Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Chi entra sia ancora migliore di chi è già dentro


Parole chiave: Presidente Monti Mario, Vice presidente Guatri Luigi, Pavesi Bruno, Marchetti Piergaetano, Mumbai International School of Business, Rettore Tabellini Guido

Il mandato con cui sono stato nominato rettore nel 2008 sottolineava due obiettivi prioritari: portare la Bocconi verso l’eccellenza nella ricerca e nella didattica, avendo come termine di paragone le migliori università europee e americane; proseguire l’internazionalizzazione della Bocconi per farne un polo di attrazione per i migliori studenti e docenti da tutto il mondo.

Eccellenza e internazionalizzazione. Perché obiettivi così impegnativi? La risposta può essere riassunta in una parola: globalizzazione. Il mondo è diventato più piccolo. I progressi nelle tecnologie informatiche, la diffusione di internet, il minor costo dei trasporti, l’aumentata mobilità internazionale hanno accorciato le distanze in tutti i sensi.

La globalizzazione ha implicazioni ancora più rilevanti per le università e per chi opera nel mondo della ricerca, che non in altri settori produttivi. Nel campo della conoscenza, l’eccellenza ha rendimenti altamente non lineari. Se qualcuno fa una scoperta scientifica, questa gli viene riconosciuta solo se è il primo a farla. Scoprire qualcosa per secondo non serve a nulla. La globalizzazione e l’evoluzione delle nostre discipline hanno ulteriormente accentuato questo fenomeno. Nelle scienze economiche vi è ormai un’unica comunità scientifica di riferimento, ed è una comunità internazionale. Le istituzioni che raggiungono l’eccellenza e contribuiscono all’accumulazione della conoscenza riescono ad attrarre risorse e talenti, in un circolo virtuoso che si autoalimenta. Gli altri restano inesorabilmente indietro.

Anche per questo, eccellenza e internazionalizzazione vanno di pari passo. Non vi può essere eccellenza senza internazionalizzazione. L’eccellenza «locale» è destinata a scivolare verso la mediocrità. L’internazionalizzazione e la spinta verso l’eccellenza erano e rimangono una scelta obbligata. Senza questa spinta, torneremmo indietro e la stessa sopravvivenza della Bocconi così come la conosciamo sarebbe in dubbio.

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Le priorità del rettorato

Dal mandato ricevuto discendevano logicamente alcune priorità che hanno guidato il mio rettorato.

Reclutamento e gestione del corpo docente. La qualità di un’università si misura innanzitutto dalla qualità del suo corpo docente. Personalmente sono convinto che la qualità dei docenti sia ancora più importante della loro motivazione. Non perché la motivazione non sia rilevante, ma perché in genere, e a differenza di quanto accade in altre professioni, il lavoro di un docente universitario ha una forte motivazione intrinseca: la soddisfazione di avere avuto una nuova idea o di aver capito come spiegare un fenomeno oppure risolvere un problema, il piacere di insegnare a una classe di giovani curiosi e intelligenti.

Come migliorare la qualità del corpo docente? Il modo più diretto è fare il possibile perché chi entra sia ancora migliore di chi è già dentro. Per questo, la prima priorità del mio rettorato è stata il reclutamento esterno. Ma naturalmente non basta il reclutamento per migliorare la qualità dei docenti. Occorre anche valorizzare e premiare i migliori già in organico, e impostare le progressioni di carriera in base a criteri rigorosamente meritocratici. Il riconoscimento del merito in Bocconi è sempre stata una linea guida, e un valore al quale l’Università si è sempre ispirata, tuttavia non sempre le prassi seguite erano in linea con i migliori benchmark internazionali. Una seconda priorità importante del rettorato, oltre a rinforzare il reclutamento, è stata l’aggiornamento della gestione e promozione dei docenti.

