Storia della Bocconi

1968-2022. Dalla contestazione all'internazionalizzazione

Il piano Bocconi 2000


Parole chiave: Piano Bocconi 2000, Presidente Spadolini Giovanni, Rettore Guatri Luigi

Alla fine del mandato rettorale di Innocenzo Gasparini [...]. Giovanni Spadolini avrebbe dovuto [...] sentire i professori ordinari e i membri del consiglio d’amministrazione in ordine alla scelta del nuovo Rettore. In realtà consultò solo se stesso e, chiamatomi d’urgenza, mi propose di diventare Rettore, con una sola condizione, che conservassi la carica di Consigliere Delegato [...]. Gli chiesi una settimana per riflettere [...]. Mi accordò 24 ore. Il giorno dopo accettai, fedele alla massima che ho sempre seguito nella vita: il tempo necessario per fare le cose è quello di cui si dispone[1].

La prassi era un po’ insolita, ma il professore si era ormai abituato a quel modo di fare. In fondo, dieci anni prima, Furio Cicogna si era mosso nella stessa maniera per proporgli di divenire consigliere delegato.

Era la prima volta che, nell’ateneo milanese, la guida della faculty e dell’apparato amministrativo erano riunite nelle stesse mani, il che comportava grande potere e ancor più grandi responsabilità – ma soprattutto offriva l’opportunità di sfruttare al meglio la possibilità di pensare e rendere operative ipotesi strategiche di largo respiro.

In quella duplice veste, il 19 ottobre 1985, Luigi Guatri inaugurava l’VIII Giornata bocconiana presentando un suo preciso programma di lavoro[2]. Nessuna istituzione complessa, quale la Bocconi, egli affermava, può assolvere efficacemente ai suoi compiti se non elabora una strategia di medio-lungo termine in grado di delineare gli scenari futuri e determinare il modo migliore per adattarvisi, avendo presenti gli obiettivi che si prefigge. Obiettivi, che egli sintetizzava in: internazionalizzazione, ricerca, didattica e edilizia.

«Pensare per tempo alle linee dello sviluppo futuro»

Il professore spiegava il primo obiettivo con lo slogan: «Guardare a chi è più avanti di noi; e [...] cercare di raggiungere quel livello», attraverso il rafforzamento della proiezione internazionale dell’Ateneo, l’aumento degli scambi di docenti e studenti con alcune fra le più prestigiose università europee e americane e la valorizzazione del brand Bocconi con appropriate pubblicazioni e «un idoneo programma di pubbliche relazioni e di presenza sulla stampa internazionale»[3]. Alla ricerca, sia pura che applicata, egli proponeva di dare una marcia in più attraverso «uno sforzo di coordinamento delle varie attività, in vista di una politica della ricerca parzialmente programmata». Alla didattica egli chiedeva invece continui sforzi di aggiornamento volti a garantire la qualità degli insegnamenti nel breve periodo e, in tempi più dilatati, ad adeguare l’offerta formativa «alle mutevoli e complesse esigenze della società», o addirittura a prevenirle. Sulle strutture edilizie, giudicate sempre più inadatte a ospitare una popolazione studentesca in rapida crescita, egli auspicava infine che – dopo anni di lunghe trattative con l’ente locale, dalle parole passasse ai fatti – e il completamento dell’edificio destinato a ospitare la SDA, su progetto di Vittore Ceretti[4], lasciava ben sperare che fosse finalmente giunto il momento di pensare ancor più in grande: a un campus urbano capace di accompagnare il sogno della nuova Bocconi.

