Parole chiave: Piano Bocconi 2000
Storia della Bocconi
1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione
Le origini
Molte delle decisioni alle origini di questa parte risalgono al finire degli anni Ottanta, con l’elaborazione del Piano 1990/2000, che prevedeva un’evoluzione innovativa della ricerca e dei programmi didattici della Bocconi verso una prospettiva sempre più internazionale e interdisciplinare, collegando gli studi economici, cuore della tradizione bocconiana, ad altre aree del sapere quali le scienze politiche, la giurisprudenza, le scienze statistiche e informatiche e l’ingegneria o, più in generale, la tecnologia.
Una visione strategica chiara, in notevole anticipo sui tempi, che l’Università ha perseguito in modo coerente sino ai giorni nostri, estendendo l’orizzonte di un piano originariamente decennale, quasi nell’attesa, tenace, che il mondo cambiasse e rendesse quello slancio verso il futuro finalmente realizzabile.
In questa parte ci si soffermerà sui programmi didattici «pionieri» nella realizzazione del disegno strategico; ma considerazioni analoghe si possono allargare alla ricerca, essendo le due componenti strettamente connesse. Infatti, la tensione innovativa che ha portato al lancio dei nuovi corsi di laurea è stata spesso favorita da filoni di ricerca che si sono sviluppati in modo autonomo (scienze politiche) e talvolta si è accompagnata alla nascita, contestuale o immediatamente successiva, di nuovi centri di ricerca: è il caso per esempio del Centro ASK (Art Science and Knowledge) o del BIDSA (Bocconi Institute for Data Science and Analytics).
I «pionieri» sono i primi corsi di laurea attraverso i quali la Bocconi è entrata in nuove aree disciplinari, rispettivamente: Corso di Laurea in Giurisprudenza (CLG), Corso di Laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione (CLEACC), Bachelor in International Politics and Government (BIG), Bachelor in Economics, Management and Computer Science (BEMACS).
La fase progettuale
Come traspare dai contributi degli autori, le fasi di ideazione e progettazione dei nuovi programmi sono avvenute con modalità similari, anche se non identiche tra loro.
Giurisprudenza: in principio fu economia e diritto. Nella seconda metà anni Ottanta il rettore Luigi Guatri crea tre gruppi di lavoro incaricati di studiare la possibilità di nuove iniziative didattiche. Uno di essi, coordinato da Piergaetano Marchetti, esplora la possibilità di istituire un corso di laurea in Diritto ed economia delle imprese. L’esito positivo della prima valutazione suggerisce la creazione di una commissione che, nel luglio 1988, consegna al rettore il progetto per un corso di laurea in Economia e diritto, con l’ambizione di condurre a sintesi razionale e organica la domanda di interdisciplinarità economico-giuridica[1].
Dal mondo delle imprese e delle professioni, così come dalla pubblica amministrazione e dalla magistratura, emerge una domanda crescente di profili che pur muovendosi in uno scenario prevalentemente economico-politico necessitano di una forte preparazione giuridico-istituzionale[2]. Negli atenei stranieri i corsi di Business and Law e di Law and Economics sono affermati da tempo. La Bocconi è la realtà ideale per sperimentare la nuova iniziativa: dispone già di una vasta gamma di insegnamenti giuridici, di corsi ispirati all’ibridazione fra economia e diritto (quali, per esempio, il corso per giuristi d’impresa), di un istituto giuridico che vanta eminenti collaboratori. Il tutto poggia sulle solide basi economiche e aziendali iscritte nel DNA dell’Università.
Il progetto è convincente e si concretizza dopo qualche anno nel Corso di Laurea in Economia e Legislazione per l’Impresa (CLELI), attivato nell’a.a. 1993/94. Prima della fine del decennio, si compie la seconda fase evolutiva, con il lancio di un vero e proprio corso di laurea in Giurisprudenza (1999). Nel mezzo una serie di cambiamenti di contesto, il lavoro svolto dal gruppo guidato da Giovanni Iudica per la ridefinizione del piano strategico nell’area dell’economia e del diritto e un lungo dibattito all’interno dell’Università, già ricordato dal rettore Ruozi, circa l’opportunità di creare o meno una nuova facoltà[3].
Come nella tradizione della Bocconi, il CLG è un corso innovativo rispetto all’offerta tradizionale, con l’obiettivo di rispondere alla domanda di nuove figure professionali, ovvero di «giuristi che operano per e con l’impresa e/o nell’impresa e che quindi si qualificano anche per la specifica competenza in materia economica, aziendale, finanziaria e per un taglio internazionale e, in particolare, europeo»[4].