Fundraising. Reclutamento più aggressivo e valorizzazione dei migliori docenti non sono innovazioni a saldo zero, ma costano cari. Nell’affidarmi obiettivi così impegnativi, l’Università aveva garantito adeguate risorse. Tuttavia, soprattutto grazie all’incoraggiamento del membro del comitato esecutivo e del consiglio di amministrazione Antonio Borges, in quegli anni l’Università ha impresso un’accelerazione sulla raccolta di fondi esterni. Fin dall’inizio, il rettorato si è impegnato anche su questo fronte identificando potenziali donatori, valorizzando e promuovendo quelle attività accademiche in grado di destare l’interesse del mondo esterno all’Università, potenziando i legami tra l’Ateneo e la comunità degli alumni.

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Internazionalizzazione della didattica. I principali beneficiari di una Bocconi più internazionale sono gli studenti, che vedono nella nostra Università un trampolino di lancio verso il resto del mondo. All’internazionalizzazione dell’offerta didattica si pensava già molti anni addietro, e nel 2008 la Bocconi offriva ai suoi studenti un ambiente internazionale da tutti i punti di vista. Inoltre, negli anni immediatamente precedenti l’Università aveva fatto un imponente sforzo di programmazione e revisione dell’offerta didattica. Pertanto essa non richiedeva nuove e radicali revisioni, quanto piuttosto un’attenta manutenzione per migliorarne ulteriormente la qualità e i contenuti. Tuttavia, il rettorato si è impegnato a rinforzarne e accelerarne l’internazionalizzazione attraverso nuove iniziative e tramite accordi con prestigiose università in Asia, negli Stati Uniti e in Europa.

Le sfide e l’attuazione del programma

Reclutamento internazionale. Come realizzare l’impegno di portare in Bocconi nuovi docenti senior reclutati sul mercato internazionale? Quando raccontai ad alcuni colleghi americani che questa era la prima priorità del mio rettorato, mi dissero «buona fortuna!» – come per dire: non illuderti. Non perché non avessero rispetto per la Bocconi, ma perché la percentuale di successi negli sforzi di reclutamento è sempre molto bassa. Tuttavia, nonostante alcuni insuccessi iniziali, non ci lasciammo scoraggiare.

In qualunque università, i vertici dell’istituzione hanno un compito importante ma indiretto nel reclutamento di nuovi docenti. L’Università può mettere a disposizione risorse adeguate e definire procedure, ma la loro individuazione spetta al corpo docente, tramite l’iniziativa dei singoli dipartimenti. La prima sfida nel promuovere il reclutamento, pertanto, era quella di stimolare i migliori docenti all’interno di ogni dipartimento a individuare potenziali candidati con un profilo internazionale da portare in Bocconi. Un aspetto importante di questa sfida era alzare le ambizioni del corpo docente, in linea con gli obiettivi di eccellenza dell’Università.

Una volta individuati i candidati, la seconda sfida era creare condizioni adeguate per invogliarli a venire in Bocconi. Le condizioni economiche sono solo uno degli aspetti rilevanti, perché qualunque ricercatore si rende conto che la sua produttività dipende dall’ambiente che lo circonda, e ciò tende a favorire le università più affermate. Inoltre, la situazione personale e familiare è spesso la determinante principale delle decisioni individuali, e per facilitare il reclutamento l’Università si è spesso dovuta impegnare anche nella ricerca di soluzioni idonee per la carriera professionale della moglie o del marito del docente a cui veniva rivolta l’offerta.

Il primo nuovo professore ordinario assunto durante il mio rettorato è stato Sasson Bar-Yosef, un affermato professore israeliano di accounting. Sasson strinse presto legami di amicizia con il direttore del suo dipartimento, Franco Amigoni, e contribuì molto alla crescita scientifica del dipartimento negli anni successivi. Sempre nello stesso anno assumemmo Massimo Marinacci, uno dei più grandi esperti mondiali di teoria delle decisioni, e Maristella Botticini, storica economica e coautrice di un libro fondamentale sulla storia degli ebrei. Marinacci ha poi assunto la guida del dipartimento di Scienza delle decisioni, che in breve tempo è diventato uno dei primi in Europa e forse nel mondo in quell’area.