Si trattava di idee che il rettore avrebbe rilanciato, qualche mese dopo, in occasione della prima riunione (9 luglio 1986) del Gruppo per il coordinamento e la programmazione[5], da lui voluto e diretto al fine di coordinare le varie «anime» della Bocconi (facoltà, SDA, istituti e centri di ricerca, studenti), «vigilare sulla piena rispondenza delle iniziative dei vari settori alle linee che ispirano l’Università» e soprattutto per proporre «idee in ordine agli sviluppi futuri dell’Università e nella loro elaborazione fino a pervenire, nel tempo, a una programmazione formalizzata»[6], quale premessa per avviare procedure capaci di innovare nel campo della formazione e della ricerca, per una precisa definizione dei canali e dei metodi di reclutamento del personale docente, per una più funzionale gestione dei servizi, per un maggiore impegno nella diffusione della cultura economica nel Paese attraverso una casa editrice d’ateneo e per l’adeguamento delle strutture edilizie alle esigenze di un’università in rapida crescita. Insomma quella cui Luigi Guatri si stava apprestando, era una sorta di «rivoluzione copernicana» che, nell’arco di due decenni, avrebbe completamente cambiato l’universo bocconiano[7].

Sergio Vaccà, Luigi Guatri, Claudio Demattè

I problemi messi sul tappeto erano molti e il Gruppo, in una delle prime riunioni, dopo aver discusso il documento predisposto dal rettore, indicò alcune priorità, scegliendole da un lungo elenco allegato all’ordine del giorno che Luigi Guatri riteneva meritevoli di essere poste in discussione (vedi riquadro). In primis la revisione dei corsi di laurea esistenti, l’individuazione di possibili «nuovi prodotti», la riorganizzazione della SDA, alla quale era stata anche formalmente «affidata la gestione di tutte le attività formative post-laurea»[8]. Ma in cima all’agenda fu posto lo scottante tema del disciplinamento delle attività dei centri di ricerca, onde evitarne l’indiscriminata proliferazione e i possibili conflitti che avrebbero potuto derivarne – e ben sapendo, anche se nessuno lo accennava – che quelle che si «gabellavano come fucine di ricerche» talora erano solo «botteghe per far soldi»[9]. L’operazione sarebbe andata in porto senza troppe difficoltà disponendo dei materiali prodotti da una commissione di coordinamento dei centri e degli istituti di ricerca che proprio in quei giorni aveva concluso i lavori[10].

Le attività del Gruppo per il coordinamento e la programmazione nel 1986 furono soprattutto volte ad approfondire i problemi e a definirne con coerenza i confini. L’insieme dei temi posti sul tavolo era di tale portata da suggerire la massima cautela nell’operare, per non lasciarsi prendere da facili entusiasmi ma procedere con la consapevolezza che le scelte andavano compiute tenendo presente l’intero contesto. Scongiurando pericolose fughe in avanti che avrebbero potuto compromettere l’intera costruzione e avendo ben presente che, se da una parte «la dinamica innovativa deve essere naturalmente considerata positivamente e coltivata [...], occorre d’altra parte evitare che la ricerca dell’innovazione divenga elemento di squilibrio del sistema[11].

 

PROBLEMI E PRIORITÀ SECONDO LUIGI GUATRI

Il documento predisposto per i membri del gruppo per il coordinamento e la programmazione in vista della riunione del 9 luglio 1986 riportava un elenco di 16 problemi da discutere stabilendo tra l’altro la loro priorità:
1) Regolamentazione, riorganizzazione e coordinamento dei Centri di Ricerca;
2) Futuri sviluppi edilizi dell’Ateneo;
3) Attività editoriali e librarie;
4) Riforma dei piani di studio dei tre corsi di laurea e connessi problemi dell’organizzazione didattica;
5) Attività informativa dell’Università;
6) Ristrutturazione e riorganizzazione della SDA;
7) Disciplina delle manifestazioni culturali organizzate dagli studenti;
8) Revisione delle strutture dei Dipartimenti e loro rapporti con gli Istituti;
9) Politica finanziaria dell’Ateneo;
10) Immagine grafica;
11) Trattamento economico dei docenti;
12) Commissione per il controllo dei ricorsi degli studenti per l’assegnazione delle fasce di reddito;
13) Problemi riguardanti la Biblioteca;
14) Programmazione del personale docente di ruolo;
15) Relazioni Internazionali e Master Internazionale;
16) Riesame dell’utilità e della composizione di alcune Commissioni già istituite negli anni precedenti.

