1993; Carlo Secchi, a sua volta, lascerà l’incarico perché eletto al Parlamento europeo nel 1994 e, successivamente, al Senato della Repubblica italiana nel 1995.

5

Indro Montanelli, La Voce, 5 agosto 1994.

6

Luigi Guatri, Una vita in Bocconi, Milano, Egea, 2012.

7

Mario Monti, relazione all’inaugurazione a.a. 1994/95 «il confronto con gli altri Paesi mostra che in Italia, oltre a non esservi una radicata cultura dell’economia di mercato, non esiste UNA classe dirigente bensì singole classi dirigenti (delle imprese private, delle imprese pubbliche, delle banche, dei media, dell’amministrazione pubblica e naturalmente della politica) con poca mobilità tra di loro, poca omogeneità nella formazione scolastica e universitaria, poca condivisione dei valori fondamentali... e tra loro si ignorano, o polemizzano, o si scambiano favori». Da qui, prosegue Monti, l’appello «ai giovani più motivati, alla loro integrità, alla loro passione, a impegnarsi come civil servants per un Paese che vogliamo migliore».

8

Decreto Conso, detto «colpo di spugna», che il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di firmare.

9

Ha fatto parte del gruppo di lavoro che elabora il documento «Idee guida per l’Università Bocconi» (vedi nota 2, p. 107); ha fatto parte del Gruppo per il coordinamento e la programmazione» incaricato della «formazione... di un programma a 5/10 anni»; è stato prorettore alla didattica nel rettorato Guatri; prorettore delegato all’orientamento e all’ammissione degli studenti, all’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro e ai rapporti con le imprese e gli enti economici sia nel rettorato Guatri che nel rettorato Monti. Ed è, dalla sua costituzione nel 1988, il presidente di Egea, la casa editrice dell’Università (vedi p. 133).

10

Ne fanno parte, oltre al presidente, Piero Bassetti, Benito Benedini, Francesco Cingano, Emanuele Dubini, Luigi Guatri, Paolo Iacci, Giancarlo Lombardi, Giorgio Lunghini, Alessandro Maffioli, Sandro Molinari, Nicolò Nefri, Adalberto Predetti, Ennio Presutti, Piero Schlesinger, Sergio Siglienti, Lucio Stanca, Marco Tronchetti Provera.

11

«[...] ho lasciato la carica di direttore amministrativo della nostra amata Bocconi, dopo trentasei anni di servizio attivo. Gli importanti e complessi problemi della nostra Università, sorti negli ultimi anni, e che assumeranno in futuro proporzioni sempre maggiori, esigono cambiamenti ai vertici dell’amministrazione ed ho pertanto sentito l’esigenza e il dovere di lasciare ad altri, più giovani e motivati, la responsabilità dei problemi gestionali e amministrativi dell’ateneo, da affrontare con criteri e mentalità più consoni ai tempi nuovi».

12

Il comitato di presidenza, organismo informale di consultazione, è costituito il 20 aprile 1998. La segreteria è affidata al segretario del consiglio di amministrazione, Mirka Giacoletto Papas.

13

Nomina due prorettori: Giuseppe Airoldi alla didattica e Aldo Montesano alla ricerca. Conferma i quattro comitati consultivi del rettorato e la commissione relazioni internazionali con presidente Severino Salvemini, mantenendo per sé la presidenza del comitato di coordinamento. A questi si aggiungeranno il comitato per la multimedialità e il comitato orientamento.

14

Per esempio, con l’avvio del «Rapporto annuale sull’attività di ricerca» che diventerà, negli anni, un appuntamento fisso.

15

Il gruppo di lavoro Internet, presieduto da Roberto Artoni, è composto dal direttore amministrativo, da Bocconi Comunicazione per la parte editoriale e da CIDER (Centro per lo sviluppo informatico nella didattica e nella ricerca) per la parte informatica.

16

Fanno parte del CdA, oltre a Mario Monti, riconfermato presidente, Benito Benedini, Francesco Cingano, Emanuele Dubini, Roberto Formigoni, Luigi Guatri, Giuseppe Guzzetti, Mario Jakober, Giancarlo Lombardi, Giorgio Lunghini, Manfredi Palmeri, Giovanni Pavese, Adalberto Predetti, Roberto Ruozi, Carlo Sangalli, Sergio Siglienti, Lucio Stanca, Mario Talamona, Marco Tronchetti Provera.

17

Vedi «Dagli edifici al Campus», p. 702.

18

Vedi «Egea, la casa editrice», p. 133.

19

La rettoria di San Ferdinando, voluta da donna Javotte e costruita nel 1961/62, ha sempre svolto un ruolo importante come punto di riferimento degli studenti, cattolici e non, e sostiene la Bocconi nelle sue iniziative.

Indice

Archivio