Arte e cultura: la passione. Nel caso dell’arte e della cultura, la genesi è plasmata dal ruolo ispiratore di Claudio Demattè che a fine anni Novanta, reduce anche dall’esperienza alla presidenza di una grande azienda culturale come la RAI, crea un gruppo di lavoro con l’obiettivo di esplorare l’istituzione di un corso di laurea dedicato ai mestieri della creazione artistica. In altri termini, la prospettiva «interdisciplinare» viene spinta fino al confine tra scienze sociali e umanesimo.
È ancora l’epoca in cui il solo accostamento tra i termini «economia» e «cultura» suscita reazioni irritate nell’opinione pubblica, dunque l’autorevolezza di Demattè e l’appoggio del rettore Roberto Ruozi conferiscono al gruppo di lavoro la tranquillità necessaria per liberare la creatività e valutare le diverse opzioni in modo aperto. Si parte, dunque, nel 1999, con il lancio del CLEACC, «volto alla formazione di laureati che integrino le tradizionali competenze di economia e management con aspetti di cultura generale (storia, filosofia, letteratura, musica ecc.) e approfondiscano le tematiche gestionali, progettuali e imprenditoriali del settore dell’arte e della comunicazione»[5].
Scienze politiche: la resilienza. Per scienze politiche tra i «fattori di innesco» spicca la ricerca, che traina l’Università verso l’alveo delle scienze sociali. E in particolare lo sviluppo del filone di ricerca denominato political economics, che studia le relazioni tra fattori istituzionali e politici e crescita economica e dunque avvicina l’economia alle scienze politiche, analizzando le interconnessioni tra i due ambiti. Su questi presupposti, nel 2008 il rettore Guido Tabellini, riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori esperti di political economics, dà vita a una commissione di studio per progettare e lanciare un corso di laurea in Scienze politiche[6]. I primi interrogativi che la commissione affronta riguardano la tipologia di prodotto (laurea triennale o specialistica?) e l’opportunità di muoversi in autonomia o facendosi affiancare da atenei già affermati in questo ambito disciplinare. La commissione opta per una laurea specialistica da realizzare possibilmente nella forma del double degree insieme a un’università leader nelle scienze politiche. Il progetto tuttavia fatica a decollare sia per difficoltà di posizionamento nel portafoglio di offerta Bocconi sia perché le trattative con potenziali partner comportano tempi lunghi.
Il discorso è ripreso nel rettorato di Andrea Sironi, che insedia una nuova commissione e cambia il focus del progetto: da laurea specialistica a laurea triennale in Scienze politiche, in lingua inglese, con un semestre obbligatorio da trascorrere all’estero, lanciata autonomamente dalla Bocconi e dunque con un forte ancoraggio alle proprie competenze distintive: dottrine economiche, management pubblico, metodi analitici-quantitativi. Il BIG (Bachelor in International Politics and Government) parte – in questo caso si può dire «finalmente» – nel settembre 2015.
Data science: la rivoluzione in arrivo. La decisione di valutare il lancio di un nuovo corso di laurea che reinterpretasse le competenze distintive della Bocconi attraverso la lente della computer science è ispirata da un evento epocale: la «rivoluzione dei dati». I suoi impatti dirompenti sono ben presto evidenti, tanto a livello trasversale, su tutto il dominio delle scienze sociali, quanto a livello verticale, con la creazione di nuove aree di ricerca e di nuovi profili professionali, immediatamente richiesti in modo pressante dal mondo del lavoro.
Anche su impulso dell’International Advisory Council, Andrea Sironi coglie la sfida nel 2014 e istituisce un gruppo di lavoro per valutare l’ingresso della Bocconi nell’area computer science. In questo caso non è tanto in discussione l’opportunità di varcare il confine «tra scienze sociali e scienze dure» (per usare le parole di Gaia Rubera) quanto la modalità con cui farlo: mantenendo un solido ancoraggio ai tradizionali insegnamenti impartiti in Bocconi? In autonomia o insieme a un’altra università? Con laurea triennale o specialistica?
Forse anche in virtù della lezione tratta dall’esperienza di scienze politiche, questa volta i nodi si sciolgono in modo abbastanza rapido – la pressante domanda da parte delle imprese, alla ricerca di profili capaci di coniugare economia, management e computer science, costituisce un incentivo importante: sarà una laurea triennale, autonoma, non destinata a formare esperti di informatica o computer scientists, quanto piuttosto economisti e manager che conoscano bene il linguaggio dell’informatica, che sappiano programmare e possano muoversi con facilità nel nuovo mondo digitale[7]. Una missione precisa, che segna la strada. Seppur non senza difficoltà, i primi studenti del BEMACS sono in aula nel settembre 2016.