Nel corso dei primi tre anni del mio rettorato l’Università è riuscita ad assumere 36 nuovi docenti con esperienza internazionale e a tutti i livelli di seniority, la maggior parte con passaporto non italiano. Come sempre accade, non tutte le assunzioni sono andate a buon fine, e alcuni dei nuovi docenti si sono fermati a Milano solo uno o due anni. In genere, questo è accaduto per ragioni personali, non perché scontenti della sistemazione in Bocconi. Il successo del reclutamento internazionale è continuato negli anni successivi, a conferma che una volta consolidata la reputazione della Bocconi come una delle migliori università europee nelle discipline economiche e sociali, si sarebbe innestato un circolo virtuoso che avrebbe reso tutto più facile.

Tre aspetti dell’esperienza della Bocconi nel reclutamento internazionale meritano di essere sottolineati.

Primo, l’ingresso di nuovi e affermati docenti ha riguardato tutti i dipartimenti, anche quelli che, per via delle loro materie, erano tradizionalmente più orientati al mercato domestico. In un certo senso, si è innestata una competizione positiva tra dipartimenti, in cui nessuno voleva essere lasciato indietro[1].

Secondo, il successo della Bocconi nell’attrarre nuovi docenti è stato facilitato da due fattori importanti. Da un lato, la presenza di una vera e propria «diaspora» di ricercatori italiani all’estero, a cui era offerta l’opportunità di tornare in Italia. Dall’altro, il fatto che la Bocconi è una delle più grandi università europee interamente specializzata nelle scienze sociali. Le dimensioni si accompagnano a una pluralità di prospettive e competenze, che arricchiscono le occasioni di confronto. Ciò è particolarmente importante oggi, per via di una tendenza in atto nelle scienze sociali: la progressiva caduta delle barriere disciplinari. La linea di demarcazione tra l’analisi economica, l’economia aziendale, la sociologia, l’analisi storica, il diritto, l’analisi politica, la demografia, è diventata più sfumata. E i contributi scientifici più interessanti e che spostano la frontiera della conoscenza spesso sono quelli che riescono a sfruttare le idee e le intuizioni che provengono da più di una disciplina. La nostra Università, con la sua eterogeneità di competenze e prospettive, ha tutto da guadagnare dalla progressiva rottura delle barriere disciplinari, e il rettorato ha deliberatamente cercato di accelerare questa rottura. Questa caratteristica di interdisciplinarietà, unita alle grandi dimensioni, è stato uno dei fattori dell’attrattività della Bocconi anche per docenti internazionali.

Terzo, le principali difficoltà incontrate nel convincere nuovi docenti a venire o restare in Bocconi spesso sono dipese più dall’ambiente esterno che dalle politiche dell’Università. Tra il 2008 e il 2012 l’Italia ha attraversato una grave crisi economica, le cui conseguenze sociali, politiche ed economiche non sono ancora smaltite. La precarietà delle opportunità di sviluppo del Paese hanno pesato non poco sugli sforzi di reclutamento internazionale. Comprensibilmente, docenti non italiani o che hanno vissuto a lungo all’estero sono esitanti a trasferire i loro familiari in un Paese che può sembrare privo di opportunità economiche, come appare ancor oggi l’Italia. Questa considerazione ci deve ricordare che, anche per un Paese, sono eccezionalmente rilevanti circoli virtuosi o spirali avverse. Se e quando l’Italia riuscirà a ritrovare fiducia in se stessa e nel suo futuro, le capacità di attrazione di capitale umano aumenteranno in maniera sorprendente, alimentando ulteriormente la fiducia e le sue capacità di crescita.

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Gestione del corpo docente. La seconda sfida che ci siamo presto trovati ad affrontare è stata quella di non perdere i nostri migliori docenti già in organico, spesso contesi da altre università non italiane. Inoltre, sovente i nuovi assunti entravano a condizioni economiche molto più vantaggiose di chi era già dentro. Non sempre ciò era giustificato dal merito scientifico, perché la Bocconi ha sempre avuto un numero rilevante di docenti con grande visibilità internazionale, che per ragioni personali avevano preferito restare in Italia.