Fonte: L. Guatri, «La programmazione», cit.

 

Nel bilancio di fine anno, il Gruppo poteva vantare il raggiungimento di alcuni importanti traguardi[12]: l’uniformazione delle procedure per l’istituzione e la gestione dei centri di ricerca; l’avvio della riforma della SDA e l’insediamento di alcune commissioni incaricate di ripensare i corsi di laurea esistenti, per saggiarne la validità e dotarli delle strutture organizzative e gestionali capaci di garantirne l’efficacia e l’efficienza[13] e di studiare «Nuovi prodotti culturali». Il coordinamento delle commissioni sarebbe stato affidato a un comitato incaricato di controllarne l’operato e di dare indicazioni generali sui settori suscettibili di accogliere «prodotti didattici innovativi e per i quali esiste una richiesta latente»[14].

A quel punto risultava estremamente importante disporre di un organismo in grado di sviluppare e rendere operativi i progetti messi a punto sino a quel momento, affidandosi a una struttura amministrativa creata ex novo: un servizio programmazione e controllo, diretto da Mariella Marazzini, una manager esterna con grande esperienza nel campo della programmazione, maturata in Regione Lombardia.

La scelta di Mariella Marazzini, così come era accaduto due anni prima con Mirka Giacoletto Papas[15] – alla quale era stato assegnato il compito di sviluppare le relazioni esterne, la funzione comunicazione e tutte le altre attività pensate per «difendere e migliorare, con le tecniche oggi disponibili, l’immagine della nostra Università»[16] – avrebbe concorso ad avviare una profonda mutazione dell’amministrazione bocconiana destinata, nell’arco di un decennio, a trasformarsi «da struttura volontaristica/artigianale ad struttura funzionale/complessa»[17].

Una mutazione che non sarebbe stata indolore, come sempre avviene quando in una struttura burocratica si inseriscono, a livello dirigenziale, elementi esterni. Tanto più nel campo della comunicazione e dell’immagine dove, come ricordava un documento dal titolo «Problemi emergenti» destinato al comitato per la comunicazione, da poco insediato,

[...] l’arrivo di persone nuove ha suscitato curiosità, agitazione, nervosismi e diffidenza sia nel personale docente che nel personale non docente. Per quanto riguarda il personale amministrativo, il problema nasce dal disturbo di equilibri decennali fatti di piccola solidarietà, di piccole guerriglie e chiacchiere. Ritengo che il clima generale andrà verso un ulteriore forte inasprimento prima di riassettarsi su nuovi equilibri. Questo perché i protagonisti principali della vita della Bocconi si sentono insidiati nei loro ruoli [...] o semplicemente nelle loro abitudini, e cercano solidarietà nei docenti, attivando nuove frontiere di piccole guerriglie e piccole solidarietà. Il personale docente, in linea generale, appare altrettanto scosso dalla nascita di una nuova struttura con ruolo di “coordinamento” poiché nel semplice termine coordinamento vede potenziali attentati alla propria autonomia. È stato infatti ripetutamente sottolineato a Bocconi Comunicazione come lo status di professore ordinario non ammette né vincoli, né limiti, né gerarchie di nessun tipo. Inoltre, in assenza di una struttura preposta in modo continuativo alla gestione di determinate attività ciascuno ha attivato soluzioni autonome a cui non è disposto a rinunciare[18].