Lo sviluppo delle filiere
I corsi di laurea che per primi hanno permesso di «varcare i confini» hanno aperto la strada a un processo di arricchimento, anzitutto del capitale umano (corpo docente e studenti). Un arricchimento non solo quantitativo e neanche solo qualitativo nel senso classico del termine grazie all’apporto di una dose massiccia di diversity, che in tali proporzioni mancava alla Bocconi dai tempi della chiusura della facoltà di Lingue e letterature straniere. Gli studenti di giurisprudenza, delle discipline artistico-culturali o di computer science sono molto diversi da quelli di economia e management, ossia dallo studente «bocconiano tipo». Lo sono nel modo di porsi, di vestire, nelle ambizioni che hanno guidato la loro scelta e nelle carriere che ricercheranno dopo la laurea.
Il successo dei trienni «pionieri» nell’attrarre nuovi studenti naturalmente genera un bacino di domanda endogena per i successivi bienni. Anche in forza di questa massa critica, è stato naturale completare le filiere e affiancare alle lauree triennali le corrispondenti lauree specialistiche nei medesimi campi di studio, ossia: Master of Science in Economics and Management in Arts, Culture, Media and Entertainment (ACME) nel 2007; Master of Science in Politics and Policy Analysis (PPA) nel 2018; Master of Science in Data Science & Business Analytics (DS&BA) nel 2018. Fa parziale eccezione Giurisprudenza, trattandosi di un corso di laurea quinquennale a ciclo unico, al quale è stato però recentemente affiancato il Master (LLM) in Law of Internet Technologies.
Il consolidamento delle filiere è avvenuto nel corso tempo, attraverso il dosaggio di svariati elementi: centri di ricerca (i già citati ASK e BIDSA), dipartimenti nuovi o sensibilmente rinnovati (Scienze delle decisioni, Scienze sociali e politiche), in taluni casi dottorati di ricerca, insegnamenti trasversali (come coding obbligatorio nei trienni) e nuovi programmi che seguono – ampliandolo, rinnovandolo e completandolo – il solco tracciato dai pionieri[8].
Ritorno al futuro
Metabolizzare questo concentrato di innovazioni non è stato semplice per l’Università. Attirare docenti nelle discipline afferenti la scienza dei dati nel momento in cui gli atenei più prestigiosi di tutto il mondo li ricercano; identificare nuove popolazioni di studenti e affascinarli[9] a un progetto nuovo, esistente in quel momento solo sulla carta delle brochure; convincere imprese e istituzioni che storicamente hanno assunto i nostri laureati che la Bocconi avrebbe proposto loro figure professionali inedite e accreditarsi presso nuove tipologie di employer, per i quali fino a quel momento eravamo «altro»; stringere nuovi accordi di partnership, ampliando i focus disciplinari e le scuole target; acquistare hardware, software, libri, riviste e banche dati fino a quel momento lontani come pianeti di una diversa galassia.
Tutto ciò ha richiesto investimenti, energie, decisioni coraggiose. Ha generato ondate di entusiasmo a cui talvolta sono seguite delusioni brucianti. Ha prodotto tensioni, anche forti.
Nulla di inedito! Succede quando cambiano le cose.
La Bocconi ha innovato e si è rinnovata, proiettandosi nel futuro non in modo opportunistico, seguendo le mode del momento, ma secondo quanto progettato in un passato, che, anche se appare, almeno cronologicamente, remoto, ha lasciato un’impronta destinata a rimanere.
↑ 1
Relazione della commissione Marchetti al rettore Luigi Guatri, 10 luglio 1988.
↑ 2
Lavori preparatori della commissione Marchetti, Appunto preliminare per l’istituzione di un corso giuridico-economico, 1988.
↑ 3
Vedi «Rivedere le aggregazioni delle discipline scientifiche», p. 194.
↑ 4
Tutto studenti 1999/2000, presentazione del corso di laurea in Giurisprudenza, p. 65.
↑ 5
Tutto studenti 1999/2000, presentazione del corso di laurea in Economia per le arti, la cultura e la comunicazione, p. 61.
↑ 6
Come ricorda Vincenzo Galasso nel suo testo (vedi p. 498), la Bocconi beneficiava già di un consolidato posizionamento nell’ambito del management pubblico, avendo lanciato, all’inizio degli anni Novanta, il corso di laurea in Economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali.
↑ 7
Vedi «La Bocconi come porta sul mondo e ascensore sociale», p. 345.
↑ 8
Vedi «Innovazione nella continuità», p. 375 (cyber risk).
↑ 9
E affascinare i loro genitori, parliamo infatti di studenti degli ultimi anni delle scuole superiori.
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