Questo ci ha indotto a predisporre una serie di strumenti per contrastare la concorrenza sul mercato del lavoro accademico e motivare i docenti riconoscendone merito ed eccellenza. In particolare, in collaborazione con l’amministrazione, sono stati introdotti nuovi e importanti elementi di meritocrazia nella gestione interna del corpo docente, sia riformando profondamente i meccanismi che determinano i compensi individuali sia diventando più selettivi nelle promozioni interne.

Con riferimento al primo punto (i compensi), una delle novità importanti è stata l’attuazione di un nuovo modello retributivo per i docenti con tenure (cioè i professori associati e ordinari), che ha spostato l’attenzione dall’anzianità al merito. Il nuovo sistema è stato ridisegnato con tre scopi: rinforzare la motivazione individuale, facilitare il reclutamento di nuovi docenti con significative esperienze internazionali, trattenere i docenti migliori[2].

Calibrare e attuare questo sistema di valutazione non è stato facile, perché si è dovuto trovare un difficile compromesso tra diverse esigenze. Da un lato, si volevano avvicinare i docenti migliori ai compensi a cui avrebbero potuto ambire sul mercato internazionale, senza penalizzare troppo chi per ragioni personali era poco mobile. Dall’altro, non si poteva mettere a repentaglio la sostenibilità economica dei conti dell’Università. Inevitabilmente, questo ha richiesto di introdurre differenziazioni significative di stipendio, a scapito dei docenti con minore visibilità internazionale e più anziani. Inoltre, era importante garantire uniformità di criteri anche tra discipline diverse. Infine, ma non da ultimo, la comunicazione delle decisioni prese era un dettaglio da non sottovalutare. Tutti siamo estremamente sensibili ai confronti e tendiamo a sopravvalutarci, e se c’è una cosa che nessuno può sopportare è essere trattato peggio del vicino di ufficio. Nonostante queste difficoltà, e grazie ad alcuni ritocchi successivi, il nuovo meccanismo retributivo è stato accettato senza rancori.

Con riferimento al secondo punto (le promozioni), fin da subito il rettorato ha razionalizzato il percorso di carriera di chi era già in Bocconi, secondo le procedure vigenti nelle migliori università internazionali, slegando l’acquisizione di tenure dalle incertezze e complessità burocratiche delle procedure nazionali, e al tempo stesso rinforzando le procedure interne in modo da consentire un più rigoroso controllo di qualità sulle promozioni. Le promozioni sono diventate più selettive e meno rapide, e ciò ha comportato maggiori uscite rispetto al passato da parte di chi non raggiungeva la tenure.

Come si può immaginare, non è stato facile convincere tutti i docenti che una maggiore selettività e ambizione nelle promozioni dei giovani docenti fosse nell’interesse di tutta l’Università. Il valore della meritocrazia ha sempre fatto parte del codice genetico dell’Università, e non è mai stato messo in discussione. Tuttavia, i criteri con cui misurare l’eccellenza non sempre erano scontati o condivisi. In particolare, vi erano due preoccupazioni. Primo, misurare l’eccellenza sulla base di criteri scientifici legati alla visibilità internazionale della ricerca avrebbe rotto alcuni contratti impliciti. In particolare, nei confronti di alcuni giovani docenti che avevano impostato la loro carriera su premesse diverse, preoccupandosi soprattutto della rilevanza delle loro ricerche per la realtà economica e sociale italiana, anziché di conseguire visibilità nella comunità scientifica internazionale. Costoro sarebbero stati svantaggiati dai nuovi criteri e dalle nuove procedure di promozione. La seconda preoccupazione riguardava l’evoluzione futura del corpo docente. Spingere i giovani ricercatori a confrontarsi con i rigorosi criteri richiesti per pubblicare sulle più prestigiose riviste internazionali avrebbe comportato il rischio di scoraggiare l’accumulazione di conoscenze rilevanti per il mondo a noi più vicino.