Per gran parte del 1987 i lavori proseguirono attraverso un confronto delle diverse opinioni, volto a delineare in maniera sempre più minuziosa obiettivi, strumenti, modi di realizzazione del programma a medio-lungo termine, che sarebbe divenuto il centro nevralgico delle scelte strategiche dell’Ateneo. Fra le molte decisioni assunte quella di ampliare gradualmente il «numero programmato», grazie anche all’aumento dell’offerta formativa, rielaborando – come si è detto – i corsi di laurea in essere e approfondendo lo studio di nuove proposte culturali capaci di coniugare la tradizione («l’economia al centro», come la pensava Leopoldo Sabbatini) con le novità derivanti dalle mutate condizioni del sistema economico e sociale, dell’evoluzione della tecnologia, del ruolo assunto dai processi di internazionalizzazione e, soprattutto, aprendo l’economia ad altre discipline, quali il diritto, l’informatica, le tecnologie e via discorrendo. Si trattava di corsi di laurea che si immaginavano di identica durata (un quadriennio, eventualmente seguito da un master annuale) da disegnarsi su una base culturale comune atta a fornire un’immagine omogenea e coesa dell’Università, ma con forti connotazioni innovative e un’adeguata proiezione internazionale; con un numero programmato negli accessi e con ampi spazi di flessibilità, ottenuti operando lo spostamento delle lingue e dell’informatica al di fuori dei piani di studio e assicurando, nel contempo, agli studenti i necessari servizi e le attrezzature atte ad approfondire convenientemente le discipline in questione.

In particolare, si decise di ripensare completamente il settore economico affidando al CLEP l’esclusiva di formare «economisti politici ed economisti teorici e quantitativi» e trasformando il DES, ormai ritenuto obsoleto rispetto alla formula CLEP più master in Economics, in un corso di laurea in Scienze politiche e amministrative, organizzato secondo un modello in grado di accogliere «il meglio del corso di laurea in scienze politiche, ma con una “robusta” formazione economica e con minore (rispetto al CLEP) presenza di materie quantitative»[19]. Delle diverse ipotesi sino a quel momento adombrate, si stabilì infine che dieci – DES compreso – meritavano di essere ulteriormente approfondite da altrettanti gruppi di studio, che si impegnarono a concludere i lavori al più tardi entro l’inizio dell’estate 1988 (Tab. 1).

 

Tabella 1 Corsi di laurea e posti presi in esame dai dieci gruppi di studio 

1. Economia e diritto

In cui potrebbe collocarsi la figura del commercialista nella moderna visione

2. Economia e gestione delle tecnologie

Per la formazione di una figura capace di gestire e progettare il cambiamento tecnologico nel sistema economico-industriale e di assumere i problemi di gestione dell’ambiente

3. Economia e informatica

Con consistenti contenuti di statistica, per la formazione di una figura in condizioni di governare l’introduzione e l’utilizzo delle tecnologie informatiche nelle aziende

4. Economia e finanza

5. Economia e amministrazione aziendale

6. Economia e politica aziendale

Per la formazione di una figura capace di valutare e promuovere i processi di cambiamento nelle aziende nei rapporti impresa/ambiente

7. Economia e management internazionale

Per la formazione di una figura di manager che si inserisca nel processo di internazionalizzazione dell’economia e per soddisfare e sollecitare una domanda di istruzione proveniente dall’estero

8. Economia e amministrazione dei sistemi pubblici

Per la formazione della figura del dirigente delle amministrazioni pubbliche (centrali e locali) e delle imprese pubbliche in senso lato (municipalizzate e a partecipazione statale), nonché della figura degli amministratori pubblici

9. Economia e management dell’impresa e del sistema

Per una figura con preparazione bilanciata tra economia e politica dell’impresa e dell’ambiente («generalista»)

10. Discipline economiche e sociali (DES)

 

I materiali prodotti dai gruppi, pervenuti al comitato per la programmazione, assieme alle ipotesi di revisione di CLEA e CLEP, avrebbero permesso di operare opportune scelte, inserendo nel piano quattro nuovi corsi di laurea: Economia e diritto ed Economia dei mercati e delle istituzioni finanziarie, da attivarsi all’inizio degli anni Novanta, Scienze politiche, economiche e delle amministrazioni pubbliche (DES riformato) e Scienze statistiche, economiche e informatiche, che si intendeva istituire qualche anno più tardi. Orizzonti interessanti, ma più lontani, si aprivano infine per il corso di laurea in Economia e gestione delle tecnologie, pensato per «la formazione di figure professionali preparate a gestire il cambiamento tecnologico nel sistema economico e di elevata capacità di adattamento alle continue trasformazioni sul fronte della competizione, oltre che della tecnologia»[20] per il quale, preso atto della difficoltà per la sola Bocconi di fornire un «prodotto culturale» di standard elevato, si era avviato un discorso con il Politecnico di Milano per studiare la possibilità di una joint venture che avrebbe giovato a entrambe le istituzioni. Queste elaborazioni costituivano il tassello finale del mosaico del Piano Bocconi 2000 il cui disegno, già in buona parte delineato all’inizio dell’estate del 1988, avrebbe trovato la sua forma definitiva nella primavera del 1989[21].

Il documento si apriva con una sintetica premessa, nella quale si dava conto del lungo e complesso cammino percorso, ricordando che esso «rappresentava il primo tentativo completo di programmazione a lungo termine di un’università italiana; e non ha perciò potuto utilizzare né esperienze precedenti, né meccanismi predisposti a facilitare un’attività programmatoria» e si esplicitavano le linee guida sulle quali si fondava il piano stesso. La parte progettuale si divideva in due capitoli: nel primo si presentavano i nuovi traguardi didattico-scientifici ai quali l’Ateneo mirava; nel secondo si accennava alle risorse necessarie alla realizzazione degli obiettivi del piano, in termini di incremento del corpo docente, del personale tecnico-amministrativo, delle strutture edilizie, dando indicazioni (riservate) delle relative fonti di finanziamento. Nella parte finale si dava infine conto delle metamorfosi nel «mondo bocconiano» che l’esecuzione del piano avrebbe comportato (Tab. 2).

 

Tabella 2 La Bocconi pre- e post-Piano 2000: riepilogo, previsioni e confronti

Pre-piano

Post-piano

Corsi di laurea

3

6

Accessi al primo anno

1.700

3.000

Totale iscritti ai corsi di laurea

10.500

15.000

Corsi master

1

6

Iscritti annui ai corsi master

100

650

Personale docente

465

710

Ore di attività didattica in aula

15.152

30.000

Personale tecnico-amministrativo

197

278

Posti aula/laboratori/biblioteca

4.475

10.750

Posti in pensionato e residence

360

780

Spazi totali disponibili (mq)

52.050

103.150

 

Giovanni Spadolini saluta Ariberto MIgnoli. Seduto al tavolo di presidenza Libero Lenti

Nel corso della conferenza stampa, mentre Luigi Guatri intratteneva i giornalisti sui contenuti del Piano che avrebbe guidato lo sviluppo dell’Ateneo per il decennio successivo, Giovanni Spadolini ne illustrava le finalità:

Oggi siamo alle soglie del Duemila e la Bocconi vuole qualificarsi, con programmi di rinnovamento e di adeguamento proiettati fino a quella data e oltre. Nello spirito di libertà e di pluralismo cui ha sempre obbedito, ostile a modelli unici e livellatori, la Bocconi intende confermare nell’area economica il campo primario di intervento dei propri studi, allargando nel contempo i suoi interessi verso aree culturali limitrofe o con le quali appaiono utili le integrazioni e gli scambi. Complessivamente pensiamo di anticipare tendenze in atto nel mondo operativo, salvaguardando prevalentemente l’impostazione di una solida formazione di base corrispondente ai prestigiosi livelli del passato. Guardiamo oggi più che mai all’internazionalizzazione dei nostri studi e in questo ambito a un’accentuata europeizzazione. Anche la Bocconi, con le sue intatte energie, lavora per il traguardo del 1992 e per quelli che seguiranno nel Duemila[22].