Il superamento di queste resistenze e preoccupazioni ha richiesto una notevole energia, e talvolta ha portato ad aspri scontri nel consiglio accademico o in consiglio di facoltà. Un fattore che ha facilitato il raggiungimento del consenso è stata la fiducia riposta da tutto il corpo docente nei confronti di chi aveva la responsabilità di mettere in pratica queste nuove procedure: il prorettore alle risorse umane durante questi anni di transizione, Lorenzo Peccati.

Per migliorare la qualità dei docenti senza essere condizionati da vincoli sulla capienza dell’organico, abbiamo anche reso più flessibile la sua gestione. Le vecchie regole, basate su una predeterminazione delle posizioni disponibili nell’organico dei dipartimenti distinte per livello, non consentivano un’adeguata flessibilità nelle assunzioni e promozioni, e ostacolavano efficaci risposte alle opportunità di reclutamento che si aprivano sul mercato. Le posizioni disponibili in ogni dipartimento sono state quindi convertite in unità equivalenti (due unità per un professore ordinario e una per un professore associato o assistant professor), consentendo quindi ai dipartimenti, a parità di risorse allocate, di utilizzarle senza vincoli predeterminati di ruolo. Una quota di posizioni è stata utilizzata per sostenere progetti strategici e interdisciplinari, a discrezione dell’Università. Per non fare che un esempio, abbiamo reclutato Valentina Bosetti, una giovane e promettente ricercatrice sulle cause economiche dei cambiamenti climatici.

Queste riforme, unite alla maggiore selettività imposta per le promozioni, hanno fatto sì che le decisioni di promozione e assunzione fossero sempre di più guidate dal criterio della qualità, oltre che da considerazioni sull’importanza strategica di alcune aree disciplinari, anziché dalla disponibilità di posizioni vacanti in pianta organica. L’obiettivo delle riforme era evitare che un dipartimento si facesse scappare un bravo docente o un promettente ricercatore (di provenienza interna o esterna) in un’area ritenuta strategica, perché non aveva posti disponibili in pianta organica su cui assumerlo o promuoverlo. E, simmetricamente, i criteri di qualità richiesti a ogni dipartimento per le promozioni e per il reclutamento sono stati rinforzati e resi più rigorosi. Lo scopo di tutte queste riforme era far sì che l’Università avesse sempre alcuni posti vacanti, perché non riusciva a riempirli con docenti davvero all’altezza degli standard adottati.

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Fundraising. Con un gran numero di alumni e un ricco bacino di operatori economici e finanziari con cui interagisce, l’Università ha ampie possibilità di raccogliere donazioni e finanziamenti esterni. L’attività di fundraising era stata avviata anni addietro con discreto successo, ma la Bocconi non si era ancora dotata di strutture amministrative adeguate e i proventi e le forme di donazione non erano ancora regolati in modo sistematico. La ragione principale era un forte scetticismo circa le concrete possibilità di convincere gli alumni e le imprese a sostenere l’Ateneo su una scala sufficientemente ampia. Nonostante la presenza di grandi patrimoni e una considerevole ricchezza privata, non vi è in Italia una tradizione di sostegno volontario alle istituzioni culturali, e le donazioni private sono principalmente raccolte dalla Chiesa e da strutture sanitarie.

Non tutti condividevano questo scetticismo, tuttavia. In particolare Antonio Borges, forte della sua esperienza passata come rettore di INSEAD, aveva sempre insistito sul fatto che l’Università dovesse investire di più nel fundraising. Spinti dalle sue argomentazioni, fin dall’inizio del rettorato abbiamo impostato un ambizioso programma di raccolta di fondi in collaborazione con l’amministrazione, identificando le attività dell’Università che potevano essere più interessanti per potenziali sostenitori, elencando e regolando precise forme di donazione (cattedre intestate, borse di studio, sostegni a centri di ricerca o a specifiche ricerche), identificando potenziali donatori, e rinforzando i legami con la comunità degli alumni. Il coinvolgimento dei docenti è un aspetto importante di qualunque attività di fundraising: i sostenitori spesso donano perché hanno fiducia nelle persone, più ancora che nelle istituzioni. Inoltre, era importante far leva sui contatti dei docenti con la comunità economica e finanziaria e con gli alumni. Per questo il rettorato ha anche investito per coinvolgere i docenti e convincerli che vi era un potenziale di raccolta ancora non sfruttato. L’amministrazione, che all’inizio era scettica e riluttante a investire su questa scommessa, non si è tirata indietro e ha potenziato le strutture amministrative dedicate al fundraising e ai contatti con gli alumni, assumendo professionisti esterni.