I pochi mesi che mancavano alla fine dell’anno accademico – al di là di un breve intermezzo contestativo degli studenti del DES, ribellatisi all’idea di farne un corso di laurea in Scienze politiche[23] – sarebbero stati utilizzati dal rettore per avviare la seconda fase: quella della «programmazione operativa», con sei commissioni deputate a organizzare al meglio i corsi di laurea e ripensare nel dettaglio al DES, tenendo in conto le osservazioni degli studenti; quattro incaricate di definire i futuri programmi post-laurea, i corsi master e i dottorati di ricerca, e due dedicate all’approfondimento dei percorsi destinati all’apprendimento delle lingue e dell’informatica.[24]

A poche settimane dall’approvazione del piano, la macchina era nuovamente in moto. A quel punto Luigi Guatri riteneva giunto il momento di uscire, almeno parzialmente, di scena lasciando ad altri il compito di completare il disegno che aveva concepito e tracciato. E, nella sua ultima Giornata bocconiana, dopo aver presentato un sintetico bilancio del suo quinquennio, annunciava la decisione di lasciare il rettorato:

vi è in ciò [...] un solo scopo; si tratta del mio vivo desiderio di concludere da studioso una vita che è stata largamente dedicata ai problemi gestionali e organizzativi dell’Università. Quando entrai nell’ormai lontano 1949, chiamatovi da Gino Zappa, nel corpo docente della Bocconi [...], mi ero posto l’obiettivo di contribuire con ogni mia forza al progresso delle discipline aziendali nel nostro Paese. Le circostanze della vita, caricandomi forse all’eccesso di impegni e di responsabilità, sia nel campo accademico sia in quello professionale, mi hanno in parte distolto da tale obiettivo. Al quale è ora tempo ch’io faccia ritorno[25].

Insomma, il professore voleva tornare a fare quello per cui, mezzo secolo prima, il suo Maestro l’aveva voluto in Bocconi; ciò da cui le sue eccezionali doti imprenditoriali e organizzative l’avevano per troppo tempo distolto: il professore appunto.

Inaugurazione dell’anno accademico alla Scala (1989)


1

L. Guatri, I miei primi novant’anni, Milano, Egea, 2018, p. 190.

2

A condividerne i propositi e a redigere una sorta di «manifesto» sulla natura e le finalità della università commerciale, furono chiamati Alberto Bertoni, Vittorio Coda, Innocenzo Gasparini, Adalberto Predetti, Roberto Ruozi e Sergio Vaccà. Il gruppo produsse un documento dal titolo «Idee guida per l’Università Bocconi» che, il 26 novembre 1984, il rettore inviò al corpo docente. Nello stesso, volto a definire «l’immagine, e quindi gli obiettivi, dell’Università Bocconi in una società in continuo cambiamento», la si presentava come: «una istituzione “aperta”, capace cioè di manifestare una efficace disponibilità a riformarsi e a migliorarsi con le sue iniziative, retta sul principio della critica, [che] è motore del miglioramento del sapere ed anche della società; oltre che “libera” [...] nel senso che la sua dimensione culturale non è dipendente da alcun orientamento ideologico o da interessi particolari; pluralistica, in quanto esprime una varietà di posizioni culturali e scientifiche, autonoma, nel senso che il finanziamento delle sue attività avviene soprattutto vendendo servizi [...], sottoponendosi quindi a precise e dirette valutazioni da parte della comunità; selettiva con l’unica finalità di rispondere al dettato costituzionale per cui solo chi è capace e meritevole ha diritto di adire ai gradi più alti dell’istituzione»; nonché «fortemente interessata ad interagire con un tessuto universitario nazionale, dinamico, qualificato e selettivo» e «decisamente orientata all’internazionalizzazione delle sue attività e quindi delle sue prestazioni».

3

Giornata Bocconiana, a.a. 1985/86. Relazione del rettore, pp. 57 ss.

4

Sul tema vedi «Dagli edifici al Campus», p. 702.

5

ASUB. Archivio Baccarini. Busta 1L/1. Milano, 30 maggio 1986. «Gruppo per il coordinamento e la programmazione». Nello stesso, definita la composizione del gruppo (i due pro rettori, i due direttori di dipartimento, oltre a Claudio Demattè, Mario Monti ed Enrico Resti, che fungeva da segretario) e le sue funzioni essenziali, gli si dava quale obiettivo prioritario: «la formazione, entro il marzo 1987, di un programma a 5-10 anni».

6

«Una programmazione formalizzata, cioè tradotta in documenti scritti, redatti secondo norme prestabilite, frutto della cooperazione di molti [...]; il solo modo che costringe ad esplicitare obiettivi, strumenti, modi di realizzazione e che rende perciò necessario un confronto di idee, assicurando la partecipazione di tutti i soggetti interessati al problema» (L. Guatri, «La programmazione» documento predisposto per i membri del Gruppo per il coordinamento e la programmazione in vista della riunione del 9 luglio 1986. ASUB. Archivio Baccarini. Busta 1L/1).

7

Ibidem.

8

Gruppo per il coordinamento e la programmazione. Verbale della riunione del 23 settembre 1986. Sulle riforme della SDA, che avrebbero aperto la strada all’internazionalizzazione e al rafforzamento del legame tra ricerca e formazione, vedi «SDA, la formazione post-esperienza» da p. 553.

9

Si tratta di riflessioni di Enrico Resti, che d’altronde una parte della facoltà condivideva. Negli appunti presi per la stesura del verbale il segretario del gruppo, quasi inconsciamente direi, scriveva: «Tutti vogliono i Centri. Gli Istituti sono inutili. Gabellandoli come fucine di ricerche. Io li lascio parlare e non dico che i C. sono botteghe per far soldi. Sono verità che non si possono dire» (Appunti in matita allegati al verbale del 22 ottobre 1986. ASUB. Busta 1L/1-1).

10

Luigi Guatri ai direttori dei centri di ricerca. 15 luglio 1986.

11

«Soprattutto, occorre evitare che l’attenzione ai “nuovi prodotti”, da innestare sul tronco della Bocconi, possa andare a scapito dell’attenzione che sembra necessario dedicare al tronco stesso (Facoltà, Corsi di laurea esistenti, Dipartimenti, Istituti) affinché esso mantenga e anzi accresca la propria funzionalità, tanto più se dovrà alimentare nuovi rami». Così Mario Monti, in un suo «Appunto per il Comitato di coordinamento», auspicava grande prudenza nelle vie da percorrere e «il pieno controllo delle decisioni e degli annunci in tema di nuovi prodotti», evitando di riferire «pubblicamente ipotesi di “nuovi prodotti” che si trovino in fase di istruttoria interna [per non] generare aspettative premature o mettere in moto forze di pressione esterna» e raccomandando ai docenti incaricati della progettazione «di astenersi dal manifestare all’esterno, in particolare alla stampa, ipotesi di contenuti di tali prodotti. Destinatari delle attività di progettazione sono i competenti organi dell’Università [...], non l’opinione pubblica» (M. Monti, «“Nuovi prodotti”, dipartimenti e istituti». 25 novembre 1986. ASUB. Busta 1L/1).

12

26 gennaio 1987. Gruppo per il coordinamento e la programmazione. Attività svolta.

13

A questo compito avrebbe dato alcune risposte il rapporto curato da V. Coda, A. Predetti, «Idee-guida per migliorare il funzionamento dei corsi di laurea», redatto il 9 dicembre 1986 e discusso nella riunione del 10 dicembre 1986.