Questi investimenti hanno dato i frutti attesi, e nel corso degli anni il fundraising è diventata una voce rilevante nel bilancio dell’Università (sebbene inferiore alle aspettative di Borges). Durante il rettorato e negli anni successivi le donazioni più importanti sono venute da grandi imprese, banche e individui dotati di grandi patrimoni[3]. La raccolta capillare dalla comunità degli alumni è stata più lenta, ed è un obiettivo su cui l’Università sta continuando a investire.

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Internazionalizzazione della didattica. Per intensificare l’internazionalizzazione della didattica, nel corso del rettorato l’Università avvia nuovi accordi di scambio con prestigiose università internazionali. Tra i progetti più importanti, due le iniziative particolarmente ambiziose, con una presenza stabile di docenti e studenti Bocconi in altre parti del mondo.

La prima è il lancio di un nuovo corso di laurea quadriennale in Management in collaborazione con la University of Southern California e la Hong Kong University of Science and Technology. I ragazzi passano almeno un anno in ognuna di queste università e alla fine del percorso di studi hanno una laurea congiunta di tutte e tre le università. Fin da subito il programma riscuote grande successo e raccoglie numerose adesioni da tutto il mondo.

Un secondo ambizioso progetto è il lancio di una nuova iniziativa a Mumbai, in India, in partnership con un gruppo di imprenditori non solo indiani. L’India è un grande Paese in rapida crescita economica e demografica, il terzo Paese al mondo per numero di persone che parlano inglese e per bacino di competenze tecniche e scientifiche, e con un’enorme domanda di istruzione nell’area del management, che le istituzioni locali non sono in grado di soddisfare. Per avere una presenza diretta sul mercato indiano, SDA Bocconi ha lanciato il MISB, Mumbai International School of Business Bocconi, con l’intento di offrire programmi di formazione post-graduate con elevati standard accademici e un taglio internazionale. In India la competizione tra università è molto intensa, tuttavia, e questo progetto ha avuto più difficoltà del previsto nell’attrarre numerosi studenti.

Non tutti i progetti intrapresi sono andati a buon fine. Una delle iniziative su cui il rettorato ha lavorato è stato il lancio del primo corso di laurea in Scienze politiche. Si è discusso a lungo se fosse meglio iniziare con un corso triennale oppure con una laurea specialistica. Alla fine si è deciso di lanciare un corso di laurea specialistica in Scienze politiche, con uno spiccato taglio internazionale. Per evidenziarne gli aspetti internazionali, doveva essere congiunto con l’università Sciences Po di Parigi. Dopo un’intensa e dettagliata fase di progettazione congiunta, si era pronti a partire. Ma inaspettatamente all’ultimo minuto i francesi si sono tirati indietro, per via di dissidi interni alla loro istituzione. Di conseguenza, il lancio del corso di laurea in Scienze politiche è stato rinviato, e questa nuova disciplina ha fatto il suo ingresso in Bocconi negli anni successivi.

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Ordinaria amministrazione. In un’istituzione complessa come la Bocconi anche l’ordinaria amministrazione richiede non poca attenzione, e naturalmente il rettorato si è impegnato anche su questo aspetto. In particolare, negli anni immediatamente precedenti, l’organizzazione interna dell’Università era stata trasformata: i docenti erano stati raggruppati in dipartimenti e la didattica era stata suddivisa in scuole. Questa trasformazione andava ancora completata in alcuni aspetti e i nuovi dipartimenti dovevano essere accompagnati e indirizzati verso gli obiettivi prioritari. Durante i primi anni del rettorato è nato il dipartimento di Marketing, la missione di alcuni dipartimenti è stata rifocalizzata e l’allocazione dei docenti tra i vari dipartimenti è stata completata. Inoltre, sempre all’inizio del rettorato, i dipartimenti sono stati valutati da appositi comitati di docenti provenienti dalle principali università internazionali, e con l’aiuto di benchmark internazionali. Questa valutazione ha poi aiutato il rettorato a indirizzare ogni dipartimento verso gli obiettivi strategici dell’Università.

Tanto più una comunità d’individui è eterogenea, come sempre più lo è quella bocconiana, tanto più è importante assicurarsi che non vi siano discriminazioni nei confronti delle minoranze, e che tutti abbiano pari opportunità, indipendentemente da genere, età, etnia o tradizioni culturali. Per raggiungere questi obiettivi, il rettorato ha costituito un comitato pari opportunità, composto dai docenti, con il compito di aiutare l’Università a vigilare su questi temi e a promuovere e sostenere iniziative e attività di ricerca sul tema delle pari opportunità.

Nelle scienze naturali, i laboratori sono le palestre in cui i giovani ricercatori imparano a fare ricerca. Nelle scienze economiche e sociali, questa funzione è tipicamente svolta dai seminari, in cui sono presentati i risultati delle ultime ricerche e vengono discussi i problemi su cui è impegnata la comunità scientifica di riferimento. Per arricchire la qualità della ricerca fatta in Bocconi, fin da subito il rettorato ha potenziato questo tipo di attività, incrementando significativamente le occasioni di incontro interno ed esterno e spingendo tutti i dipartimenti a organizzare regolarmente seminari settimanali.

Il rettorato si è anche impegnato a focalizzare le attività dei numerosi centri di ricerca e a ridurne il numero, cessando le attività di quelli meno produttivi e spingendo alcuni a unirsi tra loro per meglio sfruttare le complementarietà. In collaborazione con l’amministrazione, è stato rinforzato il sostegno amministrativo alla ricerca, anche per assistere i docenti nella preparazione di progetti finanziati esternamente. Grazie a questi sforzi e al miglioramento nella qualità dei docenti, i finanziamenti ottenuti sono incrementati significativamente. A questo risultato hanno contribuito in particolare i prestigiosi finanziamenti ottenuti dall’European Research Council, dove la Bocconi ha fin da subito avuto un ruolo da protagonista insieme alle migliori università europee.

Da sempre la Bocconi è impegnata nel diffondere la conoscenza e a stimolare la discussione anche fuori dalle aule di studio e dell’accademia, ospitando dibattiti con interlocutori della società nazionale e internazionale e stimolando il pluralismo dei punti di vista. Per facilitare la divulgazione della ricerca prodotta in Bocconi anche al di fuori della comunità scientifica, durante il rettorato l’Università ha lanciato un sito multimediale bilingue attraverso il quale diffondere la propria ricerca tra un pubblico non specializzato in inglese e in italiano.

Gli anni 2008/12 sono stati particolarmente difficili per l’economia italiana ed europea, in seguito alla crisi finanziaria nata negli Stati Uniti e successivamente alla crisi del debito sovrano in Europa. Per capire ciò che stava succedendo, e discuterne cause, conseguenze e possibili rimedi l’Università ha organizzato numerosi incontri e dibattiti, anche in collaborazione con il Corriere della Sera, rivolti al grande pubblico.

Infine, e non da ultimo, l’Università è sempre stata impegnata a favorire la partecipazione attiva degli studenti alla vita intellettuale e culturale dell’Ateneo, anche per far sentire loro che appartengono a una comunità solidale. Il nostro obiettivo è far sì che agli studenti vengano trasmesse non solo conoscenze e capacità analitiche, ma anche valori. Ma questo può accadere solo se studenti, docenti e personale amministrativo sentono di far parte di una comunità con cui si identificano e dai cui membri ci si aspetta comportamenti coerenti con i valori costitutivi. Per questo, il rettorato si è adoperato per rinforzare l’identità bocconiana e il senso di appartenenza.