14

I corsi di laurea presi in considerazione riguardavano: «l’Economia e gestione delle tecnologie, l’Economia monetaria e dei mercati finanziari, l’Economia e amministrazione dei sistemi pubblici, le Scienze statistiche, economiche e informatiche». Era inoltre allo studio la possibilità di istituire un corso di laurea volto a creare «figure di operatori giuridici con formazione economica e due corsi volti ad alleggerire il peso del CLEA, offrendo al mercato figure professionali con competenze nuove, nell’area delle attività amministrative e finanziarie e in quella della gestione aziendale in un’ottica di cambiamento: “Economia e amministrazione aziendale” (CLEAM) ed “Economia e politica aziendale” (CLEAP)». Relazione conclusiva del gruppo di studio nuovi prodotti culturali, 2 giugno 1987.

15

Vedi «La Bocconi e la comunicazione», p. 121.

16

L. Guatri, «VIII Giornata bocconiana -19 ottobre 1985», Annuario 1985/88, p. 40. Nel contratto predisposto per acquisire la collaborazione della dottoressa Giacoletto Papas, si offriva alla stessa una ampia autonomia operativa, stabilendo tra l’altro: «1) L’Università Bocconi provvederà a costituire una società a responsabilità limitata con il compito di ideare, programmare e realizzare in esclusiva tutte le attività relative alla comunicazione e all’immagine dell’Università stessa (a puro titolo esemplificativo: le relazioni con la stampa, la pubblicità, le attività editoriali e, in genere, le attività di relazione con tutti gli interlocutori esterni dell’Università, aziende, autorità, enti, ex alunni, ecc.)». ASUB. Archivio Baccarini. Busta 2V/1-1.

18

ASUB. Archivio Baccarini. Busta 1L/1. Novembre 1985. Bocconi Comunicazione. Pratica generale. Problemi emergenti.

19

Corso di laurea in Scienze politiche ed amministrative (o delle amministrazioni pubbliche) (revisione DES).

20

«Piano Bocconi 2000». Copia presentata al CdA il 21 aprile 1989.

21

Nelle ultime settimane le riunioni si sarebbero susseguite senza sosta: il 22 marzo fu dedicato all’esame finale del testo: «Si procede scorrendo ogni singola pagina e concordando, seduta stante, le modifiche da apportare al testo»; il 4 aprile lo stesso fu presentato ai direttori d’istituto e il 12 aprile prima al CdF e poi a una rappresentanza degli studenti; il 21 aprile al CdA e lo stesso giorno alla comunità nazionale nel corso di una conferenza stampa che avrebbe visto la presenza del rettore e del presidente.

22

Comunicato stampa del 21 aprile 1989: «Presentato oggi il Piano 2000 dell’Università Bocconi: scelta di sviluppo e conferma di una missione». La stampa avrebbe dato grande spazio al progetto con titoli a effetto del tipo: «Guatri lascia e la Bocconi raddoppia» (Corriere della Sera, 22 aprile 1989), «La Bocconi del Duemila non fa economia» (Il Giornale, 22 aprile), «Bocconi di gloria» (L’Espresso, 30 aprile).

23

Vedi «Bocconi, un soffio di contestazione», L’Unità, 26 maggio 1989; «Bocconi, seduti al DES», Il Giornale, 27 maggio 1989; «Proteste studentesche alla Bocconi. “Non chiudete il DES”», Il Manifesto, 27 maggio 1989; «Bocconi: compromesso rettore-studenti per la laurea “umanistica” dell’ateneo», Corriere della Sera, 27 maggio 1989.

24

24 ottobre 1989. Piano Bocconi 2000: informativa al Consiglio d’amministrazione. ASUB. Archivio Resti 1980-94.

25

«VIII Giornata bocconiana. Relazione del rettore magnifico prof. Luigi Guatri», Annuario 1983/85, pp. 57 ss.

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