Agendo di concerto con gli studenti, è stato predisposto un codice di comportamento dei docenti e degli studenti e istituito il garante degli studenti. In questa direzione un’attenzione particolare è stata dedicata al rispetto delle regole d’esame, adoperandoci per convincere gli studenti che chi copia all’esame sta in realtà comportandosi in modo profondamente sleale nei confronti di tutta la comunità bocconiana. Gli studenti hanno capito l’importanza di quanto stavamo facendo e vi hanno aderito con convinzione e lealtà. Infine, proseguendo in una tradizione pluriennale, abbiamo dato particolare impulso alle attività culturali, sociali e sportive, rendendo gli studenti protagonisti di queste iniziative.

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Riflessioni conclusive

Ralf Dahrendorf ha scritto un bel libro sulla storia della London School of Economics, di cui è stato rettore tra il 1974 e il 1984. Nel capitolo in cui racconta del suo rettorato, egli scrive:

Un’università non vuole e non ha bisogno di essere governata. Può apprezzare qualcuno seduto su un cuscino con una faccia sorridente, ma sostanzialmente si governa da sola [...] Ciò nonostante è utile se, di tanto in tanto, qualcuno trova le parole giuste per rendere le persone consapevoli dei loro punti di forza e delle loro prospettive[4].

Forse è una visione un po’ riduttiva della leadership di un’università. Ma Dahrendorf coglie un punto importante. L’eccellenza può essere raggiunta solo se la spinta a migliorare viene da dentro, se è sentita e condivisa dalla stragrande maggioranza dei docenti, dallo staff e dagli stessi studenti, in altri termini dalla sua intera comunità. Questa alla fine è stata la ragione più importante del successo dell’Università in tutti questi anni, prima, durante e dopo il mio rettorato: il percorso intrapreso in questi anni e gli obiettivi di eccellenza e di internazionalizzazione erano e continuano a essere condivisi da tutta la comunità bocconiana[5].


1

Ne è un esempio il fatto che i giuristi, inizialmente più scettici verso queste scelte, sarebbero in seguito divenuti accaniti utilizzatori delle stesse.

2

Ogni tre anni, ogni docente di ruolo è valutato da un’apposita commissione di valutazione sulle tre dimensioni rilevanti del suo impegno (ricerca, didattica e servizio all’istituzione). L’esito della valutazione, in cui sono coinvolti anche i direttori di dipartimento, determina il livello retributivo fino al triennio successivo. A questa valutazione discrezionale del merito e dei compensi si aggiungono premi per l’eccellenza nella didattica e nella ricerca (questi ultimi introdotti già anni addietro).

3

Tra le prime cattedre finanziate con donazioni esterne, due sono state finanziate da prestigiose istituzioni finanziarie internazionali: Deutsche Bank (con una chair in Asset Pricing e Quantitative Finance assegnata a Carlo Favero) e AXA (con una chair in Risk, offerta a Massimo Marinacci).

4

Ralf Dahrendorf, A History of the London School of Economics and Political Science 1895-1995, Oxford University Press, 1995.

5

Un merito particolare per questo va a chi in tutti questi anni ha guidato l’Università verso obiettivi strategici e sfidanti, con fiducia ed equilibrio: il presidente Mario Monti, il vicepresidente Luigi Guatri e, durante il mio rettorato, anche il compianto Antonio Borges. A loro va la mia profonda gratitudine per i preziosi consigli, la fiducia e il continuo sostegno. Infine, un grazie fortemente sentito va ai tanti amici e colleghi che hanno contribuito a realizzare quanto sopra descritto, i membri del comitato rettorale, i direttori dei dipartimenti, il consigliere delegato Bruno Pavesi, e i tanti colleghi e componenti dello staff con cui ho avuto il privilegio di collaborare durante gli entusiasmanti anni del mio rettorato